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giovedì 28 febbraio 2013

La base del Pd e quella del M5S vogliono un “patto di collaborazione”. Ma i capi la pensano diversamente.


Sembrava che avessero dato l'addio alla politica, invece il leader Maximo e Uolter sono sempre qui a scassare la minchia. Siamo convinti che l'”1 per cento a Mediaset” e il romanziere più letto degli ultimi 150 anni, avessero calcolato tutto. Avessero, cioè, puntato su questo risultato elettorale per rientrare sulla scena di un governissimo Pd-Pdl. D'altronde chi ha parlato per primo di “grosse koalition” all'italiana se non il Uolter trombato alle elezioni? E chi definì Mediaset una “grande impresa culturale” se non il Massimo baffetto? I due campioni del trasformismo, con Silvio si trovano bene, si sentono a loro agio convinti di essere più belli e più intelligenti dello psico-nano. E siamo pure convinti che si siano già ritagliati i ruoli, i compiti, le mission della loro rentrèe politica: D'Alema, ministro degli esteri (il suo pallino), Veltroni, ministro della cultura, con Bersani premier, Alfano vice, Silvio ministro dell'economia, Brunetta alla batteria, Letta al basso, Gasparri alla tromba, Dell'Utri allo scacciapensieri, la Santanchè vocalist. Come si può notare, un governo prestigioso, con pezzi da novanta a gogò e un'idea della politica che fa il paio con le loro misere aspirazioni umane. Chi invece cerca di ragionare è, come sempre, la base dei partiti, quella che va a votare e vorrebbe che il suo voto contasse qualcosa. È di queste ore la presa di posizione netta della base del M5S, che vorrebbe collaborare con Bersani su pochi e chiari punti che, alla fine, sono quelli che abbiamo elencato nel nostro post di ieri. Ed è sempre di queste ore, l'invito della base del Pd a Bersani, di cercare in tutti i modi un'intesa di programma con Grillo, chiudendo definitivamente la porta a Silvio e al Pdl. I grillini si sono spinti oltre e hanno proposto al loro leader un vero e proprio web-question-time sulla linea politica futura del Movimento. I commenti che si possono leggere sul blog di Grillo, sono quasi tutti a favore di un accordo limitato alle convergenze, su alcuni punti, fra il M5S e il Pd, con la convinzione che una legge sul conflitto d'interessi, sulla corruzione, su una nuova legge elettorale, sulla riduzione dei parlamentari e dei loro stipendi, possano rappresentare una base di partenza concreta e un modo di far capire agli italiani che la politica sta cambiando. Un militante ha scritto anche: “Scusa Beppe, senza polemizzare, ma mi spieghi dove sta la democrazia in rete? A me pare che qui scegli tutto tu. Non potresti lanciare un sondaggio su come muoversi? Che so magari scopriresti che la maggioranza è per questa linea. Però se tu lanci i tuoi strali dal blog e noi qui passivi, non capisco la differenza tra il M5S e i vecchi partiti”.

mercoledì 27 febbraio 2013

In Italia vacatio totale. E domani se ne va pure il Papa.


A memoria, l'Italia non ha mai vissuto un momento storico come questo. Non c'è uno straccio di potere in grado di contare, di governare, di comandare. Il Presidente della repubblica si trova nel cosiddetto “semestre bianco”, ordinaria amministrazione e nulla di più. Non può, ad esempio, sciogliere nuovamente le Camere. Un governo c'è, ma è come se non ci fosse. Pensate, se a Mario Monti&Friend's venisse in mente di fare un golpe, potrebbe farlo senza manco morti e feriti e senza dover occupare la sede della Rai, ci sono già i suoi colonnelli. Non c'è una maggioranza parlamentare. Ci sono solo tre mini blocchi minoritari e, dall'aria che tira, non si vede come possano convivere senza scontri frontali. Il presidente del Senato, Schifani, c'è ancora, ma non ha nessun potere, sono cambiati i senatori e la maggioranza, anche se ininfluente, ha il segno del centrosinistra. Il presidente della Camera, Fini, c'è ancora ma non può battere un colpo, non è stato manco rieletto. Per colmo della sfiga, da domani sera alle 20,00 non ci sarà più neppure il Papa che, uno dice, se proprio dovesse andar male, potrebbe anche fare il commissario straordinario dell'Italia. Insomma, il vuoto assoluto. E non è detto che sia un male. La Costituzione dice che, dopo le elezioni politiche, ci sono dei passaggi istituzionali da fare, non rinviabili, anzi, necessari. C'è da insediare le nuove Camere, e tutti sappiano come saranno composte. Ci sono da nominare il nuovo presidente del Senato e il nuovo presidente della Camera dei Deputati prima di iniziare qualsiasi attività. Le nomine della seconda e della terza carica dello Stato, saranno sottoposte necessariamente al vaglio del M5S. Volete vedere che, da tempo immemorabile, un inquisito o semplicemente un sospettato, non sarà né presidente del senato né della camera? E che gli eletti saranno personaggi irreprensibili? E dire che la seconda carica dello Stato è ambita nientepopodimeno che da Silvio Berlusconi. Subito dopo, le nuove Camere, dovranno procedere all'elezione del Presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano è in scadenza e, al contrario dello yogurth, lui è durato sette anni invece di tre giorni. Poi si potrà parlare di governo e allora sì, che ne vedremo delle belle. Ieri, abbiamo seguito molto attentamente le conferenze stampa di Piergigi Bersani “il mozzo”, Angelino Alfano “il premier in eterno pectore” e le esternazioni di Beppe Grillo, stranamente disponibile con i giornalisti italiani, anche se davanti casa sua a Genova. L'impressione che ne abbiamo ricavato, soprattutto dall'atteggiamento di un Piergigi dimesso e niente affatto autoironico, è che la palla per possibili alleanze strategiche con il M5S, sia saldamente in mano a Nichi Vendola il quale, sempre ieri, ha già delineato una sorta di agenda operativa a breve. C'è da dire che l'ammirazione, più volte esternata, di Beppe Grillo nei confronti del “sistema Sicilia”, qualche spazio di trattativa lo lascia e, non è un caso, che l'unico politico del centrosinistra che con Grillo ha più di un punto in comune, sia proprio Nichi Vendola. Una differenza, però, con la Sicilia c'è. Crocetta, al momento di insediarsi, una maggioranza l'aveva. Il supporto del M5S alle iniziative condivise, gli ha però consentito di bypassare anche quella parte del suo schieramento più conservatrice. A livello nazionale, invece, il Pd non ha al Senato una maggioranza, e vedere i grillini abbandonare l'aula di Palazzo Madama per far scendere il quorum per l'approvazione di una legge, ci sembra uno scenario surreale. Ma tutto è possibile. E ieri Grillo ha detto chiaramente che il suo “è, e sarà, un Movimento delle idee e non delle proteste”. Secondo noi, da parte del centrosinistra basterebbe poco per avere i grillini dalla loro. Proviamo a fare la lista della spesa. Dunque. Una nuova legge elettorale; la riduzione drastica del numero dei parlamentari; la riduzione degli stipendi di deputati e senatori; l'abolizione del vitalizio; la fine delle missioni di guerra camuffate in operazioni di pace; gli aiuti alle piccole e medie imprese; la revisione del sistema bancario e delle fondazioni; la cessazione dei lavori per la Tav; la distruzione del progetto del Ponte di Messina; la rinuncia agli F15; la riduzione drastica dei finanziamenti alla Difesa; la riduzione drastica dei finanziamenti alle scuole private, e la revisione di tutto il sistema scolastico nazionale, dagli asili nido all'università, fino alla centralità della ricerca; la green economy, scelta strategica per il futuro; la tutela dell'ambiente e del paesaggio; acqua ed energia pubbliche. Ma volete vedere che, alla fine, l'unico che ha un programma di sinistra è proprio Beppe Grillo? Nonostante le mani alzate in segno di resa, con cui vorrebbe uscissero fuori i politici dal Parlamento, resta il fatto che la sinistra si è fatta scippare i suoi cavalli di battaglia dall'ex comico. Con chi se la può prendere Bersani che, a un certo punto, correva dietro a Casini perfino nel cesso, se non con i cretini del suo Pd?

martedì 26 febbraio 2013

Ingovernabile a chi? Stravince il M5S e perde, ancora una volta, il Pd. Silvio sta lì, immobile, cuntent...


