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domenica 31 marzo 2013

Ricevo e pubblico. “10 Saggi, 0 sagge. Non ora, quando? Vengo anch'io, no tu no...” di Michaela Menestrina


 Mi sono chiesta molte volte perché non ho partecipato alla piazza di: "Se non ora quando?". Perché non sarebbe cambiato nulla, me la sentivo. Perché le donne hanno continuato a non contare né quantitativamente, né qualitativamente. Non ancora, non ora. Perché a decidere sono i saggi: maschi, vecchi, o tutt'al più anziani; questi i connotati dei deus ex machina che salveranno un Paese che loro medesimi hanno mandato in pezzi. Almeno questo gli è chiaro? Un semplice pensierino, che più vero di così si muore. Perché se una donna alza la testa, e indaga, ad esempio contro la violenza del maschio danaroso sguazzante nella prostituzione anche minorile, è chiamata la rossa "pasionaria" e viene impedita nelle sue funzioni lavorative (si sa lavora alla Procura di Milano), e se ne ha talmente paura che possa solo condannare ciò che va condannato, che si arriva a occupare il palazzo dove svolge la sua funzione. Perché le donne hanno continuato a morire per mano di uomini paurosi, piazza o non piazza. Ma quante! Mi sono chiesta se non ci sia un'altra via a uno slogan rimasto vuoto di freddezza razionale e ottimismo egocentrico di cui discorre il filosofo Umberto Galimberti. Nuovi vizi capitali. Urge trovarla questa via altra. Ieri mi sono chiesta perché tra i dieci saggi del Presidente non vi sia nemmeno una donna. Risponderebbero i saggi tutti a questa domanda, dalla loro ovvietà conformista, che magari ci sarebbero stati (condizionale) nomi autorevoli da mettere in campo anche tra le fila delle donne, dicasi il 52%della popolazione. Ma che volete, mica si posso bruciare "eventuali" nomi eccellenti. Perché ci sarà un dopo politico. Sempre poi, dopo, attendere. Accontentatevi della Presidente della Camera Laura Boldrini e non frignate. 
Beh, saggi incaricati: fate qualcosa questa volta. Ultima possibilità.
Il mondo delle donne, quelle che quadrano il bilancio mensile, anche se sono state buttate fuori dal mondo del lavoro, quelle che curano i vecchi, che allevano i figli, e vivono con i deus ex machina (poche) e i loro schiavi (tutte le altre), sono stanche di sopportare, di aspettare, di pazientare. Tutto ha un limite. Sappiate che la nostra dignità, la nostra competenza, la nostra capacità e la nostra bravura che continuate a buttare nel cesso, traboccherà dalle fogne. Quando? Prima che ne prendiate coscienza.
Vengo anch'io? No, tu no. Ma perché? Perché no.
Michaela Menestrina

Piccola nota pasquale con pasticcio Napolitano...

'a pastiera
Spuntano i gruppi di esperti che prendono il posto dei parlamentari eletti di recente, che non capiscono una mazza e che, litigiosi come sono, vanno guidati dai saggi. I grillini ci hanno messo 24 ore per capire che si trattava di un mezzo casino presidenziale. I portavoce sono già in bambola, in piena crisi di identità. Prima propongono una soluzione molto simile a quella adottata poi da Napolitano. Il presidente la fa sul serio e loro dicono che è un "inciucio". A stretto giro di smentita affermano solennemente: “Siamo sulla strada giusta”. Poi, consultatisi nottetempo con qualcuno che ne capisce più di loro, ritornano sui propri passi e dichiarano: “Ma cos'è questa schifezza, non c'è già il Parlamento per fare proposte?”. Insomma un delirio grillesco che Collodi non avrebbe mai neppure lontanamente immaginato. Di fatto si continua a essere un paese commissariato, Mario Monti riprende fiato e governerà a pieno titolo. Gli esperti-saggi faranno proposte da trasformare in programma e per trovare uno straccio di governo che lo porti avanti. D'altronde, i bambini a 5 stelle hanno bisogno della tata sennò non capiscono che per bere il latte occorre attaccarsi a una tetta e succhiare, non facendolo corrono il rischio di morire di inedia. Il Pd dice sì: “Non possiamo dire di no al Grand Commis”. Il Pdl dice si: “Bella soluzione quella del Presidente, la migliore”. Anche la Lega è d'accordo e d'accordo (non potrebbe essere altrimenti), è la squadra-Monti. Contraria solo Sel, che iddio la mantenga in salute, visto che il M5S è in piena sindrome autodafè. Poi leggiamo l'elenco degli esperti e ci piglia un colpo secco. Luciano Violante e Gaetano Quagliarello. Ma vi rendete conto? Luciano Violante, il revisionista della sinistra italiana, quello dei “morti di Salò e dei partigiani sono tutti uguali”, quello dell'inciucione ad libitum con Berlusconi. E Gaetano Quagliarello, il certificatore principe dell'egizianità di Ruby, il difensore a oltranza delle leggi ad personam, ad familias, ad dux. Ma Giorgio Napolitano non aveva minacciato le dimissioni? Alla sua età, un viaggio ai Caraibi senza ritorno sarebbe un toccasana...

sabato 30 marzo 2013

Sorpresa nell'uovo di Pasqua della politica: Napolitano pensa alle dimissioni. I giornalisti, sempre più frustrati, non sanno a che san Giuseppe votarsi.


Buona Pasqua, Beppe...
Nulla di fatto nel giro lampo di consultazioni del Presidente della Repubblica. Nessuno dei partiti ha compiuto il fatidico passo indietro. Oddio, forse il Pdl che, attraverso le parole del suo leader, ha detto che a lui sta bene anche Bersani, però vuole andare al Quirinale, direttamente e senza passare dal via. È a questo punto che Giorgio Napolitano ha iniziato a prendere in seria considerazione l'ipotesi di dimissioni anticipate, le sue. Il Presidente, come tutti sanno, è nel “semestre bianco”. L'unica possibilità che la Costituzione gli concede, è quella dell'ordinaria amministrazione. Nessun atto importante da sottoscrivere e nessuna decisione “di peso” da poter prendere, di conseguenza neanche lo scioglimento delle Camere. A questo punto, considerati i veti incrociati, non sarebbe possibile neppure il ritorno alle elezioni, visto che il Presidente non può compiere l'unico atto che le abiliti. C'è da dire, che le dimissioni di Napolitano non avrebbero nulla di eroico né di sconvolgente, ma sarebbero la presa d'atto di una situazione di sostanziale ingovernabilità, letale per l'Italia, e dell'urgenza di porvi rimedio in tempi brevissimi. Un rischio c'è, tornare a votare con il Porcellum. A quel punto non ci salverebbero neppure le risurrezioni di De Gasperi, Berlinguer e Pertini. Purtroppo, e questo Grillo lo sa, siamo a un punto morto, esattamente quello che sperava. I toni delle sue dichiarazioni sono tornati a essere quelli dei comizi, dei Vaffa Day, dello Tsunami Tour. Ce n'è per tutti, vivi, morti e defunti apparenti, ex fascisti ed ex comunisti, banchieri e telefonici, industriali e impresari edili e, vecchia-nuova entry, i giornalisti. Tuona, Beppe, contro la stampa italiana, al 60 posto nella classica mondiale della stampa libera, poi, però, è il primo a rifiutarne ogni contatto, ogni rapporto, definendone i rappresentanti, “frustrati”. Grillo sta, coerentemente, perseguendo gli obiettivi di Casaleggio. Non brillando per dialettica politica, abbastanza analfabeta, culturalmente un gradino sopra un accanito lettore di Chi, Beppe sa che non potrà mai arrivare al 100 per cento dei parlamentari e al controllo totale del paese. L'impressione, poi, è che nelle passata tornata elettorale abbia raschiato il fondo del barile, che il prossimo dualismo sarà fra lui e il Cavaliere, e che il popolo della destra (alias i berluschini convinti) non sono come i quacquaracquà della sinistra, che se non si fanno male da soli, non dormono tranquilli. Beppe sa che di ingovernabilità in ingovernabilità, l'Italia imploderà, affogando nella sua stessa merda, e questo gioco gli piace, tanto, immensamente: nel 2042 l'anidride carbonica prenderà il posto dell'ossigeno, che cazzo gliene frega a lui di come ci si arriverà? Ma c'è qualcuno disposto a scommettere che se si dovesse tornare alle elezioni, ci sarebbe una forza vincente? Qualcuno in grado di governare non un Paese ma le sue macerie? E cosa dirà, Beppe, ai suoi amici industriali della Marca Trevigiana quando non arriveranno i rimborsi dell'Iva e i pagamenti per le opere fornite alla Pubblica Amministrazione? Con quale coraggio potrà guardare negli occhi i ragazzi ai quali avrà rubato, anche lui con la speranza della maggioranza assoluta, un pezzo di futuro? Ma queste domande, Beppe se le pone o lascia fare a Casaleggio che sta diventando sempre di più un soggetto da manuale psichiatrico? Ne siamo convinti. L'Italia ha perso una grande occasione per tornare a essere un paese quasi normale. L'ultima.

venerdì 29 marzo 2013

Il senso di Giorgio per il commissariamento: prima l'Italia, poi Bersani. Furoreggia un nuovo lavoro: la videomignotta. Diecimila nuove occupate in un amen.


