Ci
risiamo. La storia è come la natura, non fa salti ma procede secondo
regole fisse e immutabili. Sembra che qualcuno, nel corso del tempo,
si sia divertito a definire nei minimi particolari il ruolo del
“capo-bastone”, di colui cioè che, basando la propria forza
sull'ignoranza degli altri, riesce a condurre una vita agiata e da
protagonista. Ieri pomeriggio, Savona, negozio della Ubik che non è
solo una libreria, ma luogo di discussione, di incontro, di cultura.
Entra una squadraccia che agisce nell'ambito della protesta dei
forconi e invita gli impiegati a uscire perché “vogliamo dar fuoco
ai libri”. Così, invece di prendersela con i palazzi del potere,
le vetrine delle banche, i bancomat, le sedi della confindustria e
delle multinazionali (poche in verità, stanno scappando tutte), i
luoghi dello shopping di lusso e le Ferrari parcheggiate in strada,
loro, i forconi, vogliono bruciare i libri che, riflettiamoci un
attimo, sono gli oggetti più innocui (ma anche pericolosi, Fabio
Volo a parte) che si trovano in circolazione. Con tutta evidenza, la
presenza dei casapoundini nel “movimento” inizia a essere
particolarmente significativa. Chi, infatti, se non loro, orfani di quel
grande movimento di massa retto dal capobastone più tristemente
famoso nella storia dell'umanità, se la può prendere con i libri?
Chi, se non gli orfani del nazismo e protagonisti dei roghi che hanno
distrutto il sapere, può solo pensare che bruciando un libro si
risolve il problema degli autotrasportatori? L'ignoranza, ce lo ha
insegnato anche il berlusconismo, è la base indispensabile per
costruire il consenso. Basta un pincopallo qualsiasi in grado di
infiammare i cuori e le coscienze a sinapsi zero, che partono le
rivoluzioni e quel gregge multiforme di ovini pronti a battersi fino
alla fine per il montone di turno. Diverse, anzi diversissime, le
anime dei forconi. C'è chi afferma che la loro unica bandiera è il
tricolore e che non vogliono 5S, destra, sinistra, centro e chi
invece vorrebbe imbarcarli tutti in nome della più improbabile delle
rivoluzioni. Diciamolo, non c'è un Lenin nelle loro file, ma solo un
imprenditore agricolo che, come Masaniello che faceva il
pescivendolo, ha dato forma al coordinamento nazionale dei movimenti
dei forconi, discutendone in una cella frigorifera. La differenza è
che Masaniello non girava in Jaguar, non si sentiva un re e non aveva
manco il cavallo.
Ah beh
sì beh ah beh sì beh
Un re
che piangeva seduto sulla sella,
piangeva tante lacrime...
ma tante che
bagnava anche il cavallo
Povero re!
...e povero anche il cavallo!
ma tante che
bagnava anche il cavallo
Povero re!
...e povero anche il cavallo!
hai cambiato la grafica del blog, non c'è più quel nero opprimente...vedi la luce in fondo al tunnel?
RispondiEliminaOddio, non lo so o almeno non darei una lettura esistenziale alla mia grafica. Il fatto è che quel nero (effettivamente un po' opprimente), lo avevo scelto perché il nero, come sai, snellisce... Che 'entra? Boh! Ho cambiato perché dopo tanti anni quella grafica mi aveva stancato, mi era venuta a noia e poi quando si cambia, si cambia... e indietro non si torna...
RispondiElimina