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venerdì 31 maggio 2013

Al centro di tutto c'è sempre Grillo. Intorno ruotano controfigure inguardabili e presunti politici furbi. Per non parlare del filosofo del culo

Ricordate quando c'era la DC? Succedevano le stesse cose che accadono oggi. Fuori dal governo, che sembra essere protetto da una campana di vetro sottovuoto, si scatena l'ira diddio. A quei tempi andava di moda il pentapartito, una formula che per qualche anno funzionò perché i partiti che lo componevano erano rappresentati spesso anche all'interno della Balena Bianca, forza di maggioranza e opposizione contemporaneamente, un miracolo di bizantinismi all'ennesima potenza. Sui giornali dilagavano le polemiche (sempre comunque dentro i giusti toni della incomprensibile dialettica politica), fra i repubblicani e i socialdemocratici, i socialisti e i liberali, mentre la DC, saldamente al potere, osservava sorniona tutto il putiferio mediatico che le accadeva intorno. LettaLetta sembra ripercorrere esattamente la strada che fu di Rumor e di Andreotti, del corregionale Fanfani e di Arnaldo Forlani, tutti statue di sale che nessun vento smuoveva e nessun temporale scioglieva. Così, oggi, “Renzie” (la rubo a Beppe Grillo) può permettersi di mettere il peperoncino nel didietro del governo; Brunetta, di minacciare al primo soffio di vento, l'uscita dalla maggioranza; Veltroni, che ha perso tutte le elezioni, di fare l'ideologo del rinnovamento della sinistra; D'Alema, in cerca di un posto di lavoro, di sfasciare tutto quello che gli capita a tiro; Galan, miracolato, di invocare i matrimoni gay facendo dar di matto a Gasparri; la Santanchè, di guidare il Pdl tentando in tutti i modi di far secco o' segretario Schiattamuort, e via dicendo, fino agli show degli eterodossi Barca, Civati, la Finocchiaro, che se potesse impiccare Renzie lo farebbe e che sta sempre più incazzata, Bondi, Bersani, Marchini, i dissidenti dei 5S, la “merda” lombardiana della spia grillina, lo stesso Rodotà diventato improvvisamente un nemico pubblico ottantenne rincoglionito miracolato dal web, e la signora Gabanelli, nota stipendiata in Rai dal PD. A fronte di tanto casino,  che in questo momento sta proponendo il più imponente riposizionamento politico nella storia d'Italia, qualcuno di voi ha visto muoversi una palpebra di LettaLetta? Il presidente del consiglio è lì. Immoto. Una sfinge. Non si scompone manco se uno gli da del “nipote a vita”. Un muro di gomma. Una statua di cera del museo di Madame Tussauds. “Dite, fate, agitatevi – dice Enrichetto – tanto al resto, penso io”. Ma a parte i pidini, che per un posto al sole venderebbero la mamma, chi sta rischiando seriamente di sottoporre i suoi militanti e simpatizzanti alle cure perpetue di un analista, è Beppe Grillo. Il M5S è arrivato all'assurdo che i parlamentari vengono convocati in assemblea per discutere le posizioni del Capo. Grillo sul suo blog scrive, e a Roma, deputati e senatori, dopo che Beppe ha scritto, si riuniscono per decidere se va bene oppure no. Ma non potrebbero concordare una posizione comune prima? Anche perché se uno prova a dire di essere in disaccordo con il Capo, si becca come minimo un vaffanculo colossale. Scaricato Rodotà, che signorilmente non risponde, scaricata Milena Gabanelli, che continua a preferire il suo lavoro, dato dei morti e degli affamatori a tutti, seguendo un copione che inizia francamente a stancare, Beppe sta cercando di serrare le fila del suo Movimento con le minacce, una prassi che, come tutti sanno, premia nel breve termine ma che, a lungo andare, provoca sconquassi. Eppure Beppe parte da posizioni sacrosante. A lui non manca la capacità di analisi, è la sintesi a essere completamente assente, cosa che gli fa combinare disastri uno dopo l'altro. Compreso l'aver adottato quello strano figuro che imperversa su tutte le reti televisive, e che da molti viene indicato come l'ideologo del M5S. Stiamo parlando proprio di lui, dell'emerito professor Paolo Becchi, filosofo del culo, che alla Zanzara di Radio24 ha detto: “In Italia non puoi guardare il culo a una ragazza, che ti accusano di femminicidio. Eh sì – ha proseguito Becchi allupatissimo – ti accusano di femminicidio perché ti sei fatto chissà quali idee e invece ti piace proprio il culo. Capita a tutti di vedere il sedere delle signorine, non faccio niente di male”. Così parlò l'ideologo. Onestamente, alle sue argomentazioni sul culo (senza peraltro nessuna base né estetica né erotica), continuiamo a preferire quelle di Tinto Brass, l'unico vero filosofo del fondoschiena che l'Italia abbia mai avuto.

giovedì 30 maggio 2013

Nel PD continua l'eterno gioco delle parti: Renzi prova lo sgambetto. Nella Lega invece Bossi dice a Bobo: “Fatti più in là... oh ohoh”

Calma signori, calma. Il fatto che la UE ci abbia tolto dal girone dei dannati, non implica stappare per forza lo champagne e fare festa. Perché ormai da parecchio tempo, la UE non fa regali all'Italia, diciamo da quando Silvio ha iniziato a dar di testa fra “kapò” e “culone inchiavabili”: questione di stile. Non si può brindare perché, se è vero che si potrà sbloccare qualche miliardo per far ripartire micro-cantieri e parecchie altre attività e servizi, è anche vero che la UE ha posto il vincolo della tenuta sotto controllo dei conti. Saccomanni è stato chiaro: “Abbiamo raggiunto un ottimo risultato, ma non è detto che l'IVA non aumenti”. Come si può facilmente immaginare, l'aumento dell'IVA è un altro macigno sulla strada della ripresa dei consumi, e il sentirsi ancora sotto tutela, più che una sensazione è un dato di fatto certificato. LettaLetta ha ringraziato pubblicamente Mario Monti e tutti gli italiani per l'uscita dalla procedura d'infrazione della UE, denotando un ottimismo che da un po' non aleggiava sui cieli italioti. E siccome il PD sembra un partito fatto apposta per non godere neppure un attimo di fatti positivi, ecco che Renzi, preoccupatissimo che il governo del suo amicone e corregionale Enrichetto possa durare a lungo, ha iniziato (tramite terzi) a mettere ostacoli sul cammino del nipote per antonomasia. Giustissima nella sostanza, improvvida nella forma politica, la proposta di legge tendente a riesumare il Mattarellum, fatta dall'onorevole renziano Roberto Giachetti, ha spaccato ancora una volta il PD. La mozione, che arriva dopo un lavoro di fino fatto dai rappresentati del PD e del Pdl per trovare un accordo su una nuova legge elettorale, ha agitato di brutto le acque governative. Il Pdl, se qualcuno non lo avesse ancora capito, punta decisamente al mantenimento del Porcellum. Berlusconi è convinto da sempre che le votazioni siano una specie di “o la va o la spacca”, per cui chi vince prende il piatto (come a poker) e chi perde sta quattro anni in panchina. E la convinzione di Silvio si è fatta ancora più forte dopo le ultime elezioni che, pur avendole perse, gli hanno comunque regalato un ruolo che mai si sarebbe aspettato, quello dello strizzatore di palle altrui, dopo che per anni le Olgettine le hanno strizzate a lui. Che l'ispiratore della proposta Giachetti (appoggiata da Sel, dal M5S e da una piccola parte del PD), sia proprio il sindaco di Firenze, lo fanno capire le dichiarazioni rilasciate ieri da Renzi, subito dopo il diniego di Giachetti all'invito di ritirare la mozione. Matteo ha detto: “Ho una preoccupazione. Che il governo e la maggioranza rinviino troppo, giochino di rimessa, facciano melina. Non vorrei che il governo delle larghe intese diventasse il governo delle lunghe attese... decidano perché con il Porcellum non si va da nessuna parte”. Poi, Matteo ha aggiunto: “I democristiani erano persone serie, ma una parte di liturgia democristiana in questo governo, è un tantino eccessiva. Ora diamoci una mossa”. Inutile dire che dopo la dichiarazione di Renzi, c'è stato un fitto scambio di sms tra lui e LettaLetta, nei quali il premier scriveva a Renzi di darsi una calmata e Renzi gli ribadiva di muovere il culo. Voci malevole dicono che gli sms siano stati inviati anche a Silvio per conoscenza, ma di ciò non si hanno prove certe. La cosa buffa, perché con Brunetta capogruppo alla Camera di cose buffe ne accadono parecchie, è stata che Renatino subito dopo la presentazione della mozione Giachetti, ha rilasciato una dichiarazione nella quale diceva: “La proposta di tal onorevole Giachetti è eversiva”. Tralasciando il cuneo di penetrazione della lingua italiana in Brunetta, bisognerebbe far notare all'onorevolino che di eversivo, finora, ci sono state solo le due proposte di legge del senatore Luigi Compagna e del senatore Francesco Nitto Palma, la prima pro-Dell'Utri, la seconda pro-Silvio. Il resto è solo uno stato di democristiana ordinarietà. Mamma mia la Lega! Non se ne parla più. È implosa. Vittima delle tante anime e delle corna vichinghe bandite a Pontida. Bossi, all'indomani delle ultime amministrative, è sbottato: “Maroni faccia un passo indietro – ha detto il Senatur – vuole fare tutto lui, il segretario, il governatore della Lombardia, i comizi, l'esperto di pietre preziose, il portiere di via Bellerio, l'autista di Berlusconi. E che cazzo, ceda qualcosa anche agli altri”. Umbertino da Giussano ha poi aggiunto: “Quando c'ero io la Lega era unita, ora non si capisce più una mazza. Il Trota è spaesato e ha iniziato a tifare per l'Italia, questo non posso sopportarlo”. Ridotta a prefisso telefonico, la Lega ha perso in tutte le città che governava e sta aspettando con ansia la prossima fornitura di bistecche d'orso per un barbecue riconciliatore. Sui risultati delle elezioni amministrative, l'analisi di Beppe Grillo sul suo blog, è correttissima. I numeri dimostrano in maniera inequivocabile il declino dei partiti. Tutti, dal 2008 a oggi, hanno perso un fottio di voti e l'emorragia non è destinata a fermarsi in tempi brevi, anzi. Quello che però Grillo non dice, o lo dice estremizzando le metafore, è che il M5S non ha vinto una beneamata minchia, altrimenti sarebbe schizofrenico dire di aver trionfato dopo il dimezzamento dei voti. Lo sappiamo, in questo momento Beppe deve tenere unito il Movimento, scaldare i cuori, si diceva una volta della funzione dei comizi elettorali. Ma Grillo i cuori non li scalda più, accentua la rabbia (sua personale e di Casaleggio) e gioca su un mare di macerie anche con un certo cinismo. Che stia sbagliando, glielo hanno detto perfino Asor Rosa e Rodotà, non sospettabili di collateralismi governativi, ma Beppe, quando gli toccano il giocattolo, da fuori di matto... 

mercoledì 29 maggio 2013

Per Silvio siamo “coglioni”, per Grillo “l'Italia peggiore”. In fondo noi siamo solo bravi ragazzi.

