Translate

venerdì 30 maggio 2014

Martedì 27 maggio 2014, ore 18,35. Botta e risposta con un mio amico grillino

5.807.362 persone hanno oggi, grazie al lavoro di tutti e grazie soprattutto alla rete, un livello di informazione altissimo". Lo dice Alessandro Di Battista e noi gli crediamo. “Farage è uno speculatore finanziario con modi e idee da estrema destra, un misogino, omofobo, xenofobo". Lo dice la deputata grillina Eleonora Bechis e noi le crediamo anche perché in questo caso è più facile, Farage lo conoscono tutti meno Grillo. “Se il dissenso non dovesse rientrare saremo costretti a espellere altri cittadini”. Lo dice la deputata grillina Roberta Lombardi e noi le crediamo. Le crede anche il suo collega Walter Rizzetto che su Twitter twosha: “Immagino che qualcuna abbia commesso già troppi danni per avere ancora il fiato di parlare”. Immediato il dietro front della deputata più acculturata dell'intero Parlamento italiano. Torniamo daccapo, alla dichiarazione del “cerchio magico” Alessandro Di Battista: “5.807.362 persone hanno un livello di informazione altissimo”. Riporto un pacifico botta e risposta che ho avuto di persona personalmente con un grillino martedì 27 maggio, alle ore 18.35, davanti al Caffé Sciarra di San Benedetto del Tronto. Ometto il nome ma sono disposto a farlo in separata sede.
Io: “Però... che botta!”
Lui: “Che cazzo dici?”
Io: “Niente, che non avete vinto”
Lui: “Ma perché non te ne vai affanculo?”
Io: “Scusa ma perché? Venerdì pomeriggio mi hai detto che avreste vinto tanto a poco”
Lui: “Non è successo perché ci sono italiani coglioni come te che hanno votato per Renzi
Noi: “Calma, io non ho votato per Renzi, lo sai che non voto più, ne abbiamo parlato, sono tornato ad essere me stesso”
Lui: Ecco, abbiamo perso anche perché coglioni come te non sono andati a votare”
Io: “Ma non era Berlusconi che diceva che gli italiani che non votavano per lui erano dei coglioni?”
Lui: “Infatti è vero”
Io: “Tu lo sai bene, hai votato per Silvio fino all'altro ieri”
Lui: “Questi sono cazzi miei”
Io “E sono cazzi miei il fatto che non voto”
Lui: “Siete un popolo di merda”
Io: "Vabbè, non c'è storia. Ciao”
Lui: “Vaffanculo”

5.807.362 – 1, fa 5.807.361, magari ce ne sarà anche qualcun altro.

giovedì 29 maggio 2014

Cosa non si fa per un quarto d'ora di pubblicità. La Boschi e quelle scarpe un po' così

Evidentemente in crisi di visibilità (l'ultima immagine pubblica è quella che la ritrae nella foto di gruppo dei pidini trionfanti), Maria Elena Boschi, alias la “Leoparda della Leopolda”, oggi è riuscita finalmente ad essere al centro del circo mediatico grazie a una operazione nella quale c'entra come l'origano sulla carbonara: praticamente una mazza. Dopo mesi di attesa, i trentuno bambini congolesi adottati da coppie italiane hanno potuto finalmente riabbracciare i genitori. Abbiamo visto in tv la scena dell'arrivo dell'aereo a Ciampino con dentro i bambini e gli accompagnatori delle onlus. Abbiamo visto i funzionari di polizia far spostare la gente per permettere alle telecamere di riprendere la discesa dei bambini dalla scaletta dell'aereo. Abbiamo visto genitori ansiosi di vedere da vicino e di avere fra le braccia i bambini. Abbiamo notato l'attesa che c'è stata fra l'atterraggio dell'aereo e l'uscita dei passeggeri dalla carlinga. Poi, sbigottiti, abbiamo visto scendere la scaletta dalla ministra Maria Elena Boschi che di mestiere fa la responsabile del governo per i rapporti col Parlamento. Non c'era la Mogherini titolare degli Esteri né c'erano i funzionari che hanno permesso il ricongiungimento dei bambini con i loro genitori adottivi. Abbiamo pensato che come spesso è accaduto ai tempi di Silvio, un quarto d'ora di visibilità è d'obbligo se si ha un leader tanto ingombrante. Allora si approfitta del viaggio del titolare della Farnesina a Bucarest e si fa un po' di passerella. Assente anche Mario Giro, sottosegretario alla Cooperazione, Maria Elena Boschi ne ha approfittato per farsi immortalare come una brava zia con i nipotini che vede una volta l'anno, a Natale. Alla domanda di una giornalista: “Ministro, lei che non è ancora madre, come sta vivendo questo momento?” Imbarazzata, Maria Elena ha risposto: “Non sono mamma però mi sono appena nate due cuginette”. Ma ti venga un bene, treccina di papà...

