senza parole
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venerdì 31 gennaio 2014
giovedì 30 gennaio 2014
Nasce il “Renzusconi”. Un accordo liquido tendente all'alcoolico
Di
alcool ne sappiamo qualcosa, quindi ci permetterete di definire
l'accordo sottoscritto ieri da Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, come
il risultato di una sbronza colossale. Eppure era partito bene,
sobrio diciamo, quello stato di leggera ebrezza che spesso giova ai
contatti e ai contratti sociali. Il presupposto era: “Mai più
larghe intese. Chi vince prende tutto”, una regola che vige in
quasi tutti i paesi del mondo, almeno in quelli dove si vota senza un
kalashnikov puntato alla testa. Il presupposto resta, e infatti chi
raggiunge il 37 per cento a prima botta o dopo il ballottaggio,
governa. Poi, evidentemente, è subentrato lo stato di ubriachezza
che è diventata molesta quando i due leader hanno raggiunto
l'accordo sul salva-Lega. Incuranti dei richiami della Corte
Costituzionale sulle preferenze, i più grandi statisti degli ultimi
152 anni, sono andati avanti per la loro strada in attesa che
qualche cittadino avveduto ponga un'altra volta la questione davanti
alla Corte. Perché questo è uno strano paese. Dopo otto anni nei
quali tutti volevano abrogare il Porcellum ma nessuno lo faceva, ci
hanno pensato due stimati cittadini qualsiasi a toglierlo di mezzo.
Cuperlo non ha tutti i torti quando nel corso della direzione del Pd
ha posto il problema, perché quello delle preferenze resta un
problema. E a maggior ragione ora che, apprendiamo dal testo
definitivo dell'accordo, sono state escluse anche le primarie seppur
facoltative. Silvio, insomma, non ha nessuna intenzione di passare (o
di far passare) lui o il suo delfino, sotto la tagliola delle
consultazioni interne. L'Italia, come ormai tutti sanno, non è,
costituzionalmente, il Paese delle grandi rivoluzioni. Da noi basta
vincere un mondiale o un europeo che l'opposizione si acqueta. Però
l'Italicum almeno un merito lo ha: scongiura gli inciucioni. Sempre
se Massimo D'Alema non dovesse tornare alla segreteria del Pd,
naturalmente.
mercoledì 29 gennaio 2014
Il record della famiglia Mastrapasqua: 29 incarichi pubblici in due (erano 45). Torna il fascista “boia” a Montecitorio
Antonio
Mastrapasqua, presidente super indagato dell'Inps, è legato a filo
doppio con Gianni Letta. L'ex direttore del Tempo, se qualcuno avesse
perso la memoria, è stato per venti anni il manovratore occulto del
berlusconismo. L'occulto, il nascosto, il lavoro sotto traccia, gli
hanno consentito di rappresentare la faccia pulita dei forzaitalioti,
tanto che in un eccesso sospetto di altruismo, Silvio lo candidò
(invece di se stesso) al Quirinale. Ora, mettete un tecnico al
servizio di un politico che lo ritiene affidabile, quindi fedele, e vi troverete a vivere il sogno dell'Antonio che, cooptato in quota
Forza Italia nel consiglio di amministrazione dell'Inps, ne diventa
il presidente e, da qui, inizia la carriera di collezionista di
incarichi di Stato. Arriva a coprirne 25: nessuno come lui. Poi è
bravissimo in quelli che lo mettono nelle condizioni di essere un
controllato controllore di se stesso. Inarrivabile Antonio che come
diminuivano i gettoni di presenza, lasciava il posto ad altri in
possesso di fauci meno esigenti. Ieri sera a Ballarò, Crozza ha
detto che se “Mastrapasqua lasciasse i suoi incarichi, l'Italia
avrebbe risolto il problema della disoccupazione”. Era una battuta
ma mica tanto. Nel frattempo è venuto fuori che la di lui consorte
(dell'Antonio), di incarichi è arrivata a collezionarne addirittura
20, solo 5 in meno del record assoluto detenuto dal marito. La
signora Maria Giovanna Basile infatti, è presente nei collegi
sindacali della Rai, dell'Aci, dell'Acea, di aziende sanitarie
fiorentine e romane, dell'impiantistica immobiliare, della consulenza
aziendale e perfino di una merchant bank; per la serie “lo Zio me
le ha date, guai a chi me le tocca”. Quello della famiglia
Mastrapasqua, 45 incarichi pubblici e privati regolarmente
retribuiti, è l'esempio classico della famiglia dell'era
berlusconiana, un prototipo e un epigono di quanto Silvio abbia a
cuore il concetto di famiglia, la sua e quelle dei suoi fedelissimi.
E il problema della fedeltà, a una famiglia o a un'idea, si
ripropone quotidianamente anche all'interno del variegato ed
eterogeneo mondo dei 5S. È di ieri la battutaccia di Giorgio Sorial
che, durante la conferenza stampa del gruppo dei 5S alla Camera, ha
dato del “boia” a Giorgio Napolitano. Chi ci legge sa cosa
pensiamo del presidente della repubblica e non vale la pena
ricordarlo ancora. Quello che ci ha stupito, nel linguaggio del
furioso Sorial, è che il ragazzotto che terminata l'esperienza di
parlamentare tornerà a fare l'ultrà, abbia usato il termine “boia”,
come fanno i fascisti e, appunto, gli ultras calcistici delle
tifoserie di estrema destra. Non siamo ancora convinti che l'opera di
alfabetizzazione dei grillini si sia compiuta, quello che è
difficile tollerare, Napolitano o non Napolitano, è che la gergalità
tipica dei fasci e dei leghisti, si riproponga ancora e con una
ferocia sempre più pericolosa. Giorgio Sorial è di Brescia e deve
essere uno dei baluba transfughi dal bossismo. Un bell'aquisto Beppe,
notevole. Ma si sa, lo ius soli fa venire il mal di pancia ai potenziali elettori.
martedì 28 gennaio 2014
È sempre lui, Silvio I° da Arcore. No a tutti gli emendamenti e via al salva-Lega
Passano
gli anni, i mesi e anche i minuti e ritrovarsi vecchio e un po' rintronato, non scalfisce il Cavaliere. Lui è sempre lo stesso. Si
alza la mattina e ha una visione della vita e dell'esistenza versione
“A”. Poi durante il giorno, come se venisse colto da attacchi
irrefrenabili di delirium juvenilis, cambia idea e, a sera, spunta
fuori la versione “B”. Ci dicono che ultimamente Silvio abbia
preso l'abitudine di andare a letto presto, subito dopo le ultime scorreggine di
Dudù, per cui raramente accade che le agenzie di stampa battano una
versione “C”, come succedeva prima della convivenza con
Francesca. Tiene botta, il Capataz, eccome! Il Parlamento deve
discutere 318 emendamenti? Lui fa sapere, alle 9 del mattino, che
l'innalzamento della soglia di maggioranza al 38 per cento gli sta
bene e al quattro per la rappresentanza parlamentare pure. Invece,
calcolatrice e sondaggi alla mano, durante il giorno si rende conto
che il 38 per cento non è affatto facile da raggiungere. Si torna al
35 e basta, non si discute. E non finise qui. Niente 4 per cento come
soglia minima di sbarramento, però via al salva-Lega, quella piccola norma
pro-baluba che “valorizza” la rappresentanza regionale. E Matteo
de' Medici ci sta anzi, invita Cuperlo a ritirare gli emendamenti
proposti dalla minoranza del Pd “Sennò qua va tutto a puttane” e
il Gianni, obbediente come un soldatino di piombo a cui un po'
somiglia, li ritira. Renzi dice che "o la legge elettorale passa
com'è, o il governo è a rischio". Scusa Matteo, ma chi vuole con
tutte le sue forze (Italia), che il governo cada, il merlo maschio?
Dal nuovo leader del Pd noi ci aspettavamo un'altra tempra. Ad
esempio che fosse andato dal vecchio lenone (al quale è arrivato in
soccorso anche il ministro degli esteri marocchino) e gli avesse
detto: “Senti Silviuccio nostro, si sa che le pretese partono da
mille per arrivare a cinquecento, perché tu non accorci il tuo
capitone e io tolgo dieci chili alla mia lepre? Ce la facciamo a
chiudere facendo finta che gli altri contino qualcosa?” Invece no.