Onestamente. Ci siamo rotti le palle di essere offesi a ogni alzata di palpebra. Siamo arrivati al punto di “chi non sta con me, sta contro di me”, e giù vaffa e insulti. Sarà pur vero che siamo un popolo eufemisticamente strano, ma insomma, santiddio, un po' di rispetto. O no? Prima arriva Silvio che ci dice “Chi non vota Pdl è un coglione”. Poi, tanto per rendere chiara l'idea dell'uomo solo al comando, arriva Beppe Grillo in stato di shock traumatico post-elettorale, e dice che chi ha votato per Ignazio Marino fa parte dell'Italia peggiore. Ora se non fosse che Marino si è candidato a Roma contro il suo partito (il prescelto della nomenklatura era David Sassoli), non ha votato la fiducia al governo LettaLetta, non ha votato per Giorgio Napolitano alla presidenza della repubblica ma per Stefano Rodotà, non fosse che la pensa proprio come i grillini sui beni pubblici, sui costi della politica e sulla moralizzazione, qualcuno potrebbe dirsi: “Oh madonna e che ho combinato?”, invece non ha combinato una mazza di niente, ha votato solo per il politico più pulito in circolazione. Cosa bisogna fare per piacere a Grillo non si sa, o forse sì: stracciare la tessera del partito, aderire al M5S, sentirsi ripetere continuamente “arrenditi sei un ex partitaro”, poi andare a piedi da Genova a Savona per liberarsi delle ultime tossine partitocratiche e infine, per essere accolto come il figliuol prodigo, traversare a nuoto tutto il mar Ligure (A/R come le raccomandate). Non sapendo come giustificare una batosta senza se e senza ma, Beppe si è reso conto che forse con i media si devrà comportare diversamente. E infatti scrive sulla Literaturnaja Gazeta: “Non posso dare la colpa del nostro risultato alla stampa o ai talk-show, alla fin fine non incidono poi così tanto, la colpa è degli italiani che hanno continuato a votare per i partiti. E gli italiani che votano per i partiti, sono gli italiani peggiori”. Così parlò Zarathustra, con tanto di arrangiamento di Eumir Deodato per Oltre il giardino. Ma a parte queste amenità, c'è un fatto che colpisce e che denota la santa ingenuità dei ragazzi del Movimento approdati miracolosamente in Parlamento. In queste ore girano sul web tutte le proposte di legge presentate dai grillini nelle commissioni parlamentari. Le ragioni sono fondamentalmente due. La prima è che vogliono dimostrare che non stanno rubando lo stipendio discutendo di scontrini, ma lavorano. La seconda riguarda la coerenza delle proposte presentate con il programma elettorale proposto ai cittadini durante lo Tsunami Tour. Le abbiamo lette, e dobbiamo ammettere che sono tutte proposte che sottoscriveremmo senza nessuna difficoltà. I dubbi, invece, ci vengono sulla loro reale percorribilità. Come si sa, le leggi oltre che proporle, bisogna farle approvare. In democrazia, perfetta o imperfetta che sia, per approvare una legge occorre una maggioranza, i grillini dovrebbero saperlo visto che il Parlamento italiano, a maggioranza, ha stabilito che Ruby era la nipote di Mubarak. Dicendo no a tutti e mandando tutti a fanculo, chi mai potrebbe votare una proposta di legge del M5S? Oltre che entrare a far parte del mondo dei sogni, dove mai potrebbe trovare posto una legge presentata e mai approvata? Facciamo un esempio, il reddito di cittadinanza. Ho promesso in campagna elettorale ai miei elettori di introdurlo. Presento il progetto di legge e nessuno lo vota non perché ci sia qualcuno contrario, ma solo perché non sono riuscito a trovare le giuste alleanze per l'aura di santità con la quale ho deciso di illuminarmi. Con chi se la prenderebbero gli elettori, con quelli che non l'hanno votata o con me che non sono riuscito a creare le condizioni perché passasse? E a meno che l'Italia peggiore non sia anche la più deficiente, la risposta dovrebbe essere scontata. Tira aria di fronda, nel Movimento. Stavolta lo Tsunami ci sarà davvero, ma dentro la Baia Placida del mare di Genova.  

martedì 28 maggio 2013

Il M5S frena, il centrodestra barcolla, le liste civiche affondano, l'astensionismo vince. Tiene solo il centrosinistra, l'unico schieramento con uno zoccolo duro.

Facile la battuta: il centrosinistra tiene perché ha lo zoccolo duro, il centrodestra arretra perché ha le zoccole e basta. Ma le cose non stanno così e le considerazioni da fare sono altre. Che Alemanno, ad esempio, non abbia tutti i venerdì previsti dal calendario gregoriano, si sapeva. Ma che dopo la batosta ricevuta, invocasse l'aiuto dei crociati, dei neri ad oltranza, dei marchiniani e dei 5S per una improbabile rimonta, la dice tutta sulla disperazione totale ma anche tenera, di cui è vittima l'uomo che più di ogni altro odia la Protezione Civile. Il centrosinistra tiene, come dice Debora Serracchiani “nonostante il Pd” che, se presenta volti come il suo o come quello di Ignazio Marino, corre perfino il rischio di vincere. Sono due, comunque, i dati salienti di queste amministrative, difficili da definire solo come un “campione”. Sette milioni di elettori sono tanti per un semplice sondaggio, anche se pochi per dire che le preoccupazioni di Berlusconi siano fondate. Infatti, dove non ce la fa lui, intervengono i capi del Pd a dargli una mano. Il primo dato riguarda l'astensione. Il nostro post di ieri, ripensandolo, una chiave di lettura la dava. L'astensione si può infatti riassumere in “non se ne può più”, mentre ogni altra analisi sociologica, politica, mediatica, di costume, addirittura sportiva, troverebbe il tempo che trova. La gente è stanca di fare domande a chi non ha nessuna intenzione di rispondere. Ci sta provando inutilmente da più di vent'anni. Chiedono soluzioni i giovani, i precari, i cassintegrati, i disoccupati espulsi definitivamente dal mercato del lavoro, i pensionati, le casalinghe, le donne, i “diversi”, i diversamente abili, i diversamente vedenti, i diversamente udenti, i diversamente e basta che non vogliono fare i clochard. Ci prova un popolo stremato dal malgoverno, dalla mala-politica, dalla mala-educazione, dalla malafede di chi pensa solo ai cazzi suoi e che, come Fiorito dopo la condanna, dice: “Basta politica, farò il filantropo”, sì, di se stesso. La gente è stanca di domande inevase e di facce che, crisi o non crisi, continuano a giocare a Risiko. E si è stancata anche di Beppe Grillo e dei suoi insulti, della sua dabbenaggine politica, della miopia da curare con il laser, di una arroganza senza limiti pur presentandosi come il novello Masaniello-guida della povera gente. Il M5S, dal giorno dopo le elezioni, non ne ha azzeccata una. Popolato da ragazzini infoiati, come se ne trovano a centinaia negli scioperi per una palestra più attrezzata, il M5S pretendeva di dare lezioni di moralità e di pulizia e di rinnovamento della classe politica, con una allegra banda di brufolosi frequentatori del web, terrorizzati dai microchip sottocutanei della Cia. Le immagini streaming dell'incontro con Bersani, quelle dei due capi dei mandamenti del senato e della camera, Crimi e Lombardi alle prese con Ballarò, per assurdo hanno nuociuto più ai 5S che non a Bersani, che condannato lo era già di suo. L'ottusità con la quale Grillo e Casaleggio hanno condotto il Movimento fino a oggi, le risse per le presenze televisive e le interviste, le tate della comunicazione che puliscono il culetto di bambini in preda alla diarrea verbale, i no a prescindere, lo scivolone su Prodi, l'assenza totale dal dibattito parlamentare, se non con incravattati che leggono le parole scritte da altri, hanno fornito al popolo elettore una immagine di pressappochismo che li ha allontanati definitivamente dall'esperienza grillesca e alla fine, col cazzo che li hanno votati. E non regge il discorso di Marco Travaglio fatto oggi sul Fatto in cui, tanto per cambiare, da la colpa del pessimo risultato dei 5S, alla Rai, a Mediaset e a La7 per il silenzio che ha circondato la campagna elettorale dei grillini: era accaduto anche per le politiche. Grillo sperava di andare ai ballottaggi dappertutto, ha dimezzato i voti e questo gli basti a ragionare. Facciamo nostro il discorso di Peter Gomez, ieri da Mentana. “Io non sarei tanto sicuro della durata del governo LettaLetta – ha detto il direttore del Fatto.it – potrebbe accadere che l'esito di queste elezioni, modifichi alcuni assetti, compreso quello di un nuovo governo appoggiato dai 5S”. Già. Potrebbe accadere, anzi, sarebbe auspicabile. C'è da dire, ripensando a qualche giorno fa, che un eventuale governo Bersani con l'appoggio dei 5S avrebbe avuto comunque vita breve. I 101 zozzoni che hanno silurato Prodi, e che non hanno ancora il coraggio né di uscire allo scoperto né di dire perché lo hanno fatto, avrebbero silurato anche una soluzione che milioni di italiani ritenevano la più auspicabile. E se una colpa può essere addebitata a Grillo e al governatore di Gaia, è quella di non aver tenuto in considerazione il fatto che dall'altra parte ci sono sciacalli sanguinari e non esseri umani dotati di buon senso. Zozzoni veri, mica pifferi. E con gli zozzoni non si vince urlando, ma trombandoli sul loro stesso terreno di presunti politici raffinati. Il dispiacere profondo per l'esito di queste amministrative, sta tutto nella frase della Serracchiani: “nonostante il Pd”.

lunedì 27 maggio 2013

Meno 16 per cento di votanti, la media nazionale. Il 19 a Roma. Questa politica ha cordialmente rotto le palle.

