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mercoledì 14 ottobre 2015

Stampa e informazione. Italia: 73esimo posto nella classifica di Reporters sans frontieres, i più analfabeti funzionali del mondo per l'Ocse. Tutta colpa di Ignazio Marino

Mi piacerebbe trattare l'argomento “stampa”, ma occorrerebbe un saggio di almeno 836 pagine. Non ne ho né voglia né tempo anche se, quanto accaduto nei confronti del sindaco Ignazio Marino, merita almeno una riflessione. Parto da lontano. La situazione in Italia, stando ai numeri di RSF, ci pone al 73° posto nella statistica sulla libertà di stampa. Reporter sans frontieres sottolinea però come, in questo ulteriore crollo della stampa libera nel nostro Paese, le figure della criminalità organizzata da una parte, e le querele temerarie dei politici dall'altra facciano la loro porca parte. Le querele temerarie, come sicuramente si sa, sono quelle intimidatorie. Insomma, se dai una notizia suffragata dai fatti, il politico o l'industriale di turno ti querelano non perché smentiscono la prova, ma il giornalista che se ne è servito per compiere il sacrosanto diritto di informare. Nessun giudice darà mai ragione al politico o all'industriale, ma intanto la faccia è salva solo pronunciando la parola miracolosa, “querela”, che fa tanto figo davanti all'opinione pubblica. Tutto ciò nel momento in cui l'Ocse ci pone al primo posto della classifica sugli analfabeti funzionali (47 per cento), additandoci al pubblico, mondiale ludibrio, fra coloro che non capiscono il senso di un articolo di giornale e si fermano al titolo. Facile immaginare come un buon titolista (oggi si chiama copywriter) faccia la differenza. Infatti, assistiamo sempre più spesso all'assunzione del ruolo di titolatore da parte del direttore del giornale (Travaglio ha fatto un corso full immersion prima di assumere la direzione del Fatto), unico vero depositario della linea dettata da un editore che ha mille interessi meno che quello di fare un giornale veramente indipendente. L'Ordine dei Giornalisti ci chiama alla frequenza dei percorsi formativi, obbligatori per legge, e ci impartiscono sacrosantemente lezioni di deontologia. Ma, diciamolo, a me? E Ezio Mauro, Maurizio Belpietro, Alessandro Sallusti e Luciano Fontana, tanto per fare i nomi dei big, sanno cosa c'è scritto all'articolo 2 della legge istitutiva dell'Ordine? Prendiamo dunque atto che, se da una parte esistono i giornalisti-bersaglio della camorra, della mafia e della ndrangheta, dall'altra esistono giornalisti che lavorano con l'unico scopo di distruggere il competitore politico del loro editore. Due più due fa 73, il posto che ci meritiamo nella classifica mondiale sulla libertà di stampa. E veniamo a Ignazio Marino, il sindaco eletto democraticamente dai romani, che ha iniziato a togliere appalti, ruotato dirigenti, tolto piccoli e grandi privilegi ai vigili urbani, tentato di mettere in riga i tassisti, licenziato alcuni parenti di Alemanno, celebrato nozze gay quando era in corso il Sinodo dei vescovi sulla famiglia, e chi più ne ha ne metta. Marino è stato eletto a dispetto del PD che non lo voleva, e vincere le primarie a volte porta sfiga. Ebbene, l'accanimento nei suoi confronti degli organi di informazione, rispondenti alle logiche più diverse, è stato devastante. Nessuno avrebbe potuto seraficamente sopportare gli attacchi ripetuti dei Cinque Stelle, ansiosi di governare una grande città, dei fascisti orfani del nullatenente Alemanno, dei forzaitalioti ormai ridotti al ruolo di cornacchie, di Sel che, in attesa di Pippo Civati, non sa più che pesci prendere (o forse sì) e infine dello stesso Oltretevere al quale Marino, che pure è cattolico, sta cordialmente sulle stole. Risibile la posizione del commissario del PD romano, Matteo Orfini, il quale, cinicamente, ha fatto sempre finta di difenderlo mentre lo stava democristianamente segando. Marino qualche cazzata l'ha fatta, ma parliamo di cazzate, stile quella di starsene in ferie mentre si svolgevano i funerali di Casamonica, ma nessuno potrà mai accusarlo di concussione o di peculato. Le persone libere danno fastidio e, questa volta uso il plurale, noi ne sappiamo qualcosa. 

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