Uno sguardo [assente] alle amministrative 2017
Oltre
a essere un popolo di politologi indefessi (commissari tecnici quando
gioca la Nazionale, critici musicali quando c'è Sanremo,
cinematografici quando arriva Venezia, medici quando si parla di
vaccini, ingegneri quando crolla un ponte, pensionati quando c'è un
lavoro in corso), gli italiani forti del loro tuttologismo,
raggiungono il massimo della follia creativa quando si vota per il
sindaco della città in cui abitano. Ormai, abituati come sono a
cambiare bandiera, nulla li sconvolge più e se ieri si sentivano
tutti rivoluzionari e votavano a man bassa per i FiveStars, nel
momento in cui si rendono conto che di rivoluzionario in quella
proposta non c'è una mazza, ma un irresponsabile pressappochismo,
tornano a casa e si schierano chi a destra e chi a sinistra facendo
sganasciare dalle risate due statisti del calibro di Toti e Speranza
(solo di nome). Le amministrative, si sa, sono elezioni particolari.
Quasi tutti ritrovano nelle liste fratelli, sorelle, cugini, zii,
cognati, generi, amici di bisboccia, parenti alla lontana che
telefonano solo perché sono candidati, amanti, concubine e
concubini, geometri e capiuffici vari e quindi qualsiasi calcolo
politico va a farsi friggere. Però, nonostante tutto, c'è chi,
quando vince, dà a queste elezioni valenza nazionale quando di
nazionale non ci sono manco le sigarette. Il crollo o presunto tale,
dei FiveStars, ad esempio, potrebbe essere la conseguenza della loro
incapacità di governare. Si può mettere come la si vuole ma, se
vinci a Roma e a Torino e dimostri che al massimo puoi amministrare
un condominio, la gente che non è fessa e si trova a combattere
contro le buche e la monnezza da una parte e la pessima gestione
organizzativa di eventi di massa dall'altra, cambia bandiera,
casacca, boxer e pure voto nel segreto dell'urna. Il fatto è che se
una lettura pur sommaria di questa tornata elettorale vogliamo darla,
è quella che corriamo il rischio di essere governati ancora una
volta da Brunetta, Gasparri e Romani. Allora sì che gli italiani
avrebbero dato il meglio di sé, allora sì che salpare per andare e
basta, diventerebbe un imperativo categorico.
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