Non se ne può più. D'o' Schiattamuort che va da Fazio a rifilarci il pistolotto del matrimonio di interessi. Non se ne può più. Di un partito che per 20 anni non ha votato l'ineleggibilità di Silvio, tradendo la Costituzione. Non se ne può più. Di cabarettisti, imbonitori, democristiani redivivi, socialisti fumée, liberali in eterna crisi di identità, amici dei camorristi che, prima di essere eletti presidenti di commissioni parlamentari, vanno in carcere a rendere omaggio a Nick o' mericano. Non se ne può più. Di satiri malati e di profittatori di minorenni, manco fossero preti. Non se ne può più. Di orge con tanto di suore finte con reggicalze, spacciate per serate eleganti trascorse a bere gingerini. Non se ne può più. Di una destra che ha tradito tutti gli ideali della destra e di una sinistra che non lo è mai stata, di sinistra. Non se ne può più. Di medici obiettori di coscienza e di ragazze che ricorrono ancora, nel 2013, agli aborti clandestini e ai ginecologi obiettori in clinica, farraioli fuori. Non se ne può più. Di uomini che non sono uomini, ma solo proprietari delle loro donne quasi fossero un Suv a gasolio. Non se ne può più. Di uomini che se hanno il sentore che il loro Suv se ne sta andando per cazzi suoi, lo prendono a martellate fino a rottamarlo. Non se ne può più. Di una nazione che non rispetta il diritto all'amore di uomini e donne, di uomini e uomini, di donne e donne, perché l'amore è uno e non ha bisogno di nessuna legge né di benedizioni. Non se ne può più. Di vigliacchi che aggrediscono i diversi, neri, gialli, marroni, rossi e gay solo perché sono diversi. Non se ne può più. Dei richiami alla responsabilità degli altri, perché alla nostra ci pensiamo noi. Non se ne può più. Degli evasori fiscali che sottraggono per puro egoismo, alla comunità, il necessario per potersi definire civile. Non se ne può più. Del buonismo pacificatore di chi non ha mai condotto una battaglia in vita sua. Non se ne può più. Dei baciapile per convenienza, quelli che i ceri li lasciano ardere facendo scolare la cera sul corpo dell'amante assatanata. Non se ne può più. Dei vigliacchi, dei paurosi, di chi non ha il coraggio di dire la sua perché potrebbe far male a qualcuno e intanto annega nella perenne infelicità. Non se ne può più. Di chi in campagna elettorale promette e poi non mantiene, di chi dice “arrendetevi” e poi non punta neppure un manico di ombrello. Non se ne può più. Di chi farnetica sui rimborsi degli scontrini fiscali quando un pensionato al minimo saccheggia i cassonetti dell'immondizia. Per tutte queste ragioni, e parecchie di più, chi si sorprende che il 16 per cento degli elettori oggi, non è andato a votare, non capisce un cazzo di cosa sta succedendo in Italia. E se nella Capitale la percentuale degli astenuti raggiunge il 19 per cento, una ragione ci sarà: “la colpa è del derby” direbbe LettaLetta. Ma la colpa non è del derby, ma di una classe politica incapace di rappresentare le esigenze della gente, di starla ad ascoltare, di aiutarla quando sta affogando fra un mare di bollette scadute e un avviso di pignoramento di Equitalia. Il fetore di questo paese marcio, irrimediabilmente destinato a una fine ingloriosa, è entrato dappertutto: nelle stanze con gli stucchi dorati di Montecitorio e nelle baracche, nelle chiese e nei bar, nelle fabbriche e negli ospedali e sta diventando sempre di più insopportabile, intriso com'è dei miasmi della carcassa di una balena bianca spiaggiata. A volte ci piacerebbe che anche nei nostri mari navigasse una baleniera giapponese, una di quelle vere e proprie macchine da mattanza che solo i giapponesi sanno costruire. Ma nei nostri mari navigano solo gli yacht frutto di evasioni fiscali totali, di governatori di regione che trusciano tutto quello che possono trusciare, di calzolai con le suole sfondate, di gioiellieri che comprano oro a cifre da strozzini, di cravattari tout court convenzionati con le banche. Nei nostri mari non navigano più neppure i pescherecci, perché di pesce non ce n'è. Cazzo, si sono mangiati pure quello.

domenica 26 maggio 2013

Roma: 120 centimetri di scheda elettorale, quasi un rotolone Regina. Bondi e Galan aprono ai diritti civili degli omosessuali. E il Pd fa orecchie da commerciante.

La battuta più bella (finora) è stata quella di un elettore appena uscito da uno dei seggi romani: “Az – ha detto – occorrono cabine di almeno 40 metri quadrati”. La Capitale, con 40 liste, corre il rischio di battere il Guinness dei Primati delle schede elettorali più lunghe di tutti i tempi e di ogni dove. Un foglio di carta del genere non si vedeva dall'Argentina della fine della dittatura, quando sopravanzò il Cile di una decina di liste. Ultima, in questa ridicola graduatoria, la Russia con una sola lista, quella di Putin, ma si sa, in Russia vige la democrazia più viva e partecipata. Non a caso, Vlady è cordialmente invidiato da Silvio, che in queste ore se la sta spassando nella dacia dello Zar a parlare di gas, a bere vodka e a finanziare il centro estetico di Natasha. Ma torniamo a Roma. Il rischio che la lunghezza della scheda elettorale allontani ancora di più i votanti, è vivo e vibrante. Questa mattina a mezzogiorno, aveva infatti votato il 5 per cento in meno dei romani, rispetto alle ultime amministrative. Vabbé il derby per la finale di Coppa Italia, ma il distacco dalla politica si fa ogni giorno più profondo. In questo clima, chi rischia di sorridere per il secondo mandato, è il sindaco uscente, Gianni Alemanno, chiamato familiarmente “zio” dalla folla dei parenti assunti all'Atac. Il Pd corre con un galantuomo, Ignazio Marino, una delle poche persone che voteremmo in assoluto. Ma i democrat sono in una crisi talmente nera che l'impressione è che non servirà il lumicino “Marino” a ridargli un po' di luminosità. Il Pd paga inoltre l'alleanza contronatura con il Pdl, un matrimonio devastante che sta allontanando giorno dopo giorno, una base nauseata. Il M5S, con Marcello De Vito, a meno di sorprese dell'ultima ora, dell'ultimo voto, dell'ultima urna di borgata, non dovrebbe andare neppure al ballottaggio. Poi c'è Alfio Marchini l'outsider (al quale si è affiancato nelle ultimissime ore Antonello Venditti), che corre rischi seri dopo che la sua lista è stata ufficialmente abbracciata e benedetta da Mario Monti, noto per portare sfiga all'Italia, agli italiani tutti ma non a se stesso. Insomma, la riconferma di Alemanno, data per impossibile fine a qualche settimana fa, sembra, allo stato delle cose, l'unico dato certo, soprattutto se come probabile, la partita si dovesse decidere al ballottaggio, con Forza Nuova e i casapoundini pronti a dar manforte al “nero per volontà”. Quasi sette milioni di italiani fra oggi e domani, andranno a votare. Più attendibile di un sondaggio, il numero degli elettori dovrebbe servire a capire che aria tira in questo momento in Italia, anche se, a sentire LettaLetta e o' Schiattamuort, l'esito del voto, qualunque esso sia, non influirà sul cammino del governo. Strani, questi soggettoni del Pdl, giocano al poliziotto buono e a quello cattivo, non sapendo che di fronte hanno un democristiano doc, quello a cui Fabio Massimo, detto o' Temporeggiatore, fa una solenne pippa (da non confondere con la, scomparsa dal gossip, cognata di William). Ma anche nel Pdl ci sono acque agitate, e per un argomento sul quale non avremmo scommesso un cent: i diritti civili. Svegliatisi da un lungo letargo, nelle scorse ore, e a seguito della lettera di Davide Tancredi a Repubblica (e alla risposta di Laura Boldrini), Sandro Bondi e Giancarlo Galan sono scesi in campo per garantire la libertà a tutti, e non solo agli iscritti al loro partito. Sandro Bondi ha detto: “A differenza dell'onorevole Roccella e di tanti miei amici, non capisco perché i cattolici debbano fare delle battaglie contro chi invoca il riconoscimento delle unioni fra omosessuali, al di là delle diverse e legittime posizioni sul significato del matrimonio”. Più infervorato, Galan ha detto: “La lettera di Tancredi mi ha commosso. Una richiesta di vita, di libertà, di poter amare e di essere se stesso come chiunque altro, una richiesta matura, consapevole, profonda. Ma le sue parole non mi hanno stupito perché sono vere, dice la verità”. Dal Pd, sulla via della pacificazione totale, nessun commento. L'omosessualità, per LettaLetta, è evidentemente, un argomento “divisivo”. Con Fioroni.

sabato 25 maggio 2013

Roma: piazze semivuote per gli ultimi comizi. Milano: Ruby non sa, Ruby non ricorda... oh!

Deve essere stato quel “Grillini burattini mossi da un capocomico”, detto da Silvio a dentatura di Capodimonte serrata, a far disertare la piazza di Beppe Grillo. Deve essere stato quel “Manderemo a casa il Nano quando lo affronteremo faccia a faccia” gridato da Grillo, a far disertare la piazza del comizio di Alemanno. E deve essere stata l'aria che tira intorno al Pd, a far disertare la piazza dell'ultimo comizio di Ignazio Marino. Comunque la si voglia mettere, ieri a Roma le piazze dei comizi finali dei candidati sindaci, erano miseramente piene a metà o mezze vuote, dipende dai punti di vista e dalle sensibilità. Il fatto è che questa volta Alemanno, Grillo e Marino non possono prendersela con la Questura, non ci sono dati ballerini da commentare, ma le immagini delle telecamere di tutte le tv, compresa quella del Bahrein, arrivata in Italia per commentare la farsa planetaria di un paese tenuto per le palle da un puttaniere. La mancanza del popolo, della gente, dei compagni e dei camerati, dei perditempo e degli idealisti della domenica ai comizi finali di ieri, è la dimostrazione che il distacco che c'è fra la maggioranza silenziosa (ancora per poco) e questa classe politica arraffona e piena di contraddizioni, è ormai siderale. Grillo ci sta provando a ridurla, ma il compito sembra impossibile anche per lui. Ultima notizia di queste ore, l'incontro (neppure troppo segreto) di Pippo Civati con una trentina di malpancisti del M5S. Sullo sfondo di uno scenario da tragedia shakespiriana, si muovono personaggi da incubo di una notte da mezza Italia i quali, pur di uscire fuori dal teatro e respirare un po' di aria pura, venderebbero l'anima a Mefistofele o, in subordine, fonderebbero un nuovo gruppo parlamentare. E non si pensi (e non si illuda Epifani) che Civati sia un caso isolato né Grillo conti di ridurre a intemperanze giovanili, il malessere profondo che c'è nel suo gruppo parlamentare, perché così non è, e l'impressione che LettaLetta finisca per accorgersene presto, è più di un sentore. La situazione politica italiana è in continua evoluzione, per definirla meglio si potrebbe usare il termine “magma”, ma sarebbe riduttivo. C'è un mare di scontenti, a destra, a sinistra e dalle parti dei 5S, pronto a sollevare onde da oceano e si sa, quando arriva lo tsunami, non c'è trippa per gatti né appiglio possibile. È vero, ci si sposa sempre di più per ragioni altre da quelle dell'amore, ma sono matrimoni che durano poco, qualche anno, qualche mese, qualche giorno. Ci sono poi quelli che finiscono appena gli sposi partono per il viaggio di nozze. Le tipologie della fine dei matrimoni è vastissima, ma quella che si potrebbe verificare nel LettaLetta in questo momento, deriva da un concetto molto semplice, il contronatura. E contronatura deve essere stato anche il rapporto fra Ruby e e il Presidente, visto che nessuno dei contraenti ricorda come sono andate le cose. Ieri al tribunale di Milano, è andata in scena una farsaccia da guitti di periferia. Un copione scritto con i piedi, una recitazione degna di un saggio finale dell'Utes, comparse di quart'ordine, e una regia schizofrenica da rimbambiti in malafede. La signora Ruby è stata indisponente e arrogante come quelle persone che si sentono protette dal padreterno, che poi si chiami Silvio e non dio, è un fatto marginale. Invitata dal presidente della Corte a “modificare atteggiamento”, la spocchia della giovane parente di Mubarak (per volere del Parlamento italiano) è stata irritante e le ha consentito di infiorare la sua testimonianza con una serie impressionante di “non so”, “non ricordo”, che avrebbero fatto incazzare perfino il flemmatico Giobbe, figuriamoci un giudice alle prese con menzogne stratosferiche. Qualcuno poi si chiede ancora perché Ghedini e Longo non l'abbiano voluta come testimone nel processo che la riguarda direttamente. Ruby, nella sua totale insipiscienza, ha sputtanato involontariamente il suo protettore, ribaltandone tutte le autodifese e descrivendo esattamente come si svolgevano le cene eleganti di Arcore, definibili con un “puttanaio nauseabondo” e nulla più. Altro che stile di vita libertario, altro che privacy violate, l'immagine di Nicole Minetti vestita da suora, la racconta più lunga di qualsiasi altro romanzo d'appendice scritto con i piedi. Questi sono i costumi che i pensionati di Villa Serena difendono con le unghie e le dentiere ogni volta che Silvio va in tribunale. 

