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mercoledì 29 gennaio 2014

Il record della famiglia Mastrapasqua: 29 incarichi pubblici in due (erano 45). Torna il fascista “boia” a Montecitorio

Antonio Mastrapasqua, presidente super indagato dell'Inps, è legato a filo doppio con Gianni Letta. L'ex direttore del Tempo, se qualcuno avesse perso la memoria, è stato per venti anni il manovratore occulto del berlusconismo. L'occulto, il nascosto, il lavoro sotto traccia, gli hanno consentito di rappresentare la faccia pulita dei forzaitalioti, tanto che in un eccesso sospetto di altruismo, Silvio lo candidò (invece di se stesso) al Quirinale. Ora, mettete un tecnico al servizio di un politico che lo ritiene affidabile, quindi fedele, e vi troverete a vivere il sogno dell'Antonio che, cooptato in quota Forza Italia nel consiglio di amministrazione dell'Inps, ne diventa il presidente e, da qui, inizia la carriera di collezionista di incarichi di Stato. Arriva a coprirne 25: nessuno come lui. Poi è bravissimo in quelli che lo mettono nelle condizioni di essere un controllato controllore di se stesso. Inarrivabile Antonio che come diminuivano i gettoni di presenza, lasciava il posto ad altri in possesso di fauci meno esigenti. Ieri sera a Ballarò, Crozza ha detto che se “Mastrapasqua lasciasse i suoi incarichi, l'Italia avrebbe risolto il problema della disoccupazione”. Era una battuta ma mica tanto. Nel frattempo è venuto fuori che la di lui consorte (dell'Antonio), di incarichi è arrivata a collezionarne addirittura 20, solo 5 in meno del record assoluto detenuto dal marito. La signora Maria Giovanna Basile infatti, è presente nei collegi sindacali della Rai, dell'Aci, dell'Acea, di aziende sanitarie fiorentine e romane, dell'impiantistica immobiliare, della consulenza aziendale e perfino di una merchant bank; per la serie “lo Zio me le ha date, guai a chi me le tocca”. Quello della famiglia Mastrapasqua, 45 incarichi pubblici e privati regolarmente retribuiti, è l'esempio classico della famiglia dell'era berlusconiana, un prototipo e un epigono di quanto Silvio abbia a cuore il concetto di famiglia, la sua e quelle dei suoi fedelissimi. E il problema della fedeltà, a una famiglia o a un'idea, si ripropone quotidianamente anche all'interno del variegato ed eterogeneo mondo dei 5S. È di ieri la battutaccia di Giorgio Sorial che, durante la conferenza stampa del gruppo dei 5S alla Camera, ha dato del “boia” a Giorgio Napolitano. Chi ci legge sa cosa pensiamo del presidente della repubblica e non vale la pena ricordarlo ancora. Quello che ci ha stupito, nel linguaggio del furioso Sorial, è che il ragazzotto che terminata l'esperienza di parlamentare tornerà a fare l'ultrà, abbia usato il termine “boia”, come fanno i fascisti e, appunto, gli ultras calcistici delle tifoserie di estrema destra. Non siamo ancora convinti che l'opera di alfabetizzazione dei grillini si sia compiuta, quello che è difficile tollerare, Napolitano o non Napolitano, è che la gergalità tipica dei fasci e dei leghisti, si riproponga ancora e con una ferocia sempre più pericolosa. Giorgio Sorial è di Brescia e deve essere uno dei baluba transfughi dal bossismo. Un bell'aquisto Beppe, notevole. Ma si sa, lo ius soli fa venire il mal di pancia ai potenziali elettori.

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