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domenica 29 dicembre 2013

Renzi, alias il democristiano più intelligente, dice: "Io non sono come Letta e Alfano". Ci vuole poco

Maurizio Landini, il duro e puro della Fiom, gli ha aperto una linea di credito (come vedete sono in buona compagnia). Mario Monti ha appena dichiarato che Matteo Renzi è come lui (questo fatto, invece, ci preoccupa un po'). La linea di credito che gli abbiamo aperto noi scadrà fra 16 giorni. Vedremo. Quello che è certo, è che Matteo, a bocce ferme, è sicuramente il democristiano più intelligente presente sulla scena politica italiana in questo momento. Il governo dei bi-DC, LettaLetta e Angelino 'O Schiattamuort Alfano, è un soggetto politico inguardabile, un gruppo di gitanti della domenica che, ubriachi alla fine di un terrificante picnic, tornano a casa sbandando paurosamente in autostrada. Quella messa in piedi dal duo delle meraviglie figlie del nulla, è una nebulosa pericolosissima perché non sa neppure lei di quali gas è composta; un dato è certo, quei gas sono tossici. Incapaci di prendere una decisione coraggiosa, i PD esitanti e i berluscones inconcludenti, sembrano dilettanti allo sbaraglio, impegnati più a non stonare che a cantare fino alla fine una canzone. Inadatti a governare, in preda alla sindrome "del presidente", figli di una politica che non esiste più, i LettaLetta boys&girls, che in qualsiasi altra parte del mondo sarebbero i protagonisti indiscussi dei giornali satirici, non ne hanno azzeccata, e non ne azzeccano, una. Il risultato è che non avendo soldi da impegnare, incapaci di reperirne se non con prospettive inesistenti e proiezioni economiche false, tolgono finanziamenti alla ricostruzione dell'Aquila per dirottarli a quella di Pompei. Di fronte a tanta scempiaggine, Matteo Renzi fa la parte del gigante, e non potrebbe essere altrimenti: è facile fare Davide quando i Golia sono giganti che non si reggono in piedi, fiaccati dalla loro stessa arroganza. Torniamo al meno peggio e noi, del meno peggio, ci siamo cordialmente stancati.

giovedì 26 dicembre 2013

Il messaggio di Natale di Edward Snowden: “Siamo tutti spiati”. E 'sticazz!

Snowden visto dalla Cia
Diciamolo, se Snowden rivela che siamo tutti spiati, è come se scoprissimo, ancora una volta, che mettendo acqua fredda sul fuoco si ottiene l'acqua calda. Lo sappiamo di essere spiati. Lo sappiamo che se fai un acquisto con la carta di credito o con il bancomat, il Grande Fratello sa dov'eri, quanto hai speso e per comprare cosa. Lo sappiamo che se si scrive una email in cui metti la parola “bomba”, anche se d'acqua, la Nsa ti mette sotto controllo. Lo sappiamo che se dici al telefono che stai scalando la Telecom nessuno fa una mazza, né accade nulla se in quella stessa telefonata parli di mettere le mani su Finmeccanica. Così, se domandi a Consorte “abbiamo una banca?”, lo sai che arriva Silvio e ti sputtana urbi et orbi. E lo stesso accade se Silvio chiede a Nicole “Come te la senti?”, solo che Silvio viene considerato un macho e Fassino un coglione. Quindi, chi ha paura di essere intercettato? Chi teme per la propria privacy? Lo confessiamo, sul nostro cellulare abbiamo attivato pure Google Maps e Trip Advisor perché, non avendo nulla da nascondere, che ce ne frega se la Nsa segue i nostri passi? Torniamo a chiederlo: chi ha paura di essere intercettato o spiato? Secondo noi chi ha la coscienza sporca ovvero: gli evasori, i pusher, i fedifraghi, i ladri non di merendine, gli sciacalli dei terremoti, i lobbisti, i corrotti e i corruttori, i pedofili, i ricattatori, le/i massaggiatrici/ori e i/le massaggiati/e, gli ex capi della protezione civile, i protagonisti della trattativa, i mafiosi, i camorristi, gli affiliati alle 'ndrine e i figli di puttana di ogni latitudine. A noi, che non rientriamo nelle categorie suddette, se la Nsa ci spia o intercetta, che ce ne fotte? E, siccome non abbiamo ville a Montecarlo o amanti da nascondere, di cosa potrebbero mai accusarci Sallusti e Belpietro? La sensazione è che (estremizzando un po' il discorso), alla privacy tengano ferocemente i birichini, gli onesti, in fondo, cos'hanno da temere?

martedì 24 dicembre 2013

Auguri alla gente rock e a chi non mollerà mai


Auguri agli amici e ai nemici, a chi mi legge e a tutti coloro ai quali sto sulle... scatole. Auguri a chi non molla e non mollerà mai. Auguri a chi ha coraggio perché delle mezze seghe non sappiamo che farcene. Auguri di che e di cosa non si sa, però si usa così e non mi sottraggo alla tradizione. Dimenticavo... se non dovessimo vederci, auguri.
L'immagine è di Giuseppe Piscopo. 

L'Italia in mano ai quarantenni [democristiani]. Siamo sicuri che siano quelli giusti?


senza parole

sabato 21 dicembre 2013

Quella irrefrenabile, incontenibile, inconfessabile voglia di “pilu” dei destri [rigorosamente a pagamento]

Di Silvio si sa tutto. Lui e 'o pilu sono culo e camicia. Fedele all'assunto maschile (ma ora anche femminile) che più aumenta l'età più il desiderio di partner giovani si fa morboso, il Capataz non si è certo fatto mancare nulla, fino a finire nei noti guai per le frequentazioni pericolose con le minorenni. Che durante i suoi viaggi all'estero Silvio usasse frequentare assiduamente letti e boudoir, era cosa risaputa (Natasha lo aspetta sempre fremente nella dacia di Vlady), ma che addirittura si lasciasse andare a orge sfrenate con più di una escort, ha quasi, considerata l'età, del miracoloso. A testimoniare le avventure galanti a pagamento (proprio come quelle di Giacomo Casanova, solito pagare in denaro, in natura o in gioielli e abiti sfarzosi le sue conquiste), di Silvio lontano dalle Olgettine, sembra esserci un filmato girato di nascosto da quel galantuomo che risponde al nome di Valter Lavitola, massacratore delle storica testata socialista dell'Avanti, a Panama. A raccontarlo ai magistrati è stato l'imprenditore Angelo Capriotti, il quale ha fatto mettere a verbale che Lavitola era solito filmare le imprese sessuali dell'allora presidente del consiglio, dovunque si trovassero ad alloggiare per missioni “diplomatiche”, principalmente però a Panama e in Brasile, paesi in cui il faccendiere aveva grandi entrature nel mondo d'o pilu. Daltronde per fare felice Silvio bastava poco, invece dei regali di rappresentanza, gli si riempiva la camera da letto di mignotte, al resto pensavano le punturine e le Scapagnini Pill's. Ma cotanto esempio poteva restare senza che emuli un po' pezzenti e un po' sfigati, lo seguissero acriticamente e per il solo gusto di dimostrare di avere potere? Proprio no, e la dimostrazione è venuta (ma è solo uno dei mille racconti di ordinaria coglioneria macha dei destrorsi) dalle carte scoperte dagli inquirenti che indagano sulle pezzentaggini dell'assessore abruzzese alla cultura, Luigi De Fanis. Ve lo ricordate, no? Quello che a Torino, durante il Salone del Libro, pagava lo champagne con la carta di credito della Regione. Ebbene, mister De Fanis non solo con i soldi della Regione ci pagava lo champagne, ma anche gli straordinari della sua segretaria particolare Lucia Zingariello, la procace 32enne di un piccolo paese del chietino la quale, oltre ai 1.200 euro mensili di stipendio, arrotondava le entrate con 36mila euro l'anno che l'assessore le concedeva per quattro rapporti sessuali settimanali. Il tutto, ovviamente, contrattualizzato. Le diceva De Fanis: “Vai a timbrare, poi esci e vai a farti bella… poi ritorni e timbri. Basta che fai quattr’ore… Chi ti conta la jurnata… capit?” Si sa, il dialetto in certe occasioni funge da afrodisiaco, evoca gli afrori della stalla e il profumo dell'erba tagliata, ispira sentimenti niente affatto casti e spinge a qualche perversione erotica. Così, nonostante la signorina Zingariello abbia tentato di far sparire il contratto con l'assessore alla cultura (sic!), quei birichini dei carabinieri lo hanno ritrovato stracciato nel cestino e hanno spedito i pezzettini al Ris che lo ha fatto tornare nuovo. Ora, l'assessore e la segretaria stanno cercando di far passare quel contratto come una schermaglia amorosa, un gioco per amanti un po' cretini, ma gli inquirenti non ci credono e i reati aumentano. E per fare ancora più effetto sulla sua amante, De Fanis, al culmine del rapporto, le cantava “'ret'a la capanna, sotto a chella fratta”, motivetto reso famoso in tutto il mondo da Massimo, lo spasimante deluso di Jennifer Lopez in The Wedding Planner

giovedì 19 dicembre 2013

Il flop dei fasci-forconi. E Danilo Calvani, un po' 'Nduccio un po' Er Piotta, dice: “Ora godiamoci Natale”