venerdì 24 maggio 2013

Berlusconi “evasore” anche da premier. E scende il gradimento degli italiani per il LettaLetta: continuano a preferire il Chupa Chups.

I giudici di Milano hanno depositato la sentenza con la quale Silvio Berlusconi è stato condannato a quattro anni di galera e cinque di interdizione dai pubblici uffici. L'uomo che disse: “Se il carico fiscale è eccessivo, è giusto evadere”, ha dimostrato con i fatti che non solo la pensava così, ma che metteva in atto quelle che potevano sembrare solo boutade. Ora, siccome noi siamo notoriamente lenti, tardi a comprendere, spesso con la testa fra le nuvole e per nulla “concreti”, ci chiediamo: ma se la pressione fiscale in Italia è troppo alta, a chi tocca il compito di farla scendere? alla magistratura? alla corte dei conti? al capo-condomino dell'Olgettina? al consiglio di presidenza della bocciofila Mater Dei di Città del Vaticano? agli iscritti all'albo degli odontoiatri? Se per cinque campagne elettorali Silvio ha detto che avrebbe abbassato le tasse, vuoi vedere che far scendere la pressione fiscale tocca al governo? E se al governo c'è stato lui per venti anni (o giù di lì) e le tasse non sono scese anzi, sono aumentate a dismisura, la colpa di chi è, del destino cinico e baro? C'è da diventare matti. Leggere i commenti di Silvio alle sentenze che lo condannano, è come scorrere il libro tibetano dei morti, quello composto da mantra onomatopeici esemplificati in corde vocali che vibrano. E lo stesso è accaduto per la sentenza sul processo Mediaset, con la differenza che la “pacificazione” implica toni bassi da parte del Capo, mentre i servi possono lasciarsi andare: la classica, consolidata, cinquantennale tattica democristiana di essere maggioranza e opposizione contemporaneamente. Nomi e cognomi, please: Renato Brunetta, Mara Carfagna, Fabrizio Cicchitto, Daniele Capezzone, Maurizio Gasparri e Maria Stella Gelmini (commentatori a latere Maurizio Belpietro e Alessandro Sallusti), hanno sparato ad alzo zero contro la magistratura politicizzata e sinistrizzata (come se in Italia ci fosse ancora una sinistra), non risparmiando invettive stile quelle che hanno portato il direttore e due giornalisti di Panorama a essere condannati a 8 mesi di carcere, mentre loro che sono deputati se la caveranno con un “pat pat” di Silvio sulla spalla. Non sono pervenuti, in questo caso, gli insulti dei pidiellini impegnati nella formazione base predisposta dal CT LettaLetta. In poche parole, dagli ex forzaitalioti governativi neanche un sussurro sulla sentenza, anche se dicono che tenere a freno Maurizio Lupi è stata una fatica immane. Nessun commento, ovviamente, neanche da parte dei pidini pacificatori e molto hippye (tutti pace a amore), se si esclude Rosy Bindi che ha provato a dire qualcosa, subito zittita da nonno Epifani. Silvio ha sospirato: “A questo punto non posso che sperare nella Cassazione”. Lo avevamo detto, l'elezione di Giorgio Santacroce a primo presidente della Corte, gli ha aperto scenari inimmaginabili fino a ieri, perché la Cassazione è importantissima, chiedere alla buonanima di Belzebù per averne conferma. E a proposito di compagine governativa. Partito con un 48 per cento di share (“Amici” docet), il governo a guida democristiana ha già perso 3 punti nelle preferenze degli italiani. Il fatto è che gli sketch che propone non fanno ridere nessuno. E se potevano essere giustificati nella prima puntata di rodaggio, a lungo andare la comicità sterile indispettisce. Ne sa qualcosa Silvio che, alla decima riproposta della barzelletta su Mohamed Esposito ai vertici europei, si era visto la platea dimezzata. E dire che Squinzi, proprio ieri, quasi con le lacrime agli occhi ha detto a LettaLetta: “Siamo sull'orlo del baratro, lo muovi quel culo. o no”?

giovedì 23 maggio 2013

Le silviesche porcate quotidiane. Ma oggi è il giorno di Giovanni Falcone e di Don Gallo. E poi dicono che i morti sono tutti uguali!

Ormai siamo costretti a elencare. Un po' come la lista della serva, un po' come il vecchio contrappello in caserma. Non si può e non si deve tacere. Non si può e non si deve far finta che nulla sia successo o peggio, accada.
Porcata numero 1. Silvio è incazzato nero con i manifestanti di Brescia: quelli del “pidocchio” e del “ladro” e della “puttana”. Così fiero e arrogante sul palco, così poco Cuor di Leone quando i riflettori si spengono, Silvio proporrà, attraverso gli Spic&Span di turno, una legge che preveda il carcere duro, a pane e acqua e scosse elettriche nei testicoli, per chi disturberà i suoi comizi elettorali, una legge insomma, ad orationem Silvio, che punirà ferocemente tutti coloro che gli grideranno “in galera”. Questa volta Berlusconi sa che la piazza è inferocita, e che contare solo sulla prestanza fisica di quelli di Casa Pound non basta. Allora le forze dell'ordine dovranno fare il loro dovere, che come tutti sanno, non è solo quello di accompagnare e proteggere le mignotte che vanno ad Arcore o a Palazzo Grazioli.
Porcata numero 2. La Porcellum non si tocca. L'unica cosa che si potrà fare è quella della soglia del 40 per cento per usufruire del “bonus” di maggioranza. Siccome nessuno, in queste condizioni, lo raggiungerà mai, si tornerà di fatto al proporzionale. Ma quello che Silvio teme di più, è il doppio turno, la possibilità che gli elettori tornino a scegliere il deputato o il senatore espressione del loro territorio. Non poter “nominare” come accade ora con la Porcellum, i rappresentati di se stesso prima che del popolo, Silvio la trova un'aberrazione. Verrebbe a mancare cioè, quel potestate situm, che ha fatto la fortuna del Capataz ricattatore unico e insindacabile. Ecco, ora gli italiani sanno chi non vuole cambiare la legge elettorale targata Calderoli, e perché.
Porcata numero 3. Tornato in auge grazie agli amici del cuore del PD che lo vogliono battere sì ma alle elezioni (un “sciogno”, un pio desiderio), Silvio è tornato a mettere sul piatto della bilancia il suo riacquisito potere. E da dove iniziare se non dalla Rai? Berlusconi vuole, a stretto giro di nomine, il nuovo direttore generale (Masi non bastava) e la direzione del TG2. Seguendo i vecchi schemi del craxismo, Silvio vuole tornare al manuale Cencelli delle nomine Rai e, sapendo di non avere (per il momento) la maggioranza relativa, sa anche di non poter puntare al TG1 né al TG3Telekabul per definizione. Chi credeva che fosse cambiato qualcosa, farà bene a guardarsi intorno, non è cambiato nulla, solo un democristiano di ferro al comando, peraltro tenuto accuratamente sotto ricatto.
21 anni fa la coppia Riina-Brusca faceva saltare in aria l'auto di Giovanni Falcone e di Francesca Morvillo. Due mesi dopo, lo show si ripeteva con Paolo Borsellino. Ventimila ragazzi di tutte le scuole d'Italia, si ritrovano oggi a Palermo per “ricordare”, per “non dimenticare”. Ogni parola in più spesa per il giudice antimafia per antonomasia, potrebbe sembrare l'ennesimo necrologio. Fra le tante frasi pronunciate in vita da Giovanni Falcone, ce n'è una che ci è rimasta impressa: “Mi hanno messo una bomba davanti casa – diceva il giudice – e se non è esplosa, la colpa è stata mia”. È morto Andrea Gallo. Chiamarlo “don” ci sembra riduttivo. Lo si può definire in mille modi ma non si potrà mai dire che sia stato un pusillanime. Sempre e comunque dalla parte degli ultimi, don Gallo è stato l'amore per il prossimo fatto persona. Anche nel suo caso, spendere una parola in più ci sembrerebbe di entrare nell'agone dei necrologisti e noi, i necrologi, non li sappiamo scrivere. Per assurdo, però, ci piace parafrasare Giovanni Falcone: “Il signore mi ha messo una bomba chiamata vangelo davanti la porta di casa. Di averlo scritto, sono stato incolpato io”.

mercoledì 22 maggio 2013

Pdl scandaloso: decreto per salvare Dell'Utri. E intanto la commissione elezioni non parte, dicono che si è spaccato il Pd. Ma dai?!


