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venerdì 28 febbraio 2014

Italia e Messico unite in un sol grido: “Fuori i datori di lavoro dal carcere”

Tutto il mondo è paese. Ieri in Messico, a Culiacan, duemila persone hanno manifestato contro il governo per ottenere la liberazione di Joachin “el chapo” Guzman. Il signor Guzman non è un dissidente politico né un rivoluzionario gandhiano, ma uno dei più grossi spacciatori di droga del mondo, un "pusherone” insomma. I duemila fan del Guzman-whitesuffle pensiero, hanno detto: “El chapo ci dava da lavorare, voi politici corrotti no”. In Messico, di fronte alla scelta fra Gesù e Barabba, cioé fra il politico e Guzman, la gente ha deciso, proprio come accadeva nella Bibbia, di optare per Barabba che almeno un po' di lavoro (ai cantinieri) lo dava, non come Gesù che con i suoi miracoli aveva fatto crollare il mercato del pane e anche quello del pesce. Fino a qualche mese fa, meno di duemila persone, sicuramente più anziane dei giovanotti messicani, sicuramente meno disperate, stazionavano quotidianamente sulle scale del tribunale di Milano per chiedere a gran voce (quella permessa dallo sfregamento delle dentiere) di non disturbare più El Chapo di casa nostra. Il motivo era supperggiù lo stesso dei messicani, anche lui dava lavoro e se frodava il fisco o maneggiava tette e culi minorenni, a loro non importava un fico secco. In fin dei conti, tanto per fare un paragone più alla portata di tutti, è come se duemila siciliani avessero protestato contro il governo per ottenere la liberazione di Totò Riina detto 'u curtu. La diciamo tutta, non ci saremmo affatto meravigliati, proprio come è successo leggendo sui giornali il resoconto dei fatti di Culiacan. Il nostro disincanto ormai è totale. Non ci sorprende che dopo venti anni il Pd abbia finalmente deciso di entrare nel gruppo dei socialisti europei; non ci sorprende che Matteo si sia offeso per le parole che gli ha rivolto Ignazio Marino, “O il governo ci ridà io soldi o io chiudo Roma”, e che abbia detto: “Marino usa toni sbagliati” (madonna quanto è sensibile il ragazzetto!). Non ci sorprende che stanotte si lotterà allo spasimo per i posti di sottosegretario messi in palio dalla Ruota della Fortuna renziana. Non ci sorprende che tutti quelli che pigliavano per il culo Matteo Renzi, oggi lo osannino come il nuovo Messia, accolto con i rami di ulivo a Gerusalemme e poi crocifisso. Non ci sorprende, infine, che i militanti del M5S abbiano a maggioranza deciso l'espulsione dei quattro senatori rei di libertà di espressione. Avete visto su Gazebo come si truccano i voti sul web? No? Rivedetevi la puntata e andate davanti al tribunale di Milano, c'è un perseguitato da riabilitare. Fatelo voi prima che lo faccia Matteo.

giovedì 27 febbraio 2014

Continua lo scempio della fu ministra Gelmini. Niente più Storia dell'Arte e Geografia. Michelangelo chi?

Eppure la riforma Gelmini ha ridotto drasticamente le ore di insegnamento della geografia e della storia dell'arte al punto da provocarne la sostanziale abolizione”. Sono alcune righe dell'appello che sta girando in queste ore sul web perché, per chi non lo avesse ancora capito, continua lo scempio della scuola perpetrato dalla ministra Mariastella Gelmini, nominata dai berluscones per tagliare di netto 5 miliardi alla scuola pubblica mentre lei, che voleva essere almeno una volta nella sua vita grama di lavoratrice/studentessa la prima della classe, è riuscita a tagliarne 8.
Questi babbei mascherati da statisti, sono stati i propugnatori della teoria che con la cultura non si mangia. Secondo Tremonti, soprattutto la Lirica, il Melodramma, non serve a una mazza e non insegna nulla di nuovo visto che quella “baldvacca di Mimì muore sempre di tisi”. Da qui il taglio agli enti lirici incapaci di proporre per Mimì una morte diversa. Ignoranti come capre tibetane renitenti alla scuola serale per ovini, i forzaitalioti fanno danni anche quando non contano più, nonostante Matteo, una mazza. La progressiva diminuzione delle ore previste a scuola per l'insegnamento della Storia dell'Arte e della Geografia, è giunta all'apice. Dal prossimo anno scolastico infatti, le due materie non saranno più contemplate nei programmi ministeriali. Così, mentre la musica continua a essere insegnata solo in quei pochi licei sperimentali, la storia dell'arte e la geografia saranno considerate materie improduttive e quindi inutili e quindi non degne di essere insegnate a quei geni degli alunni il cui unico sport è quello di riprendere le compagne di scuola impegnate in varie e sempre più movimentate performance sessuali. La speranza, secondo i promotori dell'appello che vi preghiamo con tutto il cuore di firmare, è che la neo ministra Giannini e Quello che vuole ripartire dalla scuola (sperando non intenda solo le aule), ci mettano una pezza e inseriscano nel codice penale scolastico il reato di “lesa cultura”, proprio come i pentastelluti dovrebbero togliere dal loro quello di “opinione libera”. 

mercoledì 26 febbraio 2014

Matteo al primo giorno di scuola: “E si sbalio mi sfanculerete”

Durante lo stucchevole dibattito alla Camera, con il legaiuolo Buonanotte-Buonanno che ha parafrasato Fantozzi dicendo a Renzi che corre su una bicicletta senza sella (oh signur!), Matteo, fra un pizzino a Di Maio, una “buona telefonata”, l'aggiustatina alla cravatta per mano di Del Rio ormai in pieno possesso del mandato di Sottosegretario alla presidenza e l'ennesimo scazzo Boldrini vs 5S, s'è fatto scippare una foto scattata al suo banco. Sapete cosa s'è letto il presidente del consiglio durante gli interventi demenziali dei Brunetta e dei Romani? L'arte di correre di Murakami Aruki. Mica scemo il presidente del consiglio anche se, considerato il contesto, Kafka sulla spiaggia non sarebbe stato male. La lettura di Murakami, ha fatto apparire ai nostri occhi, il neo premier, sotto una luce diversa. Oddio, è vero che l'autore giapponese di best seller mondiali viene considerato dai più un autore per adolescenti, però, facendo parte anche noi degli estimatori di Aruki, le cose sono due: o non è vero, e l'invidia gioca sempre la sua porca parte, oppure contribuiamo ad abbassare notevolmente la media di età dei murakamiani di ferro: gradiamo entrambe le possibilità. Cosa è successo. È successo che Matteo ha avuto il permesso di tentare di guidare un governo nato come quelli di Monti e di Letta detto 'o nipote, cioè senza un risultato elettorale che lo avesse legittimato. Fino a quando è stato un governo di larghissime maggioranze, e fino a quando non è arrivata la sentenza della Corte di Cassazione, eletto o non eletto, il governo extra-large stava bene a tutti i forzaitalioti presenti in questo misero globo terracqueo. Dopo la cacciata di Silvio da Palazzo Madama le cose sono cambiate, e i governi non eletti dal popolo sono entrati definitivamente nelle geremiadi dei quacquaracquà che li hanno addirittura apostrofati come “illegittimi e anticostituzionali”. Mariastella Gelmini, il peggior ministro dell'Istruzione degli ultimi 150 anni, ha addirittura detto che quello di Silvio  
è  stato l'ultimo governo eletto dal popolo. La lavoratrice-studentessa, non ha detto però che Silvio le elezioni le ha vinte grazie alle crisi di governo provocate dal suo shopping compulsivo, vezzo da miliardario che lo ha portato alla sbarra nel tribunale di Napoli dove sarà giudicato per corruzione. Il fatto è che, Bakunin ci perdoni la parafrasi grillina, il politico più pulito che siede in questo parlamento, ha la rogna, figuriamoci gli altri. E che ormai da disincantati cronici, preferiamo uno che dice “se sbaglio pago io” a quelli che, pur commettendo errori e nefandezze a ogni piè sospinto, continuano a prendersela con “questa sinistra forcaiola” e la “magistratura politicizzata”. Sarà quello che sarà, alla fine niente toglie che i forconi possano entrare in assetto bellico in Parlamento e che, per la prima volta, si possa mandare affanculo un politico che ha sbagliato. Sarà pure il meno peggio, ma almeno un peggio esiste.

martedì 25 febbraio 2014

Matteo parla ai telespettatori e Gasparri se la prende col Club di Topolino. Ma che ne sa un balilla del Club di Topolino?