Matteo si è appiattito sulle posizioni di Silvio, e qualsiasi cosa
l'Illusionista di Arcore dica, a lui sta bene. Ribadiamo un concetto
espresso qualche post fa. O Matteo ci fa e ha pronto un piano “B” o ci è. "B" proprio nel senso di Berlusconi. E noi che volevamo ritrarlo alla Kim
Jong Il...
lunedì 27 gennaio 2014
domenica 26 gennaio 2014
La Shoah senza fine. Barzellette, teste di maiale e falsi storici
Uno pensa che un fatto storicamente accertato, si sia aperto e chiuso. Che ogni tentativo di ripercorrerlo modificandone i contenuti o addirittura di "rivederne" la veridicità, sia un esercizio inutile di stile negazionista. Poi accade che ogni anno, all'approssimarsi della giornata che ne ricorda il dramma, si risveglino rigurgiti violenti e antistorici. La sottovalutazione, il tentativo di attenuarne l'impatto nella memoria collettiva, la voglia di infangarne il contenuto vanno di pari passo, in Italia, con la cancellazione di quella parte della Storia che non ci fa comodo, che potrebbe inficiare la stessa esistenza di un certo tipo di politica e condannarne i capi al ludibrio perenne. Rifanno la comparsa le teste di maiale nelle sinagoghe e, al binario 21 della stazione di Milano si raccontano le barzellette su quanto fosse bello, avvincente e ameno il viaggio verso i forni crematori di Aushwitz. Ogni anno, insomma, dobbiamo fare i conti con l'aberrazione che accompagna la sete di potere. Ogni anno, come ogni anno.
sabato 25 gennaio 2014
È l'Italia che va: tenta di avvelenare la moglie perché ascolta Radio Maria. I magistrati archiviano: “Ha usato poco acido”
È
accaduto a Dalmine, in provincia di Bergamo. Un ex falegname di 67
anni di nome Eliseo, ignaro della tossicità (a grandi quantità
letali) dell'acido muriatico, ha tentato di avvelenare la moglie
perché: “Ma signor maresciallo – ha detto Eliseo ai carabinieri –
sta sempre ad ascoltare Radio Maria e poi organizza un pellegrinaggio
dopo l'altro. Non ce la faccio più”. È accaduto che la moglie di
Eliseo si sia insospettita per il gran numero di fialette di acido
che aveva rinvenuto nel secchio dell'immondizia. Convinto il figlio a
piazzare una telecamera nascosta nella sveglia di casa, la signora ha
ripreso il marito mentre, con fare niente affatto sospetto, con il
contagocce le serviva in un bicchiere d'acqua la dose giornaliera di
acido muriatico. Filmato l'atto, la signora accompagnata dal figlio,
è andata dai carabinieri a denunciare il marito per tentato
omicidio. Prontamente arrestato, Eliseo ha reso ai militi dell'Arma
la dichiarazione di cui abbiamo già scritto. La colpa di tutto,
insomma, era nei rosari 24hours che la signora ascoltava fregandosene
della idiosincrasia del marito nei confronti della ritualità
cattolica. In più c'era il fatto che la signora non si limitava
all'ascolto delle giaculatorie, ma sembra che avesse trasformato la
sua casa in una sorta di agenzia di viaggi specializzata in
pellegrinaggi. Così, fra un tour a Loreto-San Giovanni
Rotondo-Civitavecchia e un altro a Lourdes-Fatima-Santiago di
Compostela, il marito deve aver perso la trebisonda, fatto che lo ha
spinto all'atto cruento dell'avvelenamento. Caso risolto dunque.
Trovato il colpevole, il movente, le armi del delitto. Se non ché,
portato l'incartamento davanti al magistrato, il signor Eliseo si è
visto prosciogliere. “Con l'acido muriatico presente nell'acqua –
ha scritto il magistrato – al massimo la signora sarebbe stata
purgata, sicuramente non uccisa”. La moglie di Eliseo si è
riappacificata con il marito promettendogli di ascoltare Radio Maria
solo 12 ore al giorno e di ridurre drasticamente a uno all'anno i
pellegrinaggi in giro per l'Europa. Eliseo si era intanto
giustificato dicendo: “Ma io non volevo ucciderla, solo farle un
po' male”. Radio Maria è tossica, lo abbiamo sempre detto, Eliseo
ce lo ha confermato. A lui, e a tutte le vittime dell'integralismo,
va la nostra totale e sentita solidarietà.
venerdì 24 gennaio 2014
Letta scende in campo: “Ora la legge sul conflitto di interessi”. Coccoloni ad Arcore, Dudù trema
Questa
notte ci siamo messi per un momento nei panni di LettaLetta (ognuno
ha le sue perversioni). Il premier aveva appena provato a dire che
lui gradirebbe il ritorno alle preferenze, che è partito in quarta
Matteuccio vostro e gli ha posto l'ennesimo out out: “O questa
legge elettorale passa com'è o a rischio non è la legge elettorale
ma lo stesso esecutivo”. Pensiamoci un po', pocch'il monti di
abatantuoniana memoria, da quando è diventato primo ministro lo
hanno strattonato tutti, perfino gli uscieri della Camera e quelli
del Senato. Non passava un'ora che Silvio non tuonasse: “Via l'Imu o
cade il governo”. E con il diktat sull'Imu, Silvio nascondeva i suoi
guai giudiziari. Poi gli alleati del NCD che non gliene lasciano
passare una senza minacce di ogni ordine e grado. Non crediamo sia
mai esistito nella storia repubblicana, un presidente del consiglio
tanto ricattato come Enrichetto (sempre vostro perché nostro non lo
è mai stato). Ma lui, democristiano di lunghissima ed efficacissima
navigazione, non molla, non fa una smorfia, non tentenna, non sbanda,
non gli si impiaccica la lingua, non strabuzza gli occhi insomma,
come la sua giacca, non fa una piega anzi, attacca. E tanto per
capire che fa sul serio, mette sul piatto della bilancia del
trattatuni con Silvio la legge sul conflitto di interessi. Lo fa come
avrebbe fatto Andreotti, quasi con una battuta buttata là per caso,
con un filo di voce, l'occhio destro fisso nella telecamera e il
sinistro in quelli di Lilly Gruber in segno di sfida. “Ma sapete
che c'è – ha detto Enrichetto – credo che i tempi siano maturi
per fare una bella legge sul conflitto di interessi. Ne abbiamo
parlato per tanto tempo, mi sembra sia arrivato il momento di farla”.
Quando Verdini lo ha interrotto durante il bagnetto a Dudù,
riportandogli quello che LettaLetta aveva appena detto a Lilly,
Silvio ha fatto un salto e stretto i pugni, facendo rimettere una
paura della madonna al barboncino che ha temuto uno strangolamento e
abbaiato in cerca di mamma Francesca. Questa, per il momento, è la
mossa vincente di Enrichetto che dopo venti anni di galleggiamento
dalemian-veltronian-prodiano, si è ricordato che questo paese non ha
una legge sul conflitto d'interessi che si possa definire tale. Ma
mica lo ha detto per farla sul serio, da DC Doc (che non è un vino
ma la sublimazione del paraculismo), ha ricattato a sua volta sia
Silvio sia Matteo del quale, ormai, non ne può più. La mossa del
premier ha spiazzato Matteuccio il quale, ora, dovrà fare i conti
con la brace lettiana che cova sotto la cenere di un apparente
immobilismo politico. Intanto, a Milano, parte il Ruby Ter, quella
parte del processo ricco di mignotte e profittatrici, che vede Silvio
e i suoi legali Longo e Ghedini, accusati di corruzione di testimoni.
I forzaitalioti sono già intervenuti. Alla notizia data dal
Procuratore Capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, hanno gridato
all'ennesimo attacco giudiziario a orologeria. Ma ormai ci siamo
abituati. E tanto per rimanere nell'ambito dei forzaitalioti
indagati, è di queste ore la notizia che il governatore
dell'Abruzzo, il “celeste” Gianni Chiodi, è indagato per
corruzione e peculato insieme ad altri 23 fra consiglieri e
assessori. I nodi vengono sempre al pettine, anche sulla testa dei
calvi.
giovedì 23 gennaio 2014
Non siamo evasori fiscali, solo bastian contrari inveterati. Il ritorno a casa di Casini, e Silvio esulta
1243
case per le quali non versava un cent. La signora Angiola
Armellini, erede di una prestigiosa famiglia di palazzinari romani,
mogia mogia quatta quatta, aveva intestato il suo patrimonio
immobiliare a società fantasma con sedi in mezzo mondo ma non in
Italia. L'ammontare dell'evasione fiscale della suddetta “signora”
è pari a 5 miliardi di euro, una mezza legge di stabilità. Sono
usciti i dati della Guardia di Finanza sull'attività 2013. Ebbene,
l'Italia è ancora il paese europeo nel quale si evade di più: 60
miliardi, quasi 10 leggi di stabilità. Completano i dati della GdF,
altri numeri: gli evasori totali sono 8mila; 15 miliardi di redditi
non dichiarati sul fronte internazionale; 5 miliardi di Iva non
versata e, dulcis in fundo, 27mila lavoratori irregolari, tradotto,
in nero. Quello dell'evasione fiscale italiana è uno scenario da
guerra, e se si aggiungesse il fatturato della criminalità
organizzata, saremmo in grado di pagare il nostro debito pubblico in
un'unica soluzione, e fanculo i tecnocrati di Bruxelles e di Strasburgo.
