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domenica 30 dicembre 2012

La Lega molla Silvio. Con chi vincerà il Cavaliere è un mistero, forse con Vercingetorige. Ingroia attacca Grasso: mannaggia alla sinistra.

Fallito il primo vertice con la Lega, tenuto nella sua casa milanese, Silvio sta seriamente pensando che la sua ridiscesa in campo non ha avuto l'effetto sperato. Che non era vero che gli italiani lo volessero ancora per sollevare le sorti di una nazione ripiegata su se stessa. Che, a parte qualche amazzone, personaggi terrorizzati dal poter finire in galera, evasori totali e nullafacenti sparsi, la realtà era ben diversa da quella che Berlusconi aveva sognato nelle notti piene di stelle, abbaiando alla luna. Bobo Maroni gli ha detto chiaro e tondo che non gradisce la sua autocandidatura a premier. Che lui preferisce Occhibelli Alfano. Che se i leghisti di Pontida, quelli con le corna vichinghe e il rutto libero, lo vedono ancora aggirarsi da quelle parti, potrebbero mettere mano ai forconi. Maroni gli ha spiegato che è diventato un personaggio scomodo, impresentabile, e che si è rotto le palle di tranquillizzare ogni volta le Miss Padania terrorizzate dal dover soddisfare il regale augello del Sire di Arcore e Saint-Lucia, a ogni colpo di telefono. Silvio, ovviamente, non ha gradito e, come sempre, ha minacciato, ricattato, sproloquiato, dato di testa, offeso, ferito, infamato, ingiuriato i Lumbard che non se lo filano più, manco di pezza. La prima minaccia è stata: “Faccio fallire le giunte regionali del Veneto e del Piemonte e quelle di un altro centinaio di comuni dove la Lega regge grazie al Pdl”. La seconda: “Da soli siete un partitino che non conta un cazzo, e che a Roma potreste occupare al massimo i tavoli della Parolaccia. Quattro gatti disorientati e un topo ballerino”. Poi, com'è sua abitudine, se l'è presa nell'ordine, con: Mario Monti, Pietro Grasso, Antonio Ingroia, Piergigi Bersani, Gianfranco Fini, Pierfy Casini, Nichi Vendola e ha minacciato: “Se vinco le elezioni, subito una commissione d'inchiesta per smascherare il golpe contro di me”. Affetto, come Giulio Cesare, dalle manie di persecuzione, sulle quali si è costruito una brillante carriera politica, Berlusconi ha un bisogno folle di avere davanti a sé nemici, veri o falsi non importa, l'importante è che siano bersagli facilmente centrabili a mezzo stampa o con una intervista da Barbara D'Urso. La sicumera con la quale insiste a dire che “vincerò le elezioni anche da solo”, nasconde ormai la disperazione per una situazione che Silvio sa benissimo, persa in partenza anche se, come ci ha insegnato in venti anni di strapotere, dare per morto il Cavaliere è il modo migliore di farlo ancora trionfare. Arrivano intanto i primi risultati delle primarie del Pd. Avanzano i giovani e le donne, arretrano i dirigenti di lungo corso, gli ex impiegati del Pci, i boiardi della sinistra che fu. Rosy Bindi tiene in Calabria, mentre lo spin-doctor di Matteo Renzi, Giorgio Gori, rimedia solo un 13 per cento a Bergamo, che significa esclusione dalle liste, a meno che... Ingroia ha sciolto le riserve, si candiderà. È accaduto però quello che tutti temevano, la prima dichiarazione utile è stata contro Pietro Grasso, l'ex capo nazionale dell'antimafia. Ci dovrebbe spiegare, il giudice Ingroia, perché la scelta di candidare Grasso nelle file del Pd, è stata dettata da Berlusconi. Vabbé che nel 2005 venne scelto proprio da Silvio (in alternativa a Giancarlo Caselli) come capo della direzione nazionale antimafia. Vabbè che nel maggio del 2012, Grasso pensò di dare un premio al governo Berlusconi per la sua lotta contro la mafia, ma da qui a dire che è stato scelto da Silvio, ce ne corre. Ci sembra di rivivere i vecchi schemi illogici della sinistra: quando c'è aria di vittoria è meglio mandare tutto a puttane, governare costa una fatica della madonna.

sabato 29 dicembre 2012

Un sabato di straordinaria follia italiana. Da Monti a Salvini a don Corsi volano pietre e idiozie.

