Governare
è maledettamente difficile, specie in Italia dove la suddivisione in
"arti e mestieri" è la stessa che nel Milledugento. Gli
interessi che si portano avanti, sono quelli che riguardano la nostra
categoria di appartenenza; in poche parole l'interesse comune non
esiste. Il popolo italiano, compreso chi scrive, è parcellizzato,
una volta si diceva sclerotizzato, all'interno della propria attività
lavorativa e quindi, di una personalissima categoria. Taxisti,
farmacisti, notai, idraulici, medici e infermieri, pusher, agenti di
pubblica sicurezza, personale ata, custodi di museo, escort,
petrolieri, industriali, figli di..., imbianchini, tappezzieri,
ceramisti, preti e perditempo (uno dice, che fai? Il perditempo. E
già si è iscritto a una categoria), lottano con le unghie e con i
denti per mantenere intatto il loro status. Guai a cercare di
cambiare perché a tutti sta bene così.
Il
governo? E' una porcheria se prova a toccare un privilegio
consolidato nel corso di ventenni, trentenni, quarantenni e
cinquantenni. Praticamente da quando l'Italia si unì (inno,
alzabandiera e mano sul cuore, please).
Ultimamente,
alle già mille e più categorie che compongono il nostro contesto
sociale, se n'è unita una che esisteva già ma, apparentemente,
senza la presunzione di dotarsi di uno statuto, un regolamento e una
serie di norme attuative. Parliamo della categoria degli arroganti,
quella che Treccani definisce "che tratta gli altri con
insolente asprezza e con presunzione".
Direttamente
proporzionale all'ignoranza, l'arroganza è immediatamente
riconoscibile da chi la pratica, meno da chi si sente travolto da un
mare di parole, spesso senza senso, che testimoniano solo una
maggiore capacità verbale, solitamente non comprovante altrettanta
professionalità e conoscenza.
I
politici tutti, senza distinzione di sesso, età, appartenenza, studi
primari e secondari, appartengono a questa categoria. Ma la cosa che
ci fa impazzire, è quando se la attribuiscono a vicenda. Brunetta
che dà dell'arrogante a Renzi è tutto da ridere, meno quando lo fa
Cuperlo, perché con la sua aria da serial killer perbene, corre il
rischio di sviarci. L'arroganza è quella sindrome psichiatrica che
porta ad assiomi. Tutto quello che dicono è vero semplicemente
perché lo dicono loro. Che poi si menta a ogni piè sospinto è un
fatto che non riguarda i politici perché, domani è un altro giorno
e quello che hanno detto oggi vale per oggi e non per domani.
Portatori
sani della sindrome di Vercintorige, abbiamo sempre preferito i
perdenti con l'onore delle armi, ai vincenti senza merito, quelli che
pur di vincere pescano nel torbido, ché tanto quel pesce se lo
mangeranno gli altri.
E
vincere senza merito, è uno degli alibi possibili per disegnarsi
addosso l'atteggiamento dell'arrogante, quell'essere viscido (e
tremebondo alla prima folata di vento contro), che ti investe di
parole alzando la voce perché la ragione non basta. Purtroppo,
colpevole l'informazione soprattutto televisiva, l'arroganza è
diventata un fenomeno senza più confini nobili, quelli delle aule
parlamentari, ma mobili sì. Basta vincere, che so, le primarie del
PD a qualsiasi latitudine, e ci si sente improvvisamente padreterni
con il colpo in canna. Ma forse il PD è un caso a parte, perché
anche quando si perdono...
Basta
essere candidati sindaci, perfino di un paesello di trecento anime, e
l'aspetto fisico cambia, cambiano gli atteggiamenti, cambia lo stesso
rapporto con moglie o marito e figli, cambia la camicia e la
cravatta, le scarpe ma soprattutto il modo di porsi. Il “io sono io
e voi...” con quel che segue, diventa il motto di Cetto, buono per
guardare dall'alto in basso chi su quella poltrona ti ci ha messo.
Il potere logora chi non ce l'ha, ma anche chi ce l'ha (oggi) non è
che stia messo tanto bene.
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