Ma perché si evade così tanto? Perché continuiamo a considerare le
tasse balzelli inutili mentre rappresentano la ricchezza vera di una
nazione? Perché, insomma, ci incazziamo se non ci sono asili nido,
scuole a norma, infrastrutture, una sanità che ci cura invece di
ammazzarci, una tutela seria del patrimonio culturale e dell'ambiente
se poi non paghiamo quanto previsto dal nostro reddito? Forse perché
non siamo sicuri che se tutti pagassero le tasse ne pagheremmo di meno?
Forse perché indignati delle mazzette e del malaffare politico?
Forse perché siamo stanchi degli sprechi e dei soldi pubblici spesi
a cazzo di cane? Macché, il problema sta tutto nel fatto che siamo
un popolo di inguaribili (a volte inguardabili) bastian contrari.
Diciamo no anche se avremmo voluto dire sì, solo perché dire no ci
viene di un facile della madonna. E, anche se non siamo affatto
convinti di dirlo, ci affascina il suono che procura quella sillaba
passandoci fra le labbra. Abbiamo conosciuto individui che del dire
“no” ne hanno fatto una ragione di vita, salvo ritrovarsi con un
pugno di mosche in mano a rimpiangere un “sì” che avrebbe
rimediato a situazioni irrimediabili. Così, se LettaLetta dice:
“Italiani pagate le tasse”, al di là della scarsa credibilità
di cui gode, la voglia di rispondere “no”, puntando i piedi e
arricciando il naso, è superiore a qualsiasi soglia di buon senso.
Grillo è uno che dice “no” a prescindere, prima ancora che la
domanda gli venga posta, e come lui la pensano quelle migliaia di
italiani chiamati evasori totali: “Perché non paghi le tasse?”,
“Perché no, porca puttana, e che cazzo!”, come dicono frignando
i bambini stupidi. E proprio come il Pierfy (Casini), che torna
all'onore delle cronache per la dichiarazione d'amore che ha fatto
ieri a Silvio Berlusconi, reuccio suo da sempre. Casini, democristiano di lungo corso, si è fatto quattro conti. Se la soglia di sbarramento
per entrare nell'unica Camera che resterà sarà fissata al 5 per
cento, sa che dovrà dire addio al suo scranno di Montecitorio. Non
avendo né arte né parte, non saprebbe cosa fare e, quindi, ecco
giustificato il ritorno di fiamma silviesco. Il fatto è che se
l'Italicum dovesse rimanere così come è stato depositato, con Forza
Italia andrebbero anche la Lega e i Popolari di Mario Mauro, con
Fratelli d'Italia e il Nuovo Centro Destra, le chance di portare a
casa un governo di semi-sinistra da parte di Matteo Renzi, sarebbero
zero. Altri venti anni di destra xenofoba, omofoba, razzista e
sfascista, per favore no! Però. C'è un però. Il ragionamento che
abbiamo fatto noi dovrebbe averlo fatto anche il Sindaco che, in
fatto di politica, è sicuramente (vista la scuola) più preparato di
noi. E se continua ad andare avanti sulla stessa strada, le questioni
sono due: o è un furbo di quattro cotte e sa cosa sta facendo o è
la brutta copia di Fonzie: “ehi”!
mercoledì 22 gennaio 2014
I verginelli candidi del Pd. Per tacere di quelli di FI, di SC, del NCD. O ci fanno o si sono sottoposti alla chirurgia ricostruttiva
Questi
del Pd ci fanno impazzire. Cuperlo poi... Il fatto è che il più
sano ha la rogna da permanenza in Parlamento, mentre gli altri amano
dissertare sì sui settimi cieli, ma tenendo i piedi ben saldi sulla terra. Questi signori, specie i parlamentari, dovrebbero avere il
buon senso di dimettersi in blocco. E siccome non si conoscono i nomi
dei 101 zozzoni di prodiana memoria, tutti a casa e non se ne parli
più. Invece, dopo un intervento di chirurgia ricostruttiva di imeni,
sono ancora lì a fare la paternale, i candidi, i democratici a senso
unico, i depositari dell'idea socialdemoratica che, in fondo, siamo
tutti uguali, con uguali diritti e doveri: ma quando mai? A chi ha
corteggiato per venti anni Silvio cercando di carpirne (senza
riuscirci) i segreti del successo, non si può chiedere nulla, tanto
meno la coerenza. La fame di potere li ha accecati, e gli scandali
legati alle banche di famiglia ancora gridano vendetta. Ci siamo
chiesti, in questi anni, dove fosse la sinistra, che fine avesse
fatto oltre frequentare salotti buoni e gli studi del TG4. C'è
voluto il genio e la sfrontatezza di Nanni Moretti per dire a D'Alema
prima e a Fassino, Rutelli e Veltroni poi: “Ma ce lo dite qualcosa
di sinistra?” E affermare in piazza “Con questa classe dirigente
non vinceremo mai”, e via con i Girotondi. Che fine hanno fatto,
appunto, i girotondini? E il Popolo Viola? E il Santoro di “Anno
Zero” a Bologna in diretta streaming? E quella sollevazione
popolare al femminile al grido di “Se non ora quando”? Ci siamo
illusi, ma solo per un po', che il vento si potesse chiamare Di
Pietro, poi Grillo e poi ci siamo arresi. Dopo i 101 zozzoni, all'improvviso ci sono mancate le forze, soprattutto quando abbiamo
saputo che Massimo D'Alema (lo dice Achille Occhetto nella sua
autobiografia), c'era rimasto tanto male quando Prodi non lo aveva
interpellato per il Quirinale. Massimo D'Alema, già. Ma li avete
visti i pidini della minoranza fieri della loro nuova verginità?
Sono uno sballo, davvero uno sballo. Da Rosy Bindi alla Finocchiaro,
è tutto uno sbattere di ciglia in attesa del passaporto per
l'Europa. Ma non funziona così. Non più. E li avete visti i
forzatalioti ringalluzziti e tornati vergini? Porca puttana (con il
sacro rispetto per un mestiere nobile e antico), sembrano altre
persone. Vanno in tv e fanno gli angioletti, non insultano più, non
interrompono e anzi, se qualuno glielo chiedesse, pulirebbero anche
le sedie (con il fazzoletto di cotone makò) e reggerebbero i
cartelli dei titoli di coda: gobbi, insomma. Abbiamo visto la
Prestigiacomo che sembrava paro paro la Madonna di Civitavecchia, la
Gelmini che tende alle lacrime e una pletora di sgallettate senza
arte né parte che dovrebbero essere il nuovo della New Forza Italia
che avanza. Ma il più vergine di tutti è Gaetano Quagliariello,
quello dei lodi. In tv ha detto: “Renzi fa la legge elettorale con
Verdini. Una delle ragioni per le quali me ne sono andato da Forza
Italia, è proprio Verdini”. Ma Gaetano, dopo venti anni scopri
l'incompatibilità di carattere? Questo divorzio non te lo
concederebbe neppure la Sacra Rota pagando (ovviamente). Ipocriti!
martedì 21 gennaio 2014
Lo psicodramma della direzione Pd. Lo psicodramma dello psiconano. Lo psicodramma degli psicochip. Ma uno sano di mente in Italia, c'è?
Grillo
continua a perdere occasioni sia per tacere che per agire. Purtroppo non
ne ha azzeccata una e continua imperterrito l'opera di demolizione
del suo movimento. Glielo ha detto perfino Marco Travaglio, che a
riposizionamenti non è secondo a nessuno: “Caro Beppe, dovevi
andare a vedere le carte di Renzi e accettare la sua proposta di
smantellare l'apparato del Pd. Sai quanta gente avresti fatto
piangere?” Ma Grillo pensa alle Europee, le elezioni di maggio sono
diventate il suo incubo peggiore, specie ora che la Lega ha stretto
il patto xenofobo con Marie Le Pen facendogli franare l'ideuzza
euroscettica che accarezzava da tempo insieme con il suo teorico
ispiratore-fondatore di Gaia. Chissà, magari ora si dirà favorevole
allo ius soli. Ma veniamo al caso del giorno, la direzione del Pd.