Renzi ha bypassato il Senato. Il suo primo discorso da premier lo ha fatto direttamente agli italiani cercando, almeno per una volta, di parlare al popolo e non alla gente. 169 sì, quattro voti in meno di Letta detto 'o nipote che aveva avuto il merito di citare il “Sud”, mentre Matteo non lo ha fatto né si è lanciato nelle lodi al Ponte sullo Stretto, un'altra delle scempiaggini italiane dopo la Tav. Discorso da lupetto, quello di Matteo, con l'aggiunta di due termini che ci piacciono da sempre, “bellezza” e “speranza”. Alla gente italica, abituata a sentirsi commissari tecnici della nazionale, mancano terribilmente il coraggio e il senso di prospettiva mentre non sono mai mancati il pressappochismo e la paraculaggine. Ora la parola passa alla Camera e al tribunale berjiano dei pentastelluti, luogo in cui il diritto di parola, pensiero e azione viene visto come un pericoloso sbocco anarchico. Ma la chicca vera della giornata di ieri è stato l'intervento di Maurizio Gasparri. Ultimamente, il fascista diventato pezzo grosso di Forza Italia dopo anni di gregariato, deve avere qualche problema di scilinguagnolo. Ha la lingua impastata, mangia caramelline e il suo argomentare, anche se continua a essere rigorosamente inconsistente, sta lentamente scivolando verso il demenziale. Ieri se l'è presa con il Club di Topolino, paragonandolo al Senato dei Sindaci che vorrebbe Renzi, non sapendo assolutamente di cosa stesse parlando. In questo paese, quando qualcuno ne sottolinea l'eterogeneità, dice “È tutto un cinema”, mentre, se qualche politico tenta di volare alto e parla di ideali, si dice “La politica non è la poesia”. Insomma, la tendenza è quella di delegittimare arti pure per continuare a vivere un'esistenza all'insegna della barbarie intellettuale e pure un po' cialtrona, alla quale la Lega fa da giusta e quasi unica sponda. Caro Gasparri, il Club di Topolino è stato un momento ineguagliabile della nostra infanzia, glielo dice un ex Governatore che non faceva parte né della nobiltà né della buona borghesia. Insomma, nonostante appartenessimo al proletariato, eravamo “Governatore” (abbiamo ancora la carta intestata). La fierezza con la quale mostravamo la tessera del Club era tale che da quel momento le uniche altre tessere che abbiamo tenuto in tasca, sono quelle dell'ordine dei giornalisti e del cineforum. Per essere Governatori del Club di Topolino, occorreva acquistare il giornalino, ritagliare con cura il bollino, incollarlo sull'apposita scheda e quando era completa, spedirla in una busta affrancata a Milano. Inutile dirle, caro Gasparri, che in questo modo abbiamo imparato ad affrancare una lettera, scrivere un indirizzo, andare dal tabaccaio a comprare un francobollo, appiccicarlo e mettere il tutto nella buca delle lettere; secondo la scuola educativa scozzese, tutto ciò si chiama “abilità alla vita sociale”. Ma lei lo sa, caro Gasparri, cos'è una buca delle lettere? Le assicuriamo che non è un distributore di preservativi né l'urna per raccogliere le proteste/proposte dei comunisti. Ma di che vuoi parlare con Gasparri, che quando gli citi un libro mette mano al moschetto...

lunedì 24 febbraio 2014

Il 24 febbraio 1990 moriva Sandro Pertini, quello che ogni volta che parlava non moriva un costituzionalista

24 anni fa, oggi, moriva Sandro Pertini. Uno dice “Vabbé ma che c'entra?” C'entra perché ieri a Bologna, Pippo Civati ha detto: “Ogni volta che Renzi parla di riforme, muore un costituzionalista”. Il senso è chiaro, c'è chi nello Stato e nella democrazia ci crede e chi ciurla nel manico, convinto che si possano modificare le regole del gioco senza cambiare il regolamento. Grillo è uno che la pensa così. Dal suo blog lancia anatemi contro i 5S che non la pensano, virgola dopo virgola, come lui, tirando in ballo sempre la “base”, termine che nasconde il suo pensiero sempre e comunque. Lo ha fatto anche con i pentastelluti siculi Bocchino e Campanella, il problema è nato quando la “base” dell'isola gli ha fatto sapere che non era affatto vero. Beppe si sta ferendo con le sue stesse armi, un segnale evidente di sperdimento politico-esistenziale. Beccato in una chiacchierata fuori campo, il classico fuori-onda, Grillo ha detto “L'impeachment contro Napolitano è una trovata scenica, lo sappiamo che non ha agito contro la costituzione, volevamo solo fargli sapere che non è il presidente di tutti gli italiani”. E tutte queste notizie vengono da una sola fonte, non accusabile per altro di parzialità: il Fatto Quotidiano. Ieri, i giornalisti si sono scatenati nelle prime immagini di Matteo-neo presidente del consiglio, a Pontassieve, casa sua. Lo hanno atteso per ore sotto la sua abitazione per vederlo andare a messa, un momento che più privato non si può. Siccome Matteo non ha parlato, pur di riempire gli spazi i colleghi hanno iniziato a intervistare i paesani. Ovviamente entusiasti di cotanto bagno mediatico, i pontassievesi (fonte Wikipedia, quindi da verificare) hanno idolatrato il loro illustre concittadino. Uno si è spinto addirittura a dire che “Matteo ha due cervelli”. Se Renzi abbia o no due cervelli non lo sappiamo, quello che è certo è che il Sindaco ha un gran culo.

domenica 23 febbraio 2014

Una berluschina al governo. Federica Guidi allo Sviluppo Economico con delega alle TV

Sarà una coincidenza, mettiamola così, però Silvio aveva appena espresso la preoccupazione per le sue aziende, che Matteo ha messo allo Sviluppo Economico Federica Guidi, berluschina di ferro, a cena lunedì scorso a casa del Cavaliere, in predicato di una candidatura per Forza Italia alle prossime elezioni europee. In chiaro conflitto di interessi per le commesse statali (Enel, Poste e Ferrovie dello Stato) della sua azienda, la Ducati Energia, la signora Guidi non ha mai nascosto le sue simpatie per il Capataz. Ora, la delega alle Comunicazioni, tv comprese. A pensar male si fa peccato, però... E poi lo ha detto Silvio ai suoi: "Nonostante siamo all'opposizione, abbiamo un ministro".

venerdì 21 febbraio 2014

Silvio: “Il governo tuteli le mie imprese, poi tutto sarà possibile”. E perché quelle degli altri no?