Silvio e Beppe hanno fatto campagna elettorale, Bersani no. Non si discute e i risultati si sono visti. Gatto Silvio è riuscito nella mission impossible di rianimare i suoi elettori e, pur avendo perso un dieci per cento netto, sta sempre lì: un governo possibile passa attraverso di lui. Il M5S è il primo partito, era nell'aria, perfino quella di casa nostra dove i figli sono tornati a votare dopo un paio di consultazioni andate in bianco. Il M5S non è solo “rabbia giovane”, e i risultati al Senato ne sono la dimostrazione. Occorrerà fare i conti con loro, perché considerarli un fenomeno estemporaneo e andare avanti come se non esistessero, sarebbe un suicidio politico colossale. Il Partito Democratico ha dilapidato in un mese tutto il ben fatto con le primarie. È riuscito dove neppure il peggiore e più agguerrito masochista, avrebbe fallito. Ha perso le elezioni miseramente, e in modo brutale, violento, senza aver combattuto, senza aver dato segnali di esistenza in vita, restando a Bettola a bere birra mentre Silvio e Beppe giravano l'Italia in lungo e in largo convincendo (o rianimando) un elettorato sfiduciato e deluso. Ma queste elezioni hanno dimostrato che agli italiani interessano sì i temi del lavoro e delle tasse, ma più del lavoro e delle tasse gli italiani vogliono, pretendono, una classe politica onesta, che non sia corruttibile e non corrompa, che non viva di privilegi e che pensi di risolvere i problemi dei cittadini essendo loro stessi cittadini e non unti dal signore. Esigono, gli italiani, che i politici non scorrazzino più nelle loro auto blu, con i carabinieri a far da scorta a mogli prede di shopping compulsivo; che non si ritrovino, dopo un mandato in Parlamento, con un vitalizio da far invidia a Barack Obama. Gli italiani vogliono poter guardare negli occhi i loro rappresentanti anche se, nel caso di Grillo, hanno guardato nelle palle degli occhi, tramite web, solo, a questo punto, l'ex comico. Il Pd non sa vincere, è affetto dalla sindrome di Berlusconi, quando Silvio scende in campo i democratici si ritirano, si appallottolano, diventano ricci con gli aculei pronti a pungere ma solo per difesa, non attaccano più, non sono in grado di farlo, sono incapaci di combattere e, quindi, assolutamente inadatti a governare. Uno non pretende per forza un leader, ma gente con le palle sì, e i pidini le palle, purtroppo per loro, le considerano un optional, quasi una sovrastruttura. E poi sono arroganti, guardano gli altri dall'alto in basso, non si confondono con la gente e non ne capiscono i problemi. Per cui, chi è causa del suo male... Italia ingovernabile, era l'esito scontato di questa consultazione e tanto è stato. Non di queste dimensioni, ma dar torto ai fatti e ai voti sarebbe un insulto all'intelligenza di un normodotato. Monti è stato un flop. Anche questo era prevedibile. Nonostante i tentativi di umanizzare Ufo Robot, l'ex presidente del consiglio non ha appeal, mentre si ritrova con una Imu sulle spalle che pesa peggio di un macigno. Ingroia non ce l'ha fatta e con lui tutta quella sinistra che ha esaurito il suo percorso di vita politica. Vecchi, stanchi, un po' retrò e un po' romantici, gli attrezzi da museo archeologico della politica non entrano né alla Camera né al Senato. Ci dispiace ma, anche in questo caso, i vari esponenti dei Comunisti Italiani, di Rifondazione Comunista e di tutti i cespugli della ex sinistra dovrebbero farsi un esame di coscienza lungo sette anni, magari in Tibet vestiti da bonzi. La loro è una sinistra antistorica che non ha più diritto di cittadinanza, tanto radical-chic quanto supponenti, i sopravvissuti del Komintern hanno esalato l'ultimo respiro e si ritroveranno a essere tutelati dal WWF come gli ultimi Panda in una Cina soffocata dallo smog del progresso. Milioni di italiani hanno votato ancora una volta per Silvio. In questo Paese, in molti, cominciano a sentirsi prigionieri. Noi compresi.

lunedì 25 febbraio 2013

Silvio vicino al trionfo (al Senato). Se vince anche alla Camera ecco chi governerà...

amen

Contrordine. M5S primo partito, secondo il Pd, terzo il Pdl che è in vantaggio al Senato in Sicilia e in Veneto.

Dati assurdi ma prossimi al suicidio. La coalizione di Silvio è prima dappertutto (prime schede conteggiate). Ma il primo partito è il grilliano M5S. Colpi di scena su colpi di scena. Numeri ballerini, anzi di più. E' sicura solo una cosa: l'assoluta ingovernabilità.


Instant-poll: Centrosinistra. Centrodestra. M5S, tutto come previsto.

Instant-Poll come previsto. Anche se il rischio che la coalizione di Mario Monti non entri in Senato è piuttosto forte. Delusione grandissima per Rivoluzione Civile, e la pur grande forbice fra il reale e l'immaginario non depone a favore dell'ingresso del Partito di Antonio Ingroia né alla Camera né al Senato. Inutile dire. Le previsioni della vigilia (almeno le nostre) sono state rispettate. La partita vera si gioca al Senato. Lo sanno tutti, vedremo quello che accadrà. Un po' di delusione, per noi, il secondo posto dei berluscones. Avremmo preferito i grillini, anche in ordine sparso.

C'è un solo One Man Show: Silvio

Quando, uscendo dal seggio, Silvio ha visto le tette al vento delle attiviste di Femen, si è fermato e, rivolto alle tette, ha detto: "Chiedo scusa, dove ci siamo incontrati?". La battuta è di Enrico Mentana e sintetizza l'uomo-Silvio meglio di un'analisi psico-attitudinale. Poco prima, all'interno del seggio, Berlusconi aveva apostrofato una scrutatrice rea di non sorridere. La ragazza, niente affatto intimidita, ha continuato tranquillamente a farsi gli affari suoi e, ovviamente si è guardata bene dallo sganasciarsi. Silvio ormai non fa ridere più nessuno e, quando accade, sembra sempre che sia in atto una specie di sindrome da Nerone, l'imperatore romano che faceva tagliare la testa a chi non applaudiva le sue canzoni. Comunque vada oggi sapremo tutto. Noi torniamo su queste pagine dopo i primi exit-poll. A dopo.

domenica 24 febbraio 2013

Si sapeva, Silvio ha rotto... il silenzio. E stasera a Presadiretta, Iacona parla di femminicidio. “Crimine di Stato”.


La speranza è che un'ondata di pidini, sellini, rivoluzionari civili, grillini e montiani lo sommerga, perché questo è l'unico metodo democratico che esiste per farlo tacere. Perfino nel “giorno del silenzio” elettorale, Silvio ha violato le regole e tutto, come sempre, è destinato a finire in gloria. Approfittando spudoratamente della conferenza stampa del Milan per farsi vedere anche ieri in televisione, Berlusconi è andato oltre quando, con un “amico” giornalista della stampa greca, ha parlato della situazione italiana, secondo lui. Ha paragonato la magistratura alla mafia siciliana, ha attaccato Bersani, Monti, Fini, Casini, la Merkel e la stampa estera comunista e infine se l'è cavata dando la colpa al giornalista greco che ha diffuso la sua intervista prima di domani. Talmente grossa, la puttanata, che Palazzo Grazioli è dovuto correre ai ripari cercando di mettere una pezza all'ennesima intemperanza senile del Capataz. Altro che Grillo, altro che rivoluzionari civili, l'unico e solo pericolo per la giovane, ma già stanca, democrazia italiana è ancora lui, Silvio Berlusconi da Arcore, Papa, Imperatore e Buffone di Corte (la sua ovviamente). Ma le urne sono aperte e, a parte questo prologo dal vago sapore politico, oggi non parleremo di politica ma di donne. Non siamo stati colti da un attacco di berlusconite acuta, il fatto è che questa sera, Riccardo Iacona in “Presadiretta”, parla di quel crimine di Stato noto come “femminicidio”. Su “IlFattoweb”, Iacona ha spiegato perché considera il femminicidio un crimine di Stato, motivazione riassumibile nella totale indifferenza con la quale la repubblica italiana continua a tenere i reati contro le donne. Se pensiamo che ci sono voluti anni, decenni, perché nel nostro codice penale la violenza sulle donne venisse considerato non più un reato contro la morale ma contro la persona, il conto è presto fatto. Se consideriamo che fino a qualche anno fa, il codice penale prevedeva ancora il “delitto d'onore”, non possiamo meravigliarci poi se, come dice Iacona, il ministero degli Interni non si è ancora dotato di un osservatorio sui crimini contro le donne, per cui, anche i numeri che vengono dati ogni anno, rischiano di non fotografare mai una situazione che è, e resta, drammatica. D'altronde, questo fa il paio con la legge sull'omofobia che la destra, e qualche cretino della sinistra, continuano ancora a tenere bloccata in Parlamento. Volendo tornare sui numeri, potremmo anche dire che rappresentano solo la punta dell'iceberg di un fenomeno che è molto più vasto, diffuso e sottile di quanto possa sembrare. I numeri si riferiscono ai “delitti certificati”, quelli che i giornali riportano con sempre minor interesse e togliendo progressivamente una decina di righe a pezzo. Non vengono tenute infatti in considerazione le donne che si rivolgono alle comunità di accoglienza, quelle che denunciano per stalking i loro partner o gli ex, coloro che si rivolgono alle forze dell'ordine per chiedere una maggiore protezione contro un congiunto particolarmente violento. Poi, sempre i numeri, non tengono in considerazione le donne che non denunciano i partner per vergogna, per non sfasciare la famiglia (come se essere picchiata sia un segno di serenità domestica), che subiscono senza reagire non solo violenze fisiche ma anche, e soprattutto, psicologiche che finiscono per distruggere l'anima oltreché il corpo. A questa donne occorrerebbe fare un appello composto da una sola parola: denucia. Perché, nonostante sia una comica, ha ragione Luciana Littizzetto che a Sanremo ha detto “Dopo uno schiaffo ne arriverà un altro e poi un altro ancora”, e la conclusione di queste serie di schiaffi, è sempre una e una sola, il cassonetto o un campo in periferia destinato ad accogliere il falò del corpo di una donna. Non abbiamo mai capito chi picchia le donne, e dire che a volte si incontrano soggetti (femminili) ai quali un po' di sano tottò sul culetto non farebbe una lira di danno, eppure, nonostante le profonde incazzature che una donna può scatenare, il fatto stesso di metterle una mano addosso ci scatenerebbe un conflitto interiore da suicidio. Abituati a non sopprimere neppure i ragnetti che ogni tanto ci salutano dalle pareti di casa, il solo pensare a un gesto di violenza contro un altro essere umano, ci sconvolge profondamente. Non si tratta di essere gentiluomini, basta essere uomini.  

sabato 23 febbraio 2013

Silenzio... si vota.