Notiziona: Mario Monti “caccia” Silvio dal Tg1. La prevista intervista all'ex premier non è andata in onda perché Mario, reduce dall'incontro con i centristi, ha chiamato agenzie, giornali e tivvù per rendere chiaro il suo verbo di scalatore della politica, manco fosse Messner. Ovviamente, “la notizia” era l'Agenda del Professore per cui Silvio, già in crisi di astinenza da prime-time, ha dato fuori di testa di brutto. Il fatto è che lo slittamento della presenza sull'ammiraglia dell'informazione italiana, faceva seguito all'accordo, non indolore, di separazione con Veronica Lario: centomila euro al giorno, 3 milioni di euro al mese, 36 milioni in un anno. Però Silvio è riuscito a tenere per sé le proprietà immobiliari, roba che Veronica, per avere un tetto sulla testa, sarà costretta ad affittarsi un monolocale, ma al centro di Milano. Vivrà di poco, Veronica, confermando anche dopo la separazione dal “malato da curare”, quella sobrietà che l'ha sempre contraddistinta. La improvvisata conferenza stampa di Mario Monti, è servita se non altro a chiarire alcuni aspetti che erano rimasti sul fondo della scena. Lui non si presenterà, è senatore a vita mica scemo, per cui alle elezioni di febbraio ci sarà il suo nome ma non lui, una presenza non virtuale ma quasi. In compenso ci saranno l'Udc, Fli, le Acli, il Vaticano, Passera, Riccardi e Montezemolo. Non ci spieghiamo ancora la presenza delle Acli in uno schieramento di capitalisti, industriali, banchieri ed ex fascisti, ma forse, il motivo della partecipazione antistorica del movimento dei lavoratori cristiani a una competizione partitica, sta tutto nella salita in politica anche della Chiesa che, senza giri di parole, almeno questa volta, ha dichiarato apertamente con chi starà. Le Acli seguono i pastori, proprio come le pecorelle e gli agnelli. Ma arriverà Pasqua... Nella Lega cambiano i dirigenti ma il linguaggio resta lo stesso. Oddio, linguaggio, si fa presto a dire linguaggio. Matteo Salvini, colto dalla sindrome di Bossi e Borghezio, inaugurando la festa della Lega ha detto che Mario Monti va preso a calci nel culo e che non è evasione fiscale non rilasciare scontrini per salvare posti di lavoro. La fregatura è che, dalle parti della Lega, chi non rilascia scontrini poi si compra il Suv e del negher non gliene frega proprio una mazza, proprio come del terùn siculo o del portalettere di Campobasso. Non ha ancora detto, Salvini, se alle prossime elezioni ripresenterà il ticket con Berlusconi perché questa, in fondo, sarebbe la notizia. Tira una brutta aria, e non poteva essere altrimenti, per don Piero Corsi. Il suo vescovo lo ha cordialmente invitato a prendersi una pausa di riflessione, lontano dalle mura della sua chiesa di San Terenzo e da quei trecento parrocchiani inferociti che lo volevano impalare, così, per il gusto di fargli provare un'ebrezza sessuale a poco prezzo. L'impressione che ricaviamo da questa storia è quella che ad essere turbato da una minigonna sia proprio don Piero. Alla fine, per parafrasare una vignetta che gira in questi giorni su Facebook, meglio essere attratti da una minigonna che da un paio di calzoncini corti.

venerdì 28 dicembre 2012

Silvio dilaga nelle trasmissioni della Rai, Pietro Grasso si candida con il Pd e la Chiesa incorona Mario Monti. Questo è un paese di illusionisti.