Perché il governo debba tutelare le imprese di Silvio e quelle degli altri no, non si sa. Forse perché gli altri, tutti gli “altri” non hanno truppe di senatori e deputati pronti a pigiare bottoni sul “sì” o sul “no”; forse perché, come per la giustizia, la legge è uguale per tutti e per lui lo è di più; forse perché, da unto del signore, si sente in diritto di non praticare nessun dovere. Cinque minuti di faccia a faccia con Matteo ed ecco che viene fuori il Silvio che non ti aspetti: conciliante, umano, disponibile, perfino paterno. Ma Berlusconi commerciante è, e come tale mette sul piatto della bilancia la sua offerta anche se non risponde a nessuna domanda: fa tutto da solo, come sempre. E allora ecco che subentra il panico per la sorte delle sue aziende. Mediaset, a causa della Rai che non gestisce più come prima, è in crisi di pubblicità, di ascolti, vittima di scelte editoriali sbagliate. Per porre un freno al dissanguamento, Mediaset ha regalato alla Rai anche Porro ma non è bastato. Da qui la richiesta di avere al Ministero delle Comunicazioni un amico, Antonio Catricalà, in grado di indirizzare le cose in modo tale da permettere a Mediaset di frenare per un po' l'emorragia. Il NCD ovviamente è nel panico. Angelino sa che se scende in campo il suo ex padrone, affamato com'è non ci sarebbe trippa per nessun gatto. Eccoli puntare i piedi, quelli del NCD. Vogliono che Alfano resti vicepresidente e ministro dell'Interno, vogliono che non si parli di ius soli né di coppie di fatto. Vogliono Giovanardi al Ministero della famiglia e Barbablù a quello per le Pari Opportunità, mentre Torquemada alla Giustizia non sarebbe affatto sgradito. Dopo una nottata passata a discutere, Matteo e Angelino non sono arrivati a nessun risultato, cosa che non ha sconvolto per niente Matteo. C'è sempre Silvio dietro l'angolo pronto a dare una mano.

giovedì 20 febbraio 2014

Grillo ha toppato. Ma non si fanno governi con i pregiudicati e i ricatti delle banche

Se il tuo popolo sovrano ti dice che devi andare a vedere le carte, tu, leader supremo, prendi e lo fai. Il non essere democratico non significa disattendere le indicazioni di quello che ritieni il tuo unico padrone e l'unica entità dichiarata alla quale rispondere, altrimenti non sei un leader ma un Pierino qualsiasi che racconta ancora una volta la barzelletta delle mestruazioni della sorella, fa ancora ridere ma è vecchia. Si vedeva lontano un miglio che a Beppe di stare di fronte a Renzi non fregava una mazza tanto che, nel momento in cui stavano emergendo i problemi veri, si è alzato e se n'è andato. Non crediamo che il mandato ricevuto dal suo popolo fosse quello. I pentastelluti avrebbero voluto parlare di Tav, di reddito di cittadinanza, degli sprechi della politica e dei privilegi, meno dell'ambiente che sembra essere diventato un argomento sullo sfondo di una politica senza senso. Invece parte il comizio via streaming e l'unica cosa che Matteo può dirgli è “Se ti serve un trailer per il prossimo spettacolo, ti do una mano”, salvo, acidamente, aggiungere “se la prevendita è in calo”. Però il ragionamento non è così semplice. Grillo alcune verità le ha dette: “Sei l'espressione delle banche”. Vero. “Sei un giovane vecchio”. Vero, altrimenti non si sarebbe preso i voti delle tessere di De Luca alle primarie del suo partito. E vecchio a tal punto che continua a trattare con Forza Italia come se fosse un partito composto da gentleman quando non è che un turibolo di malfattori. Proprio ieri, l'ex governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, è stato condannato a 6 anni e 8 mesi per contiguità mafiosa. Lombardo, alla faccia delle autonomie, è sempre stato molto sensibile ai richiami da Arcore, così come lo furono Totò Cuffaro e i fautori del 61 a 0. Formigoni era di quelle parti, Cota idem, la Polverini manco a dirlo e Cappellacci seguiva a ruota. Forza Italia, alla fine, è questa, un club neppure troppo improvvisato, di pregiudicati non prescritti. Non si fanno accordi con i pregiudicati. Non si può essere in sintonia con i pregiudicati. Mica per altro, in nome di una presunta, rivoluzionaria e un po' paracula giovinezza.

mercoledì 19 febbraio 2014

Disperati dentro, disperati fuori. Perché Sanremo è Sanremo

Si è ripetuto il rito della balaustra, solo che questa volta il protagonista non è stato un figurante ma due operai del Consorzio dei bacini di Napoli e Caserta. La disperazione arriva a far compiere gesti eclatanti ma si sa, se in questo paese non ti vedono in televisione non conti un cazzo. Nonostante gli anni passino a velocità stratosferica, resta il falso mito del “lo ha detto la tivvù”, come se la televisione, in era berlusconiana, sia un mezzo di informazione credibile. Vedete, Silvio è riuscito nella scientifica impresa di cambiare l'informazione in comunicazione e si sa, chi comunica lo fa per i cazzi suoi, per mettere in mostra se stesso e i suoi prodotti, mica per svegliare le coscienze. Allora tutto quello che passa in tivvù, non passa per “informare” ma per "comunicare" la bontà del prodotto (governo, leggi, decreti, provvedimenti, “agire”, fatti mascherati, la via giudiziaria della politica). Partendo dallo stesso presupposto degli operai del Consorzio, Beppe Grillo ha tenuto il suo bel comizio davanti al Teatro Ariston. In piena foga comiziale, il Comico si è lasciato scappare “campagna pubblicitaria” invece di “campagna elettorale”, lapsus che la dice lunga sulle reali intenzioni di chi punta tutto alle europee e per questo ha rinunciato alla fallimentare comparsata sarda. L'unica differenza che c'è stata ieri sera fra chi urlava dentro e chi lo ha fatto fuori dal teatro, era la disperazione, vera dentro, fasulla e tarocca fuori. Poi è un periodo delicato per i pentastelluti. La base si è rivoltata contro i vertici e pretende che i suoi portavoce vadano all'incontro con Matteo Renzi. Dopo aver snobbato, come i cafoncelli scherzosi della Lega, l'incontro con L'Innominabile, la base ha detto chiaro e tondo ai vertici che da Renzi ci devono andare. “Andrò io di persona personalmente”, ha detto Beppe annunciando la diretta streaming. “Vado anche io” ha detto il Patron di Gaia. Se pensano di sotterrare Matteo, l'impressione è che ne vedremo delle belle. Da una parte il “filosofo delle stelle”, dall'altra il teorico della “leggerezza”. Gente un po' più seria no, vero?

martedì 18 febbraio 2014

Inizia l'avventura renziana. Che la galleria di ritratti degli ex leader gli serva da insegnamento