mercoledì 28 maggio 2014

E ora, prima di morire di rigore, un'Europa diversa

Non c'è stata nessuna emorragia di voti, solo un calo di consensi”. Chi lo disse, Andreotti? Forlani? Rumor? De Mita, esempio vivente di cambiamento-sindaco a 86 anni? Il Bettino Craxi? Remo Gaspari? Renato Altissimo? Mavalà, il gruppo parlamentare dei 5S. Visto? Sono andati a scuola, piano piano stanno imparando le regole della politica, iniziano ad adoperare lo stesso linguaggio di un'era che fu, si nascondono e filosofeggiano sui dati dell'astensione. In poche parole, hanno “analizzato” il risultato delle elezioni europee andando contro anche il GF-Rocco Casalino, responsabile della comunicazione, il quale aveva appena detto: “Le analisi lasciamole ai vecchi”. Detto, fatto. Ma non sono le considerazioni tutte interne all'Italia che ci interessano. Chi è andato a votare lo ha fatto per rinnovare il Parlamento europeo non quello italiano. E, nonostante le minacce di far ricadere l'esito delle elezioni anche a livello nazionale, questo appena svolto è il voto per la nuova Europa e basta. Hai voglia l'antisemita-razzista-xenofoba Dame Noire a invocare referendum pro e contro, non si invoca nulla perché nulla si può fare. Il dato europeo dice che con 31 europarlamentari il PD è il gruppo più numeroso, e non solo all'interno del PSE. Diciamo pure che se Hollande non avesse preso la legnata che ha preso, probabilmente il PSE avrebbe vinto queste elezioni e Martin Schultz sarebbe diventato il presidente della Commissione. Jean Claude Junker sta rivendicando la vittoria, ma Junker significa Angela Merkel e Angela Merkel significa politica del rigore, la principale colpevole dell'avanzata poderosa degli euroscettici. Dalle notizie che si hanno sembra che Matteo sia passato all'incasso, che la nomina di Junker non sembra così certa, che i leader europei hanno dato mandato a Van Rompuy di avviare le consultazioni fra tutti i gruppi politici presenti nel nuovo Parlamento. L'Italia, ovviamente, punta al piatto finale non accontentandosi di una mano. Salgono le quotazioni di Enrico Letta e perfino di Massimo D'Alema (si sapeva, oh se si sapeva), alla guida della diplomazia del Vecchio Continente. Quello che è certo, grazie proprio al risultato delle ultime elezioni, è che Angela Merkel, questa volta, a qualche compromesso dovrà scendere e “politica di sviluppo e Eurobond” sembrano molto più vicini di quanto lo siano stati fino a Barroso, il peggior presidente della Commissione europea degli ultimi 20 anni. A fine giugno i giochi si chiuderanno e forse, sempre da venti anni a questa parte, l'Italia non sarà più considerata una mentecatta. 

martedì 27 maggio 2014

Quel cappello da tupamaro. Analisi semiseria di un vaffa... mancato

Probabilmente se Beppe Grillo avesse impostato la campagna elettorale del M5S come il video messaggio dopo la sconfitta, non avrebbe perso tre milioni di voti. Inutile negarlo, Beppe è bravoin due battute ha individuato le ragioni dello schiaffo elettorale che i “pensionati” italiani hanno dato al suo Movimento. La prima: “Siamo andati 'oltre' la sconfitta”, esattamente come ha fatto durante la campagna elettorale andando 'oltre' ogni possibile forma di buon senso. La seconda: “Casaleggio è in analisi per capire la ragione per la quale si è messo il cappellino”. In effetti, Casaleggio intervistato da Lucia Annunziata, sembrava più un capo tupamaro, o uno di quei colonnelli golpisti latino-americani, piuttosto che un politico italiano. Con una fondina, una pistola, un fazzoletto rosso-nero al collo e il kalashnikov in mano, Gian e “qualcosa” ha incarnato la parte del rivoluzionario un po' cotto e tanto, ma tanto demodè, che ormai non fa più presa neppure sulla ferraglia arrugginita della vecchia sinistra italiana, figuriamoci su un ragazzotto col microchip sottocutaneo e il joystick perennemente in mano. Talmente sicuri di vincere, i grillini sono andati avanti a muso duro e insulti della peggior specie, irritando, imbarazzando, inibendo, impaurendo tre milioni di italiani che se la sono data a gambe. Cari ragazzotti infoiati e testosteronici, datevi una calmata e invece di insultare cercate di dialogare. Non fate, insomma, che il Maalox diventi l'antiacido più venduto in Italia, anche perché non sono chiari gli effetti collaterali da overdose. Siamo sicuri che Beppe la lezione l'ha capita: meglio il comico alla Petrolini o alla Lenny Bruce, che la brutta copia di Masaniello. Il PD di Matteo Renzi, chiamato ancora erroneamente "centrosinistra" visto che di sinistra non ha più nulla, ha stravinto dappertutto e non solo alle europee. Alle regionali di Piemonte e Abruzzo il PD si è imposto con una cavalcata leggera. Chiamparino e D'Alfonso (quello della strenua lotta agli UFO), sono i nuovi governatori, i centrosinistrorsi che hanno preso il posto di Cota (boxer verdi) e Chiodi (tanga nero), per la serie “la biancheria intima è sexy ma spesso pericolosissima”. Anche nei grandi comuni l'affermazione del PD è stata quasi imbarazzante. Spiccano, dalle mie parti, due capoluoghi di provincia, Ascoli Piceno e Teramo, nei quali il “morbo nero” ha un potere devastante e contro il quale non si è ancora riusciti a trovare un rimedio efficace. Ci hanno provato perfino i ricercatori di Telethon ma senza risultato. Stavolta è accaduto un fatto straordinario. La nazione che ha fatto ridere tutto il mondo per la sua instabilità, è risultata la più stabile. Infatti in Germania la Merkel ha tenuto alla grande.

domenica 25 maggio 2014

♫ Una giornata ♪ al mare ♫


... solo e con mille lire. Sono venuto a guardare quest'acqua e la gente che c'e' e il sole che splende più forte il frastuono del mondo cos'è... 

giovedì 22 maggio 2014

Tante domande senza risposte. E il mare è sempre più blu

Vorremmo sapere se è vero che Claudio Scajola fu informato che il professor Marco Biagi correva pericolo di vita. Roberto Maroni, allora ministro del Welfare, dice (oggi) che scrisse personalmente al suo collega di governo per chiedere la scorta a Biagi anche quando si trovava a casa sua a Bologna. Sembra che fra le carte sequestrate al collettore della 'ndrangheta ci sia anche la lettera di Maroni, come sembra ci siano le richieste di tutela avanzate dallo stesso Biagi vittima di telefonate anonime minatorie. Le uniche cose certe sono due. La prima è che Scajola definì Biagi un “rompicoglioni”. La seconda che le BR lo ammazzarono sulla porta di casa.
Vorremmo sapere che fine ha fatto la commissione di inchiesta parlamentare sui fatti del G8 di Genova che la sinistra unita richiese a gran voce. Per la mattanza del G8, hanno pagato solo gli esagitati celerini. Chi ha dato l'ordine di sospendere i diritti democratici e di massacrare studenti inermi (suore comprese) è stato arrestato solo qualche giorno fa. Lasciando perdere le grandi stragi sulle quali, forse, neppure la riesumazione dei cervelli di Kossiga e Andreotti metterebbe la parola fine con la condanna dei mandanti e degli esecutori, vorremmo sapere se corrisponde al vero la notizia che i familiari di Emanuela Loi dovettero pagare il viaggio di ritorno in Sardegna dei resti della figlia massacrata dalla mafia a Via d'Amelio.
Vorremmo sapere che fine ha fatto l'indagine sulla P3, dopo aver appurato che non erano quattro amici rincoglioniti al bar ma pericolosi teorici di tangenti e malaffare.
Vorremmo sapere, perdonateci ma siamo curiosi, quanto incidono ancora la massoneria e il Gruppo Bilderberg sui destini delle nazioni, Italia in primis. Vorremmo sapere infine, “chi autorizza chi” a fare processi sommari di ogni ordine e grado. Considerata l'assenza della banda larga, si corre il rischio che i processi via web durino più di quelli ordinari. Una perdita di tempo e un giochetto inventato per chi ama vedere grondare il sangue, un trash fuori moda. Ci sarebbero altre cento domande da porre a chi ci ha governato e a chi ci governa. Ma è una perdita di tempo e proprio il mare è sempre più blu.

