Mi
dispiace quando un collega, tra l'altro una personcina per bene,
viene pubblicamente offeso senza motivo. Un po' perché da anni, la
mia categoria è sottoposta a ogni sorta di minaccia, un po' perché
quando le offese sono gratuite, cioè, non hanno senso né fondamento,
quello che girano non sono solo le penne a sfera. Durante Piazza
Pulita, talk-show di
La7,
il solito insofferente al glutine... pardon ai giornalisti, Massimo
D'Alema, il politico più
intelligente della storia repubblicana, ha dato dello “stupido”
a Marco Damilano.
Non solo, cercando goffamente di scusarsi, gli ha dato anche del
“bugiardo”.
Spesso, quando si viene così pesantemente attaccati, si perde il
filo del discorso, si boccheggia, si cerca di sorridere per
mascherare un disagio fortissimo. In questo i politici sono
diventati bravi. Qualche tempo fa, arringando la folla, il Di
Battista Fivestar, disse
dei giornalisti tutto il male possibile. Ricordate come rispose il
popolo in coro? “Ammazziamoli tutti”, dissero, senza che nessuno
provasse poi a difendere in qualche modo la categoria. Quello che ha
fatto in tv D'Alema
è ancora peggio, perché si è comportato come Renzi
e Donald Trump:
la deligittimazione della
stampa è il primo passo verso l'omologazione dell'informazione.
Se Marco
Damilano,
a cui va tutta la stima possibile, fosse stato più reattivo, avrebbe
fatto notare a D'Alema
che stava parlando proprio del primo governo Prodi, non del secondo che è tutta un'altra storia. E sarebbe bastata una semplice domanda per far capire ai telespettatori chi, in quel momento, stava mentendo. In
poche parole, Damilano
avrebbe dovuto chiedere a D'Alema
cosa prevedeva il patto
di ferro stretto segretamente con Franco
Marini.
Sarebbe, insomma, bastato un nome: Franco
Marini.
Per
chi avesse voglia di leggere le parole di Romano
Prodi su come andarono le
cose, ecco l'intervista rilasciata dall'ex premier al FattoQuotidiano.it già nel 2014.
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