Bimbobello è al lavoro. Ieri, durante l'ultimo (affollatissimo) consiglio comunale della città di cui è stato sindaco, Matteo si è lasciato andare ai ricordi senza mai cedere all'emozione. Ha rifatto l'elenco della spesa. Puntigliosamente ha ripercorso tutti i suoi successi da primo cittadino, attraverso il diario delle inaugurazioni fatte durante il suo mandato. Quando parla, Renzi non annoia tutt'al più, fedele alle lezioni nell'aula dentro la pancia della Balena Bianca, non si capisce una mazza di quello che dice, ma in politica può succedere. Renzi è il leader del centrosinistra e, al contrario di tutti quelli che l'hanno preceduto, non sembra avere sempre, costantemente, in estate come in inverno, il peso dell'umanità sulle spalle. Capita, parlando di un leader della sinistra, di rivedersi davanti le facce appenate, contrite, con il taglio di labbra pendente e l'occhio acquoso di D'Alema, Veltroni, Bersani, Longo, Pajetta, e poi Rizzo, Diliberto, Bertinotti, Cossutta, il primo Vendola, insomma di tutta quell'attrezzeria vetero comunista che non ha mai permesso di avere in Italia un serio governo della sinistra. Di fronte a certi personaggi, incazzati dalla mattina alla sera, e comunque prima di sedersi nei salotti buoni della borghesia illuminata e di quella tendente al risparmio energetico, li guardavamo in tivvù e ci chiedevamo sgomenti: “Possibile che anche oggi gli sia morto il gatto?” L'elettore, reduce dall'ultimo film di Franco e Ciccio prima, di Checco Zalone poi, scappava come morso dalla tarantola e il ridanciano barzellettiere circondato da inutili idioti, vinceva le elezioni con la velocità di uno Speedy Gonzales senza competitori. Tristi, bui, grigi come le costruzioni della CCCP, arruginiti, ferruginosi, i leader della sinistra italiana erano come il Totò della “Patente”: quando passavano per strada gli uomini si mettevano le mani sugli attributi e le donne contribuivano con una lisciatina non trovando una ringhiera a portata di mano. Per carità, lo sappiamo che non c'è una mazza da ridere, nessuno potrebbe mai chiedere a Massimo D'Alema di scompisciarsi dalle risate, ma di non avere sempre la faccia di quello reduce da un funerale, vivaddio sì. Ora c'è Matteo. Non ride neppure lui (vorremmo vedere), ma almeno non spinge l'elettore di cui sopra a massaggiarsi continuamente i cabasisi anche perché, il rischio orchite è sempre dietro l'angolo. Matteo è talmente convinto di sé che rischia di essere contagioso. Piace, agli italiani, l'aria decisa e Silvio ne sa qualcosa. I barzellettieri però stanno perdendo terreno. Avete visto Berlusconi fare lo showman con quello sfigato di Cappellacci? Ha indossato pure la maschera tradizionale sarda e tutti hanno riso. Barzelletta dopo barzelletta Ugo e Silvio hanno perso le elezioni. Capito Matteo?

venerdì 14 febbraio 2014

Via LettaLetta. È finita l'era del democristiano cortese

Non parliamo di Matteo Renzi, ci saranno modi e tempo. Parleremo invece di LettaLetta il Nipote, il Garibaldi che Giuseppe Piscopo (per il nostro blog) ha messo dentro al confessionale del Grande Fratello. Orwell non c'entra niente, la Democrazia Cristiana sì. L'unico scatto di reni dell'ex (oggi) premier, è stato quello che lo vedeva quasi ogni giorno entrare al Quirinale per avere la carezza del Presidente. Vessato da Saccomanni, messo a guardia del canile con piglio mangiafuochesco, il Fabrizio è stato la vera anima di questo governo, più attento alle esigenze di Angela Merkel che ai bisogni degli italiani. LettaLetta non ha combinato una mazza. Tutti gli indici economici della ripresa europea ci vedevano (ottimisticamente) allo 0000,1 roba da tagliarsi le vene quando la Francia, la Spagna, l'Irlanda e tutti quei paesi che stavano alla canna del gas, si riprendono a vanno. Di tutto quello che ha promesso, LettaLetta non ha mantenuto nulla. Ha navigato a vista senza modificare di un nodo la velocità da crociera. Nessuna ripresa, per carità, solo una fifa blu quando Olli Rehn veniva in Italia a bacchettarci senza pudore. Lo abbiamo scritto in epoca non sospetta, Enrichetto assumeva come una priorità del suo governo non i problemi veri, ma quelli che si trovava a trattare quando lo invitavano a qualche congresso, assemblea, riunione di condominio, matrimonio o funerale. Per lui tutto è stato una “priorità”: la scuola, la cultura, l'ambiente, le piccole imprese, le medie imprese, le grandi imprese, la Telecom, la Fiat, la Elecrolux, i tortellini dop, i vini doc, il miele docg, ma al dunque le priorità si trasformavano in pii desideri, enunciati, fanfaniane promesse. Ma vedete, almeno Fanfani, il vecchio Amintore, s'inventò l'economia differenziata, quella che diede un impulso fondamentale al boom di questa nazione abbandonata da tutti. Fanfani creò dal nulla opere pubbliche di nessun valore strategico, pagava squadre di operai per scavare una fossa che altre squadre provvedevano a riempire. Non cambiava nulla, però quegli stipendi facevano mettere su famiglia, procuravano acquisti di elettrodomestici, vacanze al mare e in montagna, un panettone l'anno a Natale, una colomba a Pasqua, il grembiulino ai figli, un paio di scarpe nuove alla moglie. Sapete come si chiama oggi l'economia differenziata di Fanfani? Reddito di cittadinanza. Ma Amintore era Amintore, Letta è Letta, da qui LettaLetta. Oggi un unico risultato positivo: va a casa e senza passare dal semestre europeo.

giovedì 13 febbraio 2014

Sentenza choc della Corte Costituzionale. Canna? E vai... e il Papa caccia un prete pedofilo. Che giornata!

Capito come siamo messi? Nonostante tutte le sfighe capitate a questa nazione negli ultimi venti anni, ci doveva piovere addosso un governante che dice di affidarsi alle doti taumaturgiche della divina Provvidenza. Se il capo del governo si affida alla Provvidenza, il nostro amico ferroviere pensionato delle FFSS di Busto Arsizio, secondo voi a chi dovrebbe affidarsi, a Mago Zurlì? Ma ieri è stata una giornata storica, anche se il Sindaco e il Nipote non c'entrano una mazza con la nostra legittima soddisfazione, anzi. Fosse per loro dovremmo essere incazzati come Yak tibetani dopo una slinguata di lama, però né Renzi Letta sono Yak anche se sono perennemente incazzati lo stesso. Pensate, Papa Francesco, per la prima volta nella sua storia millenaria, ha buttato fuori dalla Chiesa un prete pedofilo. Nessun appello, nessuna comprensione. Prima che la legge dell'uomo potesse prendere una decisione, è arrivata quella divina in tonaca e zucchetto bianco che ha detto al birbone in tonaca nera: “Fuori e non passare dal Via che il bonus non te lo do”. Pensate, non c'è stato uno straccio di vescovo che abbia testimoniato a favore del pedofilo, nessun alto o medio prelato che abbia detto: “Ho i documenti in mano, i bambini di cui sopra erano tutti diciottenni nani e le bambine non erano bambine ma emule di Jane Birkin”. Hanno taciuto tutti e Papa Francesco, stanco del luogo comune in voga che assegna il ruolo di pedofili a tutti coloro che vanno in giro con un collarino bianco, motu proprio ha iniziato a fare pulizia. Chissà se in confessione, al pedofilo è andata meglio? Giornataccia non solo per i sostenitori dell'amour jeune, ma anche per i proibizionisti italiani, quasi tutti cattolici, quasi tutti fautori del “fallo purché nessuno lo sappia”. La Corte Costituzionale, con sentenza senza appello, ha sancito che le droghe non sono tutte uguali. Che la legge Fini-Giovanardi è una porcata e come tale va abrogata. Si torna all'antico, ai tempi in cui farsi uno spinello non era reato. Carletto Giovanardi ha dato di matto: “Questa è una sentenza politica”, ha urlato minacciando di buttarsi dalla torre degli Asinelli. Quando si è accorto che nessuno aveva chiamato i pompieri con il telo, si è ritirato in buon'ordine a Santa Maria Maggiore, piangendo come un formichiere del Ruanda che invece di un formichiere ha beccato un nido di vespe. Il fatto è che senza ricorrere a indulti e amnistie, da domani le carceri saranno un po' meno piene. Insomma, la Corte Costituzionale, in un sol colpo, ha risolto un problema e mezzo. Gli amanti dello spino potranno tornare a sfumacchiare senza sentire il tintinnio delle manette, e le celle delle carceri italiane saranno un po' più vivibili. Vogliamo tornare a essere un paese che la UE non bacchetta a ogni soffio di vento boreale? Abroghiamo la totalità delle leggi-stronzate dei governicchi di Silvio e il gioco è fatto. 