C'hanno la faccia come il culo. Non si discute. Non c'è verbo né verso per spiegare a chi ancora li vota, che tipo di pesci sono. E sono ancora lì, in fila, a tentare di salvare in tutti i modi amici potenti, amici degli amici potenti, amici degli amici degli amici potentissimi. L'ultima porcata è il tentativo di trarre dagli impicci Marcellino Dell'Utri, per il quale si prevede un futuro con il pigiama a righe, come nella vecchia Sing Sing, o era Alcatraz?, L'ha presentata (la porcata), in commissione giustizia del Senato, Giacomo Caliendo, uno che si fa la doccia con la spugna e crede che tutto il mondo si pulisca così. Inventore e primo redattore, è invece il senatore Guido Compagna che però, dicono quelli del Pdl, non è dei loro ma del GAL (Gruppo Autonomie e Libertà). Cosa prevede la proposta del duo Spic&Span (sgrassatori, nda): “Condanna dimezzata per concorso esterno in associazione mafiosa. Niente carcere e intercettazioni per chi svolge attività sotterranea di supporto ai componenti dell'associazione mafiosa. Si dovrà dimostrare che c'è un profitto”. Appresa la notizia, è partito il fuoco di fila dei “no”, con in testa nientepopodimenochè la Lega, seguita da Pd e Sel. Non pervenuto il commento dei FiveStars, impegnati a fare le somme degli scontrini. Per una volta le opposizioni, e una parte del Pd, hanno tenuto alta la barra della resistenza e così, il capogruppo al Senato del Pdl, Renato Schifani, che di mafia se ne intende, ha dovuto fare un rapido passo indietro, pretendendo da Caliendo l'immediato ritiro della proposta. Non sappiamo se Spic lo abbia fatto, quello che si sa è che Span non l'ha presa affatto bene. Il giudizio di Dell'Utri non è pervenuto. Il Pdl, insomma, si sta comportando come se avesse la maggioranza assoluta, esattamente come nel precedente parlamento. Ai suoi uomini, non frega un amatissimo cazzo di rimediare figuracce, perché tanto sanno che devono provarci: un ricatto dopo l'altro e anche LettaLetta potrebbe calarsi le braghe. Questo è ciò che succede quando si sta con una mano estranea che ci strizza le palle. Si sente un gran dolore, ma non si capisce mai fino in fondo di chi diavolo sia quella mano. LettaLetta si sente così. Come uno al quale le palle vengono strizzate 24hours, e non c'è verso di fargli mollare la presa. Ma sapete che ha detto oggi Luciano Violante ai microfoni di RaiNews24? Il re dei pacificatori, alla domanda impertinente del giornalista che gli ha chiesto: “Onorevole Violante, ma se lei dovesse votare la ineleggibilità di Berlusconi, voterebbe sì o no?” Il Violante fan dei morti di pari dignità (perché tanto morti sono), ha risposto (citiamo a memoria): “Per sei volte abbiamo detto sì alla eleggibilità di Berlusconi, che male ci sarebbe a dirlo una settima volta?” Non sappiamo se la demenza senile arriva al punto di assoluto obnubilamento, ma questa uscita da squilibrio mentale dell'onorevole Violante, ci è sembrata più una reiterazione a delinquere che una posizione politica. Cerchiamo di dire la nostra sul caso Grillo-Gabanelli che in queste ore sta infiammando il dibattito sul web. Ma non si farebbe prima a presentare il bilancio che dimostri la chiusura negativa dei conti del blog di Grillo? Cosa cazzo centra che il blog non prende un centesimo dallo Stato, perché il nostro si sta arricchendo con i soldi del dipartimento dell'editoria della presidenza del consiglio? Sarebbe quantomeno opportuno, per tacitare voci malevole, che venissero fuori le carte (certificate ovviamente), che dimostrino la perdita secca di 38mila euro. Ma quanto diavolo costa il blog di Grillo? E che è, una rete tv?

martedì 21 maggio 2013

Dalle 5S alle stalle. Duro attacco del Movimento di Grillo a Milena Gabanelli. E intanto, oggi, nella giunta delle elezioni...


Sono arrivati a definirla “trasmissione di merda”, tradendo quel vezzo tutto italiano, e niente affatto movimentista, di prendersela con chi ci fa le pulci, di chi vuol sapere e capire, di chi vuole informare. Fino a ieri paladina della libera informazione, fin quando si è occupata di Montecarlo e di Saint-Lucia, di Eni e della Lega, dell'ex-Ds e della ex-Margherita, delle case di Di Pietro e dei castelli di Berlusconi, è stata elevata al soglio di santa, quasi come Rita da Cascia. Poi, siccome lei è una indipendente vera, nel momento in cui vorrebbe sapere che fine fanno i soldoni che Grillo incassa con il blog, i grillini gli saltano addosso con la stessa furia della nostra amica iena maculata sulle carcasse. Un po' ultras, i grillini stanno dimostrando in queste ore di essere uguali agli altri, almeno quando si toccano alcune corde sensibili. Sarebbe bastato che Casaleggio si fosse fatto intervistare che probabilmente il tono di Report sarebbe stato diverso. Ma per chi vive all'altezza del pianeta Gaia, tentare di stare sulla terra, con i piedi per terra, diventa un'impresa. Così accade che la candidata del 5S alla presidenza della repubblica, ansiosa di capire come Grillo gestisce i proventi del suo blog, venga paragonata ai servi del Pd-Pdl e trattata come tale. Certo che è strano. L'unico giornalista che si salva dalla canea anti-grillini contro la stampa, è quel gran paraculo di Marco Travaglio, che capisce sempre prima degli altri dove tira il vento, salvo farsi impallinare da Silvio Berlusconi nella trasmissione che avrebbe dovuto segnarne non la rinascita ma il definitivo funerale con tanto di cremazione. Alle scorse elezioni, Travaglio ha votato esattamente come noi, disgiuntamente. Ma non per questo ci siamo messi a stendere tappeti rossi al cammino suicida di Beppe Grillo. Diciamo però che i grilleros, hanno oggi la possibilità di riprendere qualche punto nella nostra personalissima classifica. C'è la prima riunione della giunta per le elezioni e le immunità, c'è sul tavolo il ddl dei 5S sulla ineleggibilità di Berlusconi. C'è la paura folle dei berluscones che il 5S e il Pd possano creare un'asse per far secco (politicamente) Silvio. Inutile dire che il cerino acceso in mano, ce l'hanno proprio i pidini. Se dovessero ancora una volta salvare Berlusconi, come la storia ci ha insegnato, non sappiamo cosa accadrebbe fra i militanti. Oggi sarà una giornata importante, molto importante. Anche se è sempre pronto un decreto di nomina di Senatore a vita.

lunedì 20 maggio 2013

Epifani inciampa, barcolla e cade. Purtroppo non è una metafora e le iene del Pdl spolpano la carcassa.


Povero PD, che fine miserrima! È talmente messo male che ora anche il destino si fa cinico e baro e... ruzzola. Il PD rotola, rotola, come la trottola di Gianni Meccia. Travolto dalle sue stesse timidezze, dall'ansia di protagonismo dei suoi dirigenti, da quella pletora fantastica di ideologi che si ritrova, il PD sembra essere stato pizzicato dalla tarantola. Non a caso Massimo Bray è stato imposto da D'Alema come ministro della cultura. Forse stordito dal ruzzolone di cui è stato vittima ad Avellino, Guglielmo Epifani, ieri, ne ha dette e fatte più di Carlo in Francia. Se l'è presa con tutti (quelli di sinistra ovviamente, con gli altri è in corso la pacificazione e quindi, meglio non disturbare). Ha iniziato attaccando il sindacato, in particolare la Fiom che lo aveva accusato di aver disertato Piazza San Giovanni. Lui, il neo segretario traghettatore, la vede in un modo. Noi, dopo Brescia, la vediamo in maniera diametralmente opposta. Non diciamo che una delegazione ufficiale del PD alla manifestazione sul lavoro, avrebbe risollevato le sorti del partito, ma almeno avrebbe fatto capire ai militanti che un po' di anima di sinistra da quelle parti vive ancora. Invece l'Epifani barcollante, e cadente, non ha perso l'occasione per attaccare tutte le anime della sinistra accusandole addirittura di fellonia. Continua a difendere a spada tratta il LettaLetta I e, anche se Berlusconi si piglia tutti i meriti dei populismi e lascia al PD le colpe dei tagli e delle tasse, dice: “La nostra si chiama responsabilità”, a noi sembra un suicidio in piena regola, ma è solo una questione di prospettiva. Ma la perla vera, Epifani l'ha tirata fuori dall'ostrica quando ha parlato del rapporto con Sel e con Nichi Vendola. Ergendosi a paladino di tutti i cuor di leone italiani, Guglielmo, che non si chiama Riccardo, ha detto: “Non mi piace la sinistra che scappa”. E in questa frase sono condensati i motivi di tutte le sconfitte della sinistra negli ultimi venti anni. Il PD non è mai scappato, anzi. È rimasto ferocemente abbarbicato ai suoi scranni e alla sue piccole rendite di minoranza, con la caparbietà dei cafoni siloniani. Quando qualcuno gli faceva notare che non aveva proposto una legge sul conflitto d'interessi, sulla ineleggibilità di Berlusconi, contribuendo addirittura a meglio riformulare le leggi ad personam, la giustificazione ufficiale del PD è sempre stata quella della “pace sociale”. Secondo Luciano Violante (e non solo lui), una legge contro Silvio avrebbe imbarbarito il Paese e così, anno dopo anno, l'Italia e gli italiani sono stati fagocitati da quell'immenso tritacervelli che chiameremo, per brevità, berlusconismo. Dopo aver fatto scempio del patto con gli elettori, andando a governare con il nemico di sempre, Epifani ha dato dei vigliacchi a quelli di Sel e del M5S e li accusati, paro paro, di fuga precipitosa dalle responsabilità. Ora, chi abbia lapalissianamente tradito il patto con gli elettori, crediamo sia un fatto assodato, quello che sconvolge però, è che Epifani, appena eletto, abbia già dato ampia dimostrazione della temuta svolta “centrista” del Partito Democratico. Ma ieri è stata la giornata della summa delle correnti pidine. È tornato Vuolter con la solita palla della “sinistra che vorrei”. Ma che cazzo di sinistra vuoi, tu, che ti sei fatto mangiare da Berlusconi in un boccone? Tu che per una intera campagna elettorale hai fatto finta che Silvio non esistesse mentre ti centrava ogni giorno con colpi di bazooka chirurgici? E poi quell'altro, il sindaco di Firenze, che intervistato da Mario Calabresi al Salone del Libro, ha detto “Io non sono antiberlusconiano”, poi, rendendosi conto di averla detta grossa dal gelo che si era creato in platea, ha cercato di farfugliare una risposta che nessuno ha capito. Non ci credete? Andate sulla webtv della Stampa e riascoltatelo, roba da infuocare il sangue nelle vene. Matteo Renzi ha comunque annunciato che a ottobre non si presenterà candidato alla segreteria del PD. La ragione è semplice, a ottobre Matteo sarà a Palazzo Chigi.

domenica 19 maggio 2013

Il PD scappa dalla Fiom. La Carfagna dal supermercato e LettaLetta e Alfano ormai si baciano alla francese. Evviva la pacificazione.