Approvata la riforma elettorale proposta da Renzi. La figuraccia,
perché nel Pd si usa così, stavolta l'ha rimediata Gianni Cuperlo che ha
attaccato Matteo sull'unico punto sul quale avrebbe fatto meglio a
tacere. Insomma, Cuperlo campione dei listini bloccati (con
D'Alema, con Bersani, sempre), si è scagliato proprio contro la
proposta dei listini bloccati (da far precedere però dalle
parlamentarie) e, rimbeccato, se n'è andato portandosi appresso una
scia di Armani pour Homme che ha fatto svenire Rosy Bindi. Su questa
trattativa assurda (ma alla luce dei riflettori) fra Renzi e il
pregiudicato, si esprimerà la Storia o meglio, le prossime elezioni
politiche. Quello che ci è dato di capire, e di vedere, è il fatto
che per la prima volta da 20 anni, qualcuno è riuscito a rubare la
scena al Capataz, e ne sanno qualcosa anche i nemici più feroci di
Silvio, quelli che si sono ritrovati con la sedia spolverata e una
figuraccia da peracottari. Non è granché, ma un passo avanti sì.
Se uno non muore a colpi di bazooka, magari crepa dopo uno sgambetto.
Mah... chissà... va beh, sì beh...
domenica 19 gennaio 2014
Oggi è il Martin Luther King Day. I have a dream... non solo tu, Martin
Ogni terzo lunedì di gennaio, il mondo che se lo può permettere (quello libero), ricorda Martin Luther King (Atlanta, 15 gennaio 1929 - Memphis, 4 aprile 1968). Il suo "I have a dream" è diventato lo slogan dei pacifisti e la colonna sonora vocale di chi lotta per i diritti umani e civili. Sognatori di tutto il mondo, uniamoci.
sabato 18 gennaio 2014
Ecco l'incontro del secolo. Matteo e Silvio si vedranno sotto il ritratto del Che, alla luce dei riflettori
Una volta, tanto tempo fa da
sembrare un'eternità, un incontro simile si sarebbe tenuto nelle
Grotte di Frasassi, in una baita trentina raggiungibile solo con il
gatto delle nevi, in un eremo dei Monti Sibillini, nella canonica del
convento dei benedettini a Racalmuto o a casa di Gianni Letta davanti
a un bicchierino di zibibbo e una fetta di crostata di visciole.
Oggi, i tempi sono davvero cambiati, l'incontro fra Matteo de' Medici
e Silvio Berlusconi detto il Capataz per la comune altezza con Renato
Rascel, si terrà nella sede del Partito Democratico e, come dice il
Segretario, sotto il ritratto di Che Guevara. Ce lo vedete Silviuccio
vostro disperato e servizi sociali condannato, fotografato sotto il ritratto del Che? I tempi cambiano, e
quello che solo ieri sarebbe sembrato un assurdo in termini, si è trasformato in realtà. Diciamola tutto, questo governo deve andare a
casa. Non ha raggiunto nessuno degli obiettivi che si era prefissato
ma non solo, come stanno urlando i grillini (usando tutti i toni
possibili) in questi giorni, sta arrivando a svendere la Banca
d'Italia a Unicredit e Banca Intesa, due banche che faranno un realizzo
miliardario mentre i cittadini ne pagheranno le conseguenze. Ed è
stato talmente bravo questo governo, che perfino con il ricalcolo del
Pil su base americana, a fronte di un aumento medio del 2,5 per cento
degli altri stati europei, l'Italia si ritroverà all'1/1,5 per
cento, segnando la ripresa più lenta dell'intero Vecchio Continente.
Si deve votare a maggio, non se ne può fare a meno. Occorre un
governo stabile, una politica seria, maggiore lucidità, più
fantasia. Non si può continuare ad andare avanti con Alfano,
Cicchitto, Giovanardi, la De Girolamo, la Lorenzin, Quagliariello e
tutto l'attrezzume berlusconiano pronto a tornare agli ordini del Capo con una legge elettorale che ridia il via al Centrodestra. Per
forza che Alfano è in fibrillazione, per forza che Formigoni ha
messo mano al cilicio, per loro l'accordo sulla legge elettorale (e
non su possibili forme di co-governo), fra il Pd e Forza Italia suona
come l'ultima campana a morto della torre del Duomo di Adro. E non
saranno solo loro a tornare a casa senza arte né parte e a rischio
povertà, ma anche la Lega xenofoba e sfascista, Scelta Civica, i
Nuovi Popolari, gli Udc di Casini, mentre Sel se ne andrà con Renzi
per un possibile e non più rinviabile governo riformista. Lo aveva
chiesto perfino Curzio Maltese sulle colonne di Repubblica: “Purché
questo incontro avvenga alla luce del sole”. Altro che luce del sole, ci
saranno i mezzi di illuminazione che si confanno di più sia a
Berlusconi che a Renzi: i riflettori.
venerdì 17 gennaio 2014
Renzi, Silvio e il patto della ribollita
Bizzarro
l'atteggiamento dei democrat pseudo-sinistrorsi. Inciuciano per 20
anni con Silvio, lo riesumano per ben tre volte grazie anche alla
fame di banche, trombano Prodi, ci fanno un governo poi, come
pizzicati dalla mosca tse-tse, lo chiamano “pregiudicato”. Noi
possiamo permetterci di chiamarlo con il nome che ha dopo la sentenza
della Cassazione, loro no, e non si permettano. Massimo D'Alema,
l'uomo dei lunghi asti e degli odii sempiterni, uscendo dalla
direzione del Pd ha detto: “Siamo alle comiche”. Come definire
allora il patto della crostata a casa Letta (lo zio) che, allo zibibbo parlava
di accordo fatto e la mattina dopo, appena preso il caffè, si
trasformò per il lider maximo in un incubo? Il fatto è che Renzi
non può permettersi di perdere le Europee. Se dovesse avvenire,
Baffetto gli direbbe: “Io dopo averle perse mi sono dimesso, tu che
fai?” La segreteria di De' Medici, insomma, corre il rischio di
essere la più breve della storia dei democratici, ancora più breve
di quella di Epifani, il che è tutto dire. E come potrebbe perdere
le elezioni europee Matteuccio-foglio excel? Per colpa
dell'immobilismo di questo governo ultrademocristiano del quale il Pd
è l'azionista di maggioranza. L'effetto primarie, insomma, potrebbe
durare pochissimo se ser Matteo non mette qualche freccia nella sua
faretra tenendosi pronto a scoccarla. E piuttosto che farsi
defenestrare da un Fassina-chi? qualsiasi, preferisce andare a votare
anche per le politiche, l'election-day di Berlusconi e Grillo, e
giocarsi la partita in campo aperto, con una legge elettorale nuova di zecca che non lo faccia partire da perdente. In queste ore Matteo incontrerà
Berlusconi. Più di un osservatore politico sottolinea come il fatto
in sé, non rappresenti uno scandalo, purché tutto avvenga alla luce
del sole, purché si adotti il metodo tedesco di consultazioni quasi
pubbliche come quelle avvenute fra la Spd e il Cdu. L'aria è questa.
L'incontro dovrebbe tenersi a Firenze davanti a una ribollita, più
pesante della crostata ma sicuramente meno subdolamente raffinata.
Poi c'è il Brunello di Montalcino, ma questo è un altro discorso.
PS. Se
non lo avete ancora capito, abbiamo prorogato il tempo a disposizione
di Matteo per tentare di convincerci.
giovedì 16 gennaio 2014
Bonanno fa il clown e Renzi incontrerà Silvio. Ma Matteo ci fa, ci è o è solo furbo?
