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mercoledì 29 marzo 2017

Cornetto&Cappuccino. L'Onu e il diritto all'aborto. Nulla è come appare


 L'Onu e il diritto all'aborto. Nulla è come appare

Non sembri un refrain anche perché non è una canzone [purtroppo]. Viviamo in uno strano paese e la consapevolezza che lo sia davvero, passa attraverso le grandi e le piccole cose della vita, quegli atti e gesti stupidi che accompagnano il nostro essere cittadini appartenenti a una comunità e non a una tribù, con tutto il rispetto per le tribù.
Da sempre, dal lunghissimo potere temporale della Democrazia Cristiana, l'Italia è il paese del fatta la legge, trovato l'inganno. A volte abbiamo avuto il sospetto che l'inganno fosse nascosto addirittura nelle pieghe della stessa legge e che i legislatori DC, partito onnicomprensivo di tutte le tendenze politiche presenti sulla piazza, coscientemente prevedessero il tutto e il nulla, l'assunto e il suo contrario. Pesavano da una parte il desiderio di rendere quel potere ad libitum, dall'altra l'esigenza di pacificare e unire una nazione che ne aveva viste di tutti i colori. Come realizzare questa duplicità al meglio? Parificando di fatto le classi sociali, rendendo i ricchi un po' meno ricchi e i poveri un po' meno proletari. Così, tanto per fare un esempio, l'accesso allo studio da parte di quelle classi che non se lo sarebbero mai sognato, fu la logica conseguenza della lotta (vinta) all'analfabetismo. Arrivare alla laurea, il sogno di milioni di padri contadini e operai per i figli, diventò una realtà: l'operaio metalmeccanico poteva dire, vantandosi, di avere un figlio medico o ingegnere o avvocato o professore.
Fino a qualche anno fa, non c'era la fuga dei cervelli e tutti i professionisti trovavano lavoro in patria. Solo che in Italia il lavoro occorreva prima trovarlo poi mantenerlo, e per farlo si ricorreva al compromesso con il partito, il barone, la chiesa, la lobbie, le associazioni più o meno segrete.
Il primo giorno di un qualsiasi lavoro, i colleghi di solito chiedevano: “Chi ti ha raccomandato?” e rispondere “l'onorevole” o “il vescovo” non era uno scandalo, funzionava così. Poi, vuoi lo scorrere del tempo chiamato progresso, vuoi il numero sproporzionato dei laureati, le maglie delle raccomandazioni si sono ristrette e oggi trova lavoro solo chi supinamente accetta le regole imposte dal raccomandatore. Deve essere questa la ragione per la quale, specie nell'ambito della sanità, alcuni ruoli di peso vengono occupati da super-raccomandati che si ritrovano costretti ad accettare le linee di principio di chi li ha messi in quel posto.
Non si capisce altrimenti perché in Italia sia così alto il numero degli “obiettori di coscienza” che, introdotti come categoria in una legge (la 194/78) figlia come le altre di assurdi e antistorici compromessi, di fatto oggi ne impediscono l'attuazione. Eppure una legge dello Stato dovrebbe essere il caposaldo del nostro vivere comunitario, invece fatta la legge trovato l'inganno; inserita la categoria degli obiettori nel testo, qualcuno ha pensato di porli a baluardo della distorta idea della “salvaguardia della vita”.
La conseguenza è che se n'è accorta anche l'Onu che ha recentemente bacchettato l'Italia perché non riesce ad assicurare l'aborto legale. 
La considerazione dell'Onu parte dai dati sugli aborti clandestini che da noi, come se la 194 non fosse mai stata introdotta, sono un numero altissimo. Siccome siamo un popolo di nostalgici, a noi la figura della “mammana” fa ancora un certo effetto, che poi le donne morissero di emorragie era considerato un danno collaterale.
Le donne, come gli uomini, hanno il diritto di decidere della loro vita, e questo che rappresenta il punto centrale dei diritti umani, a volte si riduce a un optional.
Fatta la legge, trovati gli obiettori.



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