Due o tre cose che riteniamo insopportabili prima di tentare una difficile previsione. Non sappiamo se Silvio sia sempre presente a se stesso. Ignoriamo, in poche parole, se riesca a mantenere il cervello collegato 24 ore al giorno con la bocca che ne esprime le idee, le “pensate” direbbe Eduardo, o se la voce segua altri percorsi, subisca l'influenza di altre parti del corpo, soprattutto di quelle che partono dalla cintola in giù. Rimborsare l'Imu con i suoi soldi si chiama voto di scambio. È un reato da codice penale. Non c'è nessuna differenza con la 'ndrangheta che si faceva pagare 50 euro a voto da Domenico Zambetti. È un assurdo giuridico che nessuno intervenga per bloccarlo, perché Silvio, in poche parole, ha detto agli italiani che li pagherà in cambio della loro preferenza. Abituati a prendere per cazzate barzellettistiche ogni uscita del Capataz, non vorremmo che anche quest'ultima sortita venga presa per una boutade, semplicemente perché non lo è. Perché è un fatto gravissimo. Perché qualche milione di pensionati ci cascherà ancora, proprio come quelli che hanno la faccia un po' così e che vivono a Genova. “Rimborserò l'Imu con soldi miei”, dopo che dalla Svizzera gli hanno fatto sapere che l'accordo con le banche non si potrà realizzare a breve, era l'ultima chance rimasta al Cavaliere per non sputtanare un'idea sulla quale ha investito una parte importante del suo patrimonio. Peccato sia un reato, ma a Silvio che volete che gliene freghi di un reato di più o di un reato di meno? Anche Mario Monti ha subito la modificazione genetica di cui sono vittime tutti coloro che si avvicinano alla politica italiana. Ormai è una vera e propria maledizione. Dopo venti anni di berlusconismo, i politici nostrani vivono di stupidaggini, di false promesse, di sogni irrealizzabili, di una presa in giro coordinata e continuata dei cittadini che, a questo punto, non riescono più a distinguere fra sogno e realtà. Mentono. Spudoratamente. Senza limiti e senza vergogna. Si costruiscono carriere mai fatte e si fanno portatori di pensieri di altri, di solito personaggi pubblici che non si sarebbero mai sognati di dire quello che gli viene messo in bocca. Così è accaduto anche al Professore che, colto dall'enfasi oratoria e non sapendo più a che santo votarsi per superare la soglia psicologica del 10 per cento, ha fatto dire ad Angela Merkel: “Non voglio il Pd al governo”. Fra una foto con il cane e una con i nipotini, cadute di stile ma non inquadrabili nel contesto dei reati, l'improvvida uscita sulla Merkel ha fatto cadere Monti nel baratro dei politici made in Italy: mentitore come gli altri e amen. Poi c'è chi parla un po' per provocare, un po' per sproloquiare. Non avendo nessuna preparazione politica né il senso della “continenza”, si lascia andare a battute che farebbero rabbrividire anche il più rivoluzionario anarchico di un paese senza più valori. Allora si fa l'occhiolino alla mafia, si corteggiano i nazi-fascisti di Casa Pound, si forniscono le coordinate geografiche di Montecitorio ad Al Quaeda, si invitano i politici ad alzare le mani in segno di resa. Se c'è un'offesa che può essere fatta alla dignità di una persona, è quella di farle alzare le mani in segno di resa. È una intimazione che appartiene ai violenti e ai dittatori, ai sopraffattori e ai vigliacchi perché dire a qualcuno “Mani in alto”, significa avere nelle proprie almeno una pistola. Abituati a decenni di filmacci, far alzare le mani al nemico era il momento di consacrazione dell'eroe vittorioso. Ma a noi, che non sopportiamo né i santi né gli eroi preferendo i poeti, quell'ordine è sempre parso un crimine contro l'umanità. Quando Beppe Grillo lo ha detto, riferendosi ai politici italiani, ci siamo immaginati una fila di donne e di uomini che usciva con le mani alzate da Montecitorio, mentre ai lati, i grillini con il kalashnikov ak 47 in mano, ne controllavano le mosse. Nei loro occhi c'era un senso di sperdimento che con l'umanità non c'entra nulla, esattamente come quelli dei bambini del ghetto di Varsavia, costretti ad alzare le mani di fronte a un fucile nazista. Se questa è la politica dei grillini gliela lasciamo tutta. Siamo diversi, abbiamo un dna diverso e, anche se ormai il M5S si avvia a diventare la seconda forza politica del paese, confessiamo senza vergogna che ci fa paura. È vero che una rivoluzione non sarà mai incruenta, ma morire per mano di un comico miliardario no, questo proprio no. 

giovedì 21 febbraio 2013

Furbi, arraffoni, superficiali, inconcludenti. Le urne che accolgono pesci.

L'immagine è di Giuseppe Piscopo
Pierluigi Bersani non aveva finito di dire "conflitto d'interessi", che le azioni Mediaset perdevano in un sol colpo 5 punti. Chi dovesse continuare a credere al Berlusconi benefattore, la reazione della Borsa di Milano alla notizia che se il Pd dovesse governare, metterebbe immediatamente mano al conflitto d'interessi, dovrebbe convincersi che Silvio è sceso in politica solo per i suoi interessi, personali e privati e che degli italiani a lui non frega una mazza. Eravamo convinti che questa campagna elettorale si svolgesse all'insegna del cambiamento vero, che gli scandali di questi anni avessero convinto i politici a darsi una regolata e, soprattutto, una calmata. La Corte dei Conti della Lombardia ha fatto sapere, ieri mattina, che la situazione che si sta vivendo è peggiore di quella che diede origine a Mani Pulite, che la corruzione è dilagante e che è comprensibile il distacco dei cittadini da questa politica. La Corte dei Conti ha parlato senza metafore, di miliardi di denaro pubblico sperperato negli affari più loschi e assurdi, altro che cartucce per il fucile da caccia. Solo la Lega si sarebbe fatta carico di spendere 19 milioni di euro dei cittadini, divisi fra 67 soggetti diversi, persone fisiche e società. Il tesoriere, Francesco Belsito, ha tenuto per sé la somma di 1 milione e 398 mila euro, mentre si apprende che delle regalie ha beneficiato anche l'infermiera del Senatur. Ma se senti un leghista, ti dice che la colpa è di Roma ladrona che, con i suoi meccanismi perversi, ha infettato anche i celtici del Nord, puri come vichinghi dopo la doccia, prima di approdare sulle rive del biondo Tevere. Abbiamo creduto che in questa campagna elettorale si parlasse di problemi, invece è finita come sempre in rissa, il terreno preferito da Berlusconi che, ancora una volta, ha dettato i tempi e le regole della competizione. Ci sono cascati tutti, ancora, come se 18 anni fossero trascorsi invano, come se la distruzione sistematica di questo Paese non avesse né responsabili né responsabilità. Quando si tratta di menare le mani, Silvio non è secondo a nessuno. Forte di un impero mediatico ancora oggi molto presente a attivo (anche in Rai), Berlusconi gioca con i suoi avversari come gioca con gli italiani, scrive lettere tarocche e gli italiani gli credono. Spara bestialità che smentisce il giorno appresso e gli italiani gli credono. Dice che gli asini volano e, a parte Brunetta che ogni tanto si fa un giro in deltaplano, gli italiani gli credono. Perfino Indro Montanelli, fino alla fine, ha sperato che fossimo un popolo diverso e invece siamo i creduloni di sempre, quelli che hanno bisogno della guida forte, del leader, e del sogno di un impero d'Albania e d'Etiopia che non è mai esistito. Agli italiani restano, e resteranno, le rovine. Quelle dei Fori e del Colosseo, delle Terme e di Pompei, della Valle dei Templi e dei Nuraghi perché, L'Aquila insegna, non sappiamo costruire neppure le case con un minimo di criterio, mettendo la sabbia al posto del cemento. Furbi, arraffoni, superficiali, inconcludenti, gli italiani hanno i politici che si meritano perché è vero che la classe politica rispecchia il paese che governa. Siamo pesci in barile, ci crediamo intelligentissimi quando basta un pirla qualsiasi per metterci in imbarazzo. Gli italiani sono quelli che non credono alla superstizione salvo dire "e se fosse vero?". Un po' quello che è successo con i rimborsi Imu. E se Berlusconi ce li desse davvero, quei quattro soldi?

La campagna elettorale delle balle spaziali. Da Monti a Berlusconi a Giannino è tutta una cazzata...


