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giovedì 1 giugno 2017

Cornetto&Cappuccino. La fine triste di Angiolino l'ex delfino


La fine triste di Angiolino l'ex delfino

Alla fine, ce lo insegna la Storia, tutti i nodi vengono alla spazzola che li scioglie e il bluff, per quanto ben mascherato (ma non è questo il caso), immancabilmente scoperto. C'è chi sceglie consapevolmente di vivere la vita all'ombra di qualcuno e chi, magari per una questione di Dna, paga di persona le scelte mettendo il nome, cognome e codice fiscale su tutto quello che fa. L'ultima perla di Angiolino-ministro-di-tutto, è stata la querela contro Gazebo, la trasmissione di Diego Bianchi e Makkox che, diciamolo, ha avuto solo la colpa di descriverlo per quello che è: il niente. Difensore della famiglia e dei sacri valori dell'eterosessualità, Angiolino ha tentato in tutti i modi di prendere il posto dell'altro campione dell'ortodossia Oltretevere, quel Pierfy (Pierferdinando Casini) che da buon ex democristiano è restato a galla in ogni governo e ogni tempesta, rotto a tutte le esperienze. Ma fra i due c'è una differenza di “pasta” che balza agli occhi. Così, mentre il Pierfy se ne sta tranquillamente alla presidenza della Commissione Esteri del Senato e nessuno lo schioderà mai da qualsiasi poltrona, Angiolino sta correndo il rischio di non essere rieletto e quindi, di abbandonare definitivamente una carriera politica costruita sulla forza degli altri. Nel suo caso si può, e si deve, parlare di effetto trascinamento, di quella posizione di politico senza elettorato che emerge solo grazie alla potenza del leader di turno. Campione dei “lodi ad personam”, Angiulicchiu (per dirla all'aquilana), ha sempre navigato in acque tranquille. Fedele fino a rasentare il supino, ha scalato via via i ministeri occupandosi praticamente di tutto e fino a occupare gli Esteri, vero biglietto da visita, quasi una consacrazione della carriera di un politico. Poi, arriva il momento nel quale la vita ti chiede il rimborso di tanta magnanimità e ti rendi conto di non aver seminato nulla da poter raccogliere passata la stagione buona. Succede che Pd, Forza Italia, FiveStars, Lega e Sinistra Italiana decidano di condividere una legge elettorale con sbarramento al 5 per cento con la conseguenza, per chi raggiunge una percentuale da prefisso telefonico, di restare fuori dal Parlamento. Hai voglia di querelare Gazebo, hai voglia di ricattare il segretario del Pd, hai voglia di parlare di rappresentatività perché alla fine, per chi rappresenta al massimo sé stesso e il fratello, è difficile dimostrare di essere in buona fede. Così finì la carriera di un politico che avrebbe dovuto fare lo stagnino, se solo avesse avuto un minimo di abilità manuale.



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