mercoledì 21 maggio 2014

Niente mezzi toni, nessuna sfumatura. L'insulto vince la politica perde. Meglio il mare

Questa non è politica, è un pollaio di galli starnazzatori senza pudore e senza ritegno. Di violenti senza appello alle cui battute tutti ridono come deficienti. Le ultime perle sono “assassino e evasore”, rivolte a Grillo da Silvio che non dimentica l'incidente del comico nel 1981 e soprattutto che si faceva pagare in nero i suoi spettacoli. “Evasore” detto da Silvio a Grillo è una battuta di una comicità inarrivabile, per la serie “il bue disse cornuto all'asino e l'asino gli rispose recchione”. Qui non si tratta di fare un distinguo fra la rabbia e la speranza ma fra il quacquaracquismo e il senso alto della politica che in questo paese, a parte qualche rara eccezione, non c'è mai stato. Se n'è andato anche quel minimo di idealità che ha segnato un paio di decenni della nostra storia repubblicana. Poi è arrivato Silvio, e con Silvio il buio, il malgoverno, la centrifuga dei cervelli, l'appiattimento e l'abbrutimento delle intelligenze. Con questi signori, tutti e tre indistintamente, noi non vogliamo avere niente a che fare, nulla da condividere, men che meno le amicizie mafiose, quelle imprenditoriali trevigiane, i residui di P2, P3, P4 Pi via cantando. Torneremo a comportarci come abbiamo sempre fatto prima di una serie di “errori di valutazione” pagati a caro prezzo, almeno con noi stessi e la nostra coerenza. Speriamo che il 25 maggio sia una bella giornata di sole, il mare è vicino e l'aria e la luce dovrebbero essere terse. Almeno quelle.

martedì 20 maggio 2014

Le rivoluzioni si fanno, non si annunciano (a Vespa)

Chissà se il 13 luglio del 1789, Joseph-Ignace Guillotin, scrisse a Luigi XVI una lettera di questo tenore: “Cara Maestà tua, voglio informare te e quella zoccola di Maria Antonietta, che domani mattina il popolo di Parigi darà l'assalto alla Bastiglia per quella che la Storia chiamerà Rivoluzione Francese. Ci hai scassato i cabasisi e il pane costa troppo”. Chissà se il 5 novembre del 1917, Lenin scrisse una lettera allo zar di questo tenore: “Caro Zar, ti informo che nei prossimi due giorni daremo l'assalto al tuo Palazzo d'Inverno dando inizio alla Rivoluzione Bolscevica. Con un copeco al giorno campateci tu e quegli stronzi dei tuoi generali parrucconi e revisionisti. Firmato Ilic”. Chissà se il 10 settembre 1973, l'allora colonnello Augusto Pinochet scrisse una lettera al Presidente della Repubblica Cilena, Salvador Allende, di questo tenore: “Ciao Toto', ti informo che domani mattina è meglio che non ti fai trovare alla Moneda perché siamo incazzati con i socialisti e ti dobbiamo cacciare”. Vedete? Le rivoluzioni non si annunciano, soprattutto a casa Vespa, (“se vinciamo andiamo dall'Innominabile, lo costringiamo a rifugiarsi a Cesano Boscone, dimettiamo Renzi, eleggiamo un altro presidente che ci affida l'incarico e formiamo un nuovo governo ché siamo bravi e preparati”), semplicemente si fanno. E per fare una rivoluzione occorrono le palle. Cercasi palle disperatamente.

sabato 17 maggio 2014

O quante belle cazzate Madama Dorè

E così, dopo i fascisti, i leghisti, i forzaitalioti e qualche PD che ci ha tolto perfino l'amicizia su Feisbuc (questo bel gruppo di “parassiti contro” la dovrebbe dire lunga sul nostro pensiero politico), iniziano ad arrivare gli insulti dei grillini. Tardivi, ce li aspettavamo prima, segno evidente che non siamo importanti anzi, contiamo come il due di coppe quando la briscola è bastoni. Però le nostre parole evidentemente pizzicano. I grillini non sopportano le critiche né qualche analisi che facciamo a modo nostro e allora ci danno del rimbambito, del mono-neurone, dello sparacazzate. E allora vediamole un po', queste cazzate. Gennaio 2012. Intervistato da un giornalista sullo ius soli, Grillo dice: “... questa è una questione priva di senso”. E si schiera apertamente contro. 30 aprile 2012. Di passaggio a Palermo per le elezioni amministrative, Grillo dice dal palco: “La mafia non ha mai strangolato un proprio cliente, la mafia prende il pizzo, il 10 per cento”. Grillo dimentica che la mafia non strangola i clienti ma i bambini come Giuseppe Di Matteo sì. Una brutta amnesia. 17 agosto 2013. Dal suo blog, Grillo appoggia apertamente il metodo Stamina, lo stesso che la Procura di Torino definirà una truffa rinviando a giudizio Davide Vannoni, il suo ideatore. 14 aprile 2014. Grillo usa la Shoah e il cancello simbolo di Auschwitz per attaccare Renzi e Napolitano. Non soddisfatto, parafrasa Primo Levi e si tira addosso le ire dell'intera comunità ebraica. I forzanovisti romani simpatizzanti del suo Movimento, sentitamente ringraziano. Il 26 aprile 2014, a Piombino, Grillo torna su uno dei suoi argomenti preferiti, la mafia, e dice che: “... il problema non è la mafia che non ha più una lira ma le banche”, magari vuole fare cappotto in Sicilia come Silvio, 61 a 0 e passa la paura. 15 maggio 2014. Dal palco del suo comizio a Pavia dice: “Berlusconi è impazzito per questo cane. Dudù deve essere assegnato alla vivisezione”. Apriti cielo, condanna urbi et orbi e pronta risposta su Twitter: “Sono da sempre contro la vivisezione. Sono molto affezionato al mio cane Delirio...”. Chissà cosa dirà lunedì da “Vespa il leccaculo”, come lo ha sempre chiamato salvo sfruttarlo ora per convincere i pensionati che non è Hiltler? Mah, ascolteremo attentamente. Però gli effetti devastanti di questa campagna elettorale, si fanno sentire dovunque. Colpiscono anche dove e chi non ti aspetteresti mai. Silvio, ad esempio, ha detto: “Bergoglio fa il Papa come lo avrei fatto io”. Ora, con tutti gli esempi di uomini celebri, probi e pii che poteva usare, ma come gli è venuto in mente di tirare fuori dal cilindro magico Papa Francesco? Allora è vero che Lui si sente un gradino appena sopra a Dio. Questa è una campagna elettorale strutturata su chi la spara più grossa. E anche Matteo ha deciso di adeguarsi non rispettando neppure una delle date che aveva pensato e dichiarato per l'attuazione delle riforme. “Ma che volete – ha detto il Sindaco – una settimana più, una settimana meno...”. Peccato che siano solo 20 anni che gli italiani aspettano.