Siamo alla riedizione del ghe pensi mi di berlusconiana strategia. Chi lo pronuncia, solitamente è affetto da delirio di onnipotenza. Dirlo di Silvio è lecito, di Napolitano non sappiamo, magari ci scappa un vilipendio al capo dello stato. Giorgio, in scadenza di mandato, ha ritrovato una giovinezza inaspettata, sembra quasi che il Cavaliere gli abbia fatto dono di una intera confezione di Scapagnini Pills. Piergigi è andato dal Presidente a riferire di non aver tirato fuori un ragno dal buco e Giorgio gli ha detto: “Ora stai buono, ti siedi in panchina, aspetti un po', ci provo io”. E inizierà da subito, il Presidente, da oggi stesso, da questa mattina alle 11 zero zero. Vedrà Silvio e gli chiederà di essere meno pretenzioso. Poi i montiani. Poi gli altri, mentre nel Pd si sta preparando una fronda che manco il thun. Si fanno nomi. Torna in gioco nientemeno che Giuliano Amato, roba da archeologia politica, roba da craxismo. Si parla della ministra Cancellieri. Si parla di Settis. Si parla di Gallo, il presidente della corte costituzionale. Si parla. Punto. Novello Silvan, Giorgio sta cercando nel cilindro la soluzione migliore per dare un attimo di respiro alla governabilità di questo Paese. Potrebbe uscirne fuori un bianconiglio, potrebbe farsi largo un sorcio. Mah! Il M5S, che in qualche modo alcune responsabilità dovrà pure assumersele, ha già fatto una proposta niente affatto peregrina ai pidini. In poche parole ha detto: “Facciamo fare il governo a Giorgio, poi, insieme, votiamo l'ineleggibilità, il conflitto d'interessi, il falso in bilancio e la nuova legge elettorale”. Secondo noi un pensierino il Pd potrebbe farcelo. Sai che trombata per Silvio, che appoggia il governo, e passano tutte le leggi che lui vede come la peste bubbonica! Se la situazione non fosse drammatica, questa fase storica potrebbe rappresentare un momento unico per sperimentare una nuova forma di democrazia e di partecipazione attiva dei cittadini-contribuenti. Ma il tempo stringe. Moody's non aspetta. E tutti i parlamentari che fino a ieri non hanno fatto un amato cazzo, oggi se la prendono con Bersani colpevole, ai loro occhi strabici, di aver perso una settimana di tempo. Ma andate a lavorare in una fonderia, mangiapane a tradimento! Nel tardo pomeriggio ne sapremo di più e, anche se Grillo si è offerto di incontrare Napolitano (fuori dalle mura del Quirinale) i primi della prossima settimana, il quadro, in serata, dovrebbe essere già più chiaro, giusto in tempo per la processione del Cristo morto, il venerdì santo. Comunque, nonostante la pesante aria di Quaresima che spira in Italia, destinata a continuare anche dopo la Pasqua, fa piacere sapere che diecimila ragazze hanno trovato lavoro sfruttando le nuove tecnologie. Si spogliano davanti a una webcam, dando inizio a quella forma di prostituzione virtuale che mancava in un paese pieno di troie e di puttanieri reali. Riscoprendo le tariffe dei vecchi casini, gli allupati reali che entrano in contatto con le mignotte virtuali, vanno a tassametro, a marchetta insomma. Si parte da una tariffa base di 10 minuti (una sveltina) e si arriva all'ora piena di collegamento che, a occhio e croce, costa un fottio. Ma volete mettere il piacere di sollazzarsi da soli, davanti a un monitor, con una bella ragazza pigolante piuttosto che scendere in piazza e rischiare un incontro vero? Crediamo sia la sensazione che ha avuto Piergigi quando si è trovato di fronte Crimi e la Lombardi. La mano di Bersani ha cercato per tutto il tempo dell'incontro un mouse per cambiare pagina. 

giovedì 28 marzo 2013

Silvio: “Io o Letta al Quirinale”. Il Cavaliere scopre le sue carte ma niente di nuovo. Lo sapevamo già.

La sala dei Corazzieri
Non lo vuole nessuno se non, forse, i maggiordomi e la new entry nella greppia del Pdl, l'ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant'Agata. A Silvio del Quirinale non frega una mazza, di sette anni di impunità sì. È il suo obiettivo da sempre, e non per esclamare davanti a Michelle Obama: “Wow!”, come Fonzie in Happy Days, né per nobilitare, dalla sua eventuale residenza sul Colle, il “culona inchiavabile” detto per celia a Angela Merkel. Silvio è alla ricerca dell'impunità permanente, ancora di più oggi, dopo la condanna a sette anni (il 7 è il numero sfigato di Silvio) di Marcello Dell'Utri e un cerchio che si sta pericolosamente chiudendo intorno a lui. È il ricatto in nome e per conto della governabilità. È l'ultimo ricatto all'Italia e agli italiani, almeno a quei due terzi che non lo hanno votato. È l'ultimo sfregio alle leggi e alla Costituzione, alla politica intesa in senso alto e nobile e al pudore, perché non c'è nessuno sulla scena internazionale, più impresentabile di lui. E poi, diciamolo, non fosse che per la grande legge dei numeri, non gli può andare sempre tutto liscio. Silvio è stato sempre, letteralmente, riesumato dai suoi presunti nemici. Iniziarono i rifondaioli, ospiti quotidiani di Emilio Fede, hanno finito un anno e qualche mese fa, i pidini, ospiti quotidiani di Bruno Vespa. Dato per morto almeno quattro volte, è risorto proprio per merito di quelli che avrebbero dovuto mettere la croce sulla fossa o chiudere con il cemento a presa rapida, il loculo nel mausoleo di Cascella. Se fossimo un paese anglosassone, le vite a disposizione di Silvio, come per i gatti, sarebbero ancora 5. Siccome siamo italiani, le chance a sua disposizione sono solo altre 3 e, statene certi, il Cavaliere le sfrutterà tutte fino alla fine. Se Silvio dovesse andare al Quirinale, il merito sarebbe tutto del M5S, almeno questo, Grillo dovrebbe riconoscerlo. Dimostrerebbe inequivocabilmente il suo teorema che i politici sono dei gran “puttanieri”, Silvio, infatti, ne sarebbe il migliore testimonial. Grillo ci sta simpatico, i grillini lo stesso. Se un giorno dovessimo fare outing ne sapreste delle belle sul nostro ultimo voto nel segreto della cabina elettorale, ma non è tempo di parlare di noi. La sensazione è che l'Italia abbia perso l'ultima occasione utile per cambiare, per darsi priorità che i precedenti governi di centrodestra e dei tecnici, hanno sempre considerato optional inutili. La sensazione è che giocare allo sfascio in questo momento, significherebbe ereditare un mucchio di macerie nel quale potrebbe vivere, e con qualche difficoltà, solo quell'Uomo di Similaun citato ieri. Siamo davvero una nave alla deriva, e la fregatura è che non abbiamo manco uno Schettino qualsiasi a pilotarla. Il vuoto. Intorno c'è il vuoto, anzi peggio. Ci sono i dati macro e micro economici che annunciano un baratro dal quale usciremo, forse, fra dieci anni, quando i giovani di oggi saranno vecchi e il loro futuro sarà sulla strada, con un trolley di seconda mano, a cercare l'elemosina su Pont Neuf, sperando che la Francia sia uscita nel frattempo dalla crisi nella quale è entrata. E a fronte di uno scenario apocalittico, Silvio punta al Quirinale, fa dimettere il nobile ministro degli Esteri per il definitivo de profundis al governo Monti, alloca Brunetta capogruppo alla Camera per non permettere a nessuno di parlare, ventriloqua Alfano per fargli dire cazzate sovrumane nelle quali, fintamente, crede, guarda estasiato le sue troie (grandissimo, Franco) e pensa in quale angolo della Sala dei Corazzieri piazzerà il palo per la lap-dance. Dopo Bertinotti e Vendola, Kossiga e D'Alema, Mastella e Veltroni, Fassino e Consorte, Napolitano e Bersani, Silvio ha trovato in Beppe Grillo il suo rianimatore di fiducia. Altro che igienista orale!

mercoledì 27 marzo 2013

Crimi se la dorme e i grillini dicono “no” a Bersani. Torna un incubo: Piergigi apre al Pdl.

