I
fatti sono noti. L'Unità, organo d'informazione del PD renziano,
pubblica il video di uno spot pubblicitario di Forza Italia (2008).
Fra le comparse presenti nel filmato, il giornale crede di
individuare Virginia Raggi, candidato 5Stelle alle amministrative
romane. La Raggi smentisce con forza e, in effetti, la comparsa non è
lei. L'Unità non pubblica la smentita (atto dovuto per i giornali
che pubblicano notizie non vere) anzi, raddoppia e si giustifica. Il
direttore D'Angelis dice, parafrasando Bogart: "Questo è il
giornalismo ai tempi dei social, giornalismo 2.0". Omette per
puro spirito caritatevole "bellezza", ma il senso è
quello. In nessun modo, la velocità giustifica una falsità. Mai un
giornalista dovrebbe pubblicare notizie non verificate, altrimenti
non si parla più di giornalismo ma di "passa veline" agli
ordini del leader di turno o, se si vuole, di "macchina del
fango 2.0". A chiedere scusa alla signora Raggi, ha provveduto
il presidente nazionale dell'Ordine, Enzo Iacopino, che ha detto:
"Non lo fanno loro, chiedo scusa io alla signora Raggi. Ho
esitato, è evidente, ma alla fine, pur consapevole che qualcuno si
risentirà (uso un eufemismo), non sono riuscito a farmi una violenza
capace di indurmi a tacere. Quanto fatto dall'Unità nei confronti di
Virginia Raggi, non è informazione ma una vergogna. Sia chiaro, gli
incidenti nel nostro mestiere accadono (un po' troppo spesso in
verità).Ma si dimostra di avere la schiena dritta anche scusandosi,
e non arrampicandosi sugli specchi contribuendo a pregiudicare la
nostra già precaria credibilità".
D'accordo
totalmente con il "nostro" presidente. Ci permettiamo solo
un piccolo appunto. Qualcuno ha chiesto scusa al giudice Mesiano
colpevole di indossare i calzini turchesi e all'ex direttore di
Avvenire, Boffo, assatanato viveur omosessuale? Non vorremmo che,
anche in questo caso, la colpa fosse del giornalismo 2.0, che spinse
Belpietro, Feltri e Sallusti a pubblicare notizie non veritiere,
cucinate per l'occasione.
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