giovedì 15 maggio 2014

Il complottuni contro Silvio. Torna la distinzione droghe leggere-pesanti e il candidato del PD in Abruzzo vuole proteggere le coste dagli UFO. Cannabis per tutti e viva l'Italia

Timothy Geithner, l'ex segretario di stato USA al Tesoro, ha provocato un polverone della madonna. Scrivendo nel suo saggio “Stress Test”, che funzionari europei intervennero presso Obama per far cadere Berlusconi, ha involontariamente dato una mano alla asfittica e inconcludente campagna elettorale di Forza Italia. Ieri Silvio, durante l'ennesimo comizio-rincorsa, lo ha detto chiaramente: “Pensavo che dopo una notizia del genere le prime pagine dei giornali sarebbero state dedicate tutte al complotto contro di me e invece... “ ha detto sconsolato allargando le braccia. Il fatto è che nel novembre del 2011, due terzi degli italiani alla notizia delle sue dimissioni fecero festa. Ve le ricordate le bottiglie di prosecco stappate davanti al Quirinale? Lo spread aveva superato i 500 punti di differenziale sui bund e l'Italia era finita in un tunnel senza uscita. Quando l'Innominabile diede l'incarico di formare un nuovo governo a Mario Monti, Silvio disse: “Ottima scelta. Detto fra noi l'ho suggerito io al Presidente della Repubblica”. Poco tempo prima Sarkò e la Merkel lo avevano sbeffeggiato pubblicamente e, anche se pare che i dirigenti della UE il vizietto di prendere per il culo non lo hanno perso, il mondo civile tirò un sospiro di sollievo. Ma Silvio fa finta di non ricordare e si è attaccato, come un moscone verde al sottocoda dei somari, alla rivelazione di Geithner per recuperare qualche misero mezzo punto percentuale. È partito Renatino Brunetta. Senza cravatta, con la voce rotta dall'emozione, il capello spettinato, lo sguardo assatanato di sempre, il Premio Nobel per l'Economia mancato ha detto: “Voglio una commissione d'inchiesta parlamentare”. Sarebbe la trentesima che chiede senza successo, ma il craxiano pensionato-baby non demorde e, dopo aver minacciato tutti i giornalisti della Rai, i registi cinematografici comunisti, gli impiegati della PA, i farmacisti che vendono chewing gum, gli idraulici che usano il silicone e i dirigenti scolastici che accolgono Matteo Renzi, ha deciso di indagare personalmente sulla vita dell'Innominabile per scoprire se è gay. Allora sì che ne vedremmo delle belle.
È ufficiale. Il Senato ha dato il via libera alla nuova legge sulla droga. Nuova si fa per dire, perché è quella in vigore prima del provvedimento proibizionista di Torquemada-Giovanardi. Torna la distinzione fra droghe leggere e pesanti, distinzione importante perché coinvolge l'entità delle pene in sede civile e penale. Questo significa che non possiamo andare per strada con uno spinello in mano, ma anche che nessuno potrà essere arrestato per la detenzione di un grammo d'erba. Dalle carceri usciranno un po' di persone, circa ventimila. Niente non è.
E finiamo questo post complottistico con Luciano D'Alfonso, candidato del PD alla presidenza della Regione Abruzzo, il quale durante una trasmissione televisiva ha detto: “Proteggerò la costa abruzzese dagli Ufo”. E per paura che qualcuno non lo avesse capito, lo ha ripetuto: “Dagli Ufo che minacciano l'ecosistema della costa abruzzese”. Conosciamo personalmente Luciano D'Alfonso da una vita. Era un bravo ragazzo, democristiano di ferro ma bravo ragazzo. Poi è stato coinvolto in qualche scandalo e arrestato. In primo grado è stato assolto e lui ha pensato bene di candidarsi alla presidenza della Regione Abruzzo contro il “nulla assoluto” di Forza Italia che si chiama Gianni Chiodi. Il presidente uscente è stato coinvolto di recente in un piccolo scandalo sessuale che segue quello più grande del suo assessore alla cultura Luigi De Fanis. Qualcuno potrebbe pensare che il peperoncino e il pecorino stagionato siano davvero dei grandi afrodisiaci o che il testosterone, da quelle parti, raggiunga vette inarrivabili, da Satyricon insomma, e invece è questione di virilità prorompente. I machisti di Forza Italia sono veramente dei grandi amatori, anche se a pagamento. Così, vista la sua provenienza cattolica, D'Alfonso non gioca con il sesso ma con gli Ufo che forse non esistono ma fanno sempre una grande impressione. 

mercoledì 14 maggio 2014

Silvio e i cessi europei e il Beppe attacca anche Cantone. Un voto val bene un rutto