Ci raccontano di file di pensionati davanti agli uffici postali e alle sedi dei patronati, con la lettera di Berlusconi in mano, che pretendevano la restituzione dell'Imu. Ci raccontano di pensionati incazzati come iene maculate, quando hanno appreso che si trattava solo di una promessa elettorale. Ci raccontano di pensionate e pensionati che hanno iniziato a bestemmiare e a inveire contro il Capataz, rendendo la sua missiva simil-Agenzie delle Entrate, un boomerang colossale. Silvio imbroglia gli elettori, soprattutto quelli cresciuti per anni con le sue soap, e la colpa è dei comunisti che lo insultano, travisano i suoi pensieri e le sue azioni, lo minacciano perché fa comprare La7 da un suo amico. Ci raccontano di un Mario Monti in piena crisi di astinenza da 10 per cento, che racconta balle come e peggio del suo competitor di destra. Perché se da Berlusconi uno le cazzate se le aspetta, dal compassato Professore-rettore della Bocconi si pretenderebbe un po' di serietà. Evidentemente travolto dalla marea di bestialità di Silvio, Mario Monti ha fatto scendere in campo nientepopodimeno che Angela Merkel la quale, secondo il miglior economista del mondo, non vorrebbe il Pd al governo. Non sono passati dieci minuti dalla dichiarazione del Professore all'Adn-Kronos, che è arrivata la secca smentita da Bonn. “La Cancelliera Angela Merkel non ha mai espresso giudizi né dato pareri di natura personale sulla campagna elettorale in corso in Italia”. Colpito e affondato, Monti ha tentato un triplo salto mortale all'indietro ma, se possibile, il rimedio è stato peggiore del male. Ci raccontano che Oscar Giannino, ansioso di costruire intorno a sé l'aura del supertecnico, si sia inventato di sana pianta un paio di master mai conseguiti. Uno può millantare di tutto, spacciarsi anche per il braccio destro di Obama quando lo ha visto solo in tv, ma il gioco non regge nel momento in cui diventi un personaggio pubblico, ti presenti alle elezioni come il “risanatore”, combatti contro la casta dall'alto del tuo curriculum e poi si viene a sapere che quello stesso curriculum è taroccato. Se poi corri il rischio di sottrarre voti al Capataz, è facile immaginare come i cani ringhiosi dei suoi house organ, affondino i loro denti aguzzi nel vivo della tua carne. Basta leggere le prime pagine di Libero e del Giornale, seguire i titoli e i servizi del Tg4 e del Tg5 per capire di cosa stiamo parlando. Avendo un padrone che ne ha combinate di ogni, per competere con lui devi essere una specie di San Giorgio, immacolato e pure vergine, se vuoi sconfiggere e uccidere il drago. Ci raccontano, ma visto che la fonte è Il Giornale occorrerebbe verificare, che Beppe Grillo si sia tirato fuori dai guai con il fisco e l'abusivismo edilizio, usufruendo dei due condoni tombali che i governi di Silvio vararono tempo fa. Ora, Grillo non ha fatto altro che usufruire di due leggi dello Stato, giuste o meno, ad personam o meno, i due provvedimenti erano stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e, quindi, resi esecutivi. Ma siccome il Grillo s-parlante tira fuori a ogni piè sospinto la moralità, ci chiediamo, e gli chiediamo se usufruire di due leggi per sanare un reato comunque commesso, sia morale oppure no. Attendiamo una risposta che non arriverà mai, comunque, come sempre, quello che pensiamo, scriviamo. Ci raccontano di come il Pd abbia scelto la linea del silenzio, quasi della reticenza, sull'affaire Monte Paschi. Ma mettiamoci per un momento nei panni di Piergigi. Dopo l'esperienza disastrosa della Bnl, e dopo quella telefonata Fassino-Consorte che fece rinascere un Berlusconi già morto e sepolto, quando è scoppiato lo scandalo del MPS, Bersani si è visto davanti all'ennesimo baratro di questa pseudo sinistra così sensibile agli interessi delle banche. Gli restava una sola via d'uscita, affidarsi al giudizio della magistratura e al “chi ha sbagliato paghi”. Il resto, tutto il resto, non poteva essere altro che silenzio. Ci raccontano, ma questo c'entra nulla con la campagna elettorale, che dietro le dimissioni del Papa ci siano questioni delicatissime, di una gravità estrema. Nella curia vaticana è in atto una vera e propria guerra di potere, e sembra che la lobby più potente, e più invasiva, sia quella dei prelati gay, magari gli stessi che tuonano contro le coppie omosessuali e le famiglie non etero. In Vaticano, insomma, si combatte per gli stessi motivi per i quali si scende in campo in politica: il sesso e il potere. E poi uno si chiede perché la gente non va più a messa.

mercoledì 20 febbraio 2013

Le lettere tarocche di Silvio, l'apertura di Monti a Bersani e la “caccia” ai grillini. La campagna elettorale entra nel vivo.


C'è chi continua a giocare con le disperazioni degli italiani. Si chiama Silvio, di cognome Berlusconi, e l'ultima trovata è stata quella di inviare milioni di lettere alle famiglie annunciando il rimborso dell'Imu e come verrà effettuato. La busta, simile a quella dell'Agenzia delle Entrate, di per sé vale il Nobel per la contraffazione. Il contenuto, poi, altro non è che la messa nero su bianco dell'ennesima promessa da marinaio di un Cavaliere ormai sicuro di perdere. Se davvero, come annunciato durante quella seduta psichiatrica che è stato il suo ultimo comizio a Milano, il Pdl avesse sorpassato il Pd, di questa buffonata non ce ne sarebbe stato alcun bisogno. Invece la realtà è ben diversa, e Silvio dovrà essere grato al padreterno se riuscirà a confermarsi come seconda forza del Paese. Perché quello che i sondaggi non vogliono (possono) dire, è che il M5S sta andando come un treno e che chi vorrà governare l'Italia, in qualche modo dovrà fare i conti con i parlamentari eletti dallo tsunami Grillo. Lo sa Bersani, che ha iniziato la manovra di avvicinamento al M5S dicendo che con i grillini occorrerà dialogare, lo sa Silvio che, nelle ultime ore, si sta accanendo con sempre maggiore violenza contro il comico di professione, al contrario di lui che lo fa per passione. E lo sa Mario Monti che, consapevole dello scarso risultato della sua compagine casinian-finiana, ha dichiarato che con Piergigi, alla fine, si può. Il Professore è andato oltre. Ha detto che Romano Prodi ha tutte le carte in regola per diventare il prossimo presidente della repubblica, ma che lui preferirebbe una donna, nel caso specifico, Emma Bonino, sua collega alla UE quando Berlusconi li nominò commissari. In Italia è sempre accaduto che chi è entrato da “presidente” alle votazioni, ne è uscito con le ossa rotta. Fare i nomi prima, insomma, significa bruciare le candidature perché i nostri presuntuosi politici o hanno la primogenitura sulla nomination, oppure vanno in crisi di nervi e travolgono tutto e tutti, salvo eleggere Leone e Kossiga. C'è da dire che la vendita di La7, da parte della Telecom, a Urbano Cairo, ha indispettito non solo i mercati ma anche il Pd e lo stesso Professore. Se è vero, come lo è, che Cairo oltre ad essere stato il tirapiedi di Silvio per anni, ne è rimasto grande amico, La7 è destinata a entrare nel nutrito gruppo degli editori fiancheggiatori di Berlusconi, come Angelucci, come Caltagirone, come Rieffeser. Insomma, il potere mediatico di Silvio, per il momento, è destinato ad aumentare, salvo attendere l'esito delle elezioni di fine settimana, perché se il Capataz dovesse perdere, assisteremmo a un riposizionamento generale degli organi di informazione a lui vicini: i contributi per l'editoria fanno comodo a tutti, proprio a tutti. Chiudiamo con Dario Fo, salito sul palco di Milano insieme a Beppe Grillo mentre in sottofondo andava la canzone scritta da Celentano per il M5S. Ha detto il Nobel per la letteratura: “Siamo come alla fine della guerra. Ma questa volta occorre un ribaltone”. Già.

martedì 19 febbraio 2013

Gli ultimi giorni della campagna elettorale. A Silvio, Pompei fa un baffo. E a Milano i pidiellini tentano di linciare un comunista montiano.


Nonostante non si possano dare gli esiti dei sondaggi, Silvio se ne sbatte e annuncia fiero che il Pdl è il primo partito, “abbiamo sorpassato il Pd”, dice e tutti urlano e applaudono. Non è vero, lo sai lui e lo sanno i suoi. Ma il metalmeccanico non iscritto alla Fiom e l'addetta co.co.co. al call-center, lo sanno? Così, Berlusconi gioca ancora la sua sottile psicologia italiota, quella che prevede il popolo salire sul carro del vincitore dopo aver calpestato il perdente. Non siamo una nazione di eroi, ammettiamolo, troppa fatica. Però poi, a Milano, durante l'ennesimo comizio del Capataz, un signore si alza dalla poltroncina del parterre urlando: “È tutta colpa tua, ci hai portato al disastro”. Una sola voce, che dalla platea, incurante della rabbia dei fans di Silvio, dice quello che pensa. Apriti cielo. Viene portato fuori dalla sala a braccia, da agenti della Digos che temono per l'incolumità dell'eroe solitario. E infatti una piccola folla inferocita di berluscones, li seguono brandendo bandiere e mostrando i pugni. Lo infilano a forza in uno stanzino, mentre una signora tutta ingioiellata e in abito di strass e lamèe continua a urlargli “Figlio di puttana, comunista, montiano di merda, lo avete crocifisso per una scopata. Bastardo, ladro, MPS”. La signora, chiaramente fuori di testa, stava approfittando delle telecamere presenti per farsi riprendere mentre inveiva, peggio di un camallo, contro quel povero cristo che sarebbe uscito dallo stanzino solo dopo un paio d'ore. E tutto per farsi bella con il Capo e ricevere il giusto compenso per il tentato linciaggio di un comunista montiano. Quando affermiamo che questi del Pdl sono pericolosi, non inventiamo stramberie, non diciamo puttanate perché le signore e i signori con la bava alla bocca e gli occhi iniettati di sangue, rappresentano in toto il concetto che Silvio ha dei moderati. È guerra aperta, un'altra, l'ennesima di un Duce in piena crisi di nervi, sull'ultimo dibattito televisivo. Silvio vorrebbe confrontarsi solo con Bersani, Monti vorrebbe confrontarsi con Bersani e con Berlusconi, Bersani vorrebbe invece un confronto fra tutti e sei i candidati premier. Il giochetto di Silvio è chiaro, pur non essendo il candidato premier del centrodestra, ne è sicuramente il leader. Dialogando solo con Bersani, riafferma un bipartitismo che non esiste più nei fatti ma che a lui è indispensabile per tentare di riconquistare i voti di Monti e di Giannino. Bersani lo ha capito benissimo e pur avendo una voglia matta di confrontarsi con Silvio, ha scelto la via più logica e democratica, quella della serata con tutti i candidati. Sulla stessa lunghezza d'onda è andato in queste ore anche il ragionamento di Mario Monti che, pur di menare a Berlusconi (e a Bersani) è disposto anche al confronto allargato. Probabilmente non se ne farà nulla. A questo punto, visto che il Pdl ha sorpassato il Pd, a cosa servirebbe? Ieri sera, con amici ameni quanto noi, stavamo discutendo sui 2500 euro che il Papa prenderà di pensione. Fatti quattro conti, 8 anni di papato costano meno di una legislatura in Parlamento. La fregatura, per le casse vaticane, è che nessuno aveva previsto la voce “pensione del Papa”, per cui corrono il rischio di un deficit di bilancio sanabile solo con l'acquisto di derivati tossici da parte dello Ior. Ma poi, sempre con gli ameni di cui sopra, abbiamo iniziato a pensare al Papa in pensione che, non avendo più obblighi di Stato, se ne va a zonzo per Roma travestito da pittore naif, cena alla Parolaccia, fa qualche avance al Gianicolo, va al cinema e a teatro e la domenica in curva sud a tifare per la Roma. Sarebbe un bel ex Papa, se non lo avesse già raccontato Nanni Moretti.

lunedì 18 febbraio 2013

Silvio vede Prodi sul palco di Milano e si tocca... oh, quanto si tocca! E domenica, finalmente, il mare.