mercoledì 12 febbraio 2014

Mettiamoci l'anima in pace: moriremo berlusconiani

Non sarà lui a sedere sulla poltrona dorata di Palazzo Chigi. E' condannato, non può, ma un suo sgherro sì. Moriremo tutti berlusconiani. E dire che ci schifavamo di morire balenotteri bianchi. Gli ultimi sondaggi, quelli di Pagnoncelli ieri sera a Ballarò sono chiarissimi e danno il centrodestra al 37,5 per cento (Silvio ha azzeccato anche la percentuale giusta). Tutti insieme malavitosamente, i destrorsi superano il traguardo previsto dall'Italicum per ottenere il premio di maggioranza. Berlusconi lo ha detto chiaro e tondo: "O la và o la spacca", la và, Silvio, la va. Le leggi, come dice Renzi, non si fanno da soli, ma farle sempre e comunque pro-Capataz a un certo punto scassa letteralmente i cabasisi. Ora ci si è messo pure il libro di Friedman-Ollio a dare una mano a Silvio. Parla di complotto, di incontri segreti, di testimonianze a prova di smentita, di confessioni e di mal pancia. "Al golpe, al golpe" gridano tutti, quando i golpe veri li abbiamo mostrati nel nostro post di ieri. Silvio poi si è ringalluzzito come non mai, come neppure dopo una notte con Natascia nella dacia di Putin. Ma lo avete sentito? "Quello che hanno fatto contro di me si chiama (pausa drammatica di sospensione teatrale)... colpo di stato". Noi che siamo parecchio gretti e notoriamente un po' lenti, vorremmo chiedere a Silvio come si può, e deve, definire la corruzione di senatori per far cadere governi democraticamente eletti. Come si può definire la compravendita di parlamentari eletti (democraticamente) con un'altra forza politica. Come definisce, lui, la censura totale nei confronti di Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi o l'estromissione dalle reti televisive pubbliche di Serena Dandini e di Sabina Guzzanti o la scomparsa dal video dei mezzibusti del TG1 invisi al dictator. Vorremmo chiedere, sempre a Berlusconi, come si chiama il voto di scambio, il 61 a zero in Sicilia dove, quando vincono gli altri vince la mafia e quando vince lui la mafia non esiste. Vorremmo chiedere sempre a lui, come si chiama arricchirsi corrompendo giudici. Vorremmo ancora chiedere, a Silvio I°, come si chiama farsi approvare lodi, cambiare cittadinanze estere, bloccare le aste per i diritti televisivi, introdurre la tv digitale per fare concorrenza a Sky e far vincere gli appalti per gli autovelox ai familiari strettissimi. Vorremmo chiedere a Silviuccio vostro, come si chiama la possibilità che uno stato dà a un pluripregiudicato di andare in giro liberamente per l'Italia a fare comizi. Come si potrà mai definire tutto ciò? Ballo delle debuttanti? Forse... Sono venti anni che in Italia si fanno allegramente colpi di stato, ma non quelli veri, perché quelli fanno paura a tutti, ma quelli mascherati. Che cos'è stata la Porcellum se non un colpo di stato, secondo la definizione che di colpo di stato da Silvio? Alla fine il discorso è sempre lo stesso. Se vince lui vince la democrazia, se vincono gli altri è un colpo di stato. Moriremo tutti berlusconiani e ci sta bene, italiani con la memoria centrifugata.  

lunedì 10 febbraio 2014

La strana teoria dei “sigilli” e delle leggi in corsa. In Italia tutto è possibile fuorché la logica

Certo però che viviamo in un paese strano. Sarà anche vero che lo siamo (strani) dall'inizio della nostra storia repubblicana, però negli ultimi anni la stranezza ha assunto, chiamiamoli così, aspetti da psico-patologia compulsiva, come per lo shopping defatigante e antistress. Non esistono più regole del gioco condivise, ognuno si fa le sue e fanculo gli altri. Vince il centrosinistra e modifica unilateralmente la Costituzione, vince il centrodestra e abroga il falso in bilancio, partono i lodi, subentrano le leggi ad personam, si cambiano cittadinanze e pure la legge elettorale viene studiata in base alle possibilità di vittoria di uno schieramento tenendo conto dei sondaggi. È come se una squadra di calcio potente modificasse di volta in volta il regolamento tenendo in considerazione gli squalificati, gli infortunati, il colore degli occhi dell'arbitro e l'appartenenza dello stesso a un partito politico o a un altro. Il rispetto delle leggi vigenti è diventato un optional. Nei nostri tribunali, proprio alle spalle del giudice, c'è scritto “La legge è uguale per tutti”, il sottopancia in vigore attualmente è “Per qualcuno lo è di più”. Si dice: “Lui ha 10/9/8/7 milioni di italiani che lo votano e quindi può fare quel che cazzo gli pare”. A noi che abbiamo quasi 600 amici su Facebook non ci è concesso neppure di non pagare una multa per divieto di sosta. Lo riteniamo intollerabile però è così, abbiamo parcheggiato a pene di segugio, è giusto che il vigile ci multi. Mutatis mutandis: se ci troviamo di fronte a una porta con i sigilli giudiziari, sappiamo che se ci viene lo schiribizzo di togliergli, ci becchiamo una denuncia penale. È logico, è la legge bellezza, sono le regole del gioco che fin quando ci sono siamo costretti a rispettare. Non farlo significa ciurlare nel manico vestendosi di arroganza e dando il via a una serie di violazioni sapendo perfettamente che tali sono. Dopo la denuncia che Grillo si è beccato per aver tolto i sigilli a una baita No-Tav, la battuta del comico tornato comico, ci è piaciuta: “Nove mesi passano presto”, ha detto Beppe commentando la richiesta dell'accusa nel processo che lo riguarda. E sarebbe molto bello se i nove mesi di galera Grillo li scontasse davvero. Contrariamente a quanto fatto da qualche altro leader extraparlamentare, sarebbe un bell'esempio di stare sul pezzo e non fuggire. Invece no, parla anche lui di magistratura a orologeria, di giudici politicizzati, di deriva giudiziaria della politica. Ma Beppe fa lo gnorri, lo sa di aver commesso un reato, però sa perfettamente che in questo paese, la legge sarà pure uguale per tutti ma per qualcuno lo è sicuramente di più. Dai Beppe, nove mesi di servizi sociali e un istant-book da top ten con dvd allegato, sarebbe una bella boccata d'aria fresca per il tuo conto corrente impoverito dal gioco della politica e uno schiaffo simbolico al Capataz.

sabato 8 febbraio 2014

Letta perde, Renzi vince e scoppia un cerchio olimpico. Ah, cara, vecchia Siberia