Dovevano essere 15mila, erano appena tremila, scarsi, ieri a Roma, i fasci-forconi. Dopo essere stato pizzicato prima a bordo di una Jaguar fiammante, poi di una Mercedes d'annata, Danilo Calvani, un po' 'Nduccio un po' Er Piotta, leader dei forconi laziali che i forconi veri hanno rinnegato, ha dato in Piazza del Popolo, su un podio montato alla bell'e meglio, l'esempio della sua fulgida e alata oratoria, iniziando il discorso con: “'rreta a la capanna sott a chella fratta”. E tutti in coro “Italia, Italia, Italia”. Più che una manifestazione di incazzati sembrava la fine del raduno nazionale degli alpini quando, dopo ettolitri di vino rosso e grappa a gogò, si canta “Quel mazzolin di fiori” e “Valsugana”. In Italia, sarà l'aria di Natale, sarà che non riusciamo mai a prenderci sul serio, le manifestazioni, i picchetti, i boicottaggi, gli scioperi bianchi finiscono sempre a tarallucci e vino, più vino che tarallucci ma fa lo stesso. Nati con l'intenzione di rompere le palle, “Ci scusiamo per il disagio”, disse qualche giorno fa Mariano Ferro parafrasando i cartelli dell'Anas sull'autostrada, le proteste sacrosante dei forconi si sono trasformate in una sorta di grande happening collettivo, un helzapoppin mal riuscito, un flash mob di danzatori zoppi. Andando in auto per le strade di una città, abbiamo assistito a una di queste manifestazioni volanti. A un semaforo c'era un gruppo di cittadini attraversavano la strada quando il semaforo era verde e restavano fermi quando diventava rosso. Molto educati e per niente disposti a disturbare gli automobilisti impegnati nello shopping natalizio, avevano piantato un cartello con su scritto: “Se condividete la nostra protesta, suonate il clacson”. Mai sentito tanto silenzio in un'arteria sempre congestionata come quella che stavamo attraversando. Ovviamente, siccome sventolavano tutti il tricolore, i manifestanti dovevano essere quelli dello 'Nduccio di Latina visto che davano appuntamento ai cittadini sensibili per ieri a Roma, per la grande adunata del Movimento 9 dicembre, così si chiamano i forconi di Calvani. Scommettiamo che nessuno di loro si è preso la briga di andare nella Capitale, anche perché tremila persone, alla fine, non rappresentano che un decimo della popolazione di una piccola borgata romana. Però i fasci-forconi c'erano tutti, ma proprio tutti. Quando Calvani ha fatto l'appello, si è accorto che c'era perfino qualche imbucato e che qualcuno aveva sbagliato piazza e manifestazione, altrimenti sarebbero stati meno. Inutile riportare gli sproloqui del Piotta latinense e gli slogan dei casapoundini, figli del vin brulè che sora Cesira aveva preparato con amorevole cura nella cantina dei Cesaroni alla Garbatella. L'appuntamento è per dopo Natale quando, digeriti i fritti, i fasci-forconi si ritroveranno in piazza per il fantozziano rutto libero post bottiglia di birra Peroni ghiacciata. 

mercoledì 18 dicembre 2013

Matteo, Silvio, Beppe, Enrico e l'Innominabile sullo sfondo. Iniziate le manovre invernali in vista della “campale” di maggio

Mettiamola così: Renzi è giovane, fonziano, più paninaro che freak, decisamente post-sessantottino, però non è affatto sprovveduto e questo, onestamente, ci spaventa un po' perché vorremmo capire chi sono i suoi veri maestri. Stiamo alle cronache. L'Innominabile dice, ricattando un po', che la riforma elettorale va fatta partendo dalla maggioranza che c'è, da quella che regge le sorti di questo governo. Renzi gli risponde che la nuova legge elettorale e le riforme costituzionali vanno fatte con chi ci sta. Quindi inizia a sondare il terreno. Zitto zitto, quatto quatto, manda il fido Nardella a parlare con Brunetta per capire quali sono le intenzioni di Silvio
Al contrario di quanto avveniva con i suoi predecessori pidini, il Sindaco prende l'iniziativa, dà la sensazione di avere la forza per dare agli altri il cerino in mano, e non per tenerlo costantemente tra le dita in attesa di bruciarsi. Colui-che-siede-sulla-poltrona-più-alta-del-Colle-più-alto non la prende bene, e fa sapere per vie traverse, un parlare a nuora perché suocera intenda, che è sempre pronto a fare il passo solenne (che aspetta a dimettersi non si sa, nda). Renzi tratta, insomma, a tutto campo non facendosi fagocitare dalla presenza sempre ingombrante di Silvio sulla scena politica e sapendo che la crisi economica ha spuntato al Cavaliere l'arma che lo ha reso forte in questi anni: dare agli italiani l'illusione che andava tutto bene, che i ristoranti erano pieni e che possedevamo almeno due cellulari a testa, una casa al mare, il pied-a-terre e l'amante. Renzi sa che con tutte le armi ormai scariche, a Silvio non resta che l'antieuropeismo e l'essere anti-Napolitano, che però è un fatto più personale che politico. Facendo in questo modo, assumendo queste posizioni, Silvio crede di riportare a casa i voti della sua gente che Grillo ha acchiappato alle ultime elezioni, ma sbaglia i conti, quei voti non torneranno mai soprattutto perché Renzi ha iniziato a cavalcare tre punti forti del programma dei 5S: il non considerarsi “casta” (rifiutandosi di partecipare al buffet presidenziale), la rinuncia all'auto blu (è andato al Quirinale a piedi), il taglio delle spese della politica (abolizione delle province e dei rimborsi elettorali). Il Sindaco sta posizionando le sue truppe e non è affatto detto che da questa battaglia, a uscire con le ossa rotte, sia lui. Intanto anche LettaLetta (di Enrico invece conosciamo tutto, maestri compresi), ha iniziato a prendere posizione in vista delle prossime elezioni europee. Ha chiamato Fabrizio Saccomanni e gli ha detto: “Muovi quel culo da boiardo e batti un colpo”. Il ministro tecnico ex Bankitalia, il culo lo ha mosso davvero. Ha preso carta e penna e scritto una lettera di fuoco ai suoi colleghi europei, accusando apertamente la Germania di non volere l'unità bancaria. E tutto per non far scoppiare lo scandalo planetario delle Casse di Risparmio (e degli aiuti di stato mascherati da prestiti e fideiussioni bancarie alle imprese tedesche), che hanno rappresentato, e rappresentano, la vera forza del boom teutonico. La Germania questo lo sa ma fa orecchie da mercante e continua a porre il veto nonostante i movimenti antieuropeisti rischino di fare il pieno alle elezioni di maggio. Situazione in assoluta e costante evoluzione, fatto che in tutti questi anni di berlusconismo anestetizzante, non era mai accaduto. 