Una
volta, tanto tempo fa, i clown si tingevano la faccia di bianco ed
era pallore e chiarore lunare proprio come quello del cuculo della
canzone scout. Poi arrivò Al Jolson che se la tinse di nero per
interpretare un cantante di Jazz, ma quello era un film anzi, il
primo film sonoro della storia del cinema. Ieri, con tutt'altro
piglio e scopo, l'attore-clown-fine dicitore-bifolk singer leghista,
Gianluca Bonanno, ha pensato di rinverdire i fasti dei Pierrot
all'incontrario, tingendosi durante il suo intervento alla Camera, la
faccia di nero. “Se questo è l'unico modo – ha detto Bubu – di
farsi ascoltare dallo Stato, ebbene signor presidente della Camera,
eccomi qua”. Peccato che dei coulored, il povero Gianluca non abbia
né il fisico né lo sprint, altrimenti sarebbe Speedy
Gonzales. In compenso, il suo segretario federale, il padano vero
Matteo Salvini, ha sottoscritto sempre ieri con la signora Marie Le
Pen, un patto di ferro per introdurre la xenofobia in Europa
cancellandone il reato. Si allungano così gli aggettivi distintivi
del microcosmo telefonico della Lega: razzisti, xenofobi, estremisti,
ultranazionalisti, nazionalsocialisti, negazionisti, antisemiti.
Certo che di aggettivi i leghisti sono pieni, peato gli manchino i
voti.
E
parliamo di cose serie. Renzi lo aveva detto e lo farà, per la nuova
legge elettorale sentirà tutti ma proprio tutti, quindi anche
Silvio. C'è già stato l'incontro con il plenipotenziario Denis
Verdini, da oggi a breve ogni momento è buono per lo splash down al
vertice fra il leader del Pd e quello di Forza Italia. A una prima
lettura, questa storia ci ha causato un conato di vomito ripensando,
soprattutto, alla legittimazione che D'Alema dette a Silvio con la
Bicamerale. Ma poi abbiamo pensato: possibile che Renzi, memore delle
cazzate di Baffetto, faccia lo stesso errore? Cada nella stessa
trappola? Se c'è caduto il politico più intelligente degli ultimi
151 anni, possibile che ci caschi pure il De' Medici di voialtri?
Improvvisamente però, ci è venuto un flash. E se Matteo non fosse
il politico più intelligente ma semplicemente il più furbo? C'è da dire che se
il pregiudicato Berlusconi dovesse varcare la soglia della sede del
Pd, a qualcuno potrebbe venire uno sturbo. Almeno D'Alema, oltre che
a casa Letta (lo zio) per il patto della crostata, lo incontrava solo a
Montecitorio.
mercoledì 15 gennaio 2014
La Lega a tutto campo contro Cecile Kyenge. È iniziata la campagna elettorale, al grido “dagli al negher”
Ogni
tanto bisogna occuparsi anche dei prefissi telefonici, questo è
quanto vale oggi la Lega che fu, una percentuale da teleselezione.
Non è un bell'esercizio, né di analisi politica né (tanto meno) di
scrittura. Il fatto è che quando i valligiani dal palato fine, che
si nutrono con i “güster” di funarian/guzzantiana memoria e di
bistecche d'orso con rutto finale la fanno fuori dal vasetto, non è
possibile far finta che non esistono: ci sono e vanno presi in
considerazione. Così, come i giornali americani dello Iowa
pubblicano gli indirizzi dei pedofili per tenere i bambini lontani
dalle loro case, la Padania ha deciso di pubblicare tutti gli
appuntamenti della ministra Cecile Kyenge nelle contee del nord. Lo
scopo? Aizzare i celti, i vichinghi (con annesse corna sull'elmo) e
gli adoratori di Odino non praticanti, a contestarne non solo la
politica ma soprattutto la presenza fisica. Di “negri”, a meno
che non siano destinati alle fabrichètte dei cummenda, al pascolo
delle vacche padane, all'edilizia del Nord-Est, alla raccolta del
riso (le mondine sono scomparse sostituite da ex danzatrici del
ventre di dubbia provenienza), allo smaltimento dei rifiuti organici
dei culoni degli allevatori di latte con multe della UE annesse, e
alla campagna intesa proprio come campagna, agricoltura insomma, del
Trota novello Menenio Agrippa, sono solo clandestini senza patria da
rinchiudere nei centri di accoglienza in attesa di rimpatriarli.
Tutta l'umanità e l'accoglienza dei leghisti è sintetizzabile in
una frase: “fœra
dai ball”. Poi c'è il duo di piadina, Matteo Salvini e Bobo Blues
Maroni, che, novelli Starski e Hutch, stanno giocando al poliziotto
buono e al poliziotto cattivo. Salvini scende in piazza con la felpa
padanizzata insultando domineddio, Maroni in completo fumo di Londra,
ma con cravatta verde d'ordinanza, fa lo statista nel suo ufficio al
Pirellone. Allora a noi viene in mente Amoo Hadji, un ottantenne del
villaggio di Dezhgah, distretto di Deharm, provincia di Fars in Iran
il quale, non lavandosi da sessantanni (è il detentore del record
mondiale di sporcizia), ha preso le sembianze di un africano di
Ouagadougou pur essendo di colorito bianco-latte dalla nascita. Ma non è che Borghezio è
bianco solo perché si lava?
martedì 14 gennaio 2014
La base dei 5S sconfessa il Duo: questione di testa non di pancia. Perché la De Girolamo sì e la Cancellieri no?
Due
considerazioni. La prima. Se Beppe Grillo avesse consultato la base
anche sul “trattatuni” con Piergigi Bersani, probabilmente oggi
lo scenario politico sarebbe diverso. Dalla consultazione on line
sull'abolizione della Bossi-Fini, è venuto fuori sì un mal di
pancia, ma quello della base dei 5S che evidentemente si sono rotti
le palle di essere rappresentati da due tagliateste di cui uno tanto
virtuale quanto subliminale. Siamo curiosi di sapere cosa accadrà
ora che la base del Movimento li ha pubblicamente svergognati,
cliccando in modo tale da prendere una posizione che, secondo il
leader maximo, li avrebbe ridotti a prefisso telefonico. Da prenderli
a schiaffi, i duri e puri, quelli che fino a ieri hanno detto che la
democrazia della rete era l'unica possibile, e che oggi, alla luce
del risultato della consultazione, hanno affermato “La politica non
si può ridurre a un clic”. Ma che vi venga un bene, per diventare
deputati e senatori vi sta bene, per prendere decisioni no? La base, e
una buona parte dei cittadini parlamentari, contesta violentemente la
gestione verticistica del Movimento, dei “vaffa” senza costrutto
non ne possono più, e devono essersi stancati anche delle sirene e
dei chip sottocutanei. Casaleggio forse non è Orwell e dare del
Messia a Beppe sta sembrando a qualcuno un assurdo in termini.
Diciamo che questo voto virtuale ha spiazzato i capi 5S, e qualcuno
si è spinto ad accusare Casaleggio di usare il blog di Grillo come
un'arma. I dissidenti o i critici, però, devono stare attenti. Nel
sonno potrebbero anche essere colpiti dal raggio laser di Jeeg Ufo
Robot.
La
seconda. È da ieri l'altro che ci chiediamo per quale motivo Nunzia
De Girolamo si dovrebbe dimettere e Anna Maria Cancellieri sia
rimasta invece al suo posto. Ci chiediamo se non sia più grave che
il ministro della giustizia dia dell' “ingiusto” a un
provvedimento dei giudici, che un “vaffanculo” o un “mi avete
rotto le palle”, detti fra le mura di casa da un deputato del Pdl,
abituato a sentirne di peggiori dai suoi colleghi. E se da un lato il
carattere sanguigno della De Girolamo potrebbe perfino giustificare
parole non degne di una signora, ma entrate prepotentemente nel
lessico contemporaneo grazie anche al berlusconismo dei
cinepanettoni, dall'altro ci riesce difficile comprendere il motivo
per il quale chi distingue gli italiani fra cittadini di serie a e di
serie b e non chiede scusa per le sue amicizie pericolose, non solo
continui a sedere in Parlamento ma sia anche un ministro della
repubblica. Grillo con i vaffanculo ci si è costruito una carriera,
la De Girolamo rischia di giocarsela. Non è giusto... non è giusto.
lunedì 13 gennaio 2014
domenica 12 gennaio 2014
Cose di casa nostra (Cota, Di Girolamo, Cialente) e di altre case (Sharon). Chi si dimette, chi non si dimette, chi muore, chi vive, chi vivacchia
Contrariamente a quanto accade
per altri personaggi che hanno fatto la storia dell'umanità, per
Ariel Sharon, il Leone di Dio e lo Sciacallo dei palestinesi, non
occorrerà attendere il giudizio dei posteri. Il passeggiatore
domenicale della Spianata delle moschee, è stato un guerrafondaio
responsabile di massacri e di occupazioni tout court, di stragi e di
invasioni feroci e disumane. Inutile dire che in Israele lo stanno
ricordando per i passi (corti, cortissimi) fatti per il processo di
pace e tutti sottolineano il ritiro dei sionisti dalla Striscia di
Gaza. Non c'era stato nessun pentimento nella sua decisione di fare
un passo indietro, solo una grande pressione statunitense. Resta
stampata nei libri di storia, la risposta che diede a un giornalista
americano: “Cosa intende fare, lei, Ariel Sharon, con Arafat?”