Strane queste elezioni europee. Si vota per rinnovare il Parlamento Europeo ma sembra che si voti per rifondare quello italiano. Un lontano ricordo: quando morì Enrico Berlinguer era l'11 giugno 1984. Una settimana dopo, esattamente il 17, si tennero le elezioni europee e, anche sulla scia della commozione per la morte del segretario, il PCI per la prima (e unica volta) nella sua storia divenne il primo partito italiano, un sorpasso storico sulla DC che non si verificherà mai più. Il presidente della Repubblica era Sandro Pertini e non ricordiamo nessuna delegazione del PCI recarsi al Quirinale per invitarlo ad andarsene all'ospizio, men che meno a sciogliere le Camere e tornare alle urne. Le elezioni europee sono un fatto, quelle politiche un altro, lo sanno tutti ma qualcuno fa finta di non saperlo. Si ripete insomma la storia della richiesta di impeachment nei confronti dell'Innominabile, fatta tanto per “marcare le distanze” e prepararsi “alla campagna elettorale per le europee”. Che fine abbia fatto quella richiesta è noto, com'è noto che passata la buriana, nessuno di quelli che la proposero sia mai salito sul tetto di Montecitorio minacciando di buttarsi di sotto. Si parla alla pancia degli italiani, una sorta di analisi psicodrammatica basata tutta sulla rabbia e, tanto per non farsi mancare nulla, si minaccia una nuova “Marcia su Roma” dimostrando di non conoscere la storia, la geografia, la fisica e la matematica né di ricordare cosa accadde dopo, seconda guerra mondiale compresa. Si parla tanto per “hablare”. Si da fuoco alle polveri e stura alla voce non capendo che quello che si dice spesso viene scambiato per un rutto. Rutta Silvio quando dice che a Bruxelles, in attesa della vagonata di grillini che arriveranno, stanno costruendo dei nuovi cessi perché non saprebbero dove metterli. E rutta il Beppe quando afferma che il magistrato anticamorra Raffaele Cantone che, detto per inciso, stanco della burocrazia ministeriale ha chiesto di tornare a fare il procuratore presso il tribunale di Napoli Nord, di occuparsi del PD e non della corruzione dell'Expo. Il rutto (e Renatino Brunetta ne sa qualcosa), sembra essere diventato il mezzo di comunicazione più alla moda nel mondo di feisbuc e di tuitter (così li abbiamo trovati scritti da qualcuno profondamente acculturato) perché i social non bastano più, i giornali sono padronali e quello dell'odiato arcinemico Bruno Vespa diventa il salotto migliore per catturare i voti dei pensionati. “Siccome sono stato descritto come Hitler e il pubblico di Vespa l'ha bevuta, devo andare a dimostrare che non lo sono anzi, devo far capire di essere una mammola pensionata e pure un po' appassita”. Così ieri a Milano, il Beppe ci ha confessato di essere anche pensionato. Da buon genovese, si sa, non butta via nulla, manco i quattro becchi dell'Enpals.

martedì 13 maggio 2014

L'Italia “chiusa” per corruzione? Piacerebbe a molti. Soprattutto agli sciacalli

In giro per monti valli fiumi mari selve foreste deserti, ci sono tanti animali ma di uno in particolare non si riesce a trovare nessun aspetto positivo. Oddio, forse uno ce n'è ed è quello di essere il becchino delle carcasse dei confratelli a quattro zampe. Lui arriva quando c'è il morto o quando il fratello animale è in stato vegetativo irreversibile, e pulisce, spolpa, netta, disossa, nutrendosi di quel che resta. Le ossa le lascia, lui è un raffinato, ma le ossa, come si sa, non puzzano. È lo sciacallo e d'aspetto, non sarebbe manco brutto. Alla fine a renderlo così disprezzato è il mestiere che fa. Ovviamente il suo nome è entrato di prepotenza anche per descrivere soggetti che appartengono alla sfera degli umani, quegli esseri che dopo un disastro naturale e non, arrivano e ripuliscono case e negozi, chiese e palestre, banche e supermercati. La tecnica che condividono l'animale e l'uomo che ne assume il nome, è la stessa: agiscono contro corpi inermi e inerti. Oltre che violenti sono anche vigliacchi. In giro per piazze e città, vie e borghi, corsi e paesi, slarghi e villaggi ci sono decine di sciacalli. L'unica differenza che c'è fra questi animali da cortile e gli altri, è che agiscono su corpi moribondi, qualcuno in stato agonico. E invece di dargli una mano, di curarli, di assisterli o anche di compatirli, affondano le zanne assetate di un mix di vendetta elettorale e delirio di onnipotenza e buonanotte ai suonatori. Gli sciacalli non se la sentono di dilaniare corpi vivi. Hanno paura, ne temono la reazione, sono profondamente vigliacchi e non guardano mai negli occhi le loro vittime. Preferiscono girargli intorno come i loro colleghi alati, gli avvoltoi, in attesa dell'ultimo respiro. E come nelle scene peggiori dei peggiori western all'italiana, il futuro morto prova a sparargli ma spesso fa cilecca. Quindi, chiudere l'Italia per mafia (come per corruzione), significherebbe consegnare un corpo morto alle attenzioni degli sciacalli di turno. Chissà perché, noi agli sciacalli non faremmo mai una carezza né, tanto meno, potremmo dargli il voto.

lunedì 12 maggio 2014

I dossier di Scajola, il pm anticamorra Cantone all'Expo, i Baroni universitari e la Apple aggira da anni il fisco. “Italiani siate ottimisti”. Ottimista a chi?