Vito Crimi: "Torno subito"
Chi di web e di marchingegni digitali ferisce, di web e di marchingegni digitali perisce. Dopo aver sbeffeggiato “Morfeo”, alias il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, reo di essersi appisolato nei momenti ufficiali, il portavoce del M5S al Senato, Vito Crimi, è stato colto, durante l'abbioccamento post-prandiale, comodamente appoggiato al suo scranno di Palazzo Madama, con gli occhi chiusi. Suggestive le giustificazioni degli ultras grillini: “Crimi lavora come un forsennato, un momento di cedimento è giustificato. Mica ha trascorso la notte a scopare, lui!” A parte il fatto che non crediamo che i militanti del M5S controllino via webcam anche il sonno dei loro rappresentanti, ma, oggettivamente, che uno possa essere colto da una botta di sonno al Senato, ci sta. Non ci troviamo nulla di scandaloso in tutto ciò, se non il fatto che sul sonno di deputati e senatori, sul giocare a Farmville durante le sedute parlamentari o, peggio, sullo sfogliare siti porno mentre ha chiesto e ottenuto la parola Mara Carfagna, da parte di vecchietti arzilli e parecchio voyeur, i grillini ci hanno costruito una mezza campagna elettorale, insultando a pezze nel culo tutti quelli che, pagati dai contribuenti, passavano buona parte del loro lavoro di rappresentanti del popolo a giocare. Qui non c'entra scopare o meno la notte né avere una digestione complicata, c'entra solo che dormire mentre si lavora è come leggere il giornale in ufficio, un abuso da richiamo o da nota di demerito. Siamo tutti esseri umani, e l'avvento degli esseri perfetti di Gaia è ancora lungo da venire per cui, se uno dorme, lasciatelo in pace, si chiami Crimi o Brunetta fa lo stesso, dormire è sempre dormire. Comunque, a parte questa scivolata del candidato al prossimo “Premio Stakanov 2013”, c'è da registrare che il gruppo del M5S al Senato ha votato “no” a un eventuale appoggio al governo Bersani. Sapete, a volte, durante queste giornate di tira e molla fra Piergigi e i grillini, c'è venuto in mente quel tizio che in tutti i modi, e con tutti gli argomenti possibili, chiedeva alla sua ragazza. “Me la dai”? E la ragazza, gli rispondeva immancabilmente “no”. Se una non te la vuole dare, è inutile che insisti perché, non essendo un violentatore, è bene che te ne faccia una ragione. E poi ci si è messo anche Napolitano che da Bersani pretende addirittura i numeri, fatto mai accaduto in precedenza né con Ciampi né con Scalfaro. Il segnale è inequivocabile, un governo Bersani, a queste condizioni, non lo vuole neppure il Colle e allora Piergigi ha deciso di fare un passo indietro. Quale? Ha iniziato ad aprire al Pdl il quale ha già fatto sapere che non solo pretende ministri, ma che vuole anche porre il veto su nomi di personaggi sgraditi. Lo sapevamo, doveva accadere ed è accaduto. Addio alla legge sull'ineleggibilità, addio al conflitto di interessi, addio al falso in bilancio, addio alla lotta all'evasione fiscale, benvenuta riforma sanitaria, della scuola, della cultura, del lavoro secondo, ovviamente, la logica di questa destra da taverna dei 7 peccati. Berlusconi ci meritiamo. Berlusconi sarà. Dategli pure il Quirinale, fatelo contento e, con grande cordialità, andate affanculo. Piccolo inciso. Ha ragione Franco Battiato, su tutta la linea. Sottoscriviamo ogni sua parola. Prima della precisazione imposta dalla real politik.

martedì 26 marzo 2013

Dell'Utri condannato a 7 anni. Vignali presenta tre proposte di legge salva-Silvio. A Roma arrestato Riccardo Mancini, braccio destro di Alemanno. Governare con chi?

Toro Seduto
Tifiamo da sempre per gli sfigati, la nostra personale proiezione nell'immaginario collettivo. A noi, quelli che stanno sempre nel posto giusto al momento giusto, stanno cordialmente sulle palle. Ci piace Charlie Brown, spasimiamo per Paperino Paolino, ci è simpatico Vercingetorige e pure Toro Seduto che da una lezione al generale Custer. Insomma, la nostra visione della vita non prevede particolari inclinazioni nei confronti dei vincenti, soprattutto di quelli che lo fanno senza merito. Forse sta proprio nella nostra particolare inclinazione da manuale psichiatrico, l'aver adottato con tenerezza (visione più guevariana che francescana), lo sforzo disumano di Piergigi Bersani, teso a formare un governo che potrebbe essere utile per l'Italia, ma quanto mai sgradito ai maggiorenti. Avete sentito le dichiarazioni delle parti sociali convocate da Piergigi, all'uscita dal colloquio con il premier incaricato? Sembravano frasi di circostanza, dette più per buona creanza che non per una effettiva partecipazione al tentativo di dare una qualche forma di gestione al sistema-Paese. A Bersani non crede nessuno, manco il suo gatto Palmiro. Peggio. Gli danno tutti addosso. Dentro e fuori dal Pd. D'Alema e Veltroni si sono sistemati, con tanto di sdraio, frittata di cipolle e rutto libero, sulla sponda del fiume, sicuri di veder passare la salma del Segretario. Renzi dice: “La direzione è stata convocata all'ultimo momento, io faccio il sindaco mica il perditempo” e se ne resta a Firenze. Gli house organ berlusconiani lo danno già per morto e sepolto, tanto che Libero titola: “Basta perdere tempo con Bersani”. Luca Cordero di Montezemolo, zitto fino a ieri, se n'è uscito improvvidamente con: “Senza Berlusconi qua non si va da nessuna parte”. Perfino i montiani vogliono che il Pdl rientri in partita, perché l'unico modo che hanno di contare qualcosa, è quello della riedizione della Grosse Koalition. Che la Confcommercio dica che in Italia ci sono 4 milioni di poveri, sembra non interessi a nessuno, e nella squadra degli ignavi è entrato anche Beppe Grillo con tutte e due le scarpe. In questo momento, poi, sembra che Beppe sia più interessato a trovare i “troll” del suo blog che non a dare risposte ai milioni di elettori che lo hanno votato perché disoccupati, cassintegrati, emarginati, delusi, frustrati, incazzati, privati non solo dei sogni ma anche della quotidianità. A Beppe dei poveri cristi non frega una mazza, a lui interessa solo il tribunale della rete (giudici popolari, i fedelissimi) al giudizio del quale sottoporre gli eventuali traditori del “niet a tutto”. Se si dovesse votare di nuovo a giugno (o a settembre), il M5S diventerebbe un prefisso telefonico, ma ai seguaci del new-age decadente Mondo di Gaia tutto ciò non interessa, tanto nel 2020 il mondo civile finirà e tornerà l'Uomo di Similaun. Ma chi sta peggio di tutti, anche se sembra non sia così, è quell'agglomerato di cervelli persi che risponde al nome di Popolo della Libertà (loro). In un colpo solo si sono visti uno dei pezzi da novanta della nomenclatura, Marcellino Dell'Utri, condannato a 7 anni di galera con, pare, una richiesta di arresto per pericolo di fuga. Il reato: essere stato il tramite tra Berlusconi e la mafia. Un solerte parlamentare, Raffaello Vignali, presentare in un colpo solo tre proposte di legge per rintrodurre l'immunità parlamentare e, quindi, salvare ancora una volta Silvio per via politico-legislativa. Il braccio destro di Gianni Alemanno, sindaco pidiellino di Roma, Riccardo Mancini, finire dritto in gattabuia per corruzione e concussione (maxi tangente sull'acquisto di autobus per la Capitale). E sapete cosa fa Silvio? Muove Alfano, come se fosse un pezzo degli scacchi (stamattina siamo in vena buonista), per tentare l'ultimo affondo nella sua corsa spasmodica verso il Quirinale: sette anni di impunità garantita costituzionalmente e fanculo le toghe rosse. Quanto tempo è che scriviamo di Berlusconi autocandidato al Colle? Da una vita ma, come sempre, non ci si fila proprio nessuno. 

lunedì 25 marzo 2013

Un cattolico al Quirinale, un governo di “irreprensibili”, una politica trasparente. E che siamo a Shangri-Là?

