Premessa.
Qualche amico non abituato alle nostre tiepide aperture di credito,
ci ha detto, scritto e fatto sapere di non gradire la nostra “svolta
renziana”. A meno che la demenza senile non abbia iniziato a fare
la sua comparsa a nostra insaputa, quello di immaginarci alla corte
del Sindaco è un atto di estrema superficialità. Non siamo
renziani, non lo saremo mai né ci sogneremmo mai di entrare nel
club esclusivo degli scrittori creativi (che è un assurdo in
termini). Semplicemente, e lo confermiamo, proviamo una istintiva e
innata simpatia per chi propone un sogno, ha una prospettiva a lunga
scadenza, non disdegna di viaggiare dalle parti dell'utopia. Sapete,
nonostante le primavere, siamo rimasti legati al sogno guevariano di
una dignità umana non calpestabile né acquistabile, a una idea di
libertà senza se né ma, al valore ineguagliabile di una giustizia
sociale giusta, tutto qui, e Matteo, uno sguardo al futuro almeno ha
tentato di darlo. Punto. E quanto Renzi ci abbia azzeccato nel
formulare le sue teorie per un'Italia diversa, lo si è capito ieri.
Come si usa, avvicinandosi il Natale, il presidente della repubblica
è solito fare gli auguri alle alte cariche dello Stato, per cui le
riunisce tutte nel salone delle feste del Quirinale e indirizza loro
il suo messaggio. Di buon'ora, il neoeletto segretario del Pd, si
avvia al Colle in compagnia del ministro Del Rio, renziano conclamato. Prima sorpresa, il corazziere di guardia al portone chiede
cortesemente al Sindaco di mostrargli l'invito. Non avendolo, Matteo
deve farsi garantire dal ministro Del Rio il quale, come si usa per
gli imbucati alle feste, dice. “Il signore è con me”. Matteo
capisce subito l'aria che tira e ne ha conferma non appena mette
piede all'interno del palazzo presidenziale: non se lo fila nessuno.
Incontra la Cancellieri: zero. Gelo. Però saluta il suo amico
Enrico. Siede in nona fila solo grazie a un posto riservato lasciato
libero, visto che il cartellino con su scritto “Renzi” non c'è.
Incrocia lo sguardo con la Camusso: zero. Gelo. E pensa: “I
sindacalisti fra le alte cariche dello Stato, boh!”. Poi. “Toh,
ci sono anche i giornalisti. Ma che c'azzeccano loro con le alte
cariche dello Stato? Boh!” Parte il discorso dell'Innominabile e si
rende conto di essersi seduto appena dietro Elio Vito e Daniele
Capezzone e davanti a Cesa dell'Udc. “Magari c'ho le traveggole”,
dice Matteo fra sé e sé. Poco prima aveva scambiato quattro
chiacchiere con Fabrizio Saccomanni e salutato affettuosamente Cecile
Kyenge, l'unico saluto affettuoso della mattinata. Ascolta
attentamente il discorso del presidente poi, invece di accomodarsi al
ricco buffet, prende la via d'uscita e se ne va passando dal
guardaroba dove incontra, indovinate chi? Angelino Alfano. “So che
lei parla solo con Letta”, gli dice Matteo, e il ghiaccio polare
dell'incontro, per un momento, si scioglie. Un solo commento finale.
Il sindaco di Firenze non rientra (ancora?) nell'elenco dei boiardi
di Stato. Se questa non è una buona notizia, almeno ci si avvicina.
Che delusione!!!!! Prima Grillo, adesso Renzi ..... altro che tiepide aperture di credito, evidentemente anche tu hai bisogno del Messia. Mi dispiace
RispondiEliminaChe delusione scrivere e non essere capiti. Magari non so più comunicare o, più semplicemente, chi mi legge naviga in superficie pur in presenza di motivazioni che tutto sono meno che superficiali. Capita anche a me di cogliere negli altri quegli spunti di non ordinarietà che mi danno una speranza. E' accaduto con Di Pietro ed è stata un'amara delusione. Con Grillo la simpatia è durata un amen. A Renzi concedo un mese (sono passati solo due giorni da quando è ufficialmente segretario del PD). Vado a scadenze fisse e non più appellabili. E il messia, magari con falce, martello, stella e l'attrezzeria archeologica della sinistra cieca e litigiosa lo lascio tutto a te. Ni dieu ni maitre, ricordalo... a futura memoria.
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