Claudio Scajola, il picchiatore capo del G8 di Genova, conservava nella cantina della sua casa romana migliaia di dossier. L'essere stato Ministro dell'Interno lo ha messo nella posizione di procurarseli. Politici (avversari e non), imprenditori, banchieri, giornalisti, mignotte, reggi-moccoli, alti prelati, pseudo mafiosi erano stati catalogati e pronti per essere ricattati. A cosa serve altrimenti un dossier? A chi fossero destinate le informazioni riservate non si sa ancora di preciso, ma che Scajola fosse un politico funzionale alla 'ndrangheta sta venendo fuori in tutta la sua drammatica evidenza. 
A mali estremi, rimedi estremi, deve aver pensato Matteo Renzi nella solitudine del suo studio di Palazzo Chigi. Così, fra un invito alla speranza e un elogio alla bellezza, Matteo si sta rendendo conto che in Italia ci sono situazioni senza speranza e soprattutto senza alcuna bellezza. L'Expo del rilancio economico e d'immagine si sta trasformando in un incubo. Dall'inizio dell'avventura dell'Expo sono stati arrestati tutti i dirigenti e i tecnici che avrebbero dovuto realizzarlo. Tutti di centrodestra e leghisti simpatizzanti meno il Trota, leghista vero, che il papà aveva inserito nel personale della Esposizione per fargli guadagnare qualche soldino. Poi, come accaduto durante Mani pulite, è venuto fuori il “compagno G”, proprio come il “punto” dell'orgasmo. Primo Greganti, tutore degli appalti delle Coop, non ha perso il vizietto di truffeggiare e riappare sempre quando c'è da dire che i politici sono tutti ladri e quindi uguali e quindi perché non votare per Silvio che fra gli uguali è anche bello, intelligente, ricco e spiritoso? 
Durante l'ultimo concorso per professori universitari ne sono successe di tutti i colori. Ricorsi al Tar, esposti alla magistratura, scioperi della fame e della sete, fughe all'estero e maledizioni come piovesse. Emblematico il titolo dell'Espresso di questa settimana: “Raccomandazioni, scambi di favori, meriti negati, titoli ignorati. 
Il concorsone per scegliere i professori 
è sommerso di ricorsi. Il consiglio di stato ha accolto le proteste di un bocciato e potrebbe annullare l’intera tornata di nomine. Ecco come naufragano gli atenei italiani”. E a proposito di lotta all'evasione. È venuto fuori che la Apple da anni aggira il fisco. A fronte di guadagni in Italia per oltre 300 milioni di euro, la casa di Cupertino versa al fisco la miseria di 7,9 milioni di euro grazie a una sofisticatissima struttura societaria che fa confluire in Irlanda tutti i profitti. I nostri 007 antievasori non sono riusciti ancora a capire il meccanismo che consente alla Mela più famosa del mondo di non pagare le tasse, magari sarebbe sufficiente tornare al reato di falso in bilancio che Silvio, per salvare il suo impero dai tentacoli del fisco, pensò bene di abolire. Ma questo è un aspetto sul quale i forzitalioti sono disposti a fare la rivoluzione. Le imprese del Capo, si sa, sono sacre. 
E finiamo con l'intervista di Marcello Dell'Utri a Repubblica nella quale si definisce “prigioniero politico”. Ora, vabbè che Marcellino ha letto i diari tarocchi di Mussolini, ma ci chiediamo se conosca il significato di “prigioniero” e di “politico”. Secondo noi si è fermato alle “vacanze” di Carlo Levi nel resort di Eboli, anche se vive attualmente, da latitante e non da confinato, a Beirut.

sabato 10 maggio 2014

Scajola collettore della 'ndrangheta. Tutta la criminalità organizzata aveva un solo referente. Indovinate chi... ma Don Vito Corleone, poffarbacco!

Certo che i forzaitalioti non si facevano mancare nulla. Pur di prendere, e mantenere, il potere sono addivenuti a patti con tutti, domineddio compreso nelle vesti e tonache del quartetto di latina e liscio degli alti prelati: Ruini alle maracas, Bertone alla tromba, Bagnasco alla marimba e Fisichella ai bonghi. L'arresto di Claudio Scajola ha chiuso il cerchio magico del berlusconismo, quello dello strapotere al Sud tradotto nel 61 a 0 di qualche anno fa. Dunque. Marcello Dell'Utri, per il quale la Cassazione ha confermato la sentenza dei sette anni non in Tibet ma in Libano, era il collettore politico, l'interfaccia istituzionale con la mafia; Nicola o' Mericano Cosentino per la camorra, in primis per i Casalesi; Claudio Scajola, attraverso Amedeo Matacena, per la 'ndrangheta e Raffaele Fitto, pregiudicato anche lui ma candidato alle Europee, per la criminalità organizzata degli appalti pugliesi. Con questo vero e proprio fuoco di sbarramento, sarebbe stato impossibile per chiunque contrastare la marcia vittoriosa di Forza Italia, soprattutto perché al Nord, specie in Lombardia, agiva, con la benedizione delle alte sfere vaticane, la Compagnia delle Opere, quel sistema che “dalle panche della cattedrale”, andava a finire direttamente al Pirellone e nelle aule dei palazzi che contano. Lo hanno detto tutti: “Milano è stata sgovernata per 20 anni, impossibile per Pisapia metterci una pezza in tempi brevi”. Quello che però fa più scalpore è il fatto che gli “eroi” di Tangentopoli hanno continuato ad agire indisturbati fino all'altro ieri quando, con un blitz, sono finiti in galera. Ma vi rendete conto? Ci sono ancora Paris e Greganti. L'unico assente è Mario Chiesa, ma solo perché è stato pizzicato prima per un traffico di chewing-gum. Questa volta ce l'avevamo messa tutta per riappropriarci di un minimo di speranza. Ma dopo gli ultimi fatti e dopo aver sentito i “giovani” da Santoro, ci siamo resi conto che questo Paese è senza presente, con un passato dimenticato, e un futuro che non esiste. Ha vinto Silvio. Il Capataz è riuscito a cancellare completamente il concetto di cultura (che significa togliere la capacità di visione critica dei fenomeni) per sostituirlo con un quacquaraquismo intellettuale che fa scambiare una fiction malfatta per un capolavoro della storia delle serie televisive. Siamo allo sbando, governati da una folla di pseudo politici rumorosi e fastidiosi che a forza di calci nel culo e spintoni, stanno occupando tutti i gangli di un Paese in agonia: veri e propri sciacalli. Il nostro personale 25 maggio sarà un giorno di ferie dalla politica, e se qualcuno ci dicesse che andare a votare è un nostro diritto-dovere si prenderebbe un vaffanculo colossale. Non ci sfruculiate i cabasisi, please.