L'inceneritore di Parma. Presto al via.
L'Italia non è il paese della felicità, forse nei talk-show e nei meteo di Mediaset dove il tempo (ci avete fatto caso?) è sempre bello, l'aria pura, i mari calmi e i venti spirano ottimismo. Piergigi ci sta provando con tutte le sue forze, è un capoccione della madonna, ma stavolta l'impresa ci sembra non alla portata delle sue forze. Peccato però. Siamo sicuri che se gli venisse data la possibilità, Bersani metterebbe mano alla ineleggibilità, al conflitto di interessi, a un anti-trust serio (energia, assicurazioni, telecomunicazioni) e riformerebbe perfino un welfare dilaniato dalla banda Monti&Co. Ma ognuno, cioè tutti, continuano a fare i cazzi loro, i piccoli affarucci delle bottegucce e la visione d'insieme, la “strategia complessiva”, come la chiamano gli economisti e i politici seri, se ne va a ramengo. Continuiamo a essere un Paese di solisti, quando di necessità si dovrebbe fare virtù; lavorare insieme (meno i delinquenti, i quacquaracquà, i mammasantissimi, le mezze seghe, i maggiordomi e i pidiellini), un imperativo categorico; uscir fuori dalle secche di venti anni di berlusconismo una missione possibile. Invece no, anzi. L'impressione è che la nazione famosa per i comuni abbia compiuto un passo indietro storico, e abbia preso a valorizzare i rioni, i villaggi, i cascinali restaurati e trasformati in agriturismo, le masserie di Zì Dima Licasi. Eppure si potrebbe. Basterebbe, a questo punto, che i grillini facessero i grillini e non quel magma monolitico in cui si sono trasformati subito dopo le elezioni. Fateci caso, dopo il successo elettorale Beppe Grillo non ne ha azzeccata una (di dichiarazione), tutti quelli che non la pensano come lui sono contro di lui e del Movimento del quale è proprietario per atto costitutivo e statuto. Tutti i giornalisti che non gli leccano il culo, compresi alcuni di notevole fama e spessore, sono infiltrati della controinformazione antipopolare e antidemocratica. Glielo stanno dicendo anche Jacopo Fo e Franco Battiato (pure loro esponenti di spicco della partitocrazia?) che sta esagerando. Ma Beppe va avanti imperterrito per la sua strada, e pretende che i suoi rendicontino anche un pacchetto delle care, vecchie Charms e non pranzino al ristorante di Montecitorio ma alla mensa dei commessi dove, per altro, si mangia meglio. L'impressione, tanto al chilo, è che stiamo perdendo la più grande occasione per riformare sul serio questa politica. I rumors di un prossimo governissimo con dentro ancora Silvio e la Lega, si fanno ogni giorno più insistenti. Mario Monti si sta smarcando per rientrare nella corsa al Quirinale, mentre Montezemolo fa sapere che senza Berlusconi (e il Pdl) non si va da nessuna parte. L'impressione, tanto al chilo, è che se Beppe Grillo dovesse far da sponda a questa manovra banditesca, alle prossime elezioni il M5S farebbe un tonfo colossale, punito dagli stessi elettori che avevano sperato in un cambiamento profondo della politica. Ieri sera a Presa Diretta, Riccardo Iacona ha fotografato lo stato della sanità in Italia o, meglio, del sistema sanitario nazionale che mezzo mondo ci ha copiato. Voi pensate veramente che se dovesse andare al potere l'accozzaglia di cui sopra (che anche una parte del Pd vuole con tutte le sue forze), la nostra possibilità di essere curati (diritto costituzionale) rimarrebbe in piedi? Ma ve le ricordate le parole di Monti sulla sanità? Caro Beppe, pensi davvero che gente alla quale la Grosse Koalition toglierebbe anche l'aria che respira, ti voterebbe ancora? Giocare allo sfascio è facile, soprattutto evitando di sporcarsi le mani. A noi resta comunque l'impressione che il M5S al governo correrebbe il rischio di fare come Pizzarotti a Parma. Il comune è in deficit? Pagano le famiglie e i bambini e l'inceneritore si accende. Porco boia. 

domenica 24 marzo 2013

Comparse, figuranti e cloni. Il senso di Silvio per lo spettacolo: paga lui 10 euro a testa per farsi ascoltare.


Silvio, in questi anni, ha cambiato le regole d'ingaggio del mondo dello spettacolo. Conscio delle sue possibilità e qualità, un po' come Nerone paga chi assiste alle sue performance con prebende o con denaro cash, ribaltando l'assunto che a pagare siano gli spettatori. Il problema è che queste adunate di piazza, che lasciano tutto come lo trovano, cominciano a costare un fottio di denaro. Se sei di Roma, il soldo è di 10 euro, una paga da fame. Se vieni da fuori, oltre ai 10 euro ti spetta anche un “cestino” con un trancio di pizza e, a seconda se sei astemio o no, un quartino di vino in tetrapack o una bottiglietta di acqua minerale effervescente naturale, così si accontentano tutti. Poi, se le cose dovessero andare per le lunghe, anche un pernotto in un ostello ma senza “accompagnamento”. Diciamolo, va meglio ai figuranti milanesi. Daniela Santanchè con loro è particolarmente generosa e, oltre a farli scorrazzare in pullman per la città, offrirgli il pranzo e una fetta di torta ai frutti di bosco, regala anche una confezione di Viagra da 25mg, quella da 50 costa di più ed è pericolosa per le coronarie, il rischio di far secco un elettore è altissimo. I figuranti, intervistati ieri a Piazza del Popolo, reduci da presenze in tv pagate 40 euro, si sono ritrovati a fare il tifo per Silvio proprio come fossero comparse cinematografiche. A loro, il sindaco Alemanno ha concesso perfino l'uso gratuito dei mezzi pubblici, e ci piacerebbe tanto sapere da dove ha reperito i soldi per i viaggi a sbafo. Galvanizzato dalla potente claque presente in piazza, Silvio ha parlato 70 minuti 70 cercando di battere i record storici dei discorsi di Fidel Castro. Quando gli hanno riferito che le chiacchiere del Leader Maximo arrivavano anche a 5 ore, Silvio ha avuto un piccolo malore e borbottato: “E che cazzo, 'sti comunisti”. In odore di governo, e per non sfruculiare le presidenziali, quirinalesche balls, Silvio ha glissato sul motivo vero per il quale i suoi avevano organizzato questa gazzarra a pagamento: la magistratura. Sa che dalle parti del Colle, parlar male dei giudici, e definirli “fiancheggiatori delle Br”, non predispone al dialogo. Per cui, infoiato come un toro che sente nell'aria afrori di vacca a lui congeniali, Silvio ha affondato i colpi sulla sua illegibilità e sul conflitto di interessi, due punti del programma di Bersani che, al solo sentirli nominare, gli viene un attacco virulento di uveite da stroncare Sandro Bondi e Paolino Pa Bonaiuti in un colpo solo. Guardando attentamente il presunto popolo pidiellino in piazza, abbiamo capito perché gli elettori veri si rifiutano di prendere parte alle manifestazioni pro-Silvio: si vergognano come ladri. Un conto è mettere la croce sul simbolo berlusconiano nel segreto di una cabina elettorale, un conto mostrare la propria faccia da idiota in tv, perché prima o poi le telecamere ti beccano. Insomma, in Italia ci sono 7 milioni di connazionali che preferiscono tramare nel buio piuttosto che, assumendosi le proprie responsabilità alla luce del sole, dicano: “Io ho votato quest'uomo”. La paura che qualcuno possa rispondergli “Ma che ti venga un cancro”, fa novanta.

sabato 23 marzo 2013

Ciclone Brunetta. Da pochi giorni capogruppo, è già stato sfiduciato. Vuole un plasma da 50 pollici. Intanto, nel mondo reale, vivono 4 milioni di poveri.


