Come
vivono i cinesi in Italia lo sanno tutti. La più grande coglionata
che abbiamo sentito è “a loro sta bene così”, come se lo stato
di schiavitù fosse una libera scelta. Negli anni ci è capitato di
interessarci di sicurezza sul lavoro, soprattutto quando le cronache
di veri e propri disastri hanno iniziato a riempire le prime pagine
dei giornali. È stato allora che ci siamo resi conto che di lavoro
si moriva, bruciati dall'olio incendiario della Thyssen o soffocati
dai gas velenosi delle cisterne improbabili delle raffinerie sarde
dei Moratti. Poi l'amianto e l'Ilva, dieci, cento, mille Bhopal.
Improvvisamente di lavoro si è iniziato a morire di meno, grazie,
non c'è più! Però quando accade, come a Prato, parte il cordoglio
e sgorgano le solite lacrime di circostanza, perché alla fine sono
cinesi e taroccano le firme del made in Italy, quindi chi se ne
frega? Queste sono le stranezze dell'Italia, pronta a fare quel numero sul
cellulare per due euro da dare alle ong convinta di essersi lavata la
coscienza di fronte alle ingiustizie. Però nessuno protesta se in
Senato non si trova la quadra per una legge elettorale decente,
nessuno si indigna pensando che questa legge, che assicura solo una
ingovernabilità non più sostenibile, è ancora lì a disposizione
di Silvio, di Grillo e della Lega che non vogliono saperne di dare un
governo serio a una nazione allo stremo. Se qualuno non lo
ricordasse, la Porcellum fu voluta fortemente da Berlusconi che se la
inventò non per far riposare i parlamentari il sabato, come ha
millantato nell'ultimo s-comizio di Roma, ma per impedire a Prodi di
governare con una maggioranza certa. La Porcellum ottenne l'effetto
desiderato, la compravendita dei senatori fece il resto. Indovinate
chi vinse le elezioni subito dopo? Esatto, Silvio che instaurò l'Impero di Arcore. Ma la notizia più appetitosa delle ultime
ore, non riguarda le primarie del Pd né il Vaffa Day di Genova. E,
anche se Renzi ha berlusconianamente promesso un milione di posti di
lavoro (nel turismo però), e Grillo delirato ancora una volta nella
sua città, la confessione di Baffetto alle Iene ci ha colpito
profondamente perché per la prima volta in vita sua, Massimo D'Alema
ha ammesso di non essere un mostro d'intelligenza politica,
convinzione che lo accompagna praticamente dalla nascita. “Fu un
errore – ha ammesso il Leader Maximo – andare a Palazzo Chigi. Fu
un errore cadere nella trappola di Cossiga e di Mastella. Fu un
errore cedere alla mia ambizione di sedere sulla poltrona di primo
ministro perché da allora mi porto addosso la fama di 'inciucione'”.
Qualcuno potrebbe dire “meglio tardi che mai”, ma non è così.
Se i guasti di quella decisione ce li portiamo ancora appresso, è
difficile trovare una scusante, seppur umana, per il più grande
inciuciatore della storia della repubblica.
Oggi
la Corte Costituzionale deciderà il destino del Porcellum. È un
appuntamento importantissimo e lo sanno tutti. E la dimostrazione
finale che questa politica e questi politici non servono più a
nulla.
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