È il refrain di queste ore: fuori Letta dentro Renzi o, in subordine, un impegno visibile dei renziani in un governo rimpastato. Matteo però non ci sta. Il Sindaco ricorda bene quello che accadde nel 1998 con la staffetta Prodi/D'Alema. Baffetto, in una larga parte del popolo di sinistra, ne sta ancora pagando le conseguenze, perché quell'alleanza diabolica con Francesko Kossiga risuona ancora come una bestemmia urlata sul sagrato di San Pietro: una empietà. Nonostante la volontà di Matteo (che se non ci fosse appunto il precedente storico del politico più intelligente della storia della repubblica, andrebbe a Palazzo Chigi di corsa), tutto e tutti sembrano spingere verso l'affossamento del governo LettaLetta convinti che di più non possa fare... meno male! La prima a staccare la spina è stata la Confindustria, ma la sensazione che davvero questo esecutivo abbia perso ogni fiducia da parte di chi si aspetta coraggio e non temporeggiamenti, è ormai palpabile. Chi, in questo contesto, spicca per quacquaracquismo? Ma “occhi belli”, naturalmente, alias corvo Rockfeller, alias 'O schiattamuort, alias Angelino Alfano. Dall'alto della sua statura di statista ha detto: “O Matteo Renzi partecipa al governo o andiamo tutti a casa”. Forte della teoria del ricatto del suo padrone (non è ex, lo è ancora) Silviuccio Vostro I°, Angelino pensa così facendo di terrorizzare Matteo il quale, con la fifa blu addosso, decide di allargare la compagine di governo ai suoi, il rimpasto insomma, che consentirebbe ai nuovicentrini di arrivare addirittura a fine mandato maturando la pensione e il vitalizio. Dall'altra parte però, dal versante Pd, gli rispondono che non si può fare, che per rimpastare occorre che il NCD sfiduci LettaLetta. Ce lo vedete voi Roberto Formigoni sfiduciare l'unica opportunità di non andare in galera? Impensabile. Poi è arrivato anche il “niet” di Colui-che-siede-sulla-poltrona-più-alta-del-colle-più-alto e la polemica è chiusa. Questa, tutti insieme appassionatamente, è gente da Siberia, la amena località sovietica dove Stalin mandava i dissidenti a svernare e dove, probabilmente, finirà il team dei costruttori dei Cerchi Olimpici di Sochi. Dopo la figuraccia in mondovisione del cerchio esploso, si dice che l'ira di Putin si sia sentita fino a Pechino. Le più costose olimpiadi invernali di sempre sputtanate da un microchip. Ma quanti danni fanno i microchip?

venerdì 7 febbraio 2014

Chi di intercettazioni ferisce... Le imbarazzanti analogie fra la signora Nuland e il Silviuccio vostro

Ammazzali gli americani, oh... I nostri alleati della Nato, quelli che tremare il mondo fanno, stavolta hanno trovato chi ha reso loro pan per focaccia, hot dog per big mac, insomma.
La storia. Il plenipotenziario a stelle e strisce Victoria Nuland, incaricata della Casa Bianca per gli affari europei, si trova in questi giorni in Ucraina dove, come sono abituati a fare gli yankees dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, pur di rompere le palle prima all'Unione Sovietica poi alla Russia, cavalcano con piglio garibaldino tutte le opposizioni possibili. Così, anche nell'Ucraina dove la guerra civile cova sotto la cenere, gli Usa stanno cercando di dire la loro. Mesta oggi, mesta domani, la signora Nuland tira le somme del suo lavoro con mister Pyatt, ambasciatore degli Stati Uniti nella repubblica baltica. A un certo punto, dopo aver analizzato i pro e i contro dell'appoggio americano a una parte delle opposizioni locali, la signora Nuland dice: “Fuck the UE”, che tradotto in italiano corretto, significa “E l'Unione Europea si fotta”. Apriti cielo. La frase volgarotta della signora Nuland, non proprio da suffragetta, finisce su Youtube e su Facebook, facendo rimediare alla plenipotenziaria una figura talmente di merda che metà bastava. È vero, la Nuland ha chiesto prontamente scusa ai capi dell'Unione Europea, ma il bello è che gli americani, invece di prendersela con la loro sottosegretaria, hanno lanciato fuochi e fiamme contro lo spionaggio russo colpevole di aver reso pubblico il contenuto di una intercettazione malevola. Per farla breve, la colpa non è della Nuland che ha offeso i vertici della UE, ma dei russi che hanno reso pubbliche le offese. Tutto il mondo è paese ma l'America lo è un po' di più. Dopo aver intercettato perfino i tuoni provenienti dal basso ventre della Merkel con la scusa che poteva essere una potenziale terrorista, dopo aver intercettato Sarko' a letto con Carla', colti con le mani sporche di marmellata, fanno finta di nulla e danno la colpa ai russi. Ma non vi ricorda qualcuno? In Italia, fino a qualche settimana fa, in Senato sedeva un tizio che con le intercettazioni telefoniche ci ha vinto una elezione e mandato a casa un governatore. Nel momento in cui è stato intercettato, per una specie di nemesi storica, ha dato la colpa delle nefandezze dette al telefono, ai giornali che le hanno pubblicate. Tutto il mondo è paese, ma l'Italia di Silvio, come l'America di Bush e di Obama, lo è un po' di più. 

giovedì 6 febbraio 2014

Il personaggio del giorno: l'on. Gianluca Buonanno, quello del Viagra al 50 per cento

Per le sale stuccate e stucchevoli di quello che fu il glorioso Parlamento italiano, si aggira un soggettone mica da poco. Si chiama Gianluca Buonanno, è di Borgosesia ma nelle sue vene scorre sangue pugliese. Suo nonno era del Tavoliere e di mestiere faceva l'attore comico, addirittura spalla di Ettore Petrolini. Gianluca cresce “strano” e a 16 anni si iscrive al Movimento Sociale, innamorato follemente di Giorgio Almirante. Si butta in politica, decidendo che l'artigianato non è la sua dimensione. Diventa sindaco di Serravalle Sesia e viene eletto e rieletto per due mandati. Esaurita l'esperienza, consapevole del consenso di cui gode, prova a presentarsi alle elezioni del 2001 con una sua lista, ma non ce la fa. Prende però una barca di voti e rischia di far perdere il seggio all'esponente del Pdl. La Lega Nord lo nota e lo arruola e siccome Buonanno deve vivere di politica perché non sa fare altro, diventa sindaco di un altro paese, Varallo. Anche qui due mandati durante i quali si distinse per una manifestazione di protesta davanti alla sede della Regione Piemonte quando, dopo aver montato un letto di ospedale, si crocifisse. Poi, pressato dai suoi concittadini infoiati, introdusse uno sconto del 50 per cento sull'acquisto del Viagra; una dieta a premi (pagati da uno sponsor) per far dimagrire i varallesi grassi e infine per aver rivoluzionato la toponomastica del paese, intitolando vie e piazze a Benito Mussolini, Ayrton Senna, Enzo Ferrari, Totò, Giorgio Almirante, Lucignolo (la trasmissione televisiva, non l'amico di Pinocchio), una statua a Vasco Rossi, una spiaggia con tanto di ombrelloni lungo il torrente Mastallone.
Buonanno è fantasioso, quasi istrionico. Eletto alla Camera con la Lega Nord, il primo giorno si presentò con un forcone in mano. Quando i commessi gli fecero notare che non era consentito, Gianluca ne comprò uno da taschino, camuffato da penna. Guardandolo in questi giorni in tv mentre, con il suo italiano claudicante dà dei mafiosi a quelli del Pd, tira fuori dalle tasche le manette e le getta sul banco del Governo, viene cacciato dall'aula poi riammesso (come si fa a scuola con i ragazzini beccati a fumare o a riprendere con il telefonino gli slip della compagna di banco), e riprende a insultare e cazzeggiare come se niente fosse successo, ci siamo fatti la convinzione che Gianluca non ci fa, ci è. Al contrario dei grillini, che si vede lontano un miglio televisivo che recitano una parte scritta da altri, Buonanno è se stesso e il pedigree lo sta a testimoniare. Ormai è diventato un “personaggio” che quando chiede la parola, l'aula miracolosamente si riempie in attesa di quello che tirerà fuori dal suo costumino di Eta Beta. Non lo prende sul serio nessuno, neppure quando si tinge la faccia di nero, ma lui continua imperterrito a essere se stesso perché un altro, Gianluca non ce la fa a esserlo. I suoi interventi sono al limite dell'insulto, ma non s'incazza più nessuno. Un po' parolaio un po' giullare, se un personaggio come Buonanno non ci fosse, bisognerebbe inventarlo, lui, al contrario di Silvio, è un comico dentro. E meno male che sta alla Camera perché se sedesse sui banchi del Senato, dopo la decisione di Pietro Grasso di costituirsi parte civile nel processo napoletano per corruzione a Berlusconi, si sarebbe denudato mostrandoci i bicipiti e ruttando come uno Yak tibetano dopo una bevuta di birra Chang. Buonanno è unico, altro che Borghezio!