Per Berlusconi, Romano Prodi è il peggior incubo. Altro che comunisti armati che lo prelevano ad Arcore, altro che Guardia di Finanza che spulcia i registri di Spinelli, altro che Olgettine incinte che gli chiedono tutte insieme appassionatamente, il riconoscimento di paternità... Silvio odia Prodi con tutto se stesso. Lo ha incontrato due volte e due volte ha miseramente perduto. Il Professore bolognese è l'unico che si può vantare di aver fatto rimanere Silvio a secco, semplicemente ha preso più voti di lui. Poi tutti sappiamo com'è andata. Silurato da sinistra (Bertinotti-Vendola, D'Alema, Veltroni-Fassino-Consorte), Prodi ha dovuto lasciare campo libero a Berlusconi, che se l'è tenuto per diciotto anni senza colpo ferire, visto che anche il pallone era il suo. Ieri, Romano Prodi era sul palco di Piazza Duomo con Bersani, Tabacci e Ambrosoli. La conquista di Milano e della Lombardia, potrebbe segnare definitivamente la sconfitta di questa destra arraffona e populista, figlia della Milano da bere e da saccheggiare. La sconfitta di Silvio e della Lega nella loro roccaforte, potrebbe rappresentare quel segnale di cambiamento di cui gli italiani hanno un bisogno fottuto. Ed è vero che la partita si gioca in Lombardia perché, da quando in Italia c'è la Repubblica, proprio dalla Lombardia sono partiti tutti i cambiamenti politici che si sono poi sviluppati anche a livello nazionale. Prodi è stato chiarissimo: “Votate uniti per Bersani, è l'unico modo che abbiamo per vincere”. Per vincere forse sì, ma per cambiare profondamente questo Paese no. Non è Bersani la strada per un cambiamento vero, non lo è Monti tanto meno Berlusconi e non lo è neppure Grillo. L'unica strada possibile per cambiare, è quella dell'ibernazione. Tutti sotto ghiaccio fino a quando non cresceranno le nuove generazioni, gli attuali tredicenni, che non hanno mai sentito parlare di Silvio, non hanno letto i romanzi di Veltroni, non conoscono “Baffetto”, non hanno mai visto uno spettacolo di Grillo, non sanno che esistono sodalizi perversi come la Triplice o Bilderberg, tendenti ad affamare piuttosto che a governare in nome della democrazia e dell'equità. Ma siccome non possiamo ricorrere all'ibernazione di massa (non è un vaccino sponsorizzato da Federfarma), ci tocca fare i conti con quelli che ci sono, con i personaggini che passa un convento di frati minori un po' rincoglioniti. E lo diciamo subito, non ce ne piace manco uno, neppure quelli che sono entrati in politica cercando di riesumare una sinistra vecchia e dilaniata dalle sue stesse contraddizioni. Così come non ci è mai piaciuto chi si sottrae al confronto e alle domande, e preferisce i monologhi credendo di trovarsi sempre su un palcoscenico. La politica del “mai contraddittorio”, è dei populisti e dei dittatori e siccome ci stanno sulle palle sia i primi che i secondi, Beppe Grillo si è giocato l'ultima occasione che aveva per starci un po' simpatico. Domenica prossima, tempo permettendo, faremo una passeggiata in riva al mare. È inverno, non vale il vecchio invito di Craxi di andare in spiaggia pur di disertare le urne e bocciare il referendum sul lavoro. Piuttosto che confonderci con questa marmaglia di qualunquisti travestiti da politici benefattori, preferiamo il rumore del mare. Ci fosse anche il lavoro sarebbe meglio, ma non si può avere tutto dalla vita.

domenica 17 febbraio 2013

Corruzione a 60 miliardi. Il “sistema Formigoni” in auge dagli Anni '90. Silvio vuole il Ponte sullo Stretto e Grillo riempie Piazza Castello. Il 25 ci sarà da ridere.

L'immagine è di Giuseppe Piscopo
Qualche titolo a caso dalle prime pagine dei giornali (Sanremo a parte che campeggia dovunque). “L'ira di Napolitano sul Pdl”; “La corruzione non conosce crisi: 60 miliardi”; Silvio 1: “Se vinco faccio il Ponte di Messina”; Silvio 2: “Se vinco subito amnistia e condono”; Silvio 3: “Se vinco faccio fuori fisicamente Bersani che mi minaccia”; Silvio 4: “Monti è un quacquaracquà”; Lombardia: “Il sistema Formigoni in funzione già dagli Anni '90”; Torino: “Piazza Castello stracolma per Beppe Grillo”. Meno male che siamo arrivati alla fine. Domenica prossima si vota e fanculo, inizia l'ingovernabilità. Rivoteremo a settembre, dopo un'estate estenuante di campagna elettorale in riva al mare e all'aria di montagna. I pidiellini sono disperati. Nonostante gli squilli di tromba e le chiamate alle armi, i sondaggi nei loro confronti sono spietati. Stavolta Silvio ne ha sparate talmente tante che i suoi elettori sono andati in confusione e non riescono materialmente a distinguere fra una promessa e una cazzata, sono tutte uguali. Monti ha ottenuto un grande risultato, ha buttato fuori dalla scena politica Casini e Fini, li ha oscurati, ottenebrati nelle menti degli italiani. Proponendosi come il “nuovo che avanza”, il Professore ha trovato disdicevole presentarsi con le due cariatidi della partitica italiana al fianco. Monti ha condotto una campagna elettorale all'insegna dell'one man band: se l'è cantata e suonata da solo, bastonando all'occasione destra e sinistra in egual misura. E finendo solo in dirittura d'arrivo, a dire quale sarebbe il suo schieramento ideale: il centrodestra senza Berlusconi e la Lega. C'ha voglia Bersani a dire che farà il vigile urbano fra Monti e Vendola, bene che gli vada si ritroverà al pallottoliere di Palazzo Madama a contare quanti senatori avrà dalla sua per tentare di governare. Nonostante gli scandali di questo centrodestra scombiccherato e arraffone, Monti preferirebbe governare con loro piuttosto che con Vendola, sapendo benissimo che su Alfano potrebbe passare in qualsiasi momento, su Nichi la vediamo difficile. Se i miei amici lombardi fossero personcine attente e serie, non avrebbero dubbi su chi votare alle politiche e alle amministrative. Gli atti giudiziari di questi giorni ci dicono che il “sistema Formigoni”, quello di non pagarsi manco un caffè perché costituirebbe un precedente pericoloso, era in voga già negli Anni '90. E si traduceva in una rete di intrallazzi, di interessi privati, di tangenti e di favori senza precedenti, come se Mani Pulite e il craxismo, non fossero mai esistiti. La corruttela del Celeste era di natura scientifica, nulla e nessuno sfuggiva alla carta moschicida che lui e i suoi scagnozzi ciellini, avevano dislocato tutta intorno al Pirellone. È vero, la Lombardia ha rappresentato sempre un'eccellenza anzi, un'eminenza. La notizia che però ci ha sconvolto, e che non abbiamo riportato nei titoli di apertura, è quella che le pensioni di anzianità hanno perso, in quindici anni, un terzo del loro valore. Colpa delle mancate rivalutazioni e di una linea di pensiero che tende a prendere i soldi dove ci sono e sono tracciabili. Con i 60 miliardi sperperati in corruzione, hai voglia a rivalutare le pensioni, ma è inutile parlarne. Ultimissima. Anche Piazza Castello, a Torino, era stracolma di grillini. Il 25 febbraio ci sarà da ridere.

sabato 16 febbraio 2013

Cialtroni, farabutti, politicanti, servi, profittatori, scrocconi. Una campagna elettorale all'insegna del fair-play. Che gentlemen!