Ci dispiace che Mara Carfagna sia stata offesa con parole irripetibili mentre, da brava casalinga, era impegnata a far spesa al supermercato. Ci dispiace, veramente, che una donna (e pure un uomo, perché no?) possa essere molestata per la sua appartenenza politica. Ci dispiace per gli insulti a Brunetta, a Formigoni, alla Santanchè, a Cicchitto, a Gasparri, alla Biancofiore, alla Minetti e perfino a Ruby perché, pensiamoci un attimo, loro non sono altro che maggiordomi e governanti, camerieri e badanti, con tutto il rispetto umano che abbiamo per le categorie di lavoratori succitate. Ci dispiace tanto che a Formigoni si dia del “ladro” e a Brunetta del “nano” anzi, specie per Renatino si scatena per intera la nostra solidarietà: non si offendono le persone per le loro caratteristiche fisiche, non siamo mica Mengele, porco boia. Tutt'al più il nostro risentimento nei loro confronti, riguarda gli atteggiamenti politici, l'arroganza, la presupponenza, il dileggio e lo scherno con il quale gli alti dirigenti del Pdl (di Altissimo ce n'è uno solo come nella Bibbia) hanno trattato e trattano gli italiani da vent'anni. Il genocidio culturale perpetrato nei confronti di quattro generazioni di giovani, e di un intero popolo rincoglionito dalle fiction e dai babbi natali sotto l'albero, con sulle ginocchia bambini belli, biondi e con gli occhi azzurri. Il problema è di ordine politico. Se poi ci scappa una “puttana” o un “pidocchio” o un “buffone”, da un popolo abituato a dare del “cornuto” all'arbitro, non conoscendone le gentile consorte, ci può anche stare. Evviva, quindi, la pacificazione nazionale, purché i motivi che dividono siano quelli che decide il Pdl. Così, mentre Berlusconi si prende il merito del lavoro del governo, e Alfano in conferenza stampa dice che lui è “contentissimo”, il PD, tanto per non disturbare il suo vero leader, lo stesso della destra, non va alla manifestazione della Fiom proprio sul lavoro, la mission impossibile di LettaLetta. Cosa cazzo abbiano in testa i dirigenti del Partito Democratico e, soprattutto, il socialista Guglielmo Epifani, non si è ancora capito. L'unica strategia ormai chiara, è la tendenza al martirio attraverso autocombustione che ormai, come in un olocausto pianificato dalla storia e dai 101 zozzoni, sta dissolvendo un partito che, per un po', è stato un sogno. LettaLetta e o' Schiattamuort Angelino Alfano, pur di continuare a governare insieme, sono arrivati al bacio alla francese. Dopo l'uscita di Silvio sui meriti del Pdl, i due galletti atoni (non fanno manco chicchirichì), hanno rilasciato interviste simultanee e in tempo reale per dire: “Noi siamo uniti più che mai, i processi di Silvio non minacciano il governo. Il nostro sarà pure un matrimonio di interesse nazionale, ma tranquilli, nessuno vuole dare il Paese in mano a Grillo”. Gravissima l'assenza del segretario dei democrat dalla manifestazione della Fiom, una mancanza politica e un'offesa da lavare con lo strappo della tessera, come non ricordavamo a memoria d'uomo. Così, mentre il popolo del Pdl, segretario in testa, partecipa al comizio-golpe di Silvio a Brescia senza che dal PD si sia levata una critica seria, i pidini si sono ben guardati dall'aderire alla manifestazione di Landini per il lavoro, per i lavoratori, a tutela dell'articolo 1 della Costituzione. Ma con che faccia il PD si ripresenterà al suo elettorato, e con che faccia affronterà i militanti incazzati come iene maculate affamate, se non con quella che contraddistingue il corpo umano appena sotto l'osso sacro? Di questo PD l'Italia può fare tranquillamente a meno. Silvio no. E dove li trova quacquaracquà simili...

venerdì 17 maggio 2013

Dopo Brescia, Silvio scosso: annullati tutti i comizi. Zanda vuole l'ineleggibilità. E la Porcellum finisce nel mirino della Corte Costituzionale.


La notizia è di quelle che colpiscono, considerato che viene all'indomani della reazione feroce di Silvio alle contestazioni di Brescia. Durante quella specie di comizio-golpe, Berlusconi aveva detto: “Se qualcuno pensa di intimorirmi, sbaglia, perché io sono qui e intendo restarci”. Circondato dai suoi, ma soprattutto da un cordone “sanitario” di poliziotti e carabinieri da “Duomo di Milano in miniatura”, il Cavaliere ha tenuto botta, ma poi, nel chiuso delle sue stanze, è venuta fuori tutta la paura che quei fischi e quegli insulti, avrebbero scatenato in ogni essere umano dotato di capacità di discernere neppure troppo elevata, standard, diremmo. Così, per non essere la causa del “morto che ci scappa”, Silvio ha deciso, per il momento, di sospendere i comizi, tutti i comizi, quelli previsti per le prossime amministrative e quelli ben più “politici” della lotta alle toghe rosse. Lo ha detto Denis Verdini, uno che basta guardarlo in faccia per iniziare a tremare, il che è tutto dire. Evidentemente, quello che è successo a Brescia deve aver colpito Silvio nel profondo, e non solo lui. Nonostante il ghigno e i gesti di sfida, Formigoni e Brunetta, accolti al grido di “ladro” e “coglione”, hanno passato un bruttissimo quarto d'ora, e lo stesso è successo alla signora Santanchè che si è sentita dare solo della “puttana”. Il fatto è che ieri sera, le immagini rilanciate da Servizio Pubblico, sono essenzialmente servite ad avvalorare la tesi che a Brescia non si sono fronteggiate due fazioni politiche, ma due generazioni, non il M5S e Sel contro il Pdl, ma i titolari di una rendita qualsiasi contro chi non riesce ad avere in tasca neppure i soldi per un BigMc. E l'aria che si respira è quella di una rivolta che non finirebbe con il lancio di monetine, ma solo perché le monetine non ci sono. In ballo non c'è l'abrogazione dell'Imu ma la tenuta sociale del paese, concetto che sfugge sia a Berlusconi che a questo governo di “pacificazione” nato per diporto. Un primo effetto positivo, comunque, il governo LettaLetta lo ha avuto e ancora una volta, solo per le casse di Silvio. Dopo la “pacificazione”, le imprese del Cavaliere hanno aumentato il loro valore del 43 per cento, fatto che ha portato nelle casse di Mediaset qualcosa come 88 milioni di euro e nel momento in cui si parla di tagli, di “uscite protette” di lavoratori, e dell'intenzione di Silvio di vendere “Premium”, la pay tv in perdita secca. Le azioni Mediaset, insomma, sembrano uno yoyo, su e giù seguendo la carriera politica del fondatore e unico proprietario, nonostante gli incarichi ai figli, agli amici, agli amici degli amici. Se poi come si ventila, dovesse essere nominato senatore a vita da Napolitano come ringraziamento per aver salvato il paese dalla catastrofe, c'è il rischio che Piazza Affari chiuda per eccesso di rialzo. Così, mentre Silvio veleggia tranquillo nel mare in bonaccia della pacificazione, quel monello di Zanda cerca di disturbarlo almeno con un refolo di vento, e ritira fuori dal suo cilindro il coniglio bianco della ineleggibilità del Re, vero leit motiv della campagna elettorale del senatore del PD. Ovviamente la bufera non si è scatenata su Silvio ma sul povero Zanda, che si è visto preso a male parole non solo da quelli del Pdl, che ormai starnazzano e basta, ma anche dai suoi stessi amici e compagni di partito, D'Alema in testa (ma in silenzio). A fianco di Zanda, si è schierato compatto il M5S che, attraverso i suoi portavoce, ha dichiarato all'unisono: “Bene, quando votiamo, ieri?” La Porcellum finisce sotto la lente d'ingrandimento della Corte Costituzionale. I giudici, finalmente, hanno deciso di buttarci un'occhiata, di andare a vedere se per caso, quella troiata legislativa non abbia dei motivi di contrasto con quanto stabilito dalla nostra Costituzione. Ma la cosa che ci ha fatto enormemente piacere, è sapere che i giudici, per un chek-up completo della Porcellum, impiegheranno non meno di 6/7 mesi. Quelli del Pdl sono felicissimi. Sono loro, infatti, gli strenui difensori della legge porcata, dalla quale hanno tratto, a oggi, i maggiori benefici. Se si dovesse tornare a votare a ottobre, i pidiellini vorrebbero farlo ancora con la summa del pensiero di Calderoli. E si sa, chi lascia la strada vecchia...

giovedì 16 maggio 2013

Il M5S “attenzionato”, tipico per l'Italia a trazione democristiana. Intanto i veti incrociati bloccano il LettaLetta, perché non provare un ChupaChups?