mercoledì 5 febbraio 2014

Il ritorno del Pierfy Casini, l'immortale “moscone verde” di dipietresca memoria


Lui è lì, “fra le sue braccia ancor, avvinto come l'edera”. Se non si chiamasse Pier Ferdinando Casini, potrebbe essere Nilla Pizzi che nel suo repertorio, oltre a “Edera”, ha pure “Vola colomba bianca vola”, la versione soft della Balena con le ali. Pierfy torna a casa e lo fa, sempre in nome del moderatismo, andando a coabitare con Brunetta, Verdini e la Santanchè, con Salvini e Maroni, La Russa, la Meloni e Storace che significa Casa Pound. Ma il Pierfy è così, e la sua missione di “moderare” il mondo della politica, quasi un gesuita nell'America Latina del '400, sembra una investitura divina, quella dei suoi amici alti prelati d'Oltretevere. Chi pensava a un rinsavimento dopo l'avventura finita malissimo con Mario Monti, del Pierfy non ha capito nulla. Senza arte né parte, giovane di bottega di Arnaldo Forlani, figlio non pentito della Prima Repubblica, ce l'ha messa tutta per rifondare la DC. Ma né Silvio Renzi ne hanno voluto sapere e lui ha preso atto: “Vista l'impossibilità di ricreare il Grande Centro – ha detto Casini – bisogna scegliere e io ho scelto, me ne torno con Forza Italia”. Silvio ovviamente lo ha accolto a braccia aperte. Quel 2 per cento al quale è data oggi l'Udc, potrebbe alla fine risultare decisivo per ottenere subito, a primo colpo, quel 37 per cento indispensabile per governare senza altri inciuci con i nemici comunisti che, ogni volta che si vota, tornano prepotentemente alla ribalta. Casini è l'ultimo democristiano ortodosso rimasto sulla scena politica. Lui e Santa Dorotea sono amici da sempre e anche se la Santa non c'entra niente con Gava e Fanfani, Forlani e Gaspari, la predilezione per l'ex Cocorito giovane di belle speranze, è sempre stata molto viva. Di Pietro, lo abbiamo scritto decine di volte, lo definì un “moscone verde”, quel dittero che si aggira sempre all'altezza del culo degli asini e delle vacche, pronto a cibarsi di escrementi ancora fumanti. Le altre mosche, quelle più stupide, aspettano che il risultato del bisogno fisiologico degli animali atterri. Mentre il “moscone verde”, vorace e buongustaio, si presenta sempre, facendo lo gnorri, alla fonte. Così, dopo essere stato per anni il cavalier servente di Eminenz Ruini, oggi il Casini si appresta a tornare sul libro paga di Silvio, nelle cui liste bloccate tornerà probabilmente a essere rieletto. Mentre Matteo Renzi risponde picche a D'Alema, alla Bindi e alla Finocchiaro che si propongono per Strasburgo convinti di aver chiuso la loro carriera politica in Italia, Berlusconi imbarca ancora una volta amici e nemici sulla Costa Concordia, modello aggiornato del Titanic.

martedì 4 febbraio 2014

Scendono in campo i piennellisti grillini. Come fottere il cervello degli italiani e vendergli patacche politiche

Contrariamente a quanto faccio di solito, stavolta uso la tecnica che da queste parti va per la maggiore, il copia-incolla che trasforma tutti in giornalisti, opinionisti, critici, notisti e commentatori senza merito alcuno, se non degli altri. I due brani che riporto sotto virgolettati, sono tratti da Repubblica.it, non hanno il nome dell'autore dell'articolo (frutto quello sì di un copia-incolla) dal titolo “M5s, attacchi anche a Bignardi. Letta: "Corsa a barbarie". Dl Carceri, deputati lasciano Commissione giustizia", con il sommario che recita: “Il Movimento attacca la giornalista per l'intervista a Di Battista. E sul blog anche Francesco Alberoni finisce nella black list del leader. Intanto Messora chiede scusa. Boldrini: "Pestaggio mediatico in atto contro giornalisti". E scoppia il caso Pnl: "Consulenti di Casaleggio ci condizionano".
La parte che maggiormente mi ha colpito è, ovviamente, quella riguardante l'uso dei consulenti Pnl che, secondo quanto dichiarato da Ivan Catalano deputato 5S, il fondatore e unico socio di Gaia, Gianroberto Casaleggio, ha inviato di corsa a Roma per imprimere un'accelerazione “barbarica” alla assopita comunicazione dei Five Stars. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Ecco la parte che riguarda Ivan Catalano.
Il deputato 5Stelle, Ivan Catalano, affida a un post polemico le sue riflessioni contro la comunicazione adottata da Grillo e Casaleggio: "La rivalità della solidarietà, ottimo trucco Beppe. I consulenti di PNL (Programmazione neuro-linguistica, ndr) stanno facendo un ottimo lavoro. Far dipendere la politica dalla comunicazione e dal marketing, la svuota dai contenuti. Direi che in meno di 10 mesi ci siamo adeguati alla comunicazione peggiore che potevamo fare. L'uso della Rete come grande strumento infamatore di massa è la nuova frontiera. La Rete dovevamo usarla per fare partecipare le persone alla politica, tramite strumenti di democrazia diretta. Casaleggio per quanto mi riguarda riprenditi i consulenti che ci hai mandato". Catalano, quindi, accusa Casaleggio di aver incaricato degli esperti per istruire i grillini, e i fatti di questi giorni sarebbero la dimostrazione della sua teoria. Critico il deputato anche contro Messora: 'Sei una delusione', ha scritto su Twitter”.
E questo è “il chi è” della PNL.
La programmazione neuro linguistica (PNL), in inglese Neuro-Linguistic Programming (NLP), è una disciplina pseudo-scientifica che nasce a cavallo di linguistica e psicologia, ideata in California negli Anni Settanta da John Grinder, all'epoca collaboratore alla cattedra di linguistica dell'università di Santa Cruz in California, e Richard Bandler, studente di psicologia. L'assunto è che ci sia una connessione fra i processi neurologici ("neuro"), il linguaggio ("linguistico") e gli schemi comportamentali appresi con l'esperienza ("programmazione"). Tali schemi possono essere organizzati per raggiungere specifici obiettivi nella vita. In Italia, il primo a usare la programmazione neuro-linguistica in politica è stato Silvio Berlusconi, fin dalla 'discesa in campo' nel 1994. Tra i primi a rilevare la connessione tra il Pdl e la PNL, è stato il giornalista Enzo Di Frenna, agli inizi con un'inchiesta su Forza Italia, pubblicata sulla Voce di Montanelli, e più di recente sul Fatto Quotidiano a proposito del Popolo della libertà. Questi ultimi articoli sono stati ripresi dal Movimento5Stelle per illustrare in che modo "Berlusconi ha fottuto il cervello degli italiani". Oggi, come spiega il deputato Ivan Catalano, è lo stesso Movimento di Grillo ad affidarsi a quella che alcuni considerano l'ipnosi moderna”.