“Arafat deve essere ucciso”, rispose colui che, post mortem,
qualcuno sta cercando di far passare per un pacifista.
Si è dimesso il sindaco dell'Aquila. Massimo Cialente ha detto: “È impossibile resistere alla macchina del fango”. Il sindaco, non indagato, ha preferito rispondere con le dimissioni alle non-dichiarazioni del governo e all'aria di sostanziale sfiducia che si respirava intorno alla sua giunta dopo l'avviso di garanzia al vicesindaco. E così, mentre escono fuori le intercettazioni telefoniche degli sciacalli autoctoni, L'Aquila si ritroverà senza amministrazione fino a maggio, quando i cittadini decideranno come farsi governare da Forza Italia, che poi è il partito dell'ideologo delle New Town. Così andrà a finire, e torneranno in auge i vecchi tromboni delle passate, disastrose, amministrazioni Berlusconian-casiniane.
Chi di intercettazioni ferisce, di intercettazioni perisce. I centrodestrorsi, che con le intercettazioni telefoniche ci vincono le elezioni, stavolta devono rispondere di pressioni e ricatti fatti ai manager della asl di Benevento su gare d'appalto ad escludendum. Ditte e professionisti sgraditi (sembra) al clan dell'allora deputata, oggi ministro, Nunzia De Girolamo, sono stati fatti fuori dai bandi pubblici per una questione di 118. La De Girolamo è attesa in parlamento per far firmare la giustificazione dal preside LettaLetta, ma tira aria di rimpasto e Renzi non è affatto contento di sporcarsi le mani in questo momento e con questo governo.
Cota sta dando di matto. Lo avete sentito in tivvù, spalleggiato da Salvini e Borghezio, mentre parla di golpe, di sovvertimento degli organi dello stato, di complotto comunista e di magistratura politicizzata? Inarrivabile, soprattutto se si pensa che sotto i pantaloni indossa le mutande verdi acquistate in America con i soldi dei contribuenti. In vista delle prossime elezioni europee, i partiti neofascisti e una parte di grillini, stanno affilando le armi razziste. A Brescia, militanti di Forza Italia, della Lega e di Fratelli d'Italia, tutti insieme appassionatamente, hanno contestato ferocemente la ministra Kyenge. Ma mica perché vuole lo ius soli e l'integrazione non di facciata, solo perché è nera. Alla vergogna, come al razzismo specioso, non c'è limite.
Si è dimesso il sindaco dell'Aquila. Massimo Cialente ha detto: “È impossibile resistere alla macchina del fango”. Il sindaco, non indagato, ha preferito rispondere con le dimissioni alle non-dichiarazioni del governo e all'aria di sostanziale sfiducia che si respirava intorno alla sua giunta dopo l'avviso di garanzia al vicesindaco. E così, mentre escono fuori le intercettazioni telefoniche degli sciacalli autoctoni, L'Aquila si ritroverà senza amministrazione fino a maggio, quando i cittadini decideranno come farsi governare da Forza Italia, che poi è il partito dell'ideologo delle New Town. Così andrà a finire, e torneranno in auge i vecchi tromboni delle passate, disastrose, amministrazioni Berlusconian-casiniane.
Chi di intercettazioni ferisce, di intercettazioni perisce. I centrodestrorsi, che con le intercettazioni telefoniche ci vincono le elezioni, stavolta devono rispondere di pressioni e ricatti fatti ai manager della asl di Benevento su gare d'appalto ad escludendum. Ditte e professionisti sgraditi (sembra) al clan dell'allora deputata, oggi ministro, Nunzia De Girolamo, sono stati fatti fuori dai bandi pubblici per una questione di 118. La De Girolamo è attesa in parlamento per far firmare la giustificazione dal preside LettaLetta, ma tira aria di rimpasto e Renzi non è affatto contento di sporcarsi le mani in questo momento e con questo governo.
Cota sta dando di matto. Lo avete sentito in tivvù, spalleggiato da Salvini e Borghezio, mentre parla di golpe, di sovvertimento degli organi dello stato, di complotto comunista e di magistratura politicizzata? Inarrivabile, soprattutto se si pensa che sotto i pantaloni indossa le mutande verdi acquistate in America con i soldi dei contribuenti. In vista delle prossime elezioni europee, i partiti neofascisti e una parte di grillini, stanno affilando le armi razziste. A Brescia, militanti di Forza Italia, della Lega e di Fratelli d'Italia, tutti insieme appassionatamente, hanno contestato ferocemente la ministra Kyenge. Ma mica perché vuole lo ius soli e l'integrazione non di facciata, solo perché è nera. Alla vergogna, come al razzismo specioso, non c'è limite.
sabato 11 gennaio 2014
Silvio: “Lo psichiatra mi ha detto che ho una fortissima componente lesbica”. Fosse solo quello...
Mentre
in Piemonte il Tar annulla le elezioni leghiste e Cota dà di matto,
Silvio torna a fare “il Silvio” e, durante una riunione con i
coordinatori regionali di Forza Italia, e animatori principi dei
Cloeub (come dice lui) “Forza Silvio”, dà un po' di matto pure lui. Ma
Berlusconi non è Cota, il Capataz le mutande verdi le fa indossare,
mica le indossa, e soprattutto gode di una potenza di fuoco mediatica
che l'ex governatore del Piemonte si sogna. Non si sa se ancora preda
di deliri notturni freudiani, o se per effettiva consapevolezza di
quanto afferma, Silvio è convinto di fare il capolista in tutte le
regioni italiane alle prossime elezioni europee. In che modo? “Grazie
a una sospensiva dei tribunali europei alla quale stanno lavorando i
miei avvocati internazionali”. In Europa, lo sanno cani e porci, le
cancellerie dei tribunali si stanno ancora scompisciando dalle risate
dopo aver letto le motivazioni dei ricorsi presentati dai legali
internazionali di Silvio, ma a lui sembra non interessi nulla anche
perché, da un po' di tempo, pare che lo stiano corteggiando ben
quattro nazioni. Malta, la Bulgaria la Romania e (dicono) la Spagna,
vorrebbero Silvio candidato nei loro collegi e, pur di avere lui e i
suoi soldi, sarebbero disposte a fare carte false. Ma Silvio
tentenna, lui vorrebbe essere candidato in Italia anche con il
braccialetto elettronico al polso che non è più né una battuta né
una possibilità remota. Ma nella riunione dei coordinatori regionali
di cui sopra, oltre a quella sulla sua “fortissima componente
lesbica” (una battuta che non facevamo neppure, affamati cronici, in
caserma), Silvio è tornato a fare la parte di Re Mida. “Qualsiasi
cosa tocco diventa famosa – ha detto l'ex psiconano grillesco –
pensate a quello che è successo a Dudù e, tutto sommato, a Toti”.
Certo che il direttore del TG4 si sentirà fiero di essere
paragonato a un barboncino (con tutto il rispetto per il barboncino,
ovviamente).
venerdì 10 gennaio 2014
Tutti rincorrono Matteo, inseguitori con il fiato corto e le gambe molli. Nel frattempo chiesti tre anni di reclusione per l'”inconsapevole di Imperia”
Iniziano
gli insulti, i distinguo, le prese di distanza, i “niet” che non
hanno né capo né coda. Un merito Renzi lo ha, sta facendo andare di
corsa un paese abituato ai tempi democristiani dell'eternità per
vocazione. Prendiamo l'ultimo caso Saccomanni-Carrozza, quello dei
soldi degli insegnanti chiesti indietro dallo stato. La Carrozza
sapeva tutto e ha taciuto. Saccomanni ha solo fatto il suo dovere di
tagliatore di teste e di speranze. Burocrate dentro, Fabrizio si
stava già fregando le mani quando da Firenze è arrivato l'altolà:
“Se questa storia va avanti – ha detto Matteo – mi arrabbio sul
serio”. Dietrofront del duo delle meraviglie e niente più
restituzione.
Legge
elettorale. In aula entro la prima settimana di febbraio. Hai voglia
di starnazzare come sta facendo 'O Schiattamuort. I tempi sono stati
fissati e se il NCD non ci dovesse stare, è pronto Silvio con i suoi
giannizzeri. Sul modello da adottare, ampia libertà. Matteo ne ha
proposti tre, lasciando il cerino nelle mani degli altri che ci si
scotteranno.