È incredibilmente comico venire a sapere che il Celeste, ogni santa mattina, ogni inizio di nuovo giorno, si spalmava sulla faccia un dito buono di Actif Essential. La pomata miracolosa di Chenot, dal costo modico di 200 euro a barattolo, gli veniva porta dal fido maggiordomo che doveva preoccuparsi anche quando stava finendo, tanto che un giorno ebbe a dire (intercettazione telefonica) “La usi come la colla per i manifesti”. In tutta sincerità, non sappiamo a cosa serva l'Actif Essential, presumiamo che renda la pelle del viso liscia come il culetto di un bambino, ma se ci fermassimo al culetto, ci prendereste per volgari narratori di politica? Ma, a parte le amenità legate a un uomo che non ha mai tirato fuori dalle sue tasche neppure un centesimo, la giornata di ieri è stata contraddistinta da due dichiarazioni che hanno scatenato il putiferio nell'armata brancaleon-berlusconian, e l'apertura di un vero e proprio fuoco di fila da parte degli house organ. La prima è stata quella di Giorgio Napolitano che, a Washington, ha detto ai giornalisti presenti alla conferenza stampa post incontro con Obama: “Deploro quelle forze politiche che per tredici mesi hanno sostenuto il governo di Mario Monti e ora lo accusano di incomprensibili nefandezze”. La seconda è di Mario Monti in persona il quale, a Rai3, ha detto chiaramente e senza equivoci: “Ho ereditato un paese governato da cialtroni che non si sono assunti nessuna responsabilità per come avevano ridotto l'Italia”. Apriti cielo. Libero, Il Giornale e Il Tempo hanno piazzato il mirino ad alzo zero e aperto il fuoco. E tanta e tale è stata la violenza delle parole che hanno usato, che ci viene il sospetto che la disperazione sia giunta al livello di guardia. D'altronde i giornalisti dei tre quotidiani vicini al Capo hanno famiglia, le loro piccole spesucce, l'Imu da pagare, la scuola privata per i figli, lo yacht per l'estate, qualche amante da mantenere per cui temono, loro, che a fondo Silvio, si ritrovino con un bel blocco di cemento appeso ai piedi e un tuffo in alto mare. “Inammissibile l'intromissione del Capo dello Stato nella campagna elettorale”; “Vergognoso schierarsi con Monti da parte di Napolitano”; “Il Presidente scende in politica”, sono i titoli dei tre campioni dell'informazione libera e mai drogata, con cui hanno aperto le loro prime pagine mentre, per quanto riguarda il termine “cialtrone”, usato da Mario Monti, hanno rinviato paro paro al mittente l'offesa infamante fatta nei confronti di Silvio, Brunetta, Tremonti, Scajola, Bondi, La Russa, Sacconi, Tremonti, Calderoli, Maroni, Frattini, Carfagna, Prestigiacomo e quel pozzo di scienze da traforo del Gran Sasso che risponde al nome di Maria Stella Gelmini. Forse, i Tre cavalieri delle Ombre della Notte, non si rendono conto di chi stanno difendendo a spada tratta o, più semplicemente, si sono adeguati ai mercimoni dell'epoca d'oro del berlusconismo d'avanguardia. I sondaggi, per il Cavaliere, non sono affatto buoni. Lo sa lui, lo sanno i suoi più stretti collaboratori. Il rischio che Silvio sta correndo, è quello appena accennato da Bersani quando ha detto che il Pdl è intorno al 10 per cento; non sarà il dieci, ma non essere il secondo partito sta diventando quasi una certezza. C'è un certo Beppe Grillo che, appollaiato sul ramo, sta per sparare le sue cartucce domani, su Sky, e poi, in chiaro, su Cielo. Se Bersani continuerà con le sue battute senza senso, e piene di arroganti certezze, come “Fra Monti e Vendola il traffico lo dirigo io”, Grillo potrebbe essere la sorpresa più sorprendente di tutte di questa campagna elettorale buffonesca. Il rischio è quello di un 18 per cento più vicino al 20 che non al 16. Ma alla fine, siamo proprio sicuri che sia un rischio?

venerdì 15 febbraio 2013

Ieri solo un indagato e due fiancheggiatori arrestati. Il Pdl respira, anche se l'India vuole dichiarare guerra a Silvio.


Ieri un solo indagato nel Partito delle Libertà (loro), per altro di risulta. Nel mirino dei magistrati è finita Melania De Nichilo, moglie del produttore cinematografico Angelo Rizzoli, il devastatore di una delle più grandi famiglie di editori italiani. Angelo Rizzoli acquistò il Corriere della Sera per trasformarlo nella dependance della P2 di Licio Gelli perché già da allora, il Piano di Rinascita per l'Italia predisposto dal Gran Maestro della Loggia massonica segreta, prevedeva il controllo totale sull'informazione. Inutile dire chi ha portato avanti il progetto, ci verrebbe da ridere e offenderemmo la vostra intelligenza. L'accusa, per Angelo Rizzoli, è di bancarotta fraudolenta. Anche lui, come molti altri imprenditori italiani, aveva messo in piedi una rete di scatole cinesi, di società più o meno fantasma, con le casse vuote e la partita Iva in sonno. Società che funzionavano solo per eludere le tasse e incrementare i fondi neri della casa madre. Non ci sorprende, quindi, che la compagna di Rizzoli sia una deputata del Pdl perché la logica di quel partito, riaffermata ieri dal Capo supremo, è proprio quella di far cassa in barba alle leggi e in nome del libero mercato e della libera concorrenza. Se fossimo indiani, dopo quello che Silvio ha detto delle tangenti-prassi, dichiareremmo guerra all'Italia, perché sentirsi dare del “terzo mondo”, “democrazia incompiuta” e “acchiappa acchiappa” dal propugnatore dell'evasione fiscale totale, ci farebbe girare terribilmente le palle. Piergigi Bersani se l'è cavata con un “fermiamolo” che dice tutto e niente, mentre Mario Monti, dopo la marchetta elettorale di Schaeuble, ha incassato anche quella di Barack Obama, segno che il rapporto del console americano a Roma ha colto nel segno. La colpa? Di Nichi Vendola, ovviamente, il Majakovskij italiano che riempie di frasi poetiche i suoi interventi politici. Ma l'uscita improvvida di Berlusconi sulla bontà delle tangenti, ha causato l'insurrezione della Lega. Il popolo celtico non ci sta a schierarsi con un tangentista dichiarato e Bobo Maroni, per direttissima, ha preso le distanze dall'ennesima boutade del lasciamacerie. L'impressione è che se la Lega dovesse (fatto auspicabile) perdere la Lombardia, l'alleanza posticcia con il Capataz finirebbe dritta a naufragare nel Po. Umberto Bossi non aspetta altro per riprendere in mano il partito e continuare a comprare i giochetti per la Play Station di Renzo. Silvio lo sa e questa mattina, di buonora, è corso ai ripari smentendo nuovamente se stesso. Ha detto: “Le tangenti vanno punite”, un po' tardi per essere una opinione credibile ma sempre in tempo per i milioni di creduloni che ancora lo voteranno. Sempre più inguaiato, invece, il Celeste. Ora che sono caduti i veli sulle richieste di rinvio a giudizio per l'ex governatore della Lombardia, si viene a sapere di più su che personaggio sia Roberto Formigoni ma, soprattutto, si capisce per quale ragione, durante le sue lussuose vacanze, non pagasse neppure una brioche. Scrivono i giudici: “L'esame dei rapporti bancari svolto sinora, ha posto in evidenza come, pur in assenza di prelievi dai conti correnti, Formigoni avesse significative disponibilità di denaro del quale non è nota la provenienza”. E proseguono: “L'esame dei conti permette pacificamente di constatare come, di fronte a un elevato tenore di vita di Formigoni, non risultino, dall'analisi di ogni singolo conto esaminato, uscite o addebiti riconducibili a tali importanti spese, ma neppure conciliabili con le necessità quotidiane di una comune persona”. Insomma, il Celeste spendeva quotidianamente l'iradiddio, ma sui suoi conti correnti non figura neppure un prelievo. Per la serie, la moltiplicazione dei pani e dei pesci non avveniva solo con i pani e i pesci.

giovedì 14 febbraio 2013

Magistrati felloni. La reprimenda di Berlusconi sulle toghe rosse. E Avellino ride sull'ultima storia di corna con Silvio protagonista.


Giustizia con il timer. Magistrati felloni e infingardi. Pm demolitori della sana industria italiana. Toghe infoiate e invidiose delle camicie di Roberto Formigoni. Persone con tare mentali che vogliono i leghisti in galera. I refrain sono sempre gli stessi, i vecchi ritornelli di Toto Cutugno, insomma. Stesse note, quasi le stesse parole e perfino lo stesso arrangiamento. Sul giro di Do, Gino Paoli ci ha costruito un intero repertorio, sulla lotta alla magistratura, Silvio ci ha costruito la sua carriera politica e il suo impero. Incontenibile, Silvio al primo consiglio dei ministri cancellerà l'Imu sulla prima casa, ridurrà le tasse del 5 per cento, nominerà Tremonti ministro della Sanità, reintrodurrà l'immunità parlamentare, abolirà l'Irpef, varerà il decreto anti-toghe rosse, modificherà la Costituzione rendendola presidenziale tout-court e, per finire, riconoscerà al ministro dell'economia e dello sviluppo (lui stesso) lo ius primae noctis. C'è da chiedersi cosa cazzo farà Angelino Alfano, visto che dovrebbe diventare premier ma, soprattutto, quanto durerà quel benedetto primo consiglio dei ministri. Un'eternità. Ormai, fra Silvio e il Professore non si sa più chi le spara più grosse. L'ultima di Mario Monti è quella che garantirà alla scuola 8 miliardi in cinque anni, non specificando però a quali scuole e, soprattutto, a quali università. Mentre Silvio, affetto da incontinenza pre-elettorale, ha detto che le tangenti si pagano dappertutto e che è giusto pagarle per assicurarsi un appalto o un affare o un contratto. Siamo alla follia, ma quella vera, mica palle! Siamo al dileggio verso tutte le istituzioni e le regole elementari di legalità per un vivere che si possa definire civile. Se n'è accorto Benedetto XVI che, dimettendosi, ha detto “Sparirò agli occhi del mondo”, come dire, ma andatevene affanculo tutti. Se ne sono accorti i leghisti che hanno tenuto duro fino a quando non è scoppiato il caso Orsi e ora sono indecisi se farsi governare da Bobo Maroni o propendere per l'altro comico, quello genovese. Se n'è accorto Nichi Vendola che, secondo il Professore, è il nemico pubblico numero uno dell'Italia e delle riforme ma solo perché a Nichi le banche stanno sulle palle e tiene duro sullo Statuto dei Lavoratori. Non se n'è accorto Bersani che più lo ascoltiamo più ci sembra Crozza. Non se n'è accorto Storace convinto più che mai di diventare governatore del Lazio nonostante sia iniziato il processo a Er Batman più in forma che mai. Non s'era accorto di nulla, fino a ieri, il giornalista Gianni Porcelli che, cornificato dalla moglie, ora pretende la metà dei regali che la signora ha ricevuto, sapete da chi? Da Silvio Berlusconi in persona. Una sommetta di 1 milione e trecentomila euro, elargita a babbo morto e tanto per ringraziare la consigliera regionale campana del Pdl, signora Antonia Ruggiero, della sua profonda, anzi profondissima, affettività. Il procedimento di divorzio, che sta andando in scena in questi giorni presso il tribunale di Avellino, sta facendo ridere tutta la città e buona parte del contado. Il signor Porcelli pretende dalla moglie la metà dei regali che Silvio le ha fatto perché la cornificazione è avvenuta mentre i due erano ancora sposati. Non solo, il sessantaquattrenne giornalista della Rai, prossimo alla pensione, ha anche chiesto l'affidamento del figlio minore e la confisca cautelativa dei beni della ex moglie. Da tutta questa storia si può ricavare una morale. Il marito della Ruggiero non voterà mai per Silvio Berlusconi. Se facessero altrettanto tutti i mariti fatti cornuti dal Capataz, il Pdl viaggerebbe intorno al 4 per cento. 

mercoledì 13 febbraio 2013

I berluschini fischiano i comici e applaudono i pagliacci (non felliniani). Forse c'è qualcosa che non va.