Un personaggio come Renatino (per carità, nessuna allusione all'ex capo della Banda della Magliana), se non ci fosse bisognerebbe crearlo, magari virtuale, magari un Avatar. Era stato appena nominato capogruppo del Pdl, con un apposito editto imperiale che, agitando le sue gambette nervose, era già salito nelle stanze che furono di 2232-Fabrizio Cicchitto. Via il vecchio (di due anni) televisore del piduista e dentro il nuovo (50 pollici a spese del gruppo). Licenziati tutti i 98 dipendenti della passata legislatura. Tagli alla politica? No, gli stavano sulle palline. In compenso, dentro le sue 4 segretarie 4, una riedizione del gruppo corale di Nora Orlandi che manco Obama, provenienti tutte dalla sua fondazione, la Free Foundation. Alle nuove assunzioni penserà lui personalmente, possiamo immaginare i criteri. Primo provvedimento disciplinare preso: deferimento del primo commesso del piano Pdl che non si era alzato per salutarlo. Il segretario generale di Montecitorio, Ugo Zampetti, quando lo ha visto depositato sulla sua scrivania, si è messo a ridere. Primo colpo di scena: Renato Farina, ex giornalista radiato dall'Ordine, ex spione dei servizi segreti, nominato “responsabile ufficio stampa”. Con i dossier ai quali può accedere l'ex agente “Betulla”, se un giornalista dovesse provare ad attaccare Renatino, sarebbero cazzi suoi. Il primo colpo di genio: il numero degli scranni dei deputati non verrà scelto dagli appartenenti al gruppo, ma sorteggiato, potrebbe capitare che Alfano finisca nell'ultimo banco a destra, quello degli asini. Ma mica è finita qui. Venerdì sbaglia la distribuzione dei voti (insomma a fare i conti, da economista ci sembra un buon segnale di incapacità), e Laura Ravetto non ce la fa a essere eletta segretario d'aula. È la goccia che fa traboccare il vaso. Mara Carfagna e Beatrice Lorenzin si rifiutano di fare le vice di Brunetta e gli altri deputati raccolgono le firme per sfiduciarlo. Sempre più simile al Giudice di De Andrè, Brunetta finirà a ballare l'ultimo valzer sull'aia polverosa di Montecitorio, ma solo se troverà una partner all'altezza. Così, mentre nel mondo virtuale i contribuenti pagano il 50 pollici di Renatino (“perché lui – dicono le malelingue – ama tutte cose grandi”, una nemesi, porco boia), in quello reale sopravvivono 4 milioni di poveri. Lo certifica una ricerca della Confcommercio che prevede, per il 2013, un crollo del Pil dell'1,7 per cento (1,8 era stata la nostra stima di ieri), una contrazione nei consumi di un altro 2,3 per cento e 615 nuovi poveri al giorno. Pensate, nello stesso momento in cui Brunetta discuteva con i commessi di Montecitorio le dimensioni del suo nuovo tv plasmacolor, fuori dalle segrete stanze nascevano 615 nuovi poveri. Uno schiaffo? Magari. Uno sfregio. La situazione degli italiani, con Bersani che vorrebbe Rodotà e la Gabanelli nel suo dream-govern, è alla canna del gas. E non rischiamo l'effetto Cipro solo perché l'Italia ha già dato, nel 1992, quando Giuliano Amato di sabato, a banche chiuse, provvide a fare la stessa cosa, prelevando dai conti correnti il 6 per mille dei nostri risparmi, una vera e propria rapina di Stato. Avviso ai naviganti prima della prima “buona domenica” della storia del blog: occhio a Silvio, si sta avvicinando a grandi passi al Quirinale. Se la cosa dovesse accadere, stavolta non basteranno i forconi. Fidatevi. Buona domenica, noi andiamo a Jazz...

venerdì 22 marzo 2013

Tanti siluri contro Bersani. Gli sparano pure dal Colle. E Piergigi non ha gli antiscud.


Contro Piergigi è in atto un vero e proprio tiro al piccione. Gli sparano tutti, proprio tutti, dentro e fuori il suo partito. L'ultimo, un terra-terra devastante, glielo ha lanciato addirittura il suo sodale inquilino unico del Quirinale: “Caro Piergigi – gli ha detto Giorgio – io ti nomino esploratore del Club delle Giovani Marmotte. Però, quando tornerai da me con la lista dei ministri, portami pure nome, cognome, indirizzo, sesso, religione e codice fiscale di chi ti voterà la fiducia al Senato, altrimenti ti retrocedo a mozzo”. Una proposta senza via d'uscita, neppure se Bersani riesumasse De Gasperi, Togliatti e Sandro Pertini, senza dimenticare Madre Teresa di Calcutta, da designare su due piedi, ministro della Solidarietà. Quello di Napolitano però, non è stato che l'ultimo missile della serie catastrofica “mission impossible”. Il M5S gliene tira uno al giorno (qualche volta due). Matteo Renzi, pur facendo il gattomammone (o il pesce d'Arno in barile), da quando ha perso le primarie sfrutta ogni occasione per ripetergli: “Ah se ci fossi stato io”. I giovani del Pd, com'è che si chiamano? tigri? orsi? trichechi? panda? insomma, quegli animali lì, gli hanno chiesto chiaro e tondo di smettere i gradi di capitano e prendere la ramazza per iniziare a pulire la tolda. Dal Pdl non arrivano razzi, ma missili a testata nucleare, per convincerlo all'abbraccio mortale con il Serpente a sonagli più velenoso del mondo. Lo ha scaricato perfino Mario Monti il quale, pur di continuare a contare qualcosa, è disponibile a una riedizione della Grosse Koalition con Sora Elsa ancora ministro del Lavoro e del Welfare. A sostegno di Piergigi, e della sua voglia di intesa con il M5S, sono rimaste solo le migliaia di firme di intellettuali e di gente comune che avevano sperato, questa volta, in un cambio totale della politica italiana. Ma gli intellettuali, si sa, sono come i poeti e i cinematografari: nullafacenti mangiapane a tradimento che non contano un beneamato cazzo. Se qualcuno non lo avesse ancora capito, il Pd sta correndo veloce verso la sua dissoluzione. I militanti non capirebbero più un'altra alleanza con il Pdl, dopo quella disastrosa dell'appoggio al governo Monti, mentre gli elettori non fidelizzati, guarderebbero altrove, probabilmente dalle parti del M5S, mai verso Monti, mai verso Berlusconi. Piergigi ha commesso un solo, imperdonabile, letale errore: ha sbagliato completamente la campagna elettorale. Si è messo sulle spalle da solo, da uomo d'onore qual è, il peso del governo Monti proprio mentre Silvio ha iniziato a spacciarsi per un convinto oppositore della coalizione della quale aveva fatto parte fino a qualche ora prima. Bersani ha dilapidato, in un amen, le rendite di immagine e di qualità politica che gli avevano consegnato le primarie, sciupate banalmente da silenzi arroganti e da passeggiate nel parco, quasi una presa di distanza, alta e nobile, dalla rissa che si stava svolgendo fra Berlusconi e Monti, con Grillo che, sullo sfondo, riempiva le piazze. Algido, Bersani, talmente algido da sembrare sicuro di avere già vinto. Il Pd, è bene ricordarlo, è l'unico partito al mondo che ha perso le elezioni dopo averle vinte, una comica, se non fosse una tragedia. E il Capataz è vivo e vegeto, un essere demoniaco che vince anche quando perde e al quale la fortuna (e i soldi) sembra non volergli proprio voltare le spalle, neppure per la grande legge dei numeri. Vuole il Quirinale e, se continua così, lo avrà. In barba a Grillo, ai grillini, ai bersaniani, ai trichechi e a quei milioni di italiani onesti che lo hanno odiato da subito. Gli ultimi sondaggi dicono che Silvio è risalito al primo posto. Il Pdl è tornato al 30 per cento, mentre il Pd è in caduta libera e il M5S mantiene le posizioni. Un terzo degli italiani continua a credere indefessamente a Silvio e, in questi anni, ci siamo fatti anche un'idea delle categorie che compongono il suo elettorato: casalinghe e pensionati tv-dipendenti, evasori fiscali totali, evasori fiscali parziali, industriali delocalizzatori, padri e madri di aspiranti veline e miss e escort di lusso, tenutari delle case da gioco e i loro clienti, nullafacenti cronici, ignoranti grezzi, coattoni, casapoundini, frustrati di ogni fatta, docenti universitari falliti, cementificatori, editori prezzolati, guru della sanità privata, spacciatori di sogni e illusioni, maghi, astrologi, chiromanti, massaggiatrici, igieniste tout-court, tassinari, farmacisti, notai, avvocati, capomastri, geometri, parrucchieri, lookologi, estetisti, stilisti, architetti di mezza tacca, registi di fiction immonde e poi, preti, suore e frati sottoposti ai desiderata di santa madre chiesa targata Cardinale Carrozziere. Lo fanno, tutti insieme, il 30 per cento? Anche qualcosa in più. 