martedì 17 dicembre 2013

Matteo Renzi al Quirinale: due ore di ordinaria ripiccheria italica

Premessa. Qualche amico non abituato alle nostre tiepide aperture di credito, ci ha detto, scritto e fatto sapere di non gradire la nostra “svolta renziana”. A meno che la demenza senile non abbia iniziato a fare la sua comparsa a nostra insaputa, quello di immaginarci alla corte del Sindaco è un atto di estrema superficialità. Non siamo renziani, non lo saremo mai né ci sogneremmo mai di entrare nel club esclusivo degli scrittori creativi (che è un assurdo in termini). Semplicemente, e lo confermiamo, proviamo una istintiva e innata simpatia per chi propone un sogno, ha una prospettiva a lunga scadenza, non disdegna di viaggiare dalle parti dell'utopia. Sapete, nonostante le primavere, siamo rimasti legati al sogno guevariano di una dignità umana non calpestabile né acquistabile, a una idea di libertà senza se né ma, al valore ineguagliabile di una giustizia sociale giusta, tutto qui, e Matteo, uno sguardo al futuro almeno ha tentato di darlo. Punto. E quanto Renzi ci abbia azzeccato nel formulare le sue teorie per un'Italia diversa, lo si è capito ieri. 
Come si usa, avvicinandosi il Natale, il presidente della repubblica è solito fare gli auguri alle alte cariche dello Stato, per cui le riunisce tutte nel salone delle feste del Quirinale e indirizza loro il suo messaggio. Di buon'ora, il neoeletto segretario del Pd, si avvia al Colle in compagnia del ministro Del Rio, renziano conclamato. Prima sorpresa, il corazziere di guardia al portone chiede cortesemente al Sindaco di mostrargli l'invito. Non avendolo, Matteo deve farsi garantire dal ministro Del Rio il quale, come si usa per gli imbucati alle feste, dice. “Il signore è con me”. Matteo capisce subito l'aria che tira e ne ha conferma non appena mette piede all'interno del palazzo presidenziale: non se lo fila nessuno. Incontra la Cancellieri: zero. Gelo. Però saluta il suo amico Enrico. Siede in nona fila solo grazie a un posto riservato lasciato libero, visto che il cartellino con su scritto “Renzi” non c'è. Incrocia lo sguardo con la Camusso: zero. Gelo. E pensa: “I sindacalisti fra le alte cariche dello Stato, boh!”. Poi. “Toh, ci sono anche i giornalisti. Ma che c'azzeccano loro con le alte cariche dello Stato? Boh!” Parte il discorso dell'Innominabile e si rende conto di essersi seduto appena dietro Elio Vito e Daniele Capezzone e davanti a Cesa dell'Udc. “Magari c'ho le traveggole”, dice Matteo fra sé e sé. Poco prima aveva scambiato quattro chiacchiere con Fabrizio Saccomanni e salutato affettuosamente Cecile Kyenge, l'unico saluto affettuoso della mattinata. Ascolta attentamente il discorso del presidente poi, invece di accomodarsi al ricco buffet, prende la via d'uscita e se ne va passando dal guardaroba dove incontra, indovinate chi? Angelino Alfano. “So che lei parla solo con Letta”, gli dice Matteo, e il ghiaccio polare dell'incontro, per un momento, si scioglie. Un solo commento finale. Il sindaco di Firenze non rientra (ancora?) nell'elenco dei boiardi di Stato. Se questa non è una buona notizia, almeno ci si avvicina.  

lunedì 16 dicembre 2013

L'Italia delle battute sta finendo. La fame blocca il “pierinismo”

Le due facce dei “forconi” sono venute fuori. Era inevitabile. Da una parte l'ala movimentista e protestataria pura, quella di Ferro e Chiavegato, che non sarà a Roma mercoledì prossimo. Dall'altra quella fascista e sfascista di Calvani (che ha optato per una Mercedes da sfasciacarrozze dopo la fiammante Jaguar di Torino) e Baldarelli che hanno fatto sapere che loro a Roma ci saranno, con i casapoundini e i gentleman di Forza Nuova. “Temiamo infiltrati”, ha detto Mariano Ferro, pur sapendo che gli infiltrati fascisti ci sono stati fin dal primo momento e che non erano propriamente infiltrati ma manifestanti a tutti gli effetti. L'arresto di Stefano Di Simone poi, il vicepresidente di Casa Pound fermato durante un blitz nella sede della rappresentanza della UE a Roma, ha complicato ancora di più le cose, visto che i fasci si stanno già mobilitando (a modo loro e con i manganelli) per chiederne la liberazione. Così, mentre da una parte i neo-nazisti si ritrovano stanati e rifiutati dalla maggioranza delle sigle che compongono il Movimento dei forconi, dall'altra i politici continuano a fare i politici, a prendere tempo, a discutere sulle unioni civili e sullo ius soli. E veniamo a Matteo Renzi. Ieri mattina abbiamo seguito molto attentamente il suo discorso di insediamento e, non possiamo nasconderlo, in molti passaggi della sua ora di monologo, abbiamo ritrovato parecchie idee di una socialdemocrazia europea, progressista e riformista, che non sentivamo dai tempi di Jaques Delors. Nessuna intenzione di paragonare il sindaco di Firenze all'ultimo statista che la Francia ha avuto (non sta messa meglio di noi!), ma almeno qualche spunto un po' di sinistra, poco poco, piano piano, Matteo lo ha tirato fuori. Non è infatti un caso che da Lucia Annunziata, un rinfrancato Alfano lo abbia detto a chiare lettere: “Temevamo che Renzi potesse erodere una parte dell'elettorato di centrodestra, invece si è dimostrato il segretario di sinistra che a noi fa un comodo della madonna”. Ma Alfano non ha capito che, almeno a parole e con una energia insospettabile, Matteo Renzi ha dato ieri una prospettiva all'Italia delle battute e delle barzellette, delle tette e dei culi, delle riforme sempre annunciate e mai attuate. Ha regalato, se così possiamo definirla, una visione, ha dato un senso e un obiettivo all'impegno in politica, non ha protestato ma proposto... scusate se è poco. Così, mentre su Twitter Dudù spopola trascinato dalle Barbare d'Urso del momento, la maggioranza degli italiani (almeno così speriamo), ha capito che nel piatto non può continuare a trovarsi con una porzione di LiverDog ma che occorre nutrirsi con qualcosa di più adatto all'uomo che non provenga dalle meritorie mense della Caritas. E a fronte della “visione” di Matteo, Grillo ha reagito malissimo con tweet e post all'acido solforico, dimostrazione che spera ancora di risolvere i problemi che abbiamo picchiandoci ancora dove i sondaggi gli dicono di menare. E ha perso un'altra occasione, quella di vedere il PD non toccare i soldi dei rimborsi delle spese elettorali. Ma quante occasioni ha perso Beppe con le sue battute? Fra un po', come numero, arriverà a quelle di Silvio con le barzellette su Mohammed Esposito che non hanno mai fatto ridere nessuno: cane, Nero!

sabato 14 dicembre 2013

Oh signur! Si potrà detrarre dalle tasse l'acquisto dei libri. E che è successo?

L'”effetto Renzi” è servito soprattutto a mettere un po' di pepe nel culo di questo governo. Per la prima volta in mesi di latitanza e di discussioni vuote, qualche piccola concretezza si materializza improvvisamente. La legge elettorale passa dal Senato alla Camera, dove i numeri sono diversi e il Pd conta sicuramente di più. Renzi incassa il “parliamone” di Alfano e a nulla è servito l'ennesimo diktat di Quagliarello che prima minaccia la crisi di governo, poi si ritira in buon ordine e dice anche lui: “Parliamone”. Si tagliano le accise sull'energia e si mette mano all'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti mascherato, fino al 2017, da “rimborso spese elettorali”. Curioso che i manganellatori del provvedimento siano i 5S (le cui ragioni sono indiscutibili) e Maurizio Belpietro: che lo strano asse FI/5S sia una cosa più concreta di un vocio popolare? Forse Grillo non lo sa, ma ogni volta che Sallusti e Belpietro scrivono che il comico ha ragione, la trappola che quel genio del male di Silvio gli sta preparando, prende sempre di più forma e sostanza.
Ma Sallusti e Belpietro, pronti a distruggere ogni provvedimento del governo LettaLetta “a prescindere”, nulla hanno scritto sulla defiscalizzazione del 19 per cento per l'acquisto dei libri. Convinti come siamo che i due non siano propriamente il modello perfetto dei lettori, dobbiamo pensare che il loro silenzio sul fatto specifico sia dovuto dall'essere, il “padrone”, il più grande editore italiano perché nulla ci vieta di dedurre che qualche milione di euro in più entrerà sicuramente nelle casse della Mondadori e del suo immenso impero editoriale. Ma non ce ne frega nulla, l'importante è che quando acquisteremo un libro, cosa per noi diventata usuale anche in tempi di crisi, potremmo detrarre dalle tasse il 19 cento della spesa fino a un tetto massimo di 1000 euro (altri 1000 se dovessimo acquistare testi universitari). La notizia ha sconvolto parecchi commentatori e fra questi anche noi, visto che la linea di tendenza emersa negli ultimi giorni era quella che i libri non si comprano ma si bruciano. Ecco, se il governo desse la possibilità, come avviene un po' dappertutto, di detrarre anche gli affitti, l'acquisto dei generi di prima necessità, la benzina per l'autotrasporto non solo degli agenti di commercio ma anche di chi usa l'automobile per andare a lavorare, delle vacanze fatte in Italia e del made in Italy non tarocco, forse qualche consumo potrebbe tornare a essere fatto. Ma questa è un'altra Italia

