Le due
facce dei “forconi” sono venute fuori. Era inevitabile. Da una
parte l'ala movimentista e protestataria pura, quella di Ferro e
Chiavegato, che non sarà a Roma mercoledì prossimo. Dall'altra
quella fascista e sfascista di Calvani (che ha optato per una
Mercedes da sfasciacarrozze dopo la fiammante Jaguar di Torino) e
Baldarelli che hanno fatto sapere che loro a Roma ci saranno, con i
casapoundini e i gentleman di Forza Nuova. “Temiamo infiltrati”,
ha detto Mariano Ferro, pur sapendo che gli infiltrati fascisti ci
sono stati fin dal primo momento e che non erano propriamente
infiltrati ma manifestanti a tutti gli effetti. L'arresto di Stefano
Di Simone poi, il vicepresidente di Casa Pound fermato durante un
blitz nella sede della rappresentanza della UE a Roma, ha complicato
ancora di più le cose, visto che i fasci si stanno già mobilitando
(a modo loro e con i manganelli) per chiederne la liberazione. Così,
mentre da una parte i neo-nazisti si ritrovano stanati e rifiutati
dalla maggioranza delle sigle che compongono il Movimento dei
forconi, dall'altra i politici continuano a fare i politici, a
prendere tempo, a discutere sulle unioni civili e sullo ius soli. E
veniamo a Matteo Renzi. Ieri mattina abbiamo seguito molto
attentamente il suo discorso di insediamento e, non possiamo
nasconderlo, in molti passaggi della sua ora di monologo, abbiamo
ritrovato parecchie idee di una socialdemocrazia europea,
progressista e riformista, che non sentivamo dai tempi di Jaques
Delors. Nessuna intenzione di paragonare il sindaco di Firenze
all'ultimo statista che la Francia ha avuto (non sta messa meglio di
noi!), ma almeno qualche spunto un po' di sinistra, poco poco, piano
piano, Matteo lo ha tirato fuori. Non è infatti un caso che da Lucia
Annunziata, un rinfrancato Alfano lo abbia detto a chiare lettere:
“Temevamo che Renzi potesse erodere una parte dell'elettorato di
centrodestra, invece si è dimostrato il segretario di sinistra che a
noi fa un comodo della madonna”. Ma Alfano non ha capito che,
almeno a parole e con una energia insospettabile, Matteo Renzi ha
dato ieri una prospettiva all'Italia delle battute e delle
barzellette, delle tette e dei culi, delle riforme sempre annunciate
e mai attuate. Ha regalato, se così possiamo definirla, una visione,
ha dato un senso e un obiettivo all'impegno in politica, non ha
protestato ma proposto... scusate se è poco. Così, mentre su
Twitter Dudù spopola trascinato dalle Barbare d'Urso del momento, la
maggioranza degli italiani (almeno così speriamo), ha capito che nel
piatto non può continuare a trovarsi con una porzione di LiverDog ma
che occorre nutrirsi con qualcosa di più adatto all'uomo che non
provenga dalle meritorie mense della Caritas. E a fronte della
“visione” di Matteo, Grillo ha reagito malissimo con tweet e post
all'acido solforico, dimostrazione che spera ancora di risolvere i
problemi che abbiamo picchiandoci ancora dove i sondaggi gli dicono
di menare. E ha perso un'altra occasione, quella di vedere il PD non
toccare i soldi dei rimborsi delle spese elettorali. Ma quante
occasioni ha perso Beppe con le sue battute? Fra un po', come numero,
arriverà a quelle di Silvio con le barzellette su Mohammed Esposito
che non hanno mai fatto ridere nessuno: cane, Nero!
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