giovedì 21 marzo 2013

Cipro blocca la rapina germanica. Angela Merkel furibonda: “Nein, cazzen”! E Grillo sale al Quirinale.


Frau Merkel ha un diavolo per capello. Stava già pregustando il flusso inarrestabile degli euro dei ciprioti nelle casse delle banche tedesche, quando è successo l'irreparabile: il governo di Cipro ha detto “manco po' cazzo”. Niente prelievi coatti, niente pagamento di ri(s)catto, nessun torto agli oligarchi russi né ai ricconi inglesi che, nelle banche dell'isola del Mediterraneo, conservano un fottio di denaro a tasse zero. Il prelievo forzoso dai conti correnti dei ciprioti, doveva servire a rifinanziare i prestiti tedeschi, fino a raggiungere la bella cifra di 5,2 miliardi, a fronte dei 7 di prestito. Facciamoci a capire, noi che quando vediamo i numeri al posto delle lettere ci viene un coccolone, ma che affare della minchia è quello di dare 5,2 miliardi di euro a garanzia di un prestito di 7? Ma i ciprioti sono diventati Santa Klaus? E dire che da quelle parti non nevica e le uniche renne che gli abitanti dell'isola hanno visto in vita loro, è stato grazie a un documentario del National Geographic. L'impressione è che la signora Merkel, e i tedeschi, non si stiano rendendo conto dei danni impressionanti che stanno combinando. L'Europa ormai, è un vecchio continente germanocentrico, non si muove foglia che Merkel non voglia, e a rimetterci sono, guarda caso, gli stati in cui i tedeschi amano trascorrere le vacanze e fare shopping: maledetto vezzo di occupare prima e di colonizzare poi. Alla Germania, dell'Unione politica europea non frega una mazza. Di un'Europa con un Parlamento senza veti, men che meno. Di una banca centrale Europea, in stile Federal Reserve, manco a parlarne perché poi, la Bce, dovrebbe mettere becco nelle Casse di Risparmio tedesche e allora, potrebbe rendersi conto che Bernard Madoff era un dilettante e che le Sparkasse sono un puttanaio succhiasangue. Il crollo, per l'impero del kaiser sarebbe unico e drammatico. Quindi, l'Europa germanocentrica, sceglie di non scegliere. Gattopardeggia sperando che prima o poi, presi con l'acqua alla gola come accaduto ai greci e ai ciprioti, gli stati dell'unione si rivolgano a Frau Merkel per metterci una pezza a interessi da cravattari e condizioni aberranti. La manovra è chiara, lampante, perfino alla luce del sole. Quello che ci risulta meno chiaro è perché 16 nazioni sovrane debbano sottostare ai ricatti economici di una. Siamo convinti che la signora Merkel sia l'unica donna al mondo che riesce, con una mano sola, a strizzare le palle di sedici capi di stato contemporaneamente, quasi fosse Hermione Granger, studentessa di magia e amica di Harry Potter. Un record. La riprova che la politica della Germania non funziona, c'è stata, sui mercati, dopo che il governo cipriota ha deciso di non toccare i soldi dei cittadini: le borse sono risalite, lo spread è sceso, l'Euro si è rafforzato. Vale, quindi, la logica sostenuta a spada tratta dal filo-germanico Mario Monti, che i tagli alle pensioni, agli stipendi, al welfare, l'Imu, l'aumento dell'Iva non portano benefici ma disastri? Non vale, parlano i fatti, come Agnesi. Il ventilato 0,8 per cento di crescita del Pil italiano nel 2013, si è trasformato in un -1,8 per cento, due punti persi in un colpo solo, mentre nei carrelli della spesa, gli italiani hanno investito quasi il 5 per cento in meno, facendo registrare un decremento record di carne e di pesce. Grazie Monti, grazie Iva, grazie rigore. Domani Beppe Grillo salirà, per la prima volta in vita sua, al Quirinale. Cosa farà, dirà, inventerà lo sapremo prestissimo, quella del M5S sarà la prima forza politica a essere ricevuta nella mattinata, prima del Pdl e, a finire, del Pd. Quello che è certo è che sarà uno spettacolo. E la giornata di Beppe non finirà una volta uscito dallo studio del Presidente della Repubblica. Lo attende, a Via Veneto, David Thorne, l'ambasciatore Usa che di Grillo è un vero e proprio fan, come ha fatto capire a chiare lettere, agli studenti del Visconti.

PS. Sul web girano immagini delle Merkel in tutte le pose e con tutti i trucchi possibili. Ce n'è una, un po' discinta, che le è stata scattata durante un incidente con gli slip del costume da bagno. Noi, che siamo gentiluomini sempre, abbiamo invece deciso di scegliere la più istituzionale possibile, quella che guarda tutti dall'alto in basso, sulle mura delle scuole, degli uffici pubblici, dei tram, delle birrerie, dei sexy-shop, degli ospedali, dei taxi, delle latterie, delle pizzerie, delle paninoteche, dei cinema, dei teatri, dei...

mercoledì 20 marzo 2013

Francesco: “Non abbiate paura della tenerezza”. Tutte le rivoluzioni nascono dai cambiamenti. Il primo, dentro di noi.