venerdì 13 dicembre 2013

Tira aria d'Alba dorata. Zunino, leader del Movimento 9 dicembre: “Italia schiava dei banchieri come Rotschild”

Mentre i fan delle sirene e dei microchip sottocutanei del Movimento5Stelle (manco il voto a Di Pietro ci aveva fatto vergognare tanto di noi stessi), provano la “strana alleanza” con i reperti archeologici di Forza Italia, che si manifesta in appoggi non richiesti (quanto graditi) sugli emendamenti alla legge di stabilità, fuori, sulla strada, in una sorta di perenne “on the road” inizia a tirare aria di Alba Dorata. Il fatto è che da ex giallisti amanti di Agatha Christie (ma anche di Ellery Queen), abbiamo adottato da tempo una delle intuizioni più felici di Hercule Poirot, trasponendola paro paro nella nostra vita di tutti i giorni: “Un indizio è un indizio, due indizi fanno una prova”. Regola che vale per tutto e non solo per omicidi, ricatti, estorsioni, tradimenti e molestie di vario tipo e natura. Dunque, accanto (o parte integrante, come meglio si crede) al Movimento 9 dicembre, sono scesi in piazza gli ultras di alcune squadre di calcio, noti per le spiccate simpatie destrorse. Ancora. I casapoundini e i forzanovisti sono lì, accanto agli agricoltori, agli autotrasportatori, ai piccoli imprenditori falliti. Ancora (2). Nelle piazze e nelle strade si inneggia a Benito Mussolini (eh sì, sempre lui) del quale si mostrano fieramente i tatuaggi sulle braccia. Poi la libreria di Savona, e quella voglia parecchio goebbelsiana di dar fuoco alla cultura. Infine, non poteva mancare, l'intervista a Vera Schiavazzi di Repubblica di Andrea Zunino, il sessantenne agricoltore di Biella/Vercelli, leader del Movimento, che dice: “Vogliamo le dimissioni del governo. Vogliamo la sovranità dell’Italia, oggi schiava dei banchieri, come i Rotschild: è curioso che 5 o 6 tra i più ricchi del mondo siano ebrei, ma è una cosa che devo approfondire. Con Grillo mi incontrerei, i 5Stelle sono persone perbene. Con Berlusconi mai, anche se le porcate peggiori da noi le ha fatte la sinistra”. E a domanda: “Signor Zunino, si rende conto che da questa stessa dichiarazione sulle banche 'ebraiche' è nato il nazismo? Si rende conto di quel che dice?”
“Non ho le prove - dice Zunino - ma penso che Hitler, che probabilmente era pazzo, si sia vendicato con l’antisemitismo del voltafaccia dei suoi iniziali finanziatori americani. Personalmente non mi interessa”.
A Zunino, ma va' in Jaguar, va'...

giovedì 12 dicembre 2013

I “forconi” bruciano i libri e viaggiano in Jaguar. Quando proteste sacrosante si trasformano in pagliacciate pericolose

Ci risiamo. La storia è come la natura, non fa salti ma procede secondo regole fisse e immutabili. Sembra che qualcuno, nel corso del tempo, si sia divertito a definire nei minimi particolari il ruolo del “capo-bastone”, di colui cioè che, basando la propria forza sull'ignoranza degli altri, riesce a condurre una vita agiata e da protagonista. Ieri pomeriggio, Savona, negozio della Ubik che non è solo una libreria, ma luogo di discussione, di incontro, di cultura. Entra una squadraccia che agisce nell'ambito della protesta dei forconi e invita gli impiegati a uscire perché “vogliamo dar fuoco ai libri”. Così, invece di prendersela con i palazzi del potere, le vetrine delle banche, i bancomat, le sedi della confindustria e delle multinazionali (poche in verità, stanno scappando tutte), i luoghi dello shopping di lusso e le Ferrari parcheggiate in strada, loro, i forconi, vogliono bruciare i libri che, riflettiamoci un attimo, sono gli oggetti più innocui (ma anche pericolosi, Fabio Volo a parte) che si trovano in circolazione. Con tutta evidenza, la presenza dei casapoundini nel “movimento” inizia a essere particolarmente significativa. Chi, infatti, se non loro, orfani di quel grande movimento di massa retto dal capobastone più tristemente famoso nella storia dell'umanità, se la può prendere con i libri? Chi, se non gli orfani del nazismo e protagonisti dei roghi che hanno distrutto il sapere, può solo pensare che bruciando un libro si risolve il problema degli autotrasportatori? L'ignoranza, ce lo ha insegnato anche il berlusconismo, è la base indispensabile per costruire il consenso. Basta un pincopallo qualsiasi in grado di infiammare i cuori e le coscienze a sinapsi zero, che partono le rivoluzioni e quel gregge multiforme di ovini pronti a battersi fino alla fine per il montone di turno. Diverse, anzi diversissime, le anime dei forconi. C'è chi afferma che la loro unica bandiera è il tricolore e che non vogliono 5S, destra, sinistra, centro e chi invece vorrebbe imbarcarli tutti in nome della più improbabile delle rivoluzioni. Diciamolo, non c'è un Lenin nelle loro file, ma solo un imprenditore agricolo che, come Masaniello che faceva il pescivendolo, ha dato forma al coordinamento nazionale dei movimenti dei forconi, discutendone in una cella frigorifera. La differenza è che Masaniello non girava in Jaguar, non si sentiva un re e non aveva manco il cavallo.
Ah beh sì beh ah beh sì beh
Un re che piangeva seduto sulla sella,
piangeva tante lacrime...
ma tante che
bagnava anche il cavallo
Povero re!
...e povero anche il cavallo!

