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martedì 28 marzo 2017

Cornetto &Cappuccino. Il cuore grande di Silvio


Il cuore grande di Silvio

Per anni lo abbiamo combattuto come una piaga da lupus. Ci siamo scagliati contro di lui con una veemenza fuori da ogni umano controllo. Al sentirlo nominare ci si accapponava la pelle, e avere preso atto che nei confronti degli italiani aveva compiuto un vero e proprio genocidio culturale, ci ha spinto a criticarlo aspramente a ogni piè sospinto. La sua politica economica creativa, alla trallallà, ha ridotto questo Paese allo stremo, reso i ricchi ancora più ricchi e i poveri, poveri davvero. Sotto il suo regno, i consumi di beni di lusso sono saliti alle stelle e gli smartphone, ben più di uno a testa, hanno definitivamente rincoglionito chi stava già sulla buona strada. La distruzione sistematica della scuola pubblica, del ruolo del sindacato (toh! sembra si stia parlando di Renzi), della sanità, della cultura nuova e vecchia, dell'ambiente e dell'ecosistema passano ora in secondo piano perché Silvio è stato, ed è, un uomo dal cuore grande che più grande non si può.
Migliaia le persone da lui sistemate e beneficiate. Milioni quelle che hanno tratto vantaggio con seconde case, visite da Cartier, suv e barche delle dimensioni più disparate. Gli evasori lo hanno sempre santificato perché grazie al suo cuore e alla sua generosità, si sono potuti permettere pied-a-terre, amanti giovani e sniffate chilometriche di coca.
Di tanta generosità se ne sono accorti personaggi che, altrimenti, non sarebbero stati adatti neppure di fare i magazzinieri alla Coop: Gasparri, Bondi, Bonaiuti, Confalonieri, Dell'Utri, Brunetta, Capezzone (lo ricordate Capezzone?), Scilipoti, Razzi e tutto il parlamento forzaitaliota di questa repubblica delle banane dominate dal Dux. Perché Silvio, nel bene e nel male, è stato e resta il Dux.
Ora, al tramonto della sua vita, è stato costretto a recarsi in tribunale per difendere un amico, il talent-scout al confronto del quale le Giovani Marmotte erano dilettanti: Lele Mora.
La storia è antica, come quella delle Olgettine e della vecchia terremotata aquilana che aveva perso la dentiera. Lele Mora stava fallendo. Una vita dispendiosa e fuori da ogni schema lo stavano riducendo sul lastrico.
Tramite Emilio Fede, amico e sodale di sempre, chiese un prestito a Silvio Cuor d'Oro e lo ottenne, 2 milioni e 750 euro sull'unghia. Senonché, l'Emilio fedigrafo, se ne tenne una buona parte per sputtanarla al casinò e a Lele non restarono che le briciole.
Ma Silvio, forte del suo ruolo di pater familias, non se n'è fatto un cruccio. 
Ha detto che quello era stato un prestito a fondo perduto e che non sapeva che il fedele Emilio, avesse fatto quella manfrina per un pugno di euro.
In tribunale, l'affetto che legava Silvio a Lele è venuto fuori in tutta la sua melensa drammaticità. E le lacrime copiose hanno reso l'incontro ad alto tasso recitativo, da Actor's Studio diremmo. Uno dei protagonisti delle cene di gala di Arcore si trovava sul banco degli imputati come un qualsiasi lenone e Silvio non poteva permetterlo. Quei soldi, tanti soldi, dati a Lele Mora erano stati un gesto di generosità assoluta e totale, nessuna estorsione per carità, solo colpa di un cuore che più grande non ce n'è.




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