Faber l'ha inserita nei sentimenti possibili dopo l'amore “che strappa i capelli”. Noi, invece, l'abbiamo sempre considerata tra gli ingredienti indispensabili dell'amore, quel q.b. che rende un cocktail non solo una sapiente mistura di elementi, ma qualcosa di più. Il cantore della libertà, poeta sublime, l'ha inserita in una delle più belle ballate che la mente umana abbia mai concepito. Noi abbiamo cercato, nel nostro piccolo mondo antico, di praticarla senza avvertirne nessun peso insopportabile. Per questo siamo stati considerati un po' retrò, un po' romantici, perfino melensi, come se la tenerezza non significhi, alla fine, guardare con occhi diversi chi ci si pone di fronte, azionando soprattutto le leve del cuore e lasciando da parte, per un attimo, il cervello e i calcoli. Guardare con tenerezza una donna si porta appresso l'impossibilità di farle del male. Di avvolgerla, anche simbolicamente, fra le braccia per impedire a chiunque di ferirla, di usarle violenza, perfino di scalfirla. E lo stesso discorso vale per i bambini, i vecchi, i malati, gli animali, la natura e, su su, fino alle idee. Ci voleva un Papa un po' così, a ricordarcelo. Ci voleva un Papa che si chiama Francesco, e che viene dalla fine dal mondo, per far apparire una “rivoluzione” un sentimento ovvio, e "sovversivo" un normale moto dell'animo. E se ci vuole un Papa a ricordarci come si fa a essere uomini o meglio, esseri viventi, dovremmo prendere atto di quanto i problemi, le ansie, le incertezze, le precarietà, le indifferenze e l'assuefazione al peggio ci abbiano minato dentro, sconquassato il cuore e l'anima, dilaniato sensibilità. Per la tenerezza non c'è tempo e soprattutto non c'è voglia di provarla. Costa tanto e rende deboli, mentre noi dobbiamo essere sempre presenti a noi stessi, per non farci travolgere da occhi che brillano e braccia che si protendono. Per tornare a provare un po' di tenerezza, ci siamo inventati gli “abbracci gratis”, quelli che distribuiscono per strada ragazze e ragazzi che hanno deciso di stare al mondo come ci si dovrebbe stare, con rispetto, tolleranza e tanto amore. Orpelli, solo orpelli, di una glaciale aridità da tundra che ci avvolge e sterilizza. Probabilmente Francesco, pronunciando le parole che ha detto, si è visto ripassare davanti gli sguardi di tanti suoi colleghi, di tanti personaggi pubblici, di tanti potenti ad interim. Sguardi mai distesi che sono lame, e penetrano come coltelli cuori e menti per scoprire cosa c'è dietro e attorno, mai dentro. La tenerezza, insomma, è un sentimento insolito, non praticato, non evidenziato, diverso e quindi rivoluzionario. E come tutte le rivoluzioni benefiche, dice Francesco, non dobbiamo temerlo, “non dobbiamo averne paura”, ma accoglierlo e farlo nostro, ricondurlo a termine di quotidianità e non di eccezionalità. Di sguardi teneri, di comportamenti teneri, intorno a noi non ne vediamo. Quello in cui ci imbattiamo sempre più spesso, è piuttosto l'atteggiamento incazzato di chi non ne può più, di chi la rivoluzione vorrebbe farla non con i sentimenti ma con i forconi, di chi, disilluso, frustrato, impoverito dentro e fuori, invece di un abbraccio darebbe volentieri un pugno in piena faccia agli stronzi che ci assediano. Purtroppo, a parte le categorie di cui abbiamo già parlato, non vediamo con chi altri si possa essere teneri. Uno potrebbe dirci, “ma tu sei malato”. Invece no. Non avendo più il dono della fede, perso nel labirinto di una vita out, non riusciamo a considerare con tenerezza una serie infinita di persone e di portatori insani di ideologie disumane. Parliamoci chiaro, sgombrando il campo da ogni equivoco possibile: guardare con tenerezza Michela Biancofiore e Daniela Santanchè, non ci riesce, non ce la facciamo, è più forte di noi. Lo sappiamo che per questo finiremo all'Inferno, ma perché non provate voi a essere teneri con Silvio? Ce la fate? No? Che vi avevamo detto, cribbio!

martedì 19 marzo 2013

Silvio, prove di golpe con burlesque. Il Pdl contro il ventilato 'cappotto' della sinistra: “Sarà lotta dappertutto”.


Provateci voi, dopo 20 anni di potere assoluto, a sopravvivere sapendo di non contare più un cazzo! Umanamente è frustrante, psicologicamente è devastante. Lo capiamo, Silvio. Abituato ai grandi numeri del mandato popolare, e alla benedizione apostolica del Segretario di Stato Vaticano, per anni ha avuto un solo nemico dichiarato, la magistratura “rossa”, che non gli ha perdonato le corruzioni, le concussioni, le evasioni fiscali, le violazioni dei segreti d'ufficio, le istigazioni alla prostituzione (anche minorile) non potendo annoverare fra i reati civil-penalmente perseguibili, l'arroganza, il dileggio, il disprezzo, il pressappochismo, l'ignoranza crassa, la volgarità, il genocidio culturale, il cattivo gusto e i barocchismi orgiastici finti-burlesque. Fuori dai giochi per l'elezione del Presidente della Camera, fuori per quella del Senato (nonostante il tentativo di ripetere il “botto Scognamiglio-Spadolini”, suggerito da quel genio della strategia politica che si chiama Roberto Calderoli), Silvio sta correndo il rischio di trovarsi ai margini anche della competizione che porterà all'elezione del prossimo Presidente della Repubblica.

lunedì 18 marzo 2013

Crimi: “Questa è anarchia non democrazia”. Magari, Vito, lo fosse... ma non lo è, anche se sempre di libertà di coscienza si tratta.


L'appartenenza a quello che si sta trasformando sempre di più nel M5S+elle (spiegheremo fra qualche riga la nostra provocazione) non implica, da quello che leggiamo in queste ore, aver studiato alcune materie fondamentali per chi decide di fare politica. Se avessimo voluto fare il medico, avremmo dovuto sudare mesi, magari anni, sui tomi di anatomia. Idem l'avvocato, mestiere che non può prescindere dallo studio dei codici civili e penali e delle loro procedure. Per non parlare dell'architetto che, senza design e pianificazione della città, del territorio e del paesaggio, al massimo potrebbe vendere fazzoletti di carta ai semafori. Per fare il politico di professione, visto che se ti pagano per farlo tanto sei, non devi invece sapere una mazza. La storia dei movimenti politici, delle ideologie, qualche nota di filosofia, un po' di rivoluzioni, una manciata di guerre civili, i movimenti sindacali, le lotte sociali, la struttura dei regimi, tutto passa in cavalleria, basta saper smanikettare su Internet, mettere in piedi un kollegamento veloce con Wikipedia, klikkare sempre sul “mi piace” dei post del Kapo e puoi tranquillamente okkupare uno scranno a Montecitorio o a Palazzo Madama, convinto che gli altri non siano migliori di te, la fregatura è che molto spesso è vero, anche se tu sei più veloce sulla tastiera. Vito Krimi è uno di questi. Miracolato, come accaduto in passato ai leghisti e ai berluskini, dal kapo, quando qualcuno prova a farla fuori dal vasetto (le regole stabilite dal primus inter pares), sbrocca, da fuori di matto e, in pieno delirio, afferma: “Questa non è democrazia, è anarchia”.

domenica 17 marzo 2013

Silvio, versione Stevie Wonder, contestato per strada: “Buffone”. Se un comico non fa più ridere diventa cattivo, come Lenny.


Ma lo avete visto Silvio con gli occhiali scuri e il berretto da baseball? Ci pensate che per 20 anni questa sintesi perfetta del ballismo senza frontiere, ha governato indisturbato l'Italia? Ci pensate che, nonostante tutto, ieri ha tentato, provando a convincere i montiani, di far rieleggere alla presidenza del Senato il mister Mandarino di un paio di boss mafiosi colti in divieto di sosta? Le ha tentate tutte, poverino. Consigliato da quel genio del tatticismo politico che risponde al nome di Roberto Calderoli (noto come l'applicazione della teoria della stronzo), Silvio ha riproposto, paro paro, Renato Schifani alla seconda carica dello Stato, sperando di ripetere il miracolo della elezione di Carlo Scognamiglio contro Giovanni Spadolini. Altri tempi, altre tempre d'uomini, che però le metastasi berlusconiane stavano già attaccando e avrebbero, a breve, definitivamente schiantato. Finita la politica dei galantuomini, è arrivato Silvio che si è portato appresso una corte dei miracoli che manco il lungosenna parigino prima della Rivoluzione. Ieri, davanti alle telecamere, sono apparsi i rottami di quella corte. Maurizio Gasparri: “Tanto Bersani i numeri per governare non li ha, tiè!” 2232-Fabrizio Cicchitto: “Che discorso stupido, vuoto e senza senso, quello della Boldrini, tiè!” O' Schiattamuort: “Il Pd deve prendere atto che senza di noi non ci sarà nessun governo, tiè!” E Silvio comincia, forse per la prima volta, ad aver paura. Paura di perdere tutto e di finire in galera. Paura che la velata minaccia dei senatori del Pd di votare a favore della sua richiesta d'arresto, qualora si verificasse, si possa trasformare in una invivibile (per lui) realtà. Berlusconi ha paura. Lo sforzo di ieri di piazzare Renato Schifani al Senato, è stato più che la dimostrazione di contare ancora qualcosa, il tentativo disperato di rientrare in gioco.

sabato 16 marzo 2013

Giorgio: a quando la guida commissariale della nazionale di calcio? Il Pdl ripropone Schifani al Senato. Se poi ci viene da piangere...


