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sabato 3 giugno 2017

Per un sabato, solo cappuccino. Please


Mi dispiace quando un collega, tra l'altro una personcina per bene, viene pubblicamente offeso senza motivo. Un po' perché da anni, la mia categoria è sottoposta a ogni sorta di minaccia, un po' perché quando le offese sono gratuite, cioè, non hanno senso né fondamento, quello che girano non sono solo le penne a sfera. Durante Piazza Pulita, talk-show di La7, il solito insofferente al glutine... pardon ai giornalisti, Massimo D'Alema, il politico più intelligente della storia repubblicana, ha dato dello “stupido” a Marco Damilano. Non solo, cercando goffamente di scusarsi, gli ha dato anche del “bugiardo”. Spesso, quando si viene così pesantemente attaccati, si perde il filo del discorso, si boccheggia, si cerca di sorridere per mascherare un disagio fortissimo. In questo i politici sono diventati bravi. Qualche tempo fa, arringando la folla, il Di Battista Fivestar, disse dei giornalisti tutto il male possibile. Ricordate come rispose il popolo in coro? “Ammazziamoli tutti”, dissero, senza che nessuno provasse poi a difendere in qualche modo la categoria. Quello che ha fatto in tv D'Alema è ancora peggio, perché si è comportato come Renzi e Donald Trump: la deligittimazione della stampa è il primo passo verso l'omologazione dell'informazione. Se Marco Damilano, a cui va tutta la stima possibile, fosse stato più reattivo, avrebbe fatto notare a D'Alema che stava parlando proprio del primo governo Prodi, non del secondo che è tutta un'altra storia. E sarebbe bastata una semplice domanda per far capire ai telespettatori chi, in quel momento, stava mentendo. In poche parole, Damilano avrebbe dovuto chiedere a D'Alema cosa prevedeva il patto di ferro stretto segretamente con Franco Marini. 
Sarebbe, insomma, bastato un nome: Franco Marini.
Per chi avesse voglia di leggere le parole di Romano Prodi su come andarono le cose, ecco l'intervista rilasciata dall'ex premier al FattoQuotidiano.it già nel 2014.

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