Il 18 settembre del 1996, in via Bellerio a Milano, accadde che per opporsi alla perquisizione della sede del partito, da parte della polizia inviata dal procuratore di Verona, Papalia, Roberto Maroni, colto da raptus, tentò di mordere il polpaccio di un agente. Nella colluttazione, il futuro ministro dell'Interno, non riuscì ad azzannare il poliziotto, si ritrovò con il naso rotto e una condanna a 8 mesi per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. La sentenza, in secondo grado, fu ridotta a 4 mesi e 20 giorni, ma solo perché i leghisti al governo, avevano abrogato il reato di oltraggio. L'Italia è uno strano paese, sopporta malamente i cambiamenti, li frena, li osteggia fino a bloccarli. È una nazione composta da reduci degli oratori e dall'aver votato per anni Democrazia Cristiana, dunque, con un forte senso gattopardesco: far finta di cambiare è nel nostro dna. Perfino nelle cose di tutti i giorni, gli italiani si dimostrano refrattari ai cambiamenti: meglio un'amante nascosta che rompere il tranquillo menage familiare, meglio morire di noia, piuttosto che riappropriarsi della vita muovendo il culo da una poltrona solida, calda, accogliente, ruffiana. Così, quando sulla scena irrompono personaggi che non esprimono gli stessi concetti della politica corrente e imperante, qualcuno si sente immediatamente in pericolo e aziona gli anticorpi. Accadde con la Lega, ma quei baluba tentarono l'assalto al Campanile di San Marco con un carrarmato acquistato direttamente alla fiera degli Obej Obej, e perciò si beccarono l'accusa di attentato alla sicurezza dello Stato. Sta accadendo oggi con il Movimento5Stelle, attenzionato da polizia, polizia postale, carabinieri, guardia di finanza, corpo forestale dello stato, polizia provinciale, vigili urbani, metronotte e body guard delle agenzie di sicurezza private. Tutti insieme appassionatamente, irrompono nelle sedi virtuali (difficile, non avendone i 5S nessuna), alla Casaleggio Associati, nella cantina di Beppe Grillo probabilmente piena di cimici, e sequestrano hard disk sperando di trovarci dentro le prove di un colpo di stato. Poi, per completare il giro, tirano fuori il reato di “vilipendio” al capo dello stato che, come per i leghisti l'oltraggio, appena i grillini saranno al potere, cancelleranno definitivamente, dando vita a un non luogo a procedere. E tutto per sviare l'attenzione sul problema vero che l'Italia ha in questo momento: un governo che non riesce a compiere un passo in avanti a causa dei veti incrociati. Se non ci riesce neppure un democristiano doc come LettaLetta, la vediamo dura per chiunque perché, nonostante le promesse all'atto dell'insediamento, questo governo è bloccato ancora una volta dai guai giudiziari di Silvio. A giugno ci sarà lo stop della prima rata dell'Imu, ma solo per la prima casa. Si pagherà invece quella sui capannoni industriali, perché la Ragioneria dello Stato ha fatto sapere che occorrerebbero 7 miliardi di euro per coprire le mancate entrate. La copertura della Cig in deroga dovrebbe essere parziale, non tutti i cassaintegrati, quindi, potrebbero ricevere l'assegno mensile. I tagli lineari hanno colpito ancora una volta, pesantemente, la scuola, la ricerca e la cultura, si attendono pertanto le dimissioni di LettaLetta. A fronte dell'ennesimo dramma recessivo di una nazione sulla via del dissanguamento, cosa fa il Pdl? Ripropone il condono edilizio e la legge Alfano sulle intercettazioni telefoniche. Ogni commento è superfluo, ogni considerazione ulteriore da dementi. Però, 20 grillini stanno correndo il rischio di essere rinviati a giudizio per vilipendio al capo dello stato. Grillo, anche ieri, l'ha detta giusta: “Perseguitateci pure, ma sappiate che siete seduti su una polveriera”. E tutto per salvare Silvio Berlusconi e il suo impero. Ma possibile che nessuno si renda conto che quando è troppo, è davvero troppo?

mercoledì 15 maggio 2013

Grillo: “O noi o il diluvio”. Analisi niente affatto azzardata, specie se Silvio per...


In queste ore (solo un piccolo appunto per non dare sempre torto a Beppe Grillo sulla “querelle stampa”), la Guardia di Finanza di Taranto sta procedendo a una serie di arresti eccellenti. È stato sottoposto a custodia cautelare il presidente della provincia, Giovanni Florido, accusato di concussione. Ai domiciliari sono stati lasciati l'ex assessore all'ambiente, Michele Conserva e l'ex segretario, Vincenzo Specchia. Al quarto destinatario, Girolamo Archinà, responsabile delle relazioni istituzionali dell'Ilva, il provvedimento è stato notificato in carcere. Letto il “lancio” su Repubblica, abbiamo cercato di capire a quale area politica appartenesse il presidente della provincia, ma senza risultato. Ci ha dato una mano Wikipedia, così abbiamo appurato che Florido è un ex DS, attualmente PD, retto da una maggioranza che va dal PD all'Udc, passando attraverso l'Idv, Io Sud, Rifondazione Comunista, Verdi, Sinistra Unita e chi più ne ha, ne metta. L'accusa di concussione nasconde, in termini giurisprudenziali, un reato gravissimo: aver svenduto l'ambiente. Ma sui giornali della cosiddetta sinistra, del partito di Florido non si fa cenno, seguendo in questo, paro paro, quello che i giornali di destra fanno quando (spessissimo in verità) viene beccato qualcuno dei loro. E allora, se Beppe qualche volta tuona contro i giornalisti birichini, non ha tutti i torti. Anche perché il M5S viene attaccato ogni giorno sia dai giornali di sinistra che da quelli di destra. Le ragioni sono chiare (o no?). La sinistra teme che i 5S convoglino tutti i delusi; quelli che hanno strappato la tessera; quelli che non sopportano questo governo assurdo nell'essenza prima ancora che nella sostanza; quelli che si sono cordialmente rotti le palle di Renzi e di D'Alema e non hanno nessuna intenzione di smacchiare alcunché; quelli che si sono stancati dei compromessi (storici e non) e dell'enfant prodige, Guglielmo Epifani, che guida il partito in attesa del bebè Chiamparino, il fan più sfegatato di Sergio Marchionne. Dall'altra parte ci sono i “destri”, termine che non abbrevia “destrezza” ma solo collocazione parlamentare, i quali, convinti che a ottobre si voti, hanno iniziato una campagna elettorale preventiva, visto che se davvero si andasse alle urne a breve (le sentenze contro Silvio saranno in questo fondamentali), la partita sarebbe a due, Berlusconi vs Grillo. E il nemico, come sanno perfettamente i divulgatori della telefonata Fassino/Consorte, si combatte prima, praticamente nella culla. Al di là dei toni e delle minacce, Beppe Grillo ha un mare di ragioni che qualche volta gli andrebbero riconosciute, e che contribuiscono a farci pesare meno il voto dato ad aprile. La più importante è quella legata proprio all'ordine sociale, alla capacità dei 5S di riuscire a contenere (per il momento) la rabbia di cittadini ansiosi di prendere il forcone. Il M5S convoglia rabbia, lo sanno tutti, a partire da quelli che hanno implorato “il comico” di non andare a Roma la sera dell'elezione del presidente della repubblica. A Brescia, la questione è diventata chiara, lapalissiana diremmo. Il fatto è che non si sono scontrate solo due fazioni politiche contrapposte, ma due generazioni, due modi di intendere la vita e la politica in maniera diversa, due diverse esigenze di giustizia. Da una parte la giustizia giusta, quella che si riappropria del presupposto che “è uguale per tutti”, dall'altra una giustizia solo per i più forti, i potenti, i corrotti e i corruttori evidentemente più furbi degli altri e, quindi, da tutelare a prescindere. In atto non c'è solo un conflitto generazionale di chi si è sentito scippato del futuro, ma anche di coloro che sono stati buttati fuori dal mercato del lavoro, di quelli che non avranno mai una pensione, dei pensionati al minimo diventati clienti fissi delle mense della Caritas. Per costoro, Grillo rappresenta l'ultima speranza, e se l'indignazione si ferma per il momento ai fischi, non è detto che non possa trasformarsi a breve in qualcosa di ben più terribile. Tempo fa, in ambienti insospettabili, girava una specie di tacita chiamata alle armi. Qualche giornalista un po' più attento se ne accorse e iniziò a scriverlo, ma restò quasi un'impressione sottotraccia. La sensazione che Beppe sappia perfettamente a che punto sia il fuoco sotto la cenere, è forse più di una sensazione. Poi, si può giocare sulle ispezioni della Polizia Postale alla Casaleggio Associati (e qui ci incazziamo da morire perché il nostro furto di identità lo hanno archiviato senza aver individuato i colpevoli), o sui rimborsi spese negati ai parlamentari 5S da un miliardario, ma resta forte la convinzione che senza il Movimento di Grillo, oggi parleremmo di fatti molto più cruenti. E nulla conta lo starnazzare di Brunetta in aula contro la Boldrini, e nulla conta che Libero definisca la presidente della Camera “inguardabile”. Dopo Fini e Casini e, ai suoi tempi la Pivetti, parlare di presidenti inguardabili da parte dei giornali di destra ci sembra davvero un affronto sì, ma all'intelligenza.

martedì 14 maggio 2013

Ilda Boccassini: “Berlusconi colpevole oltre ogni ragionevole dubbio”


Ieri, subito dopo la requisitoria della berjana procuratrice aggiunta di Milano, Ilda Boccassini, sulla nostra homepage di Facebook girava (prontamente rimosso) il link di una pagina di destrorsi allucinante nel titolo e nei commenti. In uno di loro, un coglionazzo con i capelli bianchi, accusava la magistratura di essersi affidata alle foto di Ruby realizzate con photoshop, per dimostrare inequivocabilmente, che la nipote acquisita per legge di Mubarak, si prostituiva. Ipotesi suggestiva, ma talmente fantasiosa, che perfino gli house organ di Silvio, non hanno mai preso in considerazione. Comunque, della richiesta di condanna formulata ieri dalla Boccassini, e dai successivi commenti, spiccano due fatti, due considerazioni che la dicono lunga sulla effettiva realtà processuale di una storia che ci ha fatto vergognare in tutto il mondo: sentirsi chiamare “bunga bunga” all'estero non è stato affatto piacevole. Il primo è che il procuratore aggiunto di Milano, ha introdotto nella requisitoria un tormentone: “Oltre ogni ragionevole dubbio”. Una formula molto americana ma che, nelle intenzioni della Boccassini, dovrebbe servire a scongiurare una eventuale assoluzione per insufficienza di prove. La Boccassini ha descritto un sistema di vita, oltre ogni ragionevole dubbio; un gruppo di persone che provvedevano con zelo al soddisfacimento delle esigenze sessuali del Capo, oltre ogni ragionevole dubbio; l'esistenza di una “rete del piacere”, che faceva capo a un casino in piena regola chiamato “Olgettina”, oltre ogni ragionevole dubbio: Ruby minorenne che si prostituiva e lo ha fatto, da minorenne, anche con Silvio Berlusconi, oltre ogni ragionevole dubbio; l'ingerenza di Silvio, allora presidente del consiglio, nel rilascio della stessa marocchina e l'affidamento, non ai servizi sociali, ma a complici compiacenti del Capataz, dopo che la ragazza era stata fermata per furto, oltre ogni ragionevole dubbio. Tutti questi “oltre ogni ragionevole dubbio”, Ilda Boccassini li ha tirati fuori per dimostrare in maniera inequivocabile, che due reati sono stati commessi e che, contrariamente a quanto riportato oggi sul Giornale e su Libero, la pm non ha richiesto la condanna dello stile di vita di Silvio, ma dei reati che ha commesso e che si chiamano “concussione” e “prostituzione minorile”. Continuare a dire che “uno vive come meglio crede, in un sistema liberale succede così”, come afferma Vittorio Feltri, è una verità assoluta, un presupposto che ci sentiamo di sottoscrivere totalmente, ma, egregio direttore, si può vivere secondo le regole di qualsiasi sistema di esistenza terrena purché non si commettano reati punibili dal codice penale di questa nazione, perché questa, come può capire, è un'altra storia, oltre ogni ragionevole dubbio. Il secondo fatto importante accaduto ieri, e oggi amplificato dai titoli dei giornali del Signore e Padrone, è che perfino i suoi più accesi sostenitori non hanno negato i fatti in sé, ma la pesantezza della richiesta di condanna. Ha iniziato Ghedini e hanno finito gli esimi direttori di cui sopra. Nessuno di loro ha detto che Silvio non ha avuto rapporti sessuali con Ruby, ma tutti hanno riscontrato una eccessiva durezza nella “interdizione perpetua dai pubblici uffici” e “sei anni da quella legale”. Solo Brunetta, con il coglionazzo della nostra pagina di FB, ha detto che è tutta una farsa e che Silvio è candido come un giglio. Ma Renatino, si sa, è fedele nei secoli dei secoli, proprio come un barboncino da salotto e poco più. Resta un senso di vergogna profondo. Resta il rammarico per un popolo che ha continuato (e continua) a sostenere e votare un signore che va con mignotte minorenni sapendo che lo sono (sia mignotte che minorenni) e che inventa le palle più colossali alle quali qualcuno fa finta di credere, ma qualcun altro ci crede davvero. Per carità, lontano da noi qualsiasi moralismo, ma già l'andare a puttane lo riteniamo un fatto privo di senso, anche se... ma con le minorenni no, tollerare gli abomini non è da società civile.

lunedì 13 maggio 2013

Crimi: “Silvio è un eversore”. E su Canale5 va in onda la più grande manipolazione mediatica della storia della tv.