Sconcertante. Che il M5S continui a votare Fico e Orellana rientra nell'ordine delle cose grilline. D'altronde, se si vuol aprire la Camera come una scatoletta di tonno, qualche posizione scomoda occorrerà pure prenderla. Il Pd, disperato, sta giocando le ultime cartucce. Proponendo Piero Grasso alla presidenza del Senato, e quella di Laura Boldrini alla Camera, ha sicuramente dato un segnale forte di discontinuità, a fronte di una prima “offerta” basata sulla coppia Franceschini-Finocchiaro. Su Piero Grasso il nostro giudizio è sospeso da sempre, pesano come macigni gli apprezzamenti berlusconiani. Su Laura Boldrini, invece, l'odore di aria nuova, diversa e pulita è percepibile al primo contatto. Sentire Crimi che dice, “Se li votassero loro”, c'è sembrata una cazzata colossale, anche perché le regole della politica, volenti o nolenti, ci sono e non sono quelle di Ruzzle. Certo, la ex portavoce dell'Unhcr non ha il microchip della Cia sottopelle ma, caro Crimi, nessuno è perfetto. E poi non siete voi quelli che urlano alto e forte “Vogliamo persone pulite, trasparenti, professionalmente adeguate e incensurate”? Non pensate che la Boldrini sia in possesso dei requisiti richiesti dal Non-Statuto? Comunque, masterchef o no (provetti schiavatori di scatole di tonno), oggi Laura Boldrini sarà eletta Presidente della Camera. Un bel inizio. Ma gli sconcerti non sono finiti mica qui. Il Presidente della Repubblica continua a giocare a tutto campo, nonostante il suo mandato sia in piena “zona Cesarini”.

venerdì 15 marzo 2013

L'esordio del Barnum: oggi aprono le Camere. Quello che vorremmo da Francesco senza chiedere troppo, senza nessuna demagogia.

Tutti voteranno scheda bianca. Pd, Pdl, Centristi e derivati tossici hanno deciso: nessun nome, c'è il rischio di bruciarlo. Gli unici a scrivere qualcosa saranno i grillini, ma loro devono abituarsi ai meccanismi parlamentari, devono prenderci la mano. La fronda interna al Pd rischia di liquefarlo molto prima di quanto ci si poteva aspettare. Il Pd è l'unico partito al mondo che perde anche quando vince, ergo, non è un partito, ma una nebulosa di piccoli leader più attenti alle loro rendite di posizione che non al bene pubblico. Incapace di governare seguendo schemi diversi da quelli partitocratici, il Pd corre il rischio di farsi travolgere da un nuovo che poi tanto nuovo non è: sarebbe bastato aprire gli occhi e gettare uno sguardo fuori dalla finestra per rendersi conto che l'Italia è un paese incazzatissimo. Piergigi sarà pure un galantuomo, il che in questo puttanaio non guasta, ma l'impressione è che di politica capisca poco, almeno di questa politica nata sulle macerie di una nazione di evasori fiscali e possessori di smart-phone in numero illimitato. Insomma, le squadre si stanno studiando. Stiamo assistendo a miseri tatticismi quando, con un colpo di reni bene aggiustato, si potrebbe dare (almeno) il senso di aver capito cosa sta succedendo. Ieri l'ultimo suicidio di un imprenditore. Che sia un nuovo metodo di controllo demografico, quello di eliminare fisicamente gente che non ce la fa più a campare? Siamo diventati tutti spartani?

giovedì 14 marzo 2013

La Chiesa ha il suo Francesco, l'Italia (ancora per poco) il suo Giorgio. Che mondo crudele!

Del nuovo Papa ci sono piaciuti alcuni piccoli simbolismi. Certo, un po' il cerimoniale della Chiesa bisogna conoscerlo prima di addentrarsi in spericolatezze verbali, per cui non tutti li colgono immediatamente. Eppure. Francesco Primo si è presentato senza la mozzetta e la stola, che avrebbe indossato solo per la benedizione ma, segno forte, senza la croce d'oro tempestata di lapislazzuli. Al petto solo una misera croce di ferro. Qualcuno potrebbe dire: “E che c'azzecca?” C'entra, c'entra. Perché l'oro è stato (e per qualcuno resta) uno dei simboli più marcati e visibili del potere. Ci dicono che monsignor Jorge Mario Bergoglio (origini piemontesi), sia stato il prete dei “cartoneros”, e che la sua frequentazione dei “barrios” non fosse solo una occasione per applaudite visite apostoliche. Ci dicono che si spostasse per Buenos Aires in metropolitana, magari a Roma lo vedremo al cinema. Ci dicono che sia stato troppo silenzioso durante la dittatura dei militari, quella dei desaparecidos e delle madri di Plaza de Majo, però ci dicono anche che dagli “ultimi” sia stato, e sia, molto amato. È un gesuita, quindi un fine politico, il primo della storia della Chiesa che si erge fino al Soglio di Pietro. È un latino-americano, il primo in assoluto, un segno dei tempi e di una Chiesa madre della “teologia della liberazione” e di Oscar Romero.

mercoledì 13 marzo 2013

Silvio, extra omnes! Poffarbacco.

Lo andiamo cantando da trent'anni in tutte le lingue del mondo, e seguendo ogni ritmo possibile, che Silvio è pericoloso. Da Milano Due, da Telelombardia, dalle tette di Drive In, dalla pubblicità che interrompeva un sogno. Inascoltati, siamo andati raminghi per monti, valli e mari per predicare un solo verbo: “Attenti a Silvio”. Era chiaro fin dall'inizio, da quando raccontò di aver girato i ministeri romani, con una 24ore piena di contante, per tentare di corrompere il corruttibile. Le stanze del Pci, poi Pds, le passò tutte, ma senza avere l'accoglienza sperata. In quel tempo (scusate il tono evangelico ma si sta eleggendo il nuovo Papa) con i soldi, anche se contanti, non si aprivano tutte le porte né si compravano deputati e senatori, c'era, diciamo, un maggiore senso del pudore. Poi l'incontro degli incontri, il fato: Bettino Craxi. E Silvio diventa prima il Cavaliere poi il Presidente del Consiglio. Quando hanno chiesto a Beppe Grillo se un paragone con Craxi (considerate le malattie ricorrenti) fosse possibile, Beppe ha risposto: “Me lo auguro per lui, le spiagge della Tunisia sono piene di Ruby”. Questo signore ormai ultrasettantenne, miliardario, apparentemente appagato, con una fidanzatina che evidentemente non riesce a placare il suo inesauribile appetito sessuale, potrebbe lasciar perdere, costruire ospedali e scuole per bambini poveri e finanziare università pronte a formare i pidiellini del futuro. “Porterò a insegnare tutti i grandi capi di stato del mondo incontrati durante la mia carriera politica – ha detto Silvio - Tony Blair, George W. Bush, Vlady Putin”, gli stavano scappando Muhammar Gheddafi e Hosni Mubarak, ma poi si è reso conto che sono indisposti.

martedì 12 marzo 2013

La protesta dei pidiellini al tribunale di Milano. Fra lifting e silicone se avesse piovuto, sarebbe stata una strage.

In questi venti anni, le occasioni per vergognarci della nostra italianità, sono state tante. Tantissime. Quando qualche tempo fa ci capitava di andare all'estero, l'appellativo che ci veniva dato spesso era “bella gioia”, seguito da “ciao”, al massimo “spaghetti”, perché la pizza era diventato un piatto universale. Per un periodo ci hanno chiamato “Roberto Baggio”, a Boston ci chiamarono addirittura “Lùsiano” e non c'era nessuna crisi d'identità, eravamo italiani, eravamo Pavarotti. Siamo passati, in un giro di tango, a “Berlusconi ahahah”, fino a “Italiano? Bunga bunga ahahah”, che ci ha fatto girare le palle come pale d'elicottero. Inutile ricordare il nostro glorioso passato, tanto meno le vestigia dell'Impero che fu, eravamo diventati, universalmente, quel curioso trenino in cui tutti si attaccano, letteralmente, a tutti e se ti capita davanti una donna devi ritenerti fortunato (anche dietro, mica si scherza). Ora, a fronte di tanto, spudorato, interplanetario sputtanamento, ci tocca assistere a scene disgustose, come quella di ieri davanti al tribunale di Milano, in cui i parlamentari del Pdl hanno protestato contro i giudici berijani e gli eredi di Mengele, rei di perseguitare Silvio. E, a protestare, c'erano ovviamente fior di indagati, di condannati in primo grado, di portatori insani di avvisi di garanzia. Oltre ai vecchietti di “Villa Arzilla”, che finalmente potranno tornare a godere di una intera confezione di Viagra da 25mg, c'erano tutti, ma proprio tutti: da Verdini a Lupi alla Gelmini, famosa teorica del tunnel Gran Sasso-Cern.