Dovevano
essere 15mila, erano appena tremila, scarsi, ieri a Roma, i
fasci-forconi. Dopo essere stato pizzicato prima a bordo di una
Jaguar fiammante, poi di una Mercedes d'annata, Danilo Calvani, un
po' 'Nduccio un po' Er Piotta, leader dei forconi laziali che i
forconi veri hanno rinnegato, ha dato in Piazza del Popolo, su un
podio montato alla bell'e meglio, l'esempio della sua fulgida e alata
oratoria, iniziando il discorso con: “'rreta a la capanna sott a
chella fratta”. E tutti in coro “Italia, Italia, Italia”. Più
che una manifestazione di incazzati sembrava la fine del raduno
nazionale degli alpini quando, dopo ettolitri di vino rosso e grappa a
gogò, si canta “Quel mazzolin di fiori” e “Valsugana”. In
Italia, sarà l'aria di Natale, sarà che non riusciamo mai a
prenderci sul serio, le manifestazioni, i picchetti, i boicottaggi,
gli scioperi bianchi finiscono sempre a tarallucci e vino, più vino
che tarallucci ma fa lo stesso. Nati con l'intenzione di rompere le
palle, “Ci scusiamo per il disagio”, disse qualche giorno fa
Mariano Ferro parafrasando i cartelli dell'Anas sull'autostrada, le
proteste sacrosante dei forconi si sono trasformate in una sorta di
grande happening collettivo, un helzapoppin mal riuscito, un flash
mob di danzatori zoppi. Andando in auto per le strade di una città,
abbiamo assistito a una di queste manifestazioni volanti. A un
semaforo c'era un gruppo di cittadini attraversavano la strada quando
il semaforo era verde e restavano fermi quando diventava rosso. Molto
educati e per niente disposti a disturbare gli automobilisti
impegnati nello shopping natalizio, avevano piantato un cartello con
su scritto: “Se condividete la nostra protesta, suonate il
clacson”. Mai sentito tanto silenzio in un'arteria sempre
congestionata come quella che stavamo attraversando. Ovviamente,
siccome sventolavano tutti il tricolore, i manifestanti dovevano
essere quelli dello 'Nduccio di Latina visto che davano appuntamento
ai cittadini sensibili per ieri a Roma, per la grande adunata del
Movimento 9 dicembre, così si chiamano i forconi di Calvani.
Scommettiamo che nessuno di loro si è preso la briga di andare nella
Capitale, anche perché tremila persone, alla fine, non rappresentano
che un decimo della popolazione di una piccola borgata romana. Però
i fasci-forconi c'erano tutti, ma proprio tutti. Quando Calvani ha
fatto l'appello, si è accorto che c'era perfino qualche imbucato e
che qualcuno aveva sbagliato piazza e manifestazione, altrimenti
sarebbero stati meno. Inutile riportare gli sproloqui del Piotta
latinense e gli slogan dei casapoundini, figli del vin brulè che
sora Cesira aveva preparato con amorevole cura nella cantina dei
Cesaroni alla Garbatella. L'appuntamento è per dopo Natale quando,
digeriti i fritti, i fasci-forconi si ritroveranno in piazza per il
fantozziano rutto libero post bottiglia di birra Peroni ghiacciata.
Nessun commento:
Posta un commento