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martedì 20 agosto 2013

Silvio arroccato, ma questa non è una partita di scacchi. Intanto la GdF scopre altri 5mila evasori totali. Siamo proprio un paese triste

Daniela Santanchè, sempre lei, ieri ha detto che “la nota dell'Innominabile è irricevibile perché afferma solennemente che le sentenze dei giudici vanno rispettate”. Voi diteci in quale paese al mondo un presidente della repubblica potrebbe dire, senza essere preso a randellate, che delle sentenze dei giudici se ne sbatte le palle. Uno, ditecene uno. Perfino nei paesi dittatoriali le sentenze vengono rispettate, anche se in quel caso si tratta di sentenze spesso pilotate dallo stesso dittatore. Ma non è un caso che dovunque, la parola dei giudici (salvo dimostrare in giudizio che non è così), è considerata “sacra” e addirittura, in terzo grado, “inappellabile”. E continua il ricatto perenne: “O il pluripregiudicato Berlusconi continua a sedere in Senato o è crisi di governo”, un fatto inimmaginabile perfino nella Birmania dei colonnelli dove il Senato non esisteva proprio. Viviamo in un paese anormale, prendiamone atto e sforziamoci di ricordare dove il nonno ha riposto il forcone.
Ieri, andando nel nostro angolo di pineta a leggere Conan Doyle (a 99 centesimi), abbiamo incontrato due ragazzi che non stavano parlando della vineria dove andare a sbronzarsi la sera, ma delle rispettive situazioni familiari. La ragazza diceva al ragazzo: “Mio padre figura disoccupato però lavora” e il ragazzo le rispondeva: “Pure mia zia sennò non camperebbe”. Ci è venuto in mente Stefano Fassina e la sua niente affatto bizzarra idea dell'”evasore per fame”. Contro Fassina si sono scagliati quasi tutti gli alti esponenti del suo partito (ipocriti fino alla morte) mentre dal Pdl si sono limitati a dire: “Benvenuto fra noi”. L'altra sera, reduci da una non cena, abbiamo deciso di mangiare un gelato. Contrariamente a quanto avvenuto altre volte, non ce la siamo sentita di chiedere lo scontrino. In quella gelateria non c'era praticamente nessuno, fargli risparmiare un paio di centesimi di tasse ci è sembrata una idea più buona che giusta. Poi ci abbiamo ripensato e ci siamo detti “mai più”. Stando ai dati sulla disoccupazione (soprattutto quella giovanile), sulle ore di cassa integrazione, sugli operai che dalla sera alla mattina non trovano più la loro fabbrica trasferitasi nottetempo in Polonia, dovremmo vivere in un paese poco illuminato, con i locali pubblici chiusi alle 8 di sera, gente vestita malissimo intenta a rovistare nei cassonetti, mendicanti a ogni angolo di strada, mense della Caritas interdette per sovraffollamento. Quello che invece ci troviamo di fronte le poche sere in cui ci siamo permessi di fare quattro passi nei luoghi della “movida” locale, è un tutto esaurito in pizzerie e ristorantini, gelaterie e chalet balneari, mercatini e venditori di patacche e file di clienti in attesa davanti ai ritrattisti-tatuatori-parrucchieri-artisti vari-saltimbanchi-ricchi premi-cotillon. C'è qualcosa che non quadra. I conti non riportano e non crediamo che la risposta possa essere solo nella frase della ragazza di cui sopra: “Mio padre figura disoccupato però lavora”. Per anni in Italia abbiamo assistito passivamente al proliferare di secondi e terzi lavori, tutti rigorosamente in nero, che hanno permesso anche agli uscieri o ai segretari personali dei sindaci, di comprarsi la barca o la casa al mare. Per anni, e con tutti i regimi possibili, l'Italia ha vissuto più di sommerso che di lavoro alla luce del sole. Situazione invidiabile quella di denunciare un reddito e nasconderne almeno un altro. E da noi tutto questo si verificava scientificamente e con la più grande delle tolleranze. Per assurdo però, il lavoro in nero fatto per una vita è stato, in questi anni di crisi drammatica, il motivo della tenuta sostanziale del Paese, andando a costituire quello zoccolo duro del “risparmio” che ha consentito agli italiani di non soccombere miseramente nei confronti di uno spread arrivato a 535 di differenziale sui bund. Notizia di ieri, la Guardia di Finanza ha scoperto 5mila evasori fiscali totali, quella categoria di delinquenti che non denunciano neppure uno dei tre o quattro redditi di cui dispongono. E, sempre notizia di ieri, il 40 per cento degli italiani è rimasto in città non potendo permettersi neppure un giorno di vacanza al mare o in montagna. In questo paese c'è qualcosa che non va, non riportano i conti, viviamo una sostanziale forma di schizofrenia economica e di discriminante sociale. Nel frattempo però, scrivendo questo pezzo, ci siamo ricordati dove il nonno ha nascosto il forcone.

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