giovedì 8 maggio 2014

Claudio Scajola arrestato [consapevolmente] dalla DIA di Reggio Calabria

Stavolta l'ex ministro dell'Interno, eroe del G8 di Genova, l'ha combinata grossa. Claudio Scajola, uno dei più capienti serbatoi di voti berlusconiani, è stato arrestato a Roma dalla DIA di Reggio Calabria con l'accusa di favoreggiamento. Avrebbe, in poche e misurate parole, aiutato il suo ex collega forzaitaliota Amedeo Matacena a rendersi latitante, in poche parole a scappare, dopo la sentenza definitiva della Cassazione che lo condannava per concorso esterno in associazione mafiosa. Ovviamente Scajola è stato arrestato perché non più coperto dall'immunità parlamentare, e l'aspetto più ridicolo di tutta la faccenda è che se non ci fosse l'impunità-immunità mezza Forza Italia e un quarto del Nuovo Centro Destra sarebbero in galera, contribuendo così in modo preoccupante al sovraffollamento delle nostre carceri. Berlusconi si è detto “addolorato”. E pensare che è stato proprio lui a sacrificarlo in nome dell'inguardabilità di alcuni esponenti di FI compreso il Cosentino della Terra dei fuochi. Ma ieri Silvio era impegnato in un'altra operazione, ha presentato ufficialmente il dipartimento cultura (proprio così) di Forza Italia. Dopo aver copiato la definizione coniata da Massimo D'Alema del suo impero mediatico: “Mediaset è una grande impresa culturale”, disse Baffetto qualche tempo fa, Silvio ha sottolineato come “grazie alle fiction vendute in tutto il mondo Mediaset fa cultura” e che lui e la sua famiglia amano tanto anche il teatro perché “proprietari del Manzoni di Milano”. Poi si è scagliato contro la Rai, colpevole a suo dire, di girare fiction che favoriscono la mafia, quando è stata proprio la sua azienda a raccontare la vita di Totò Riina (“Il capo dei capi", con Claudio Gioè, 2012, Canale5), descrivendolo come un Robin Hood qualsiasi. È vero – ha detto Silvio – forse in questi anni non abbiamo tenuto in considerazione la cultura, però è arrivato il momento di fare un passo in avanti”. Vabbè che si è messo in testa di diventare “padre della patria”, ma che abbia deciso di abbracciare il mecenatismo disinteressato nei confronti di cinematografari, teatranti, musicisti d'avanguardia e burlesque, suona come un'altra delle sue manovrine elettorali.



PS Ma quanto spendono i 5S in t-shirt? E per tutte quelle manette acquistate al sexy-shop? Ah, saperlo!

mercoledì 7 maggio 2014

Matteo Salvini cacciato da Napoli: “La carogna sei tu”

Nel 2009, durante un avvinazzato raduno di corna celtiche a Pontida, fra una spruzzata di insetticida di Borghezio e un rutto di Bossi, il giovane Salvini già da allora felpato nordico, pensò di intonare una canzoncina le cui parole erano queste (testuali): “Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani. O colerosi, terremotati voi col sapone non vi siete mai lavati”, il testo di questo capolavoro letterario terminava ovviamente e calcisticamente con “Napoli merda”.
Cinque anni dopo, diventato segretario della Lega Nord, Matteo Salvini va a Napoli dove vorrebbe tanto tenere un comizio in vista delle prossime europee. “Vorrebbe” è il termine esatto perché i napoletani, che in fatto di canzoni non li frega nessuno, ricordavano perfettamente “colerosi terremotati” oltre all'inno alla puzza di cui erano stati protagonisti indiscussi nella vallata degli adoratori di Odino. Salvini ha preso atto della contestazione, ha fatto quattro chiacchiere con i giornalisti presenti e salendo in auto per darsi a una fuga ignominiosa, ha sibilato: “Tornerò”, che ai più è parsa una minaccia. Questa comparsata fuori dal mondo, gli consente però di fare la parte del martire, dell'eroe no perché gli eroi sono un'altra cosa, e di andare in tv e nelle piazze leghiste a dire quanto sono cattivi i napoletani il cui simbolo è diventato Genny 'a carogna. Chi semina vento raccoglie tempesta, in questo caso Salvini ha raccolto solo un vaffanculo e un più monastico "Salvini lavati".

martedì 6 maggio 2014

Santoro: “Grillo la smetta o scendo in piazza anche io”

Il Michele, che è un po' come il Pasquale di Totò, stavolta è uscito fuori dai gangheri. Nonostante nella sua trasmissione ospiti Marco Travaglio, il portavoce ufficioso dei grillini (ufficioso perché lo fa di risulta impallinando tutti meno il M5S), Beppone lo ha inserito d'ufficio, e come sempre motu proprio, sul suo blog miliardario nello spazio riservato ai giornalisti carogne uscite dalle fogne. La colpa è quella di aver ospitato durante l'ultima puntata di Servizio Pubblico, un operaio della Lucchini di Piombino che, in sintesi, ha dato dello sciacallo al venditore dei biglietti del suo show attraverso i comizi. Per la serie “con la politica non ci guadagnano solo i fessi”, Grillo ha accusato Santoro di lesa maestà, insomma, quell'operaio non doveva parlare ma tacere per sempre. Quindi, il Michele è stato additato al pubblico ludibrio non perché abbia detto qualcosa contro i 5S, ma perché ha lasciato che un altro lo facesse. Siamo alle ritorsioni, brutta storia dopo gli ammiccamenti alla mafia che non ha più una lira. Comunque, Santoro ha minacciato Grillo di andare, dopo le elezioni, nelle stesse piazze dove il comico ha fatto i suoi comizi per dire a tutti “come stanno le cose”. Quali cose? Di cosa parla Santoro? Che diavolo di linguaggio ricattatorio è questo? Cosa dovrebbero sapere gli italiani di Grillo che già non sappiano? Parla a nuora perché suocera intenda? Per quanto ci riguarda, sono finiti i tempi in cui abbiamo seguito Santoro a Bologna al Paladozza in nome della libertà di stampa. Oggi non andremmo neppure dal tabaccaio che dista appena trecento metri da casa. Non ci sono mai piaciuti i fazzoletti, soprattutto se usati per spolverare sedie. 

domenica 4 maggio 2014

Il lavoro è un problema e il decreto Poletti una schifezza. Competitività non è precarietà [anche se fa rima]

