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domenica 8 giugno 2014

VENERE, PIETAS E BELTÁ L'insostenibile leggerezza della generosità. Il mio testo per l'inaugurazione di GiovArti

Diceva Oscar Wilde che “la bellezza è una forma del Genio, anzi, è più alta del Genio perché non necessita di spiegazioni. Essa è uno dei grandi fatti del mondo, come la luce solare, la primavera, il riflesso nell'acqua scura di quella conchiglia d'argento che chiamiamo luna”. Non conosciamo un solo artista che non punti nel suo lavoro alla bellezza e, anche se non c'è un ideale “assoluto” di bellezza, resistono ancora canoni che ne determinano l'esistenza o l'illusione. In fondo, l'arte è l'unica disciplina dell'intelligenza umana destinata a restare nel tempo e una volta che la bellezza viene impressa sulla tela o su qualsiasi altro supporto materiale, rimarrà lì a dispetto del tempo, delle mode, degli stili, delle concettualizzazioni. L'artista in fondo è un testimone privilegiato. Dal suo lavoro emerge sempre la realtà vissuta e, anche se filtrata dalla sua sensibilità e dal suo “genio”, il sapore che si porta appresso è quello di un mondo altro ma solo in apparenza. Quello che ci chiediamo, a prescindere dall'ammirazione senza condizioni che abbiamo nei confronti degli artisti, è come facciano oggi, in un contesto di analfabetismo funzionale imperante e perciò dilaniante, a continuare ad essere protagonisti e testimoni di una realtà che il bello lo rifiuta scambiandolo per merce di consumo o di sterile piacere. Ci domandiamo fino a che punto siano dei martiri e qual è il momento di rottura che li rende eroi di una Resistenza che combatte il brutto, il volgare, il pressappochismo, la disonestà intellettuale, l'arrivismo e ogni possibile forma di ambizione fine a se stessa. Gli artisti sono fondamentalmente dei generosi che continuano a offrire, e a offrirsi, come portatori del bello, del buono, dell'imperfezione creativa a dispetto di chi li vorrebbe relegati nel ghetto dei drop-out perché dell'arte “si può anche fare a meno”. C'è poi un distinguo tutto interno al mondo degli artisti, si chiama “coerenza” e rende una possibile discussione sul mondo dell'arte un artificio tutto da esplorare. La base di partenza di qualche tempo fa, soprattutto negli artisti giovani, era il senso profondo della ricerca di nuove vie e di nuove “prospettive” in arte. E fin quando durava questa ricerca, il coinvolgimento emotivo, l'ispirazione, il “menar pennellate” e rendere le tele solo una base di espressione, rappresentavano quella che tutto sommato era una lotta con se stessi spesso violenta, dura, senza appello. Finito il tempo delle sperimentazioni e trovata la propria strada, l'artista tendeva per sua natura a incardinarsi, a giocare con il già visto, a cristallizzare il suo stile e vivere di rendita. Fortunatamente oggi i tempi sono cambiati. Vivere solo d'arte è diventata un'impresa e forse per questo la base di partenza delle nuove generazioni è tutta “ideale” e niente affatto pragmatica. Oggi, così come avveniva un secolo fa, dell'artista restano le caratteristiche classiche e storiche: la ricerca della bellezza, la bontà, la generosità perché un artista che non si dà è un sepolcro imbiancato o una mummia da esporre. 
Disse Pablo Picasso in una controversa intervista-dialogo con Giovanni Papini: “Oggi, come sapete, sono celebre e sono ricco. Ma quando sono solo con me stesso, non ho il coraggio di considerarmi come un artista nel senso grande e antico della parola. Sono stati grandi Giotto, il Tiziano, Rembrandt, Goya. Io sono soltanto un tipo che diverte il pubblico, che ha capito il proprio tempo e ha sfruttato il più possibile l'imbecillità, la vanità, la cupidigia dei contemporanei. La mia è una confessione amara, più dolorosa di quanto può sembrare, ma ha il merito di essere sincera”. E proprio perché Picasso, più di qualsiasi altro protagonista del suo tempo, conosceva il mondo e se stesso, è stato uno degli artisti più generosi che la storia dell'arte moderna e contemporanea abbia mai avuto. Sempre Pablo Picasso tratteggiò così il suo contesto: “Nell'arte il popolo non cerca più consolazione ed esaltazione. Ma i raffinati, i ricchi, gli sfaccendati, i distillatori di quintessenza cercano il nuovo, lo strano, l'originale, lo stravagante, lo scandaloso. E io stesso, dopo il cubismo e anche da prima, ho accontentato questi maestri e questi critici con tutte le bizzarrie cangianti che mi sono passate per la testa, e meno mi capivano più mi ammiravano. A forza di divertirmi con questi giochi, con tutti questi rompicapi, rebus e arabeschi, sono diventato celebre e rapidamente”.
Non sappiamo quanti giovani oggi siano disposti a ripercorrere le strade del pittore di Malaga, una sorta di prostituzione intellettuale messa in opera solo per raggiungere fama e ricchezza, ciò di cui siamo certi è che vediamo la strada del compromesso più lontana e che il cuore gioca ancora un ruolo fondamentale in una partita aperta a ogni possibile risultato.

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