Fra un po' lo vedremo alla Prova del cuoco travestito da padella, al Meteo con la divisa dell'Aeronautica Militare e a Ti lascio una canzone, da bambina con tanto di treccine. Silvio sta conducendo la sua personalissima campagna elettorale, occupando ogni spazio possibile della tv pubblica, privata, condominiale, di quartiere, cittadina, provinciale, regionale, intergalattica. È uno e trino e, grazie alle registrazioni, lo vedi apparire su tre reti contemporaneamente e pensi che sia una specie di Padre Pio con il dono della trilocazione. Silvio sta passando all'incasso dei favori fatti, delle clientele messe in atto in anni di sottobosco politico, di feste galanti, di promozioni rutilanti, di ruoli chiave fatti occupare dalla sua Struttura Delta, che non molla un millimetro delle rendite di posizione mantenute anche sotto il governo del Professore, grazie al ruolo di mediatore assunto, e portato a termine con successo, da Paolo Romani. La Rai, è vero, ha cambiato presidente e direttore generale, ma nei posti chiave, quelli che consentono oggi a Berlusconi di occuparla senza ritegno, nulla è cambiato, i silviones sono sempre li, immoti, inamovibili, pieni di merda fino al collo, ma felici di rendere le grazie ricevute al Capo. C'è gente che, in un'azienda privata, occuperebbe al massimo un posto da usciere (raccomandato), in Rai diventa, per meriti politici, immediatamente vice direttore generale, e i guasti sono sotto gli occhi di tutti. Dopo i 28 minuti di ieri a Uno Mattina, grazie alla fida Susanna Petruni, Silvio ha tentato un blitz in prima serata a Porta a Porta e perfino in una trasmissione sportiva travestito da pallone, ma è stato bloccato in entrambe le occasioni. Ha promesso però di tornare presto, anzi prestissimo. Si è procurato un saio e prenderà il posto di padre Raniero Cantalamessa. Silvio dice di aver recuperato 8 punti percentuali in una settimana e noi ci crediamo, perché l'Italia è questa, è ancora quella dell'apparire. E più stai in televisione, anche se hai commesso una strage o ammazzato tua moglie, e più la gente ti ama, a prescindere. Il fenomeno della visibilità è diventato ormai il vero punto sensibile degli italiani, più ci sei e più conti, più ti vedo e più ti voto, anche se Grillo che non appare mai, è ancora al 18 per cento e la nostra amica casalinga di Abbiategrasso ci ha telefonato dicendo: “Ormai me lo sogno anche di notte. Ieri era travestito da albero di Natale, l'altro ieri da renna. Non ne posso più”. Non tutti, però, sono come lei. Le ospiti di Villa Sorriso, all'apparire del faccione di Silvio sullo schermo, hanno un sussulto di godimento fisico, mentre i vecchietti pensano con un pizzico di invidia e tanta nostalgia, a quante escort Silvio ha avuto nel lettone di Putin e, lasciandosi andare a un sospiro, dicono: “Io lo voto, porco boia”. In Rai intendono rimediare offrendo agli altri candidati, prima della par condicio, lo stesso spazio riservato a Silvio. Non crediamo sarà possibile, tutto quello che potrebbe accadere è una multa di qualche euro per aver violato le regole di imparzialità, manco la Rai fosse la BBC
Intanto la campagna elettorale si arricchisce di due nuovi capitoli. Pietro Grasso, lo stimato procuratore nazionale antimafia, si è dimesso e si presenterà nelle liste del Pd. Sicuramente un bel colpo per il partito di Bersani, soprattutto pensando a Marcellino Dell'Utri, candidato illibato nel Pdl. Ma qualcuno pensa che agli italiani gliene freghi qualcosa? 
Il colpo grosso, gobbo diremmo, lo ha messo invece a segno Mario Monti al quale SS. Madre Chiesa ha promesso l'appoggio incondizionato con una lettera circolare (camuffata da articolo di fondo), apparsa sull'Osservatore Romano. Preti, suore, frati, diaconi, fedeli e fedelissimi sono stati avvistati, anzi, attenzionati. Da domani non si scherza più e nelle prediche domenicali, quasi con tono subliminale, si dovrà sentire “Vota Mario, vota Mario, vota Mario”.

giovedì 27 dicembre 2012

Primarie a rischio per molti big del Pd. Monti punta al 20 per cento. Ma quanti elettori ci sono in Italia? Ultime da San Terenzo: rimosso il volantino del parroco. A quando la rimozione di don Piero?