In questo cazzo di paese, dove i dieci più ricchi detengono la ricchezza di 5 milioni di famiglie, il lavoro è sempre stato un problema serissimo. Da sempre. A fronte di una decina di imprenditori illuminati, in Italia la maggioranza dei capitani d'industria è sempre stata formata da una masnada di farabutti che, fino a quando le vacche erano grasse, hanno fatto i bravi padri di famiglia, ma quando sono arrivate le magre o se ne sono andati all'estero o hanno chiuso i battenti lasciando allo Stato i debiti dopo avergli scippato i profitti non pagando le tasse. Diciamolo. Per gli esportatori di capitali in Svizzera, gli operai sono sempre stati non un valore ma un inciampo e i sindacati peggio dell'Agenzia delle entrate. Considerati praticamente schiavi avendo davanti l'esempio mirabile degli schiavi del lavoro veri (i cinesi, gli indiani, i vietnamiti, i senegalesi, gli eritrei, i somali, i pakistani, i filippini e mezzo altro mondo con lavoro a costo zero), gli imprenditori italiani hanno tentato di essere competitivi non globalizzando la qualità dei prodotti ma il costo del lavoro; la fregatura è che hanno trovato governanti che gli hanno dato retta e il risultato è sotto gli occhi di tutti: disoccupazione a livelli ingestibili, precarietà da terzo mondo, nessuna visione strategica, un futuro tutto da inventare. Renzi dice: “I sindacati non sono d'accordo perché gli abbiamo tolto potere”, senza considerare che il potere ai sindacati lo hanno già tolto Maurizio Sacconi e Sergio Marchionne e che mentre il secondo se n'è andato in Olanda, il primo detta ancora le sue condizioni da tagliateste operaie, possibilmente rosse, facendo il presidente della Commissione Lavoro della Camera, una vergogna. Questo decreto, il “Poletti”, precarizza definitivamente il lavoro. Far pagare una multa a quelle aziende che superano il tetto del 20 per cento dei precari è una barzelletta, non risolve nessun problema, non offre nessuna garanzia e puzza terribilmente di destra e dell'ennesimo favore a una classe imprenditoriale di quacquaracquà per giunta inetti e parecchio arruffoni. Come fa Renzi a non capirlo? C'è da considerare poi che in questo modo ha fatto rinascere Angelino Alfano, fino a ieri un comprimario e per nulla fastidioso. Che Matteo non fosse di sinistra lo si sapeva, che desiderasse far breccia nel cuore dell'elettorato berlusconiano pure, ma che avesse abdicato anche sul lavoro=dignità ci riesce difficile da capirlo. E non è l'unico aspetto sul quale il Sindaco ha iniziato a deluderci. L'impressione è che torneremo a riabbracciare i nostri ideali. Il 25 maggio ce ne andremo al mare.

venerdì 2 maggio 2014

Sarà stata anche la festa dei lavoratori, ma di lavoro si muore ancora. 330 sono le vittime dal primo gennaio 2014

Le morti sul lavoro sono come la pedofilia, il femminicidio, le zoccole di Berlusconi, i vaffanculo di Grillo, la terra dei fuochi, il sovraffollamento delle carceri, i crolli di Pompei e gli 80 euro in busta paga: una moda. Prima che i dis-organi di informazione ne diano conto deve scoppiare l'epidemia, una massa tale di fatti impossibili da velinare. L'interesse scema dopo un po', ma non perché i fenomeni di cui sopra si fermino o vengano risolti, ma perché la gente, il lettore, il telespettatore si annoia, si rompe le palle, ha bisogno di altre notizie, altri stimoli, altri interessi. E se togli (dagli interessi) la figa, il cibo e il vino be', resta poco, veramente poco. Solo se sfogli i giornali non padronali, non funzionali, non embedded, ti rendi conto che quel problema non è stato risolto anzi, peggiora. Così, uno dei cavalli di battaglia dell'Innominabile, le morti sul lavoro, come nessun altro fenomeno segnale di inciviltà e incultura, è stato relegato nelle pagine interne dei giornali e nessuno ne parla più. Poi arriva l'Osservatorio morti sul lavoro, e ci dice che dal primo gennaio le vittime sono state 169, il 20,3 per cento in più dello stesso periodo 2013. E questi sono dati riferiti solo alla gestione Inail che, come si sa, non assicura tutte le categorie di lavoratori. Perché complessivamente, i morti sul lavoro sono stati 330, una strage. Si parla poco di Thyssen, e lo si fa se ci sono processi in corso. Ma non si parla affatto delle altre “centrali” della morte: il cantiere della Metro C di Roma, la fabbrica Marcegaglia di Ravenna (proprio quella della prossima presidente dell'Eni), delle aziende ittiche di Molfetta, dell'Ilva di Taranto, tutte recidive e al centro di un contenzioso sulla sicurezza che dura da anni. Perché questi fatti accadono si sa. In venti anni, da quando Silvio doveva fare qualche favore ai suoi amici industriali, la sicurezza sul lavoro è diventato un optional e tutto in nome e per conto della produttività e della competitività del mercato globalizzato. Insomma, gli operai italiani potevano morire o ammalarsi di cancro, proprio come un lavoratore cinese, pakistano, indiano, vietnamita e cambogiano. Il culmine di questo furore industrialistico lo raggiunse Maurizio Sacconi, il ministro del Lavoro responsabile della rottura dell'unità sindacale, marito di Enrica Giorgetti, direttore generale di Federfarma, che fece incassare alle sue aziende tre miliardi di euro per un vaccino inutile, quello contro la Sars. Maurizio Sacconi (oggi punta di diamante del NCD) nel 2009 si inventò, e questa non fu che una delle nefandezze, il decreto “salva manager” che, introdotto nel Testo Unico di Berlusconi, doveva servire a salvare il culo ai dirigenti della Thyssen. Quel decreto, come quello sulla tempistica per redarre il documento sulla valutazione dei rischi di una nuova impresa, sono stati la causa della messa in mora dell'Italia da parte della UE che ci ha accusato di non aver recepito le norme comunitarie in materia di sicurezza sul lavoro. Nel mirino della UE è finito anche il decreto lavoro di Matteo Renzi nel quale si eliminava la formazione esterna all'azienda per gli apprendisti, compreso il corso sulla sicurezza. Insomma, questo è il paese che se muori sul lavoro e sei giovane, la tua vita vale 1936,80 euro. Tanto ha riconosciuto l'Inail a Graziella Marota, madre di un ventenne vittima del lavoro.