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mercoledì 9 luglio 2014
L'Italia dei mille misteri. Ora spunta “Faccia da mostro”
I pentiti di mafia (ora anche
quelli di camorra) chiacchierano. O quanto chiacchierano! Così, fra
una confessione e l'altra, un sentito dire e l'altro, nei colloqui
giornalieri con i “collaboratori di giustizia” spunta
all'improvviso un personaggio che ricorre nei racconti di almeno
quattro uomini e una donna. È un tipo strano, “bruttissimo”
dicono in coro i pentiti, che di mestiere faceva il poliziotto ma che
nel tempo libero si dilettava in omicidi, un killer insomma, e dei
peggiori. Lo citano oggi, lo citano domani, i magistrati aprono un
fascicolo a suo carico e vengono a scoprire che si chiama Giovanni
Pantaleone Aiello, nato a Montauro (Catanzaro) nel 1946, arruolato in
polizia nel 1964, congedato nel 1977 ma residente presso la caserma
Lungaro di Palermo fino al 1981. Scrivono Bolzoni e Palazzolo su
Repubblica: “Vi raccontiamo per la prima volta la storia di
Giovanni Aiello, 67 anni, ufficialmente in servizio al ministero
degli Interni fino al 1977 e oggi plurindagato dai magistrati di
Caltanissetta e Palermo, Catania e Reggio Calabria. Vi riportiamo
tutte le testimonianze che l'hanno imprigionato in una trama che
parte dal tentativo di uccidere Giovanni Falcone all'Addaura fino
all'esplosione di via Mariano D'Amelio, in mezzo ci sono segni che
portano al delitto del commissario Cassarà e del suo amico Roberto
Antiochia, all'esecuzione del poliziotto Nino Agostino e di sua
moglie Ida, ai suoi rapporti con la mafia catanese e quella
calabrese, con terroristi della destra eversiva come Pierluigi
Concutelli. E con l' intelligence. Anche se, ufficialmente, "faccia
da mostro" non è mai stato nei ranghi degli 007”.
Aiello-Faccia da mostro, è l'ennesimo personaggio dai tratti
indefiniti che popola la storia davvero complicata di un Paese in cui
la differenza fra i buoni e i cattivi non è facilmente individuabile
come nei film western né c'è il capoclasse che li segna sulla
lavagna. Giovanni Pantaleone è un personaggio che attualmente fa il
pescatore in un piccolo centro della Calabria. Ufficialmente dichiara
al fisco un reddito di 22mila euro l'anno, ma gli hanno trovato
titoli per un miliardo e 195 milioni delle vecchie lire,
probabilmente frutto dei servizi resi ai mafiosi, ai terroristi e,
udite udite, allo Stato. Aiello è insomma uno di quei tizi ai quali
un colpo di revolver non ha mai fatto difetto, tanto che dicono che
nella sua carriera parallela abbia freddato anche un bambino.
Restiamo convinti che uno Stato senza verità non è uno Stato civile e
che troppe sono ancora le stragi anonime. Civiltà e dignità. Ma
quando mai!
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