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martedì 9 ottobre 2012

Mannaia sulle regioni. Il federalismo non ha funzionato, si torna al “centralismo democratico”.



Onestamente questa “palla” del federalismo made in Lega, ci ha sempre fatto, come dire, sorridere (eufemismo). Dato il presupposto iniziale, una sorta di autodeterminazione di popoli, situazioni e territori (giusto nel principio, sbagliatissimo nella sostanza e nell’attuazione), quello che è venuto fuori dal federalismo pecoreccio di una nazione che ha bisogno evidentemente di capi-bastone per funzionare, è solo il moltiplicarsi all’infinito di ruoli e privilegi, incarichi e clientele, arricchimenti turbinosi e corruzioni capillari. Le regioni hanno duplicato uffici, funzioni e stipendi che per definizione, e per anni, sono stati dello stato centralista. E insieme ai ruoli e alle funzioni hanno ovviamente raddoppiato incarichi e sottoincarichi, appalti e gare d’asta, enti sub e norm, cda e gestione di condomini e bocciofile, associazioni profit e non profit, circoli ricreativi e circoli e basta. Ci sono interi settori, dipartimenti e assessorati che sprecano milioni di euro come fossero semi di zucca tostati e che non programmano un amato cazzo se non sontuosi viaggi all’estero di politici e funzionari con famiglie e amanti al seguito. Non stupisce, quindi, che alcuni organismi governativi, come la Corte dei Conti, dopo gli ultimi accadimenti abbiano deciso di vederci chiaro su delibere e concessioni, spese e rimborsi spese, acquisti e regalie, rappresentanze e pié di lista, matrimoni e funerali, battesimi, cresime e prime comunioni. Ma per mettere mano organicamente a un assetto delle regioni più consono all’aria che tira (austerity e risparmi paperoneschi), il governo deve riaggiustare il tiro della Carta Costituzionale e, più precisamente, quello che riguarda il Titolo Quinto. Si tratta, in poche parole, di un ritorno al centralismo statalista che ha rappresentato il potere vero della Democrazia Cristiana e della Prima Repubblica più in generale, quello stesso centralismo che, ad esempio, Berluspony aveva sbandierato di voler cancellare in campagna elettorale, salvo riconfermarlo in toto una volta preso saldamente in mano il potere; non c’è infatti un partito più centralista e statalista del Pdl, tanto liberista per definizione e per convenienza, quanto centralista per esigenze private e cazzi propri (di uno solo, in verità). Così, per non avere più rotture di cabasisi degli enti locali sui tagli e sui balzelli da riscuotere, il governo Monti ha deciso di tornare all’antico: ridurre l’autonomia delle regioni, diminuirne il potere legislativo, accentrare le riscossioni, reintrodurre i dazi e i dazieri onore e vanto del Regno Pontificio. Diciamola tutta, è dura per uno Stato delegare, se poi lo stesso Stato è retto da un banchiere l’argomento si fa tabù. Fra un po’, amici e nemici, simpatizzanti e semplici conoscenti, verranno reintrodotte le divise (almeno il sabato per le esercitazioni ginniche), l’alzabandiera nelle scuole e negli uffici e Fratelli d’Italia prima della scopatina del sabato sera (ma solo per chi ha una moglie o un’amante disponibile e senza mal di testa).

1 commento:

  1. Risulta molto interessante l'espressione "quelli della Corte dei Conti hanno deciso di vederci chiaro" ecc. ecc.
    Membri (senza malizia) della Corte che fino a ieri non ha fatto i conti - dove cazzo siete stati rinchiusi lautamente stipendiati questi ultimi 30 anni? -

    rossifreeplayer

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