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mercoledì 14 novembre 2012

Il Consiglio di Stato boccia ancora il Governo sull’Imu alla Chiesa. Al Senato passa l’emendamento per il carcere duro ai giornalisti diffamatori.

Non c’è niente da fare, i giudici del Consiglio di Stato sono degli atei, mangiapreti inguaribili e riconosciuti. Il Governo ha appena accennato ad introdurre scorciatoie per il pagamento dell’Imu da parte delle attività commerciali di Santa Madre, che quei senzadio del Consiglio hanno detto che non si può fare. E sono stati chiarissimi: “Nell’articolo 4 – scrivono i giudici – quello che prevede norme tributarie per le attività assistenziali, sanitarie,  didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive svolte da soggetti in apparenza non commerciali, possono, in taluni casi, trovarsi a svolgere attività economiche in concorrenza con analoghi servizi offerti da altri operatori”. In particolare, il Consiglio di Stato ce l’ha con la cosiddetta “retta simbolica” che spesso nasconde una vera e propria tariffa. Promosse, invece, le parti tecniche del regolamento, le cosiddette “matematiche”, dedicate al calcolo proporzionale dell’Imu per gli immobili misti, destinati cioè al culto, al volontariato, all’attività politica o a quella sindacale. Insomma, pur non essendo vincolante, il parere del Consiglio di Stato è obbligatorio, sta al governo tenerne conto oppure no. Poi, onestamente, non vedremmo la ragione di un incaponirsi fino a sollevare un vero e proprio conflitto con un altro organismo dello Stato. Ma che per caso c’è qualcuno che si presenterà alle elezioni politiche nel 2013?
Alessandro Sallusti lo ha detto chiaro e tondo: “Dopo la tragicommedia al Senato, imploro la Camera di stare lontana dal tema: non peggioriamo la situazione della categoria, perché non ho chiesto nessun aiuto”. È successo che, nell’Aula di Palazzo Madama, è passato un emendamento leghista (sostenuto dall’Api di Rutelli - incazzato soprattutto con Vauro che lo disegna sempre come un impotente matricolato), che riconferma la galera per i giornalisti che diffamano. Il tutto si è consumato a voto segreto, con i “malpancisti forcaioli”, come li ha definiti la Fnsi, “che dietro il muretto a secco del voto segreto, hanno scritto una pagina vergognosa votando la reintroduzione del carcere per i giornalisti... La legge in discussione sulla modifica delle norme per i reati a mezzo stampa, a questo punto è totalmente in contrasto con la giurisprudenza europea”. Che i leghisti ce l’abbiano con la stampa, lo si poteva anche immaginare, ma Rutelli, il Francesco Bellicapelli, che diavolo c’entra? In un post scritto qualche tempo fa, quando si è ventilata la possibilità che il direttore del Giornale finisse in galera, abbiamo affrontato il tema di sfuggita, ripromettendoci di tornarci con maggiore calma. Ora, il rischio che per aver diffuso una notizia (da verificare se sia diffamatoria o no), un giornalista possa arrivare a farsi un anno di galera o sganciare da 5000 a 50mila euro, ci sembra un assurdo tutto italiano che non ha riscontri in nessun’altra parte del mondo libero. Il bavaglio c’è, la volontà di zittire c’è, il vezzo di tenere sotto controllo politico l’informazione anche. Dall’altra parte è vero che non tutti i colleghi possono vantarsi di avere l’onestà intellettuale per fare un mestiere che ne esige a iosa, ma da qui alla galera ce ne corre! Il fatto che non ci sentiamo “tutti Sallusti”, c’entra una mazza con San Vittore. Magari con San Cristoforo sì. Lui traghettava anime noi notizie.

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