Due giorni, in qualche regione tre, per una campagna elettorale che si preannuncia foriera di soprese. Quasi tutti i big (maschi) del Partito Democratico sono a rischio. Il fatto che Bersani abbia scelto il doppio voto, di cui uno, obbligatoriamente, a una donna, pone i candidati uomini nella imbarazzante posizione di vedersi surclassati dal sesso gentile (alla faccia della Santanchè, della Mussolini e di don Piero Corsi). Nonostante la deroga, che non ha significato ovviamente la ripresentazione automatica in lista, i dieci decani ammessi dovranno competere al pari di tutti gli altri. Rosy Bindi, ad esempio, si presenterà in Calabria, la Finocchiaro in Puglia, Beppe Fioroni in Sicilia mentre lo spin-doctor di Matteo Renzi, Giorgio Gori, correrà a casa sua, a Bergamo. Il meccanismo delle primarie, così come è stato concepito, non permette di dormire sonni tranquilli a nessuno e questo è un bel gioco, che durerà pure poco (circa 48 ore) ma che si preannuncia emozionante come un thriller di Lino Banfi. Ci sono giovani rampanti che stanno cercando in tutti i modi di farsi largo, depositari di bacini di voti imbarazzanti, parenti e amici “di”, trombati alle regionali, sindaci ancora in carica, tecnocrati di lungo corso e potenti ex consiglieri regionali come nel Lazio, regione nella quale Fassina e Orfini si scontreranno contro personaggi del calibro di Morassut e Marianna Madia. Una bella gara, giocata a tutto campo e senza esclusione di colpi, come senza esclusione di colpi saranno i ricorsi del dopo elezioni che si preannunciano già, chissà perché, numerosi. Intanto si è saputo che il Professore, al quale vanno i ringraziamenti degli italiani che si ritroveranno tassati i conti correnti, punta al listone unico, prevedendo un 20 per cento dei voti buono a governare con il Pd. Ci siamo fatti quattro conti, prendendo atto, con sgomento, che c'è qualcosa che non funziona. Dunque. Il Pd viene dato al 38 per cento, la lista Monti appunto (secondo un recente sondaggio) al 20. Silvio punta al 40 per cento mentre il gruppo fiancheggiatore di La Russa si vede intorno al 10. Dato Beppe Grillo al 18 e Vendola all'8, resterà da vedere il piazzamento della Lega e del Movimento Arancione che, insieme, dovrebbero essere intorno al 13. Tutti insieme arrivano al 147 per cento, il che significa che poco meno della metà degli elettori voterà due volte. Improbabile.
Bellissima la telefonata di don Piero Corsi, il prete ultracattolico e post-giovanardiano, della parrocchia di San Terenzo di Lerici, al giornalista del Gr2. A domanda: “Ma scusi don Piero, che significato ha il suo manifesto?”, don Piero ha risposto: “Significa che le donne che vanno in giro mezze nude, se le cercano. Io non so se è frocio anche lei, ma cosa prova se vede andare in giro una donna poco vestita? Non sente che i suoi istinti si accendono? E ora basta rispondere che mi sono stufato”. Il vescovo di La Spezia, mons. Luigi Ernesto Palletti, è andato su tutte le furie. Lui, questo scandalo, avrebbe preferito evitarlo. Ha fatto immediatamente rimuovere il volantino di don Piero e ha dichiarato fuori dalla grazia di dio: “In nessun modo può essere messo in diretta correlazione qualunque deprecabile fenomeno di violenza sulle donne con qualsivoglia altra motivazione, né tantomeno tentare di darne una inconsistente giustificazione”. Don Piero gongola, anche lui, povero prete di provincia, ha avuto il suo quarto d'ora di celebrità. Ora, finalmente, la sua chiesa avrà il tutto esaurito domenicale garantito. Gli insegnamenti mediatici di Silvio servono, cazzo se servono!

mercoledì 26 dicembre 2012

A fine anno le primarie del PD: i magnifici dieci vecchi. Nonostante il buonismo natalizio l'Italia si riscopre omofoba e intollerante.