martedì 10 dicembre 2013

L'Italia dei forconi e i poliziotti buoni

L'unico che avrebbe potuto commentare il gesto dei poliziotti di ieri, sarebbe stato Pier Paolo Pasolini. Probabilmente si potrebbero anche citarne testualmente le parole, ma sarebbe un esercizio inutile visto che del pensiero del “profeta” Pier Paolo, a proposito e a sproposito, se ne sono appropriati praticamente tutti. Arriva un momento nella vita di una nazione in cui alcune priorità diventano patrimonio comune, le necessità esigenze condivise, il senso di impotenza travolgente. Da una parte il movimento più radicale nato in questi anni: i “forconi”. Che col tempo sia diventato poi il crocevia di idealità basate sulla rabbia e il luogo di incontro di anarchici insurrezionalisti, casapoundini e agit prop del caos non è che la conseguenza delle mancate risposte. Dall'altra i tutori dell'ordine pubblico che, a seconda del governo del momento, usano più o meno a sproposito i manganelli ed eseguono gli ordini schizofrenici di capi infoiati da un'idea dell'”ordine” che viene da molto lontano e non ne vuol sapere di abdicare. Ieri, a un certo momento, è accaduto un fatto destinato a restare nella storia di questo paese. Prima i poliziotti, poi gli agenti della Guardia di Finanza si sono tolti i caschi che rappresentano gli oggetti più visibili della divisa antisommossa. Il casco non è solo uno strumento di protezione ma un vero e proprio simbolo. L'esserselo tolto significa solo una cosa, che gli agenti avevano deciso di abbassare le armi e di schierarsi con chi stava protestando, dichiarando visivamente di condividerne le ragioni. Dalla questura di Torino si sono affrettati a far sapere che non si trattava di un gesto di ribellione degli agenti ma che “erano venute meno le esigenze operative che ne avevano imposto l'utilizzo”. La smentita del Siulp non si è fatta attendere. Ha detto infatti Felice Romano, segretario generale del sindacato: “Il nostro è stato un segno di manifesta solidarietà e totale condivisione delle ragioni a base della protesta odierna contro i palazzi, gli apparati, e la stessa politica ormai lontani dai problemi reali dei cittadini". Dall'altra parte, c'erano agricoltori e allevatori che si sono sentiti abbandonati dalle istituzioni. La protesta ha unito anche venditori ambulanti, camionisti, precari, studenti, disoccupati, immigrati e persino ultras delle curve calcistiche ed estremisti di destra, rappresentanti di un mondo del lavoro esasperato, e quelli delle solite teste di cazzo degli ultras di destra che colgono al volo ogni occasione nella quale si profila un menare le mani che è parte integrante della loro cultura. E Silvio parla di “colpi di stato” ai suoi danni. Colpi di sole, Silvio, i tuoi sono solo colpi di sole.

lunedì 9 dicembre 2013

Cambiale in bianco per Matteo Renzi. Un mese. Nonostante tutto, questo Paese ha bisogno di una speranza

C'è un dato chiarissimo che emerge dalle primarie del Pd: D'Alema ha perso e con lui tutta la nomenclatura suicida delle ultime elezioni politiche. Cuperlo ha perso, la faccia pulita del dalemismo non è arrivata al 20 per cento, segnando in questo modo il definitivo contrappasso dell'inciucismo pernicioso e volgarmente disgustoso del bicameralino. In poche parole, i quasi tre milioni del Pd hanno detto a Baffetto: “Vaffanculo”. Si spera che il politico più intelligente della storia repubblicana comprenda e prenda atto, anche se la frequentazione ventennale con il “satiro” non depone per una sana, agrippiana vecchiaia. Civati ha perso, è vero. Ma se non si lascia prendere dallo scoramento e spara bene le cartucce che ha, il prossimo segretario del Pd, con Renzi a Palazzo Chigi, potrebbe essere lui. Guardiamoci un attimo intorno. Silvio sembra il tenente colonnello Antonio Tejero, lo ricordate? Era quell'ufficiale della Guardia Civil che, pistola in pugno, tentò da solo di impedire la svolta democratica in Spagna, un franchista di ferro che non venne garrotato solo perché re Juan Carlos lo perdonò. Se Silvio potesse, entrerebbe pistola in pugno nell'aula di Palazzo Madama per andarsi a sedere sulla poltrona di Piero Grasso, e invece che fa? Telefona a Paolo Becchi (l'ideologo del M5S), lo invita ad Arcore e cerca di farselo alleato. Lui e Grillo hanno un nemico comune da combattere, si chiama LettaLetta e siede, secondo Grillo, abusivamente a Palazzo Chigi. La morale della prossima intesa fra Forza Italia e il Movimento 5 Stelle? I nemici dei miei nemici sono miei amici. Tolti dalla scena i nostalgici del proporzionale puro, resta proprio lui, Matteo Renzi, il sindaco di Firenze, eletto ieri sera con il quasi 70 per cento dei voti dei primariani, segretario del Partito Democratico. Renzi non ci è mai piaciuto, lo abbiamo scritto ogni volta che abbiamo avuto la possibilità di parlarne. Però, in questo momento, de' Renzi è l'ultimo scoglio visibile nel mare di rifiuti organici nel quale galleggiamo. Lo abbiamo ascoltato ieri sera subito dopo la lapalissiana vittoria. Ci è sembrato il Veltroni del “Lingotto”, un po' più spigliato, un po' più paraculo. Però, forse, è proprio quel minimo di paraculaggine in più che potrebbe bastargli per dare il segnale a questo popolo stremato, che è possibile ancora darsi una mossa. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare da noi, a Renzi consegniamo, da questo momento, una cambiale in bianco. Durerà inevitabilmente poco, 30 giorni. Poi, sarà guerra esattamente come quella che combattiamo da venti anni contro il genocida di emozioni. 

venerdì 6 dicembre 2013

Lo sapete che l'Italia sta fallendo? No? Ahi ahi ahi... Arrivederci, Madiba

Tre dati. Per Eurostat in Italia è l'allarme povertà. 18 milioni di cittadini sono a rischio, peggio di noi sta solo la Grecia. Le statistiche dell'Inps ci dicono che il potere d'acquisto delle pensioni è crollato del 10 per cento e che una su due è inferiore ai mille euro. Il fisco comunica che è crollato anche il gettito Iva, i soldi dei consumatori finali che entrano nelle casse dello Stato: in dieci mesi -3,4 miliardi, segnale che l'aumento di un punto non ha portato più entrate ma molte di meno, lo sapevano tutti ma non i governanti europei e le marionette italiane. Dall'altra parte scoppia lo scandalo dei rimborsi spese dei consigli regionali, si scoprono 65 milioni di euro di tangenti per Milano-Expo 2015, un altro milione di bonus per Formigoni e che la corruzione e l'evasione fiscale sono arrivate a cifre e a livelli non più sostenibili. Però l'8 dicembre ci sarà il nuovo segretario del Pd e tutti i nostri problemi, puff, scompariranno in un attimo. Hanno ragione gli economisti meno allineati a dire che la situazione dell'Italia è tale che inventarsi qualcosa per non sprofondare è praticamente impossibile. Occorrerebbero coraggio e fantasia, mentre la voglia di “uccidere” l'Italia patria di eccellenze e unica nazione al mondo ad aver dato al “made” lo stesso significato di “stile”, è forte da parte di nazioni molto meno qualificate ma, evidentemente, più “nazioni” di noi. Restiamo il paese dei piccoli privilegi, quello che se devi andare all'ufficio anagrafe per chiedere un certificato, domandi prima agli amici se hanno un amico che gli possa far saltare la fila. Siamo un popolo di maleducati, di gente che non rispetta il proprio turno e gli inventori del “lei non sa chi sono io”, frase che detta in qualsiasi parte del mondo causerebbe un moto irrefrenabile di risate, uno scompisciamento totale. Le statistiche ci dicono che in Italia sono aumentati i ricchi del 9 per cento. Fase economica direttamente proporzionale, più aumentano i poveri più aumentano i ricchi fino alla scoperta, ormai quotidiana, di evasori fiscali totali. Questo significa che l'allarme da economico si è trasformato in sociale e che, avendone le palle piene, la gente sta lucidando e oliando i forconi. C'è una brace sotto la cenere di una nazione stremata, che i nostri governanti non immaginano neppure, per loro i servizi televisivi sulle nuove povertà sono cinema-verità o mockumentary. I nostri politici vivono su un altro pianeta e lo testimonia Antonio Razzi quando afferma che lui, in dodicimila euro mensili, ci sta appena dentro. Ecco spiegata la ragione per la quale, il povero Cota è costretto a mettere nel rimborso spese anche i boxer verdi acquistati in America e Formigoni a farsi pagare le vacanze da Daccò (lo ha detto Danielona Santanchè).
È morto Madiba. Qualche anno fa, quando frequentavamo congressi (c'era ancora l'apartheid), ci capitò di ascoltare il rappresentante dell'African National Congress a Parigi. Di una pacificazione, in Sudafrica non si parlava neppure. Mandela era ancora ospite delle carceri bianche di Robben Island e i suoi seguaci venivano definiti “terroristi”. Il rappresentante dell'ANC terminò il suo discorso con una frase che ci è rimasta dentro per anni e che pronunciamo ancora, in francese, quando ci sembra di soccombere alle vicissitudini della nostra esistenza: “La lutte continue”... 

giovedì 5 dicembre 2013

È tutto illegittimo anzi peggio: incostituzionale. E ieri si sono rischiati i forconi