Job
Acts, la proposta sul lavoro che Renzi presenterà alla prima
direzione del PD. Anche in questo caso distinguo e insulti. Renatino
Brunetta si riscopre fustigatore e dà del dilettante a Matteo,
proprio lui che sa di economia quanto noi di fisica dei Quanti
quindi, praticamente nulla.
Questi
della destra (il centro se lo sono giocato da un pezzo) sono fermi
all'età della pietra. Mentre negli Stati Uniti la liberalizzazione
delle droghe leggere avviene anche lì dove regnano i conservatori e
contribuisce ad aumentare l'occupazione e il pil, in Italia è ancora
una volta argomento tabù. Se un paese non adotta un provvedimento
che diminuirebbe innanzitutto il potere delle narcomafie, voi cosa
pensereste, minimo a connivenze, o no? Sempre 'O Schiattamuort, mai
tanto chiacchierone come in questi tempi, segno che non fare più il
Cocorito gli fa bene, attacca i matrimoni gay e dice che se Matteo
dovesse far presentare la proposta di legge che li introduce, il suo
partito scapperebbe di corsa. “Senza di noi il governo non 'è
più”, ricatta Angelino. Ma qualcuno gli ha spiegato che se cade
ora il governo il suo peso politico sarebbe lo stesso di Fini? Si
ricatta tanto per ricattare, si fa la voce grossa per mettere le mani
avanti ma alla fine, questi pesciacchioni del nulla, sanno di contare
come il due di coppe quando la briscola è bastoni.
E
chiudiamo con l'Inconsapevole di Imperia. Per l'ex ministro Claudio
Scajola, alias il manganellatore del G8 di Genova (che memoria corta
avete, italianucci cari!), il tribunale di Roma ha chiesto 3 anni di
reclusione e 2 milioni di euro di multa. Il tutto inquadrabile nel
contesto del regalo ricevuto da Anemone, quell'appartamentino fronte
Colosseo che Scajola si era ritrovato nella disponibilità totale pur
non avendolo acquistato di persona personalmente. Restano le “case
Ligresti” a Roma, quelle popolate da politici, imprenditori, amici,
amici degli amici. Ma questa è tutta un'altra vergognosa storia. La
morale di questo post? Boh...
giovedì 9 gennaio 2014
Il governo dei gamberoni. La parola d'ordine è: “Dietrofront”. Continua la vergogna di un esecutivo senza idee
Non se
ne può più. Che questo fosse un governo democristiano “dentro”
lo si sapeva. Che, come facevano i vecchi leader della Balena Bianca,
ogni questione diventa prioritaria a seconda della platea a cui ci si
rivolge, era lapalissiano. L'unica differenza consiste nel fatto che
la vecchia DC non aveva così tanti ladri al suo interno, mangiavano
meno di questi che non riescono a staccare la spina neppure degli
altissimi affitti dei palazzi della politica. Che il governo avesse
pianificato il taglio degli stipendi degli insegnanti della scuola
pubblica, è un dato di fatto incontrovertibile. Il problema è che
tutti hanno taciuto fino al momento in cui il recupero dei danè
sarebbe dovuto diventare effettivo, cioè con lo stipendio di gennaio
2014. La conseguenza del “far finta di niente”, rispetto alla
richiesta di rimborso delle somme indebitamente percepite, sarà
quella che non ci saranno i corsi di recupero per studenti in
difficoltà, i corsi di aggiornamento degli insegnanti, i progetti
speciali che ogni scuola aveva programmato. Il ragionamento è
semplice: la ministra Carrozza aveva progettato tutto questo ben di
dio basandosi su cosa? Sul finanziamento extra del MEF? Siccome è
improponibile pure pensarlo (un aumento del bilancio a disposizione
del ministero della Scuola), significa che la ministra sapeva
esattamente da dove le sarebbero arrivati i soldi. E allora, diciamo
noi, perché ha fatto finta di non saperne nulla proprio come chi
cade dal pero svegliandosi di soprassalto? I matrimoni d'interesse, o
contronatura, sono destinati a durare pochissimo perché, prima o poi,
uno dei coniugi o scappa o cornifica. Questi del LettaLetta, pur di
continuare a governare, venderebbero la mamma, la nonna, la zia e
fors'anche la moglie e le sorelle.
Chiudiamo
con la notizia degli arresti e degli avvisi di garanzia agli
amministratori aquilani per il lucro sul sisma del 6 aprile 2009. Fin
quando a ridere del terremoto e dei morti erano personaggi estranei
alla comunità locale, si poteva anche diabolicamente capire, ma
sapere che cittadini dell'Aquila hanno approfittato di una situazione
ad altissima drammaticità, ci indigna. Nei loro confronti, gli
sciacalli sono canidi in smoking.
mercoledì 8 gennaio 2014
Se un governo nasce peracottaro non può diventare un club di statisti. Gli insegnanti dovranno restituire gli adeguamenti automatici dello stipendio del 2013
Retroattivamente,
come si usa nei regimi totalitari, il governo LettaLetta, a novembre,
decide che il blocco degli stipendi degli insegnanti sarà valido
anche per il 2013, dunque con l'annualità in corso. “Mai più
tagli alla cultura e alla scuola”, urlò Enrichetto appena nominato
premier. Infatti, i soldi destinati alla ricostruzione del centro
storico dell'Aquila li ha dirottati a Pompei, e dagli insegnanti
della scuola, dopo gli 8 miliardi di tagli della scellerata gestione
Gelmini (impegnati nella costruzione del tunnel Gran Sasso-Cern di
Ginevra), pretende la restituzione delle somme percepite come
adeguamento automatico degli stipendi previsto dal contratto
nazionale di lavoro. Parliamoci chiaro, nessuna intenzione di
intraprendere una battaglia a difesa dell'ennesima corporazione di
questo paese, il fatto è che troviamo aberrante che lo Stato
pretenda la restituzione di soldi che lo Stato ha dato rispettando un
contratto che lo stesso Stato ha sottoscritto. Se non è schizofrenia
questa, spiegateci voi cosa diavolo è la schizofrenia. Il paese,
questo paese, è retto dalle fandonie e dalla disciplina imposta dai
burocrati europei. Non si capisce più cosa ci si deve aspettare la
mattina appena svegli, se le leggi che regolano la vita dei cittadini
italiani siano o no le stesse con le quali si sono addormentati la
sera. Questo governo è composto da una combriccola di giovincelli
(solo d'età) rincretiniti che giocano alla politica come fosse il
Sudoku: pur di far tornare i conti in orizzontale e in verticale,
venderebbero la mamma. Il ministro Saccomanni, poi, ci ricorda il
sagrestano della chiesa del nostro paese, il quale si incazzava come
una iena se non si mettevano 100 lire nel bussolotto che faceva
girare fra i fedeli con aria minacciosa e che, parafrasando il matto
di Nuovo Cinema Paradiso, diceva “la moneta è mia, la moneta è
mia”. Fosse per lui farebbe pagare le tasse anche a Berlusconi ma
non può, i suoi calzini sono corti e pericolosamente verde pisello.
Spread o non spread, i dilettanti, specie se massoni, non servono all'Italia, men che
meno agli italiani che non stanno messi male come i greci ma che, nel
frattempo, si stanno nutrendo di pane e tzatziki. Non si può sapere
come andrà a finire.
martedì 7 gennaio 2014
Il mondo in pena per Schumacher, la Merkel e Piergigi. In Sardegna, invece, i 5S...
Mentre
il mondo è in fibrillazione per le condizioni di salute di
Schumacher, di Angela Merkel (anche lei caduta dagli sci, segnale
inequivocabile che lo sport fa male) e di Piergigi Bersani che non
vede l'ora di godersi Juventus-Roma 3 a 0, in Sardegna il M5S alza
bandiera bianca e decide, nella piena autonomia di Beppe Grillo, di
non prendere parte alle prossime regionali. Curioso il caso sardo.