Sono solo due. Sempre gli stessi, i disturbatori di professione che ieri sera hanno contestato Maurizio Crozza al teatro Ariston di Sanremo. Sono i due pirla che lo scorso anno fischiarono Celentano e che non appena sentono odore di ironia intorno al loro Capo e Padrone, fischiano e dicono “Niente politica a Sanremo”. Sembra, ma la voce andrebbe verificata, che dietro i pirla di cui sopra, ci sia nientepopodimenoche Antonio Verro, uno dei componenti del CdA della Rai, in quota Pdl. Il signor Verro è quello delle accuse a Luciana Littizzetto, rea di aver sbeffeggiato il suo Signore durante una puntata di Che tempo che fa, e della durissima reprimenda contro Adriano Celentano nel festival 2012. Insomma, Verro è un tollerante galantuomo che, privo degli strumenti utili a distinguere fra satira e diffamazione, tuona contro chiunque provi a nominare il suo Dio invano. È a questo punto che sorge la domanda: “Ma i berluschini perché continuano a contestare i comici di professione mentre applaudono i pagliacci di risulta, machisti e pure un po' volgari?” Mistero, direbbe Enrico Ruggeri. Ieri sera, però, s'è visto il cambio di clima in Italia. Fino all'anno scorso chi toccava Silvio restava fulminato come se fosse rimasto attaccato a un cavo dell'alta tensione. Quest'anno, i due contestatori, sono stati a loro volta contestati dal pubblico che, in malo modo, li ha fatti uscire dalla platea. A sorprenderci, invece, è stato Crozza che, a un certo punto, ha accolto Fabio Fazio, noto per il suo coraggio leonino, come il salvatore della situazione. Abbiamo visto il comico genovese in grandissima difficoltà, con la salivazione azzerata e la tentazione di chiedere scusa. Non ci è piaciuto, perché un comico che non regge una situazione come quella di ieri sera, vuol dire che è abituato sempre e comunque ad avere la gente dalla sua parte, per la serie “ti piace vincere facile”. Per passare alla politica seria, oddio, si fa presto a dire seria... c'è da registrare l'ennesima indagine nei confronti del Celeste, sì, insomma, di Roberto de la Vierge. L'accusa è pesantissima: associazione a delinquere, un vero e proprio colpo da ko per le speranze del Pdl di vincere il senato in Lombardia. Alla “bomba” Formigoni ha risposto l'altra bomba, quella scoppiata in casa leghista con l'arresto di Giuseppe Orsi, presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, vicinissimo alla Lega. L'accusa nei suoi confronti è quella di corruzione internazionale, messa in atto nella vendita degli elicotteri Agusta all'India. Con questo ennesimo giochetto all'italiana, Finmeccanica corre il rischio di entrare nella black list del governo indiano, in poche parole, addio commesse da quelle parti. Ma per il Pdl non finisce mica qui. È di ieri la notizia dei quattro anni di galera comminati a Raffaele Fitto, ex enfant prodige del partito delle libertà. Le accuse: corruzione, finanziamento illecito ai partiti e abuso d'ufficio. Se pensate che alleato del Pdl in Sicilia è il Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo, dimessosi per mafia, il ragionamento dovrebbe essere semplice, il Pdl è, di per sé, un'accozzaglia di birichini ad oltranza malati di giovanilismo e affetti dalla sindrome di Peter Pan. Questa mattina Silvio ha detto: “L'esibizione di Crozza è stato un boomerang per la sinistra”. Un comico è un boomerang, un delinquente un valore aggiunto. Milioni di italiani lo voteranno ancora. Il boomerang.

martedì 12 febbraio 2013

All’ombra del Cupolone. Solo problemi di salute?

Non ci è mai piaciuto accodarci ai complottisti. Di nessun genere e natura. Trasformare in complotti molti dei fatti della Storia e della politica, ci è sembrata quasi sempre una scorciatoia per descrivere, in maniera superficiale e semplicistica, momenti inquadrabili in contesti molto più semplici e naturali. In questo caso, però, nel caso delle dimissioni di Benedetto XVI, qualche domanda sorge spontanea, soprattutto dopo l’ultimo tratto di vita di Papa Wojtyla, durante il quale il dolore e la sofferenza, che il mondo ha potuto vedere stampati sul volto del Papa polacco, hanno rappresentato l’essenza stessa del cattolicesimo. Che Joseph Ratzinger non fosse in perfetta forma, se n’erano resi conto in molti. Bastava osservarlo in televisione per capire come i suoi già scarsi sorrisi, fossero scomparsi del tutto. C’è da dire che il caso del “corvo” vaticano, il cameriere personale del Papa scoperto a diffondere documenti segreti, ha colpito Benedetto XVI meglio di un uppercut andato a segno. E che la motivazione addotta dal cameriere “L’ho fatto per proteggere il Papa”, abbia dato il colpo decisivo alla volontà del Pontefice di continuare a svolgere il suo ruolo di capo universale della chiesa cattolica. Sono mesi che nel segreto delle stanze d’Oltretevere, imperversa una lotta di potere senza soste né quartiere all’interno della Curia. Sono mesi che nessuno risparmia colpi bassi a nessuno, e che il cardinale Carrozziere, “vittima” apparente delle rivelazioni del “corvo”, non sia poi quel gran giglio di purezza che vuole sembrare. Già il legame a filo doppio con Silvio, e il di lui fratello Gianni Letta, qualche dubbio dovrebbe farlo nascere, sospetti non derubricabili nelle marchettone dell’8 per mille, nei contributi straordinari alle scuole cattoliche, ai giornali cattolici, alle sale cinematografiche parrocchiali, agli oratori, alle chiese restaurate con fondi destinati allo Stato, all’ex Ici ora Imu, alla copertura finanziaria totale dei grandi eventi. Il profilo di quello che è stato per anni un vero e proprio voto di scambio, va ben oltre il puro aspetto economico, e non nascondiamo una certa curiosità nel cercare di saperne di più. Che il cardinale Carrozziere sia inviso al 50 per cento della Curia romana non è un mistero e, forse, il desiderio del Papa di porre fine a un dissidio lacerante per la Chiesa, ha contribuito non poco alla decisione di dimettersi perché, per chi non lo sapesse, la fine del regno di Benedetto XVI si porta appresso anche quella del Segretario di Stato più potente degli ultimi 150 anni. Le cronache di questi giorni ci dicono che c’è un candidato Papa più forte degli altri, uno che rischia di entrare cardinale e di uscire Sommo Pontefice sul serio. Si tratta di Angelo Scola, l’arcivescovo di Milano che CL e la Lega vollero fortemente per cancellare quel post-comunista post-conciliare di Dionigi Tettamanzi. S.E. Scola (nessuna parentela con Ettore), ciellino ante litteram e professore di filosofia di Silvio Berlusconi, sembra abbia le carte in regola per prendere il posto di Ratzinger. E c’è un altro aspetto che convaliderebbe la non troppo nascosta voglia di diventare Papa del successore di Sant’Ambrogio; quando fra gli altissimi prelati ha iniziato a prendere corpo la voce che Benedetto XVI si sarebbe dimesso, il cardinale Scola ha incominciato a prendere le distanze da CL. Nessun altro commento è richiesto.

lunedì 11 febbraio 2013

Si dimette perfino il Papa. Tale e quale ai pidiellini.


Evidentemente Silvio ha letto con grande attenzione gli ultimi sondaggi. E si è reso conto che lo tsunami Grillo non sta togliendo voti solo alla coalizione di Centrosinistra ma anche a lui. Poi, come se non bastasse, sono arrivate come un fulmine a ciel sereno, le dimissioni di Benedetto XVI. Possibile, ci chiediamo, che un Pontefice si dimetta perché, umanamente, non ce la fa più mentre, un popolo di furfanti plurindagati, quacquaracquà senza ritegno, pezzi di rifiuti organici continuino a essere avvinti alle loro poltrone come edere tossiche? Un Papa che si dimette è un fatto storico. Non accadeva da 600 anni. La stessa cosa potrebbe verificarsi nella politica italiana se Silvio continuasse a vincere sull'onda lunga dei sogni son desideri. Joseph Ratzinger continuerà a essere Papa nel chiuso di un convento delle suore di clausura. Pregherà. Punto. Degli affari di Stato non vorrà più neppure sentirne parlare, lasciando ai cardinali carrozzieri e ai loro tirapiedi sbrogliare la matassa delle future alleanze politico-strategiche in Italia. Se ancora qualcuno non lo avesse capito, proprio in queste ore il cardinale Bertone ha detto chiaro e tondo che se non dovesse vincere Mario Monti, sarebbe preferibile (auspicabile) la riconferma del Centrodestra. Per la prima volta, la Chiesa da anche la possibilità di scegliere un outsider, cioè Silvio, se proprio il voto al Professore dovesse essere causa di un delirium tremens irrefrenabile. Gira che ti rigira, la sinistra in questo paese non ha fans in grado di trascinare quel mondo cattolico insensibile alle figure pur rispettabili che hanno scelto non solo di fondare, ma di militare apertamente nel Pd. Un po' addentro alle cose di Chiesa, ci siamo chiesti spesso quale fosse il senso del Pontificato di Benedetto XVI e, nonostante notevoli sforzi di fantasia, non ne abbiamo trovato neppure uno degno di passare alla storia. Probabilmente, la Gerarchia (e non lo Spirito Santo), aveva bisogno di un periodo di decantazione dopo lo tsunami Wojtyla, di un Papa che ridimensionasse anche l'immagine stessa del suo Capo universale. Da questo punto di vista Ratzinger ha fatto il suo compito in classe e, da bravo scolaro, ha aggiunto anche una degna ricerca a casa, un po' per il curriculum, un po' per i crediti. Forse qualcuno non lo sa, ma anche all'interno della Chiesa stanno iniziando i “comizi elettorali”. I cardinali arriveranno a Roma proprio per dar vita a quel lento lavoro politico-diplomatico che porterà alla nomina del nuovo Pontefice. Questa cosa ha spiazzato di brutto Silvio che, nel caso in cui le elezioni politiche italiane gli fossero andate male, aveva in mente di presentarsi al prossimo conclave. Di barzellette sugli ebrei, lui ne ha migliaia.

