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lunedì 22 agosto 2016

C'è chi dice no (e spinge violentemente a votare sì). Baffetto all'attacco


Il Presidente del consiglio dovrebbe mettere mano quanto prima alla sua squadra di comunicatori i quali, poverini, non ne hanno azzeccata una e continuano a farlo. Sbagliare è umano, perseverare democristiano, cambiano i tempi, cambiano i proverbi ma i suoi ghostwriter balbuzienti dovrebbero capire che al di là delle parole occorrono i contenuti, altrimenti si bluffa e si rende un pessimo servizio al committente. Trump, ad esempio, ne ha fatto fuori una decina. Il suo caso però, è quasi disperato; come si fa a nascondere un debito d'impresa di 650 milioni di dollari dopo aver “comunicato” al mondo di essere il più grande uomo d'affari? E come si fa a nascondere di aver fatto ricorso ai nemici storici per qualche email in più? E come si fa a chiedere il voto agli afroamericani dopo averli picchiati brutalmente ai suoi comizi? Ci vorrebbe un genio ma Trump, di geni, non ne ha e speriamo faccia la fine che merita: essere dimenticato al più presto dalla storia. Ma torniamo a noi. Vota no la destra berlusconiana. Silvio, che di trappole se ne intende, voleva tirarne una anche a Renzi (il Nazareno), ma gli è andata male perché non aveva previsto che una parte del suo non-partito, aveva più voglia di poltrone che di idee. Salvini e la Meloni votano no a prescindere, loro votano sì solo quando sono al governo e possono investire in diamanti, il resto è noia, compresa la politica contro i baluba quando i baluba veri li hanno in casa. Quello del M5S è l'unico no che comprendiamo. I pentastellati sentono odore di vittoria e vorrebbero che la legge elettorale restasse la stessa, quella che prevede il premio di maggioranza al partito e non alla coalizione. Vincendo il no, Renzi si indebolirebbe e anche se ha detto che si voterà nel 2018, la perdita al referendum di ottobre/novembre/dicembre rappresenterebbe un colpo di karate al collo, con tanto di strada spianata al monocolore M5S.
“Baffetto” voterà no, anche lui come Salvini e la Meloni, a prescindere. Colui che ha fatto il Presidente del Consiglio senza essere eletto (ricorda qualcuno?), che si è alleato con Kossiga e Mastella per fottere Prodi, che non ha mai digerito il PD, che ha perso tutte le elezioni alle quali ha partecipato, che aveva messo la bocca sul ministero degli esteri europeo per finire miseramente trombato, quello che si definisce il politico italiano “più intelligente di sempre”, si porta appresso talmente tanto rancore che, pur di vedere Renzi in ambasce, venderebbe perfino il suo storico risotto a Vissani. “Baffetto” è diabolico. Quando Bersani propose Prodi alla presidenza della repubblica, al telefono con Romano gli disse: “Mica si diventa presidente della repubblica così, con una nomination non concordata”. Prodi restò in Africa e i 101 zozzoni fecero il resto (leggere il libro di Occhetto, please!). Ora Baffin-Baffetto riunisce i pidini no-centrici cercando di anticipare il congresso e di dare una spallata al premier prenditutto. Dalla sua ha i nostalgici di sempre del berlusconismo, quelli che dicevano di essere contro Silvio e nello stesso momento, facevano malamente passare tutti i lodi del mondo e qualcuno in più. Baffetto definì Mediaset una “grande impresa culturale” e quella cultura ha finito per scombinare la testa di milioni di italiani, che hanno nella Sagra della polenta e nei film di Checco Zalone, i punti di riferimento più solidi.

Come? La sinistra storica? Perché esiste ancora oltre la cinta muraria di Capalbio? Gli immigrati vanno bene dappertutto meno che a casa loro. Capalbiesi si chiamano ora, non comunisti.

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