Fu il regalo di Natale agli italiani nel 2005. Elevò “baluba” Calderoli al ruolo di statista, e consegnò l'Italia nelle mani di Silviuccio vostro che ne approfittò solo per ri-farsi, come sempre, i cazzi suoi. L'impareggiabile Giovanni Sartori la battezzò dandole il nome di Porcellum a Matrix, ma lo spunto glielo diede direttamente il legislatore che la definì da se medesimo di persona personalmente, “una porcata”. C'è da dire che se ieri la Corte Costituzionale non si fosse pronunciata contro la legittimità della Porcellum, probabilmente sarebbero scesi in piazza i forconi. Erano nall'aria fredda di questi giorni, ben conservati nei magazzini e nei sottoscala e perfino nei salotti. Questo Paese è stanco e qualsiasi tentativo di rinvio sarebbe stato percepito come l'ennesimo favore alla Casta. I giudici se ne sono (evidentemente) resi conto e, accontentandosi di un panino a pranzo, sono arrivati a sentenza certificando quello che tutti sapevano ma che per anni hanno ignorato. Tutti coloro che ci governano dal 21 dicembre 2005, siedono illegittimamente sugli scranni e le poltrone che hanno occupato e continuano a occupare: il presidente della repubblica, i membri del Csm, i deputati, i senatori, i presidenti del consiglio, i ministri, i sottosegretari, gli alti manager di stato, i presidenti e gli amministratori delegati delle partecipate. Non solo, tutte le leggi e i provvedimenti emanati dal Parlamento sono stati presi da deputati e senatori che non potevano farlo perché non eletti ma nominati. E ora cambia tutto, siamo tornati al proporzionale puro, siamo tornati, signore e signori, alla Prima Repubblica. Morirete tutti democristiani, prendetene atto e continuate a campare e a fare l'albero di Natale... se potete.

martedì 3 dicembre 2013

Dai morti cinesi alla Porcellum oggi in Corte Costituzionale. L'Italia è il paese del cordoglio perenne

Come vivono i cinesi in Italia lo sanno tutti. La più grande coglionata che abbiamo sentito è “a loro sta bene così”, come se lo stato di schiavitù fosse una libera scelta. Negli anni ci è capitato di interessarci di sicurezza sul lavoro, soprattutto quando le cronache di veri e propri disastri hanno iniziato a riempire le prime pagine dei giornali. È stato allora che ci siamo resi conto che di lavoro si moriva, bruciati dall'olio incendiario della Thyssen o soffocati dai gas velenosi delle cisterne improbabili delle raffinerie sarde dei Moratti. Poi l'amianto e l'Ilva, dieci, cento, mille Bhopal. Improvvisamente di lavoro si è iniziato a morire di meno, grazie, non c'è più! Però quando accade, come a Prato, parte il cordoglio e sgorgano le solite lacrime di circostanza, perché alla fine sono cinesi e taroccano le firme del made in Italy, quindi chi se ne frega? Queste sono le stranezze dell'Italia, pronta a fare quel numero sul cellulare per due euro da dare alle ong convinta di essersi lavata la coscienza di fronte alle ingiustizie. Però nessuno protesta se in Senato non si trova la quadra per una legge elettorale decente, nessuno si indigna pensando che questa legge, che assicura solo una ingovernabilità non più sostenibile, è ancora lì a disposizione di Silvio, di Grillo e della Lega che non vogliono saperne di dare un governo serio a una nazione allo stremo. Se qualuno non lo ricordasse, la Porcellum fu voluta fortemente da Berlusconi che se la inventò non per far riposare i parlamentari il sabato, come ha millantato nell'ultimo s-comizio di Roma, ma per impedire a Prodi di governare con una maggioranza certa. La Porcellum ottenne l'effetto desiderato, la compravendita dei senatori fece il resto. Indovinate chi vinse le elezioni subito dopo? Esatto, Silvio che instaurò l'Impero di Arcore. Ma la notizia più appetitosa delle ultime ore, non riguarda le primarie del Pd né il Vaffa Day di Genova. E, anche se Renzi ha berlusconianamente promesso un milione di posti di lavoro (nel turismo però), e Grillo delirato ancora una volta nella sua città, la confessione di Baffetto alle Iene ci ha colpito profondamente perché per la prima volta in vita sua, Massimo D'Alema ha ammesso di non essere un mostro d'intelligenza politica, convinzione che lo accompagna praticamente dalla nascita. “Fu un errore – ha ammesso il Leader Maximo – andare a Palazzo Chigi. Fu un errore cadere nella trappola di Cossiga e di Mastella. Fu un errore cedere alla mia ambizione di sedere sulla poltrona di primo ministro perché da allora mi porto addosso la fama di 'inciucione'”. Qualcuno potrebbe dire “meglio tardi che mai”, ma non è così. Se i guasti di quella decisione ce li portiamo ancora appresso, è difficile trovare una scusante, seppur umana, per il più grande inciuciatore della storia della repubblica.
Oggi la Corte Costituzionale deciderà il destino del Porcellum. È un appuntamento importantissimo e lo sanno tutti. E la dimostrazione finale che questa politica e questi politici non servono più a nulla. 

lunedì 2 dicembre 2013

Renzi, Alfano e LettaLetta. Se questo è il nuovo che avanza, a ridatece baffone...

Più che di nuovo, magari converrebbe parlare di vintage, ma con l'aggravante dell'età. Messi insieme, o presi singolarmente, questi quarantenni che dovrebbero segnare le sorti prossime e future del nostro Paese non valgono un Gillo Dorfles, per non parlare degli ultimi novantenni che hanno deciso di andare a svernare nelle verdi praterie del cielo in compagnia di Manitù. In questi giorni di pioggia diluviesca, abbiamo avuto la possibilità di seguirne le gesta in tivvù e di leggerne le sfavillanti idee sui giornali. Ebbene, la convinzione che ci siamo fatti è quella che due su tre (Alfano e LettaLetta) abbiano alle spalle una scuola vecchia come Bacucco, e che il terzo, Renzi, ormai parli solo inseguendo Baricco che ha dato (a pagamento) anche a lui i primi rudimenti di “politica creativa”. Ma il meglio di sé, i nostri lo danno durante le interviste o le conferenze stampa. Pur di dimostrare di avere le palle, d'acciaio o di caucciù fa lo stesso, aggrediscono tutti i giornalisti che provano a fare domande non velinate, sapete quelli che ogni tanto vengono colti da un improvviso raptus deontologico? Proprio quelli. E la postura dei tre degli Ovetti Kinder è la stessa: inarcano le sopracciglia, alzano leggermente il tono della voce e smettono quel sorrisetto a metà fra lo scemo e il presupponente che sta a loro come il burlesque a Silvio o il cacio sui maccheroni: la morte loro. Sono cresciuti tutti e tre con le merendine e il sospetto che ci nasce, è quello che essendoci all'epoca pochi controlli, la percentuale di burro nei Buondì fosse davvero molto alta, roba da sconquassare il cervello facendo strage di sinapsi. Democristianamente parlando (la denominazione di origine controllata e protetta è la stessa), il loro proporsi politico è quello della trasversalità: parlare a nuora perché suocera intenda. Si lanciano messaggi di fuoco salvo poi andare in privato su FB e ridere insieme delle ultime puttanate espresse pubblicamente. Vuoti come un guscio d'uovo, cercano di imitare i “padri”, ma sono talmente sbiaditi che la fotografia che ne esce è taroccata come quelle di Silvio in cui dimostra trentanni. LettaLetta ormai ha imparato un refrain e non lo molla. A ogni pensiero aggiunge “con forza” e “questa sarà la nostra priorità”. Facendo i conti, sono talmente tante le priorità del Nipote che non si capisce più quali siano quelle vere e quelle presunte. Sono infatti priorità la disocupazione giovanile, l'immigrazione, la ripresa dei consumi, la scuola, la cultura, la sanità, la tutela ambientale, la salvaguardia dell'orso marsicano, del camoscio trentino, del parmigiano reggiano, delle mandorle di Noto e del pecorino sardo che abbiamo corso il rischio di perderci nel mare magnum delle emergenze. A Renzi se chiedi cosa ne pensa della riforma elettorale, si corre il rischio di fare un giro gratis fra le costituzioni europee e quelle di Marte tanto che, l'ultima proposta, è quella di rifarsi al sistema elettorale spagnolo. Per non parlare di Angelino che sta tentando con tutte le sue forze di apparire un leader quando sa che per dire la sua deve prima inviare un sms ad Arcore. E se tituba un momento, è perché il padrone è impegnato con la cacchina di Dudù o ad asciugare le lacrime di Bondi. Purtroppo nessuno ha ancora spiegato ai tre galletti, che di politica si può anche fare a meno. E poi, c'è la Playstation montata nel salotto...

venerdì 29 novembre 2013

Schifani, Sallusti, Cicchitto, Cota, Brunetta, Romani, Alfano... che bell'Italia!