domenica 10 febbraio 2013

Silvio e le donne merci e oggetti: “Ma lei, quante volte viene?”


Perché molte donne continuino a votare per lui non si sa. Appartiene alla sfera dei misteri gaudiosi. Silvio è la negazione della galanteria, e se qualcuna ancora ci casca è perché non sa neppure dove stia di casa, la galanteria. Il Capataz è osceno. E nel suo campionario di volgarità, inserisce una buona dose di violenza psicologica. Che le donne abbiano subito modificazioni genetiche nel corso degli anni, è innegabile. Ma che si lascino ancora offendere, a ogni occasione utile, da un machista inguardabile che si fa forte solo del suo “fascino” da danè, è incomprensibile. Perfino stare allo scherzo, con Silvio, significa sprofondare in un baratro di oscenità che non rendono giustizia alle donne anzi, le offendono nella loro intimità. Silvio va alla Green Power di Mirano e, scherzando pesantemente sul lavoro di una impiegata, si lascia andare a uno dei suoi soliti siparietti fatti di pessimo gusto, di allusioni sessuali, di ambiguità che manco Totò, che era un principe, avrebbe mai lontanamente immaginato. La platea, ovviamente, ride alle battute di Mohamed Esposito. Lo applaudono mentre invita la signorina a girarsi e le chiede i tempi che intercorrono fra una sua “venuta e l'altra”. Ridono, i pirla sul palco, ride Bonaiuti in prima fila, ride Adriano Galliani che in campagna elettorale, segue il suo mentore dappertutto. Nessuno che provi a dire buhhh, a fischiare, un andarsene in segno di disprezzo per un individuo che il mondo-ridere-fa-peccato-che-sia-italiano. Lo voteranno, ancora, perché da quella bocca vogliono sentire esattamente quello che Silvio dice: il nulla. Lo voteranno perché amano chi li piglia per il culo e chi li fa ridere a poco prezzo, perché una battuta intelligente non rientra nelle corde del guitto dell'avanspettacolo. Ci piacerebbe conoscere il QI di Francesca, la sua fidanzata. E ci piacerebbe sapere se la signorina di Napoli ama farsi trattare in questo modo dal suo fidanzato, che sarà pure potente, ma per il resto... Il fatto è che, nonostante le donne rivendichino tutto il rivendicabile possibile, basta un momento come quello di oggi alla Green Power, per renderci conto che il cammino è ancora lungo e che fra un'enunciazione e la realizzazione pratica dell'enunciato, corre la transiberiana. Voteranno per Silvio gli impotenti, gli evasori fiscali parziali e totali, i nullafacenti, i fotogenici, gli avvocati, i tassisti, i farmacisti, gli spalloni, i dipendenti Mediaset e Mondadori, i commercialisti. Ma non capiamo, ancora, perché le donne continuino a votarlo. Inutile fare di ogni erba un fascio. Occorrerebbe fare proprio un fascio.

sabato 9 febbraio 2013

E oggi... Innsbruck. Per lavoro e amicizia.

Oggi niente libri. Incontro con Lito Fontana e gli amici delle associazioni italiane
di Innsbruck per UT.

venerdì 8 febbraio 2013

4 milioni di posti di lavoro, 4 milioni di rimborsati Imu, 4 milioni di farfalline, 4 milioni di foto con autografo di Balotelli, 16 milioni di cazzate pazzesche... e Grillo va al 14 per cento.


Ci risiamo, tale e quale al 1994. L'83 per cento degli italiani ritiene che le sparate di Berlusconi siano delle solenni cazzate. Poi, però, guardi i sondaggi e ti rendi conto che il Pdl va avanti di 1,2 punti in una manciata di ore. Ti chiedi: “Com'è possibile?” e ti rispondi che in Italia tutto è possibile. Nel 1994, dopo il pieno di voti, tutti si chiedevano chi diavolo avesse votato per Silvio. La gente si incontrava per strada e tutti si guardavano con sospetto: “Sei stato tu”, sembrava si chiedessero i passanti. Insomma, Berlusconi aveva vinto e nessuno lo aveva votato, una di quelle schizofrenie tipiche di un popolo alla continua ricerca di un leader unico e assoluto. In apparenza, sembra che gli italiani abbiamo elaborato il lutto del fascismo, ma non è vero. L'istituto della delega ancora impera, e darla a una sola persona, piuttosto che a un gruppo, tranquillizza l'elettore e placa la nostra sete di protagonismo per osmosi. Perfino la Chiesa, per bocca del presidentissimo della Cei, Angelo Bagnasco, dice che “gli italiani non si faranno abbindolare”. Ci piacerebbe sapere da che parte è stata (la Chiesa) in questi ultimi venti anni, perché altrimenti ci piglia veramente male. Tutti i maggiori istituti di sondaggio sottolineano la ripresa del Pdl. Indubbiamente la forbice fra il Centrodestra e il Centrosinistra è sempre più stretta, c'è chi dice che ci siano ancora 7 punti di distacco fra Piergigi e Silvio, chi arriva a 5 ma, quello che conta per la Porcellum, è avere anche un solo voto in più e il gioco dei premi di maggioranza è fatto. Interessante, in questo momento, la strategia di Silvio che ogni giorno da i numeri dell'avvicinamento al Pd da parte della sua allegra combriccola. Statene certi, l'ultimo giorno utile per rendere pubblici i sondaggi, annuncerà trionfante il sorpasso e, anche se non sarà vero, la sottile psicologia di chi è abituato a vendere pentole antiaderenti che al primo graffio butti nella differenziata, avrà avuto la meglio sul senso del reale che non appartiene a questo paese di contaballe. Monti cala. Pochi decimi di punto, ma la linea di tendenza è quella di un lento afflosciamento della compagine di Don Banky. Il fatto è che all'umanizzazione dell'immagine del Premier non crede nessuno. Hai voglia di farti fotografare con i cani quando tutti sanno che li prendi a calci sotto il tavolo. E altrettanto inutile è ricorrere ai nipotini, quando si sa che il Professore parlerà con loro solo il giorno della laurea. Ma ce lo vedete Mario Monti fare le boccacce ai bambini per farli ridere o chiamarli “pargoli di nonno adorati?” Suvvia, non scherziamo, e basta con i Babbi Natali che ogni anno regalano calcolatrici solari ai nipoti, che se poi le prendono a martellate mica ci si può sorprendere più di tanto. Sempre secondo i sondaggi, il pm Ingroia non raggiungerebbe il quorum del 4 per cento. È vero che lo danno al 4,1, ma l'impressione è che il Palermitano non abbia il fisico del ruolo per affrontare una competizione elettorale che vede impegnati fior di caimani. Lui ragiona in punta di diritto, gli altri con le bombe a mano in tasca e il bazooka a tracolla. Lotta impari. Cresce, invece, Beppe Grillo. La sua sembra una marcia inarrestabile, e lo sarà ancora di più dopo la presenza in tv prevista nell'ultima settimana di campagna elettorale. Finora Beppe non ha sbagliato una mossa. Perfino le sue uscite apparentemente più clamorose, come quella con i poundini, secondo noi è stata pianificata a tavolino. L'unico strumento che Grillo aveva (e ha) per far parlare del suo Movimento, è quello della provocazione, e più si alza la temperatura della campagna elettorale più le provocazioni devono essere estreme. I sondaggi lo danno al 14 per cento, terzo partito dell'arco parlamentare, un successo al di là di ogni più rosea previsione. Ed è un 14 per cento che punta più al 16 che non al 12, e che rischia di trasformare in una zeppa fastidiosissima i five stars che entreranno in Parlamento. Manca, e non potrebbe essere altrimenti, la Sinistra, quella che i suoi fans più accaniti, definiscono “vera”. Manca Rifondazione, manca il PcdI, mancano insomma i protagonisti della lotta dura e pura e di un movimentismo operaista che si è perso fra le brume di un prezioso cashmire e mille salotti, non solo televisivi. Manca quella sinistra che, dopo essersi trasformata in un club radical-chic un po' retrò, continua a litigare su tutto, compresa la tonalità di rosso delle sue bandiere e del giallo della falce e del martello. Vecchia, obsoleta, prigioniera dei suoi dogmi, di questa sinistra, oggettivamente, non sapremmo che farcene, meglio che i suoi protagonisti (quelli che non si sono riciclati con Ingroia) stiano al caldo, nei loro salotti, a rimembrar Carletto Marx e a fischiettare, stonandola, l'Internazionale.