Come la fiction su Totò Riina. Tale e quale. Il capo dei capi è stata la più grande fanfaronata sulla mafia che si sia mai vista in tv. Mascherata da pseudo analisi sociologica, il tono con il quale la fiction trattava la vicenda umana della “bestia” (una palese contraddizione in termini) di Capaci, di Via D'Amelio, di Via dei Georgofili, era improntato alla commiserazione giustificativa di un'infanzia, un'adolescenza e una giovinezza trascorse fra fame e violenza. In poche parole Totò Riina era diventato Totò Riina perché in giovinezza gli avevano dato le tottò sul culetto dopo aver rubato la marmellata. “Comprensivista” fino al disgusto, quella fiction grida ancora vendetta al cospetto di Falcone, di Borsellino e di quell'esercito di servitori dello Stato diventati carne da macello nelle mani del boss dei boss. Il tono della trasmissione di ieri sera su Canale5 è stato lo stesso. Comprensivo, assolutorio, giustificativo, adulatorio, ingannevole, subliminalmente fuorviante. Per l'occasione, Silvio ha perfino aperto alle telecamere i luoghi segreti della sua residenza. Dopo aver tolto accuratamente il palo della lap dance, le luci della discoteca scambiate con candele al profumo di rosa, il guardaroba con le divise da infermiera, poliziotta, suora e giudice, le telecamere hanno mostrato il salotto buono di casa Berlusconi, quello in cui, ogni quindici giorni, la compagnia di giro si riuniva per ascoltare le barzellette sconce del Dux, le storie con Putin e Bush, rivedere i filmati dei suoi discorsi e i viaggi all'estero, il cucù alla Merkel, il “vuauh!” a Michelle Obama, il baciamano a Gheddafi (salvo prenderlo per il culo per il profumo di lavanda che emanavano gli arti del dittatore libico) e le slide dei leader della sinistra che in questi anni Silvio ha fatto fuori. Forse accadeva anche che le immagini eccitassero un po' non solo la fantasia del padrone di casa, ma anche qualche altra parte del suo corpo in disfacimento, e allora capitava che una mano sfiorasse un culo o una tetta, ma sempre per sbaglio, così, tanto per giocare un po'. Insomma, la trasmissione di ieri sera, alla vigilia della requisitoria di Ilda Boccassini sul processo Ruby, è stato un colossale spot auto-assolutorio, un modo per dire alla gente: “Questa è la realtà. Non ho fatto nulla. Sono un perseguitato. Io vi ho fatto vedere tutto, la Boccassini cosa potrà mai mostrarvi se non il nulla?” E la gente gli crede. Il 30 per cento dell'elettorato gli crede ancora e, assurdità galattica, ancora lo vota. Ma mica finisce qui. In attesa della requisitoria della giudice, gli house organ sono scesi pesantemente in campo con una campagna di disinformazione come non la si era mai vista. E sono arrivati al punto in cui hanno elaborato la teoria che l'unico che ama e rispetta le donne è Silvio, perché quelli, e quelle, della sinistra, le donne le disprezzano e basta. “Donne che odiano le donne”, ha titolato oggi il Giornale, parlando della presunta aggressione verbale di Laura Boldrini contro Paola Ferrari, dell'accanimento di Ilda Boccassini nei confronti di Santa Maria Goretti-Ruby e degli insulti dei manifestanti anti-Silvio di Brescia contro la Santanchè e la Brambilla. Il fatto è, senza fare battute fuori luogo, che se uno può dare del “testa di cazzo” a Brunetta, non si capisce la ragione per la quale non possa farlo nei confronti di, una a caso, Daniela Santanchè. Ma che bisogna premettere “signora”? Alla fine sempre di testa di cazzo si tratta, signora o meno. 
Come il PD riesca a governare con simili figuri non si sa. I tempi che viviamo ci stanno insegnando che la dignità è veramente una gran puttana, perennemente in vendita al miglior offerente. Se n'è accorto anche Vito Crimi che sempre ieri, da Lucia Annunziata, ha accusato apertamente Silvio di eversione. “La manifestazione di Brescia – ha detto Crimi – è stato un vero e proprio atto eversivo”. Forse questa è la ragione per la quale i grillini bresciani, insieme ai giovani dei centri sociali, hanno pensato che occorreva farlo sapere anche a Silvio. L'uscita improvvida di Berlusconi sulle analogie fra il suo caso e quello di Enzo Tortora, ha indignato la mezza Italia che sa e che ricorda. Purtroppo quello che Silvio ha detto di Tortora non può essere derubricato a battuta, perché fa parte di una comunicazione pianificata scientificamente a tavolino, che prevede il ricorso all'uso della menzogna pura, purché lo si faccia per primi. E Silvio, in questo, è di una bravura diabolica. Sull'elezione di Guglielmo Epifani alla segreteria del PD, non diciamo nulla anche se, dopo aver visto D'Alema presente alla Fiera di Roma, abbiamo capito da dove venisse quel 15 per cento di voti assembleari mancanti per l'unanimità. C'è da segnalare che anche ieri, da più parti, comprese le magliette degli “Occupy PD” è salita forte la richiesta di conoscere i nomi dei 101 zozzoni. Risposta non pervenuta. Che uomini, gli zozzoni del PD.

domenica 12 maggio 2013

Silvio: “Io come Tortora”. E la piazza si scatena. Alla prossima manifestazione del Pdl ci scapperà il morto.


Il limite è stato superato. Continuare a manifestare contro la magistratura e le sentenze contrarie a Silvio, è diventato un fatto insopportabile. Colpisce e indigna il silenzio del PD. Colpisce e indigna il silenzio del Presidente della Repubblica. Colpisce e indigna, il silenzio del Presidente del Consiglio che vede il suo vice e i ministri del suo governo, manifestare contro un organismo autonomo dello Stato, una delle istituzioni più delicate. Ci voleva una ministra tedesca, Iosefa Idem, ieri sera da Fazio, a ricordarlo agli italiani distratti: “La costituzione garantisce l'autonomia della magistratura, non c'è altro da aggiungere”, ha detto le teutonica che ha molte più medaglie della Merkel
Il limite è stato superato perché ieri, a Brescia, abbiamo assistito all'ennesima caduta dell'impero berlusconiano e dei suoi generali. Non solo fischi, ma insulti e sberleffi, hanno accolto e accompagnato alle loro auto personaggi inguardabili, un gruppo di quacquaracquà che invece di vergognarsi, ha sfidato la gente con l'arroganza che ne ha sempre contraddistinto il passaggio sulla scena politica italiana. E i vari Formigoni, Brunetta, Gasparri, Santanchè, Brambilla lo fanno, se lo possono permettere, solo perché circondati da poliziotti e carabinieri che, ancora per poco, riescono a garantirne l'incolumità. Ieri, a Brescia, è andato in scena un vero e proprio psico-dramma, con Silvio che ha avuto la faccia (quella, pur liftata, non gli manca sicuramente), di paragonare le sue vicende a quelle di Enzo Tortora, omettendo colpevolmente di dire che Enzo Tortora, al contrario di lui, si è difeso “nei” processi, rinunciando perfino all'immunità di parlamentare europeo, pur di essere assolto “nel” processo. E tocca alla figlia di Tortora, Gaia, ristabilire la verità, dicendo chiaro e forte che Silvio, con suo padre, non c'entra una mazza. Ieri, a Brescia, si è superato il limite della decenza e della vergogna, che pure dovrebbero essere sentimenti umani. Ieri, a Brescia, si sono visti ancora una volta all'opera i manganelli che, come sempre, sono finiti sulle teste dei manifestanti, e non su quelle che dovrebbero essere le loro destinazioni finali naturali, le teste di cazzo violente. Perché i pidiellini, oltre che teste di cazzo strutturali, sono anche violenti nei loro messaggi di disprezzo e di alterigia. Ma si sa, più uno è nano e più s'incazza, e questo non è razzismo né denigrazione delle razze, è solo una presa d'atto della realtà. I nani ce l'hanno contro tutto e tutti ma, principalmente, contro la natura e il fato. Per cui se gli si da un po' di potere... caro, carissimo De Andrè
Oggi, a Spineto, all'ombra dell'abazia, andrà in scena un altro psico-dramma, quello di persone costrette a convivere sotto uno stesso tetto, quando si prenderebbero volentieri a mazzate. Non tutti, ovvio, perché LettaLetta, che non ha detto una parola sulla manifestazione di ieri, è ben lieto di avere per compagno di banco Angelino Alfano, detto anche o' schiattamuort
In compenso sempre ieri, a Roma, si è respirata, grazie a Nichi Vendola, un po' di aria di sinistra, perché dalle parti della Nuova Fiera l'aria era completamente diversa, più somigliante a quella delle assisi della Balena Bianca che non a un'assemblea di quello che dovrebbe essere il popolo della sinistra per vocazione. Il PD ha finalmente il suo segretario. Guglielmo Epifani ha raccattato l'85 per cento dei voti del parterre, ma solo perché D'Alema era impegnato a Barcellona e si sa, quando il gatto non c'è, i 101 zozzetti ballano. Dove vada questo PD fino a ottobre non si sa. Quello che è certo è il fatto che a Epifani tocca un lavoro al limite del proibito. Novello Stakanov, Guglielmo dovrà convincere nei prossimi mesi quelli che hanno strappato la tessera del suo partito a rincollarla, almeno con lo scotch. Non è detto che ce la faccia, ma da ex segretario della CGIL, abituato a dialogare con le tute blu, il compito non lo spaventa. 
Grande lezione da Piergigi Bersani, che da segretario uscente, nel suo brevissimo discorso di apertura, ha detto: “In politica funziona così: si vince insieme, si perde da soli”. Non solo in politica, Gigi. Fidati.