Alle ultime politiche il Movimento aveva preso più voti di tutti gli
altri partiti, un 29,68 per cento alla Camera che non ha convinto il
Capo Supremo a concedere il simbolo pentastelluto ai rappresentanti
sardi della sua creatura. In queste ore si sono succedute
dichiarazioni su dichiarazioni, spesso contraddittorie, in antetitesi
le une con le altre. Le due fazioni dei 5S, insomma, non si sono
messe d'accordo, accusandosi l'un l'altra di protagonismo,
malpancismo, incoerenza e rifiutandosi di confrontarsi per arrivare a
quell'unità di intenti che Grillo aveva messo come condizione
indispensabile per correre alle regionali. Le posizioni si riassumono
nelle dichiarazioni di due esponenti delle opposte fazioni. Emanuela
Corda, deputata, dice: “Noi non presenteremo alcuna lista, perché
non siamo ancora pronti per farlo. Quando avremo un metodo definito e
regole certe condivise, arriverà il nostro momento. Ci sono ancora
troppo livore, troppa incoscienza, troppo protagonismo nell'esternare
ai quattro venti, un malessere che è figlio primariamente delle
nostre stesse debolezze e delle nostre fragilità. Temo che alcuni
abbiano scambiato il Movimento per uno sfogatoio dove poter fare il
proprio comodo, senza curarsi del fatto che in certi contesti,
occorra rispettare delle elementari regole di buona educazione”. Le
risponde, piccatissima, un'altra deputata, Paola Pinna, che dice: “La
Sardegna non era pronta? E chi mai è stato pronto? Sarebbe bastato
poco per esaudire le richieste d'aiuto di vari attivisti e
parlamentari. O non interessa la Sardegna, come non è mai
interessata a nessuno se non per trascorrerci le vacanze, o è il
periodo che è poco indicato (europee in vista)". Per quello che
può valere il nostro giudizio, è buona la seconda. Evidentemente i
sondaggi danno (anche in Sardegna) il M5S in caduta libera. E un
fallimento, a pochi mesi dalle europee, non sarebbe un bel biglietto
da visita dopo i flop rimediati in questi ultimi tempi. Lo sa Grillo,
lo sa Casaleggio. Meglio passare, almeno per questa mano... di poker.
lunedì 6 gennaio 2014
domenica 5 gennaio 2014
Fassina lascia per una battuta. Quando il “chi?'” è un'offesa
Quel
“chi?”, detto in un certo modo, deve suonare alle orecchie di
qualcuno peggio del famigerato “cornuto”. Per molti aspetti ciò
può essere vero, il dolore per le corna dopo un po' passa. Una volta
rientrate nel loro alveo naturale, quelle vergognose appendici
finiscono per essere dimenticate. Ma la sindrome da anonimato che un
semplice “chi” con il punto di domanda finale (pur essendo tutti
i giorni in tv e sui giornali) deve portarsi appresso, al
destinatario suona come, se non peggio, una infamia. È il caso
di Stefano Fassina, ex viceministro dell'economia, che ha rassegnato
irrevocabilmente le dimissioni dopo che il segretario del suo partito
alla domanda: “Che ne pensa della proposta di rimpasto formulata
dal sottosegretario Fassina?”, ha risposto con un “chi?” che ha
fatto sganasciare dalle risate la folla dei giornalisti presenti alla
conferenza stampa di Firenze. E dire che fino a ieri al povero
Fassina ne avevano dette di tutti i colori. Da “ignorante” a
“laureato per corrispondenza”, da “inconsistente” a
“visionario della domenica” fino al terribile “analfabeta”,
Fassina, da responsabile economico del Pd, è stato trattato
malissimo a tutte le latitudini ma, stoicamente, è sempre rimasto al
suo posto, fedele allo scopritore e mentore Piergigi Bersani,
campione di assenteismo a Montecitorio, nonché responsabile
smacchiatore di una delle più cocenti sconfitte elettorali dei
democrat. È bastata però una battuta di Matteo, ché l'ultimo
esponente della sinistra Pd nel governicchio LettaLetta, se ne
andasse sbattendo la porta. Diciamolo, Fassina non aspettava altro. A
lui questo governo non piace, questa alleanza poi, la aborre. Fine
del viaggio, fine della spocchia, fine della resistenza. E il Pd è
quel partito padronale di cui tutti temevano la svolta. Domanda. Ma
in un partito che ha fucilato alle spalle il suo padre fondatore con
101 raffiche di vergogna, un po' di disciplina, alla fine, serve o
no?
sabato 4 gennaio 2014
venerdì 3 gennaio 2014
Politici assenteisti: Verdini il vincitore, seguito da Ghedini. Marchionne li avrebbe già licenziati. Sorpresa, gli stakanovisti non sono i 5S
Il Sergio proprietario di
FiatCrysler li avrebbe già licenziati in tronco. Al contrario del
popolo italiano che non ha potere contrattuale, l'ad di Fiat il
potere ce l'ha sul serio e ben lo sanno quelli della Fiom. È uscita
la particolare classifica di Openpolis, quella che assegna le maglie
nere ai politici che nell'ultimo anno di legislatura non hanno
brillato per i servizi resi alla comunità. Al Senato al primo posto,
vincitore assoluto, c'è Denis Verdini, il falco braccio destro di
Berlusconi che ha totalizzato più assenze del suo stesso Capo. Lo
segue Mavalà, evidentemente più impegnato nelle aule processuali a
difendere Silvio che ad ergersi a paladino di leggi e riforme. Al
terzo posto un'altra berluschina, Mariarosaria Rossi, che di Silvio è
la badante storica. Spicca anche il nome di Tremonti, ma l'inventore della
finanza creativa è troppo impegnato a non far pagare le tasse ai
suoi clienti ricchi che a tutelare i bisogni degli italiani poveri. A
Palazzo Madama non brillano neppure Mario Monti, Maurizio Sacconi,
Renato Schifani e il Pd Marco Minniti. Alla Camera il risultato è lo
stesso, segno inequivocabile che ai forzaitalioti l'aria di
Montecitorio causa una fastidiosa allergia da aria chiusa. Maglia
nera, e vincitore assoluto, è il deputato di FI Antonio Angelucci
che ha partecipato a tre, diconsi tre, votazioni, su 2818. Poi ci sono
le “televisive” Michela Brambilla e Daniela Santanché ma anche,
udite udite, Umberto Bossi, Gianni Cuperlo e Piergigi Bersani. Ma i
Pd sono in testa per presenze, sia al Senato che alla Camera.
Federico Fornaro ha totalizzato il 100 per cento di presenze a
Palazzo Madama, mentre a Montecitorio, in tre si piazzano al primo
posto sempre con il 100 per cento di presenze, Cinzia Fontana,
Giuseppe Guerini e Tino Iannuzzi. Primo dei 5S, al 27° posto,
Francesco Cariello. C'è sempre qualcosa che non quadra, ma non fa
niente.
giovedì 2 gennaio 2014
È con viva e vibrante soddisfazione... Gli sfascisti non passano, e le provocazioni hanno le stesse gambe di Brunetta
Sarà che quando la “santa
alleanza sfascista” tuona a noi viene da ridere, se l'asse
maramaldo FI/5S/Lega ci invita a non seguire il discorso
dell'Innominabile noi che facciamo? Lo seguiamo porco boia. E come
noi la devono aver pensata 9 milioni e 800mila italiani che, in barba
agli anatemi di Silvio, le grandguignolesche buffonerie di Grillo e le fregnacce di
Salvini, si sono messi davanti alla tv e hanno ascoltato il Presidente
rispondere colpo su colpo ai propagandisti del nulla. Quello che
pensiamo di Colui-che-siede-sulla-poltrona-più-alta, lo sanno tutti
ma, più che l'avversione per la politica regia di Giorgio, potè lo
schifo per un'asse che puzza di paraculaggine e come un insulto alle
intelligenze normali. Non ci vuole infatti un genio a capire che se
Brunetta detta i tempi di assenza e presenza dei 5Stelle
durante le votazioni nelle commissioni, c'è qualcosa che non va.
Berlusconi è assatanato, astioso, trascinato dalla voglia perversa
di vendetta. Grillo, sente l'elettorato che lo ha sostenuto disperdersi giorno dopo giorno nei mille rivoli della delusione. Salvini, vuole recuperare i leghisti
che lo hanno mollato con l'estremismo di posizioni ultraxenofobe in
grado di non farlo più essere un prefisso telefonico. L'invito a
disertare il discorso di fine anno di Roi George non ha funzionato.
Gli italiani, si sa, sono un po' pierini e tendono, per natura, a
fare il contrario di quanto, sembra, gli venga imposto. Così, se
Beppe dice che l'uomo dell'anno è l'interprete per i sordomuti dei
funerali di Mandela, si becca una sequenza di fischi che metà basta.
A questo punto, se a fanculo ci andasse lui insieme con i suoi soci,
non farebbe una lira di danno. E Matteo? Dopo la sbronza delle feste... pensa. E intanto mancano dieci giorni.
mercoledì 1 gennaio 2014
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