Giuseppe Piscopo "Poltronicidio"
Vivacissimo questo momento “storico” della politica italiana. Alessandro Sallusti si sta prendendo una raffica di querele da chi, fino a ieri, gli ha fornito materiale a gogò per il suo ineffabile “metodo Boffo”. Ultimo in ordine di tempo Renato Schifani il quale, attaccato pesantemente nell'editoriale del Giornale di ieri, ha dato mandato ai suoi legali di querelare Sallusti detto anche “il graziato”. Ma “ghignetto” Sasà ha raggiunto il top delle sue performance contro un avversario affatto accomodante, e cioè 2232, alias Fabrizio Cicchitto. A Matrix dell'”onda-su-onda” Luca Telese, il direttore del Giornale, eufemizzando, ha iniziato a parlare di “corna e di cornuti”. 2232, scattante come una faina, lo ha immediatamente rimbeccato: “Beh, qui se c'è qualcuno che non può parlare di corna sei tu”; riferimento al rapporto di Sasà con la Danielona? Mah... Però il direttore di famiglia ha continuato e Cicchitto, ormai esasperato, lo ha apostrofato con un “cretino” che rende appena l'idea di cosa rappresenti oggi Sasà nell'universo berlusconiano. Il fatto è che di Silvio in Silvio, di berlusconismi ogni giorno ce n'è uno. Ora è venuta fuori pure questa storia dei falsi rimborsi spese dei consiglieri della Regione Piemonte che, a quanto sembra, posseggono anche il dono divino della ubiquità e della bilocazione proprio come Padre Pio. Pensate, il governatore Roberto Cota era a cena contemporaneamente in cinque ristoranti piemontesi e, meraviglia delle meraviglie, ha pagato conti a Torino quando la cella telefonica del suo smartphone lo dava a Vercelli. Se non è un miracolo questo, diteci voi cos'è. E poi c'è l'Innominabile, il quale ancora una volta (vi sembrava fosse cambiato vero? invece naaaaaaaaaa!), ha dichiarato: “È con viva e vibrante soddisfazione che vi annuncio che sono il presidente di tutti e non di una sola parte politica”. Ieri mattina di buon'ora, Cip e Ciop, al secolo Renato-Renato Brunetta e Paolo Romani, sono andati a far colazione al Quirinale, dove sembra che servano dei babà da urlo. Fra un caffè e, appunto, un babà, hanno chiesto a colui-che-siede-sulla-poltrona-più-alta-del-Colle-più-alto-di-Roma, di aprire formalmente la crisi di governo perché una delle componenti che aveva contribuito a formarlo, non c'era più. L'Innominabile, sempre con viva e vibrante soddisfazione, ha preso atto che i due pirl... capigruppo di Forza Italia, avevano sostanzialmente ragione e quindi, preso il telefono a forma di scudocrociato utilizzato per le comunicazioni dirette con LettaLetta, ha detto al premier: “Enri', sient a me, accà ci stanno Brunetta e Romani... c'hanno raggione... tu te dive a fa vutà n'ata vota 'a fiducia”. LettaLetta ha chinato il capo e, sbattendo i tacchi, ha sillabato: “Jawohl mein kommandant” ed è partito per Vilnius. Ma ieri, con Berlusconi silente rientrato di corsa ad Arcore senza muta da sub, la parte del gigante l'ha fatta Angelino 'O schiattamuort Alfano. Dopo che Matteo Renzi aveva detto: “Dal 9 dicembre l'agenda al governo la dettiamo noi”, l'ex (?) maggiordomo di Silvio ha tenuto a precisare: “Sebben che siamo di meno, questo governo si tiene in piedi grazie a noi e, viceversa, lo possiamo fare anche cadere”. Insomma, apparentemente sembra che tutto si muova e invece, come sempre, è la solita storia del gioco delle parti, stavolta però con un poltronicidio.

giovedì 28 novembre 2013

Silvio, Francesca e quel baciamano assurdo anzichenò

Il senso del berlusconismo sta tutto in due immagini. La prima: nonostante il freddo boia di Roma, Silvio si presenta sul palco in “Caraceni” e girocollo nero. Uno dice, “il nero sfinisce”, e la ragione principale forse è quella visto che Silvio è ingrassato pericolosamente. Ma lo scopo è soprattutto quello di sembrare Superman, anche quando le avverse condizioni atmosferiche suggerirebbero una maggiore saggezza. Però è talmente tanta la voglia di “teatro”, che Silvio anche fisicamente (lifting, capelli di plastica, botulino) deve sembrare quello che non è, un giovanotto in piena forma. Sotto il “Caraceni”, Silvio indossa una tuta da sub che “contiene” e non lascia entrare il freddo. Infatti il corpo del Capataz sembra reagire bene ma la voce, che non può essere protetta in nessun modo, testimonia lo stato di estrema fragilità di un uomo al quale, a pochi metri di distanza, stanno togliendo lo scranno da sotto il culo. All'inizio del suo discorso Silvio sembra ubriaco. L'eloquio non è fluente, le parole s'intrecciano e la lingua si arrotola sulle “esse” e sulle “erre”. Pensiamo ai trinchetti di grappa o all'uso spropositato di qualche psicofarmaco (tavor e lexotan procurano questi fastidi), ma non è nulla di tutto ciò né può essere quello spritz che si è fatto di corsa prima di uscire da Palazzo Grazioli. È solo il maledetto freddo che gela consonanti e vocali, e che quando Silvio alza la voce lo fanno sembrare un clochard ubriaco parecchio rincoglionito. Superman, ecco. Silvio deve apparire l'uomo che non chiede mai e che, rotto a tutte le intemperie e le tempeste, è saldamente fermo sulla tolda a impartire ordini. La seconda, se possibile, è ancora peggio della prima. Finito il discorso Silvio scende dal palco per il bagno di folla che deve al suo popolo. Davanti gli si para Francesca, la fidanzata che, invece di abbracciarlo, stringendolo forte e magari piangere sulla sua spalla, gli prende la mano e gliela bacia. Ma non sul palmo (che sarebbe un gesto di grande tenerezza) ma sul dorso, proprio come Silvio fece con Gheddafi. Ecco, allora, che tutto il senso vero del berlusconismo ci è apparso all'improvviso, come una rivelazione divina o un nirvana con anfetamine escluse. Silvio è il “dominus”, il signore incontrastato di una pletora di idolatri senza palle né orgoglio né dignità, che in tutti questi anni gli hanno baciato la mano come si faceva ai signori in tempi bui. E il fatto che lo abbia fatto Francesca ci ha sinceramente sconvolto perché neppure le regine baciano la mano del re ma si limitano a un inchino. C'è un ancora un solo Signore in questo paese (Totò Riina a parte), che pretende il baciamano dai sudditi. L'unica consolazione è che da ieri sarà un sig. anche sulla busta di una lettera.
Uno yogurt scaduto non fa male. Mantiene il colore, il sapore, la sostanza. Una volta scaduto, lo yogurt perde solo i fermenti lattici vivi che, anche se morti, continuano a non far male pur non assolvendo più al loro compito originario di “guardie bianche” dell'intestino. Berlusconi è così, solo che i fermenti lattici di Silvio fanno male sempre, da vivi e da morti... e sono gli unici che da morti diventano tossici, mentre quelli dello yogurt si eliminano facilmente stando seduti sulla tazza del cesso.

mercoledì 27 novembre 2013

Sigh, sob, sniff... il pianto irrefrenabile di Silvio il “candido”