Son lì, fra le braccia del Pd, avvinti come l'edera. Sono i dieci “vecchi” del Partito Democratico che hanno ottenuto la deroga dei tre mandati. Si ripresenteranno, convinti come sono, di portare ancora il loro bagaglio di esperienza di militanti di lunga pezza, alla politica italiana. Sono i dieci che, al contrario di Massimo D'Alema e di Valter Veltroni, hanno deciso di morire sulla scena, come Molière, invece di lasciare il posto alle new-entry e di ritagliarsi uno spazio di nonni e nonne, vecchie zie e zii, militanti qualsiasi e saggi a gogò in una società civile che li accoglierebbe (forse) a braccia aperte. E poi si sa, dalle parti del Pd nessuno viene mai lasciato a piedi. Dopo anni di militanza e di sangue versato al partito, i dirigenti vengono riciclati al pari della carta e del cartone, della plastica e del vetro. Per loro si inventano posti, fondazioni, associazioni, centri-studio, ruoli ad personam, presidenze di enti inutili, di squadre di pallamano e calcetto, di consorzi turistici e festival del gusto, consulenze, incontri letterari, condomìni di lusso e castelli restaurati, palazzi prestigiosi e perfino qualche direzione di uffici stampa. Nel Pd, proprio come accadeva nel vecchio Pci e nella Dc, nessuno, neanche con la pensione maturata, viene mai messo da parte perché, nel frattempo, deve sistemare mogli e figli, fratelli e sorelle, cognati e nipoti, amici e qualche nemico con il quale ha spartito un po' di consociativismo nei tempi che furono. Evidentemente, i magnifici dieci vecchi del Pd, salvati dalla direzione nazionale del partito, non avevano nessuna intenzione di rituffarsi nel quotidiano: meglio un'ultima legislatura, tanto per non dover chiedere un ruolo arrotonda-vitalizio, una volta abbandonati gli scranni parlamentari. Sono tre donne e sette uomini, una percentuale del 30% molto vicina a quel 40 che Bersani dice di voler assegnare alle donne nella prossima legislatura. Le gentili signore sono, Rosy Bindi, Anna Finocchiaro e Maria Pia Garavaglia, mentre i signori rispondono ai nomi di Franco Marini, Beppe Fioroni, Mauro Agostini, Cesare Marini, Claudio Bressa, Giorgio Merlo e Beppe Lumia. Più ex Dc che ex Pci, segno inequivocabile che il mondo cattolico è talmente frastagliato, da non poter assicurare a vecchi credenti, una rielezione certa. Intanto è sorta una polemica sull'addio di Pietro Ichino che, prima si è schierato dalla parte di Renzi, poi si è lanciato tra le braccia di Mario Monti. I militanti del Pd sono inferociti con lui, e sono arrivati a chiedergli pubbliche scuse per un passaggio di campo che ritengono intollerabile. Esemplare la risposta di Ichino: “Scusa a chi, e di che?” Ferma restando la bontà della scelta di far nominare dagli elettori i candidati alla prossima legislatura, resta la sensazione di un Pd che, ancora una volta, non riesce a staccarsi definitivamente dalle sue matrici partitiche più spicciole e deteriori, il tutto mentre ha mandato al macero, ormai da tempo, qualsiasi idealità politica; l'effetto Berlusconi ha devastato anche i democratici. A proposito di cattolici, quella categoria di praticanti religiosi famosi per la tolleranza, l'accoglienza e la solidarietà. Ha fatto scalpore il “manifesto” di don Piero Corsi, parroco di San Lorenzo, parrocchia di Lerici (Liguria), nel quale il prete si scaglia contro le donne accusandole esplicitamente di "istigazione al femminicidio". Insomma, per don Piero, se le donne vengono violentate o uccise la colpa è la loro e degli abiti succinti che indossano, che scatenano gli istinti primordiali dell'uomo cacciatore. Il manifesto si commenta da sé, non occorre aggiungere altro, se non consigliare caldamente alle autorità religiose un immediato Tso nei confronti di