Ogni altro commento è superfluo.

lunedì 3 febbraio 2014

Si fa presto a dire Boldrini...

Sono stata messa in mezzo”. Così ieri sera la presidente della Camera, Laura Boldrini, da Fabio Fazio, come sempre amorevolmente accorso al capezzale del politico vilipeso di turno. Fermi restando i metodi e gli strumenti usati dai 5S, resta il fatto politico: il continuo ricorrere lettian-berlusconiano al decreto e al voto di fiducia. Aggravante, questa volta, la paraculata di aver messo insieme la scadenza del decreto sull'abolizione della seconda rata dell'Imu e la riforma di Bankitalia. Roba da dorotei, LettaLetta ha pensato bene di far passare la porcata dell'ennesimo regalo alle banche, insieme al tocco di classe delle mani in tasca agli italiani. La strategia era semplice, o passava la porcata o gli italiani si sarebbero incazzati a morte con le opposizioni che li avrebbero costretti a mettere mano al portafoglio. Questo il fatto storico. Il resto, dagli schiaffi al “fammi un pompino”, sono tutta un'altra storia. Laura Boldrini ha parlato di “invasati”, di “gente che aveva perso ogni controllo”, di “attentato alla democrazia”, di “fascismo strisciante”. Se pensiamo che di questa gente avremmo avuto bisogno ogni volta che la Camera votava un lodo pro-Silvio o quando, a maggioranza, attribuì a Ruby una diversa cittadinanza inventandosi un inesistente albero genealogico, siamo un po' condizionati dall'esprimere un giudizio che non parta dalla pancia. Diciamolo, quanti di noi avrebbero voluto che gli onorevoli del Pd si fossero gettati a corpo morto sul banco del governo innalzando lo striscione “corrotti”? E quante volte abbiamo invitato sempre gli “istituzionali” pidini ad abbandonare la Camera e darsi all'Aventino perché Silvio l'aveva svuotata di ogni prerogativa? L'unico che dava senza vergogna del “pregiudicato” a Silvio era Tonino Di Pietro, per questo, per un po', lo abbiamo ammirato. A questo governo, banco-centrico come il precedente, non facciamo nessuno sconto né, a livello puramente politico, ci sentiamo di dar torto ai grillini. Quelle che riteniamo intollerabili e insopportabili, sono le offese a sfondo sessista contro la Boldrini e le deputate del Pd, come intollerabile e insopportabile è lo schiaffo dato da Stefano Dambruoso alla 5S Loredana Lupo. C'è ancora questo strascico di berlusconismo machista e omofobo che, con tutta evidenza, è difficilissimo da estirpare. Il peggio degli italiani, quello di considerare ancora la donna come una proprietà privata o, peggio, una bambola gonfiabile, che emerge anche dove non te lo aspetteresti mai. Il “culona inchiavabile”, “Lei è tanto intelligente quanto bella”, “Quante volte vieni” o “Posso palpeggiarle il culo”, sono frasi che appartengono a una gergalità odiosa che affonderà anche le radici nella pancia degli italiani, ma che fa comunque schifo. Leggere quindi le dichiarazioni di Claudio Messora del Movimento5Stelle, che risponde alla Boldrini che parla di “istigazione allo stupro”, con: “Cara Laura, volevo tranquillizzarti... Anche se noi del blog di Grillo fossimo tutti potenziali stupratori, … tu non corri nessun rischio!”, è da macho de noantri un po' idiota e parecchio sgrammaticato visto che non conosce l'uso del condizionale (figuriamoci come combatterà con il gerundio), e parla sempre al presente come un giornalista del TG4 qualsiasi. Un po' razzisti un po' omofobi... ma Beppe perché non fai lo screening a qualche tuo deputato? Un microchip risolverebbe parecchi problemi.

sabato 1 febbraio 2014

Grillo non è Giulio Cesare, forse Caracalla. La sensibilità morbosa della giunta regionale abruzzese per il sesso

I sondaggi gli consigliano di abbassare i toni e lui, candido candido, appena “sceso” dal Nord, dice ai suoi: “Accarezzateli, tanto sono morti”. Se l'intelligence di Casaleggio avesse invece trovato proficua (in termini di voti) la campagna extraparlamentare dei grillini top, probabilmente saremmo arrivati al sangue. Oggi funziona così. Glielo ha insegnato Silvio che bisogna parlare alla pancia della gente, e Beppe lo fa sempre, senza se e senza ma, anche se rischia di sentirsi dare del “razzista”, anche se la colazione fra Matteo Salvini e Marine Le Pen non gli è andata ancora giù. Tutto facente parte di una pianificata (a tavolino) strategia elettorale in vista delle Europee, i due giorni dei grillini radiocomandati da Milano (ecco spiegato il laconico e colorato post di ieri), l'esperimento delle prove di rivoluzione può dirsi concluso. Si torna alla battaglia ostruzionistica ma con toni nei limiti della decenza dettata da un luogo che, prima di abbatterlo, occorrerebbe avere il coraggio di conoscerlo e seguirne le regole. Anche perché, digiamolo, gli italiani non sono fulmini di guerra. Siamo sostanzialmente un popolo pacifico. Forse perché di guerre e di rivoluzioni ne abbiamo viste tante in secoli di occupazioni continue, oggi prima di imbracciare un forcone ci pensiamo una decina di volte. Insomma, non siamo i casapoundini che pigliano una mazza da baseball e menano come ossessi, a noi il sangue ci toglie l'appetito, le ferite ci colpiscono il ciriveddro, la gente stesa per terra ci mette le ali ai piedi. Non siamo un popolo che pugna. Silvio ci ha insegnato che le battaglie, quelle vere, si fanno nei letti e non sui tetti, che una depandance vale più di una piazza lastricata a sanpietrini, che per un italiano tira più un pelo di... che non l'aumento dell'Imu o della Tares. Siamo così, un po' cagasotto, altrimenti non ci saremmo tenuti per vent'anni la Balena Bianca, per altri venti il Cavaliere e per 2014 la Chiesa. E che siamo un popolo sensibile, molto sensibile al sesso, ce lo dimostrano le ultime vicende abruzzesi, regione nella quale prima è scoppiato lo scandalo dell'assessore alla cultura che metteva per iscritto, contrattualizzandole, le prestazioni sessuali della segretaria, poi addirittura quello del governatore Gianni Chiodi accusato di aver fatto vincere un concorso pubblico alla sua amante. Sentita in proposito, la signora ha urlato alla stampa: “L'adulterio non è un reato”. E' vero, trovandoci in Italia l'adulterio non è un reato ma un peccato sì e, soprattutto se porta a vincere un concorso, potrebbe essere rubricato nella truffa, nel peculato, nella prostituzione. Ma questa è, davvero, tutta un'altra storia.