Sigh, sob, sniff... sono il più grande di tutti e mi cacciano fuori dal senato che è stato per anni casa mia... sigh, sob, sniff... quel pretaccio di don Mazzi mi vuole nella sua comunità a pulire i cessi... sigh, sob, nguè... vogliono che porti i vassoi alla mensa della Caritas, io che l'altra sera sono stato a cena con l'uomo più potente del mondo... sob, sniff, sniff... voglio tutti in piazza per difendermi, io sono puro come l'acqua di fonte e vergine come un giglio... sniff, sniff... ho sognato che sedevo al Quirinale, sulla poltrona più alta d'Italia, perché me lo merito, quello che ho fatto io per questo paese non lo ha fatto nessuno... sigh, sob, nguè... ora che avevo messo la testa a posto, trovato la fidanzata e un cane fedele, mi vogliono mettere in galera... sigh, sob, sniff.. Dudù dove sei? Dudù vieni qui, Dudù portami le pantofole porca puttana... sniff, sob, sigh... Putin mi aveva offerto il passaporto diplomatico di console della Russia e io ho rifiutato, voglio bene al mio paese io, ci tengo alle mie imprese, io... sigh, sob, sniff... mi fanno decadere ora che ho trovato sette testimoni che mi possono scagionare, chi sono? Eolo, Pisolo, Mammolo, Gongolo, Brontolo, Dotto e Cucciolo (questa l'ho rubata a un commento sul blog di ieri)... sigh, sob, sniff... devo dire addio alla mia poltrona ora che ho trovato due bracci destri fregni, chi sono? Cip e Ciop, cioè, scusate, Fitto e Alfano... sigh, sob, sniff... cosa resterà di questo mio ventennio fulgido? Lo so io cosa resterà, l'immagine della Banda Bassotti... Sigh, sob, sniff”.
Aula di Palazzo Madama. 27 novembre 2013, ore 19.00. Silvio Berlusconi (forse) sarà dichiarato decaduto. Per evitare l'onta di essere accompagnato fuori dai commessi (è accaduto a Lusi), Silvio probabilmente non si presenterà. A ritirare alla cassa il suo tfr di 180mila euro, penserà Bond, Sandro Bond. Poi opterà per i domiciliari, perdendo l'ultima occasione della sua vita per conoscere in presa diretta le condizioni reali degli italiani, di rendersi conto, cioè, di come ha ridotto questo paese. Lui, che l'altra sera ha cenato con l'uomo più potente del mondo, non proverà l'emozione di portare un vassoio di cibo a un clochard sdentato. Facile rimettere in bocca la dentiera a una terremotata, basta che lo facciano i maggiordomi. Silvio è stato, e continua a essere, un grande bluff iniziato con le lacrime di coccodrillo versate sul barcone degli albanesi. Ve lo ricordate? Ma quando mai, italiani smemorati!

martedì 26 novembre 2013

L'ultima barzelletta di Silvio: “Salvatemi o ve ne pentirete davanti ai vostri figli”. Meglio di Mohammed Esposito

Ci vuole una faccia come il culo, o no? Siccome (forse) domani lo butteranno fuori dal Senato, Silvio ha finito per sentirsi come il marito buttato fuori di casa dalla moglie. E come sempre accade quando un marito sente scappargli dalle mani il potere assoluto sulla moglie e sui figli, da di testa. Silvio non commetterebbe mai un femminicidio, anche perché sarebbe una strage, però fa leva sui sentimenti più profondi e alibizzanti degli italiani: i figli. Presa carta e penna, ha scritto di proprio pugno una lettera ai senatori del Pd e del M5S nella quale dice: “Siccome c'ho sette testimoni nuovi di zecca e otterrò la revisione del processo, attenti a buttarmi fuori dal Senato perché ve ne pentirete davanti ai vostri figli”. Ora, può un uomo normale essere in possesso della stessa bronzaggine di Silvio? Come può l'inventore del bunga-bunga, nonché scopador cortese di veline, aspiranti miss, cantanti, attrici, igieniste orali minorenni e figlie (sempre minorenni) di ex autisti di Bettino Craxi, dire agli altri “vi vergognerete davanti ai vostri figli”? D'altronde non fu lui che giurò sulla testa dei figli che era un marito casto, illibato e fedelissimo? La disperazione gioca brutti scherzi, spesso però è un alibi efficacissimo che di solito fa giocare, nei processi, la carta delle attenuanti. Ma Silvio non è il ladro di polli che ruba per sfamare la famiglia, è un evasore fiscale (lo ha stabilito la Corte di Cassazione) che, tra l'altro, ha inventato di sana pianta i meccanismi per evadere, reato che ha continuato imperterrito a commettere anche dopo l'assunzione di incarichi pubblici. I toni da tregenda, gli ultimatum, le chiamate in correità fanno parte del bagaglio di un ex chansonnier ed ex cabarettista giunto alla fine di una splendida carriera che tira pietosamente a campare ripetendo stancamente le stesse battute che gli hanno dato un po' di celebrità. Chiudere però il ventennio berlusconiano con una battuta non si può. Si potrà parlare della fine di un regno quando il Monarca e i suoi giannizzeri (non solo forzaitalioti o pidiellini, ma anche del Pd, dell'Udc, di An, del Gal, dei Responsabili, di SC e di chi più ne ha ne metta), verranno processati tutti insieme per il reato di genocidio. Sì, delle intelligenze e della memoria storica di un intero popolo. 

lunedì 25 novembre 2013

E Silvio andò alla guerra... Oggi è il 25 novembre

È chiaro che fino a mercoledì 27 novembre 2013 ne vedremo e sentiremo delle belle, mentre nel 2014 e nel 2015 quello che accadrà ci interessa di meno. Silvio è sceso in campo con tutta la sua potenza di fuoco mediatica e i risultati si vedono e si leggono. Prendete l'editoriale di Alessandro Sallusti, oggi, sul Giornale, e il quadro sarà chiarissimo. Toni allucinati, da estremismo giornalistico militante, parole da guerra caldissima vicina al golpe istituzionale, un astio sospetto che supera qualsiasi dimensione di “confronto”. Ma quello che ci colpisce di più sono gli affondi alla “sinistra” come se ne esistesse ancora una. Eppure i berluscones dovrebbero aver chiaro il concetto, soprattutto dopo aver ascoltato ieri Matteo Renzi alla convention democratica, ma questo è un altro discorso. Silvio va alla guerra e, come Johnny, prende il fucile anzi, il bazooka. Tenere incandescente il livello dello scontro è la parola d'ordine consegnata notte fonda ai pasdaran e loro, fedeli alla consegna, eseguono. Sono partiti gli insulti, altro che “toni bassi perché saranno nostri alleati”. Angelino Alfano aveva appena detto che Nuovo Centrodestra non sarà in piazza il 27, che si è beccato di tutto. Compreso uno schiaffo simbolico/verbale da Brunetta che se ci arrivasse glielo darebbe sul serio. Sono annunciati dossier contro tutto e tutti, venti anni di collusione con i servizi segreti qualche risultato l'avranno pure portato altrimenti sai che fregatura. Il più bollente sembra quello contro Matteo Renzi, forse colto dai fotografi di Rete4 mentre faceva pipì dietro una siepe in uno degli intervalli pubblicitari della Ruota della Fortuna, e per dire agli italiani sensibili all'argomento, che Matteo ce l'ha piccolo. Da oggi a mercoledì ne vedremo e ne sentiremo delle belle e, ovviamente, nessuna parola dei forzaitalioti sul 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Chissà perché, in questi anni, i parlamentari della ex Pdl non hanno mai detto una parola contro il femminicidio anzi, hanno fatto di tutto per bloccare qualsiasi provvedimento che potesse intaccarne la portata. Ma si sa, loro le donne le considerano in un modo diverso, maledetto celodurismo. Comunque oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. E l'aspetto che più ci ha colpito, è che l'appello di quest'anno non è rivolto agli uomini ma alle stesse donne, per invitarle ad avere coraggio, a denunciare i picchiatori che si nascondono dentro le mura domestiche, a riprendersi la loro dignità violata dall'ignoranza, dall'arroganza, dalla sindrome del possesso. Meno belle parole più fatti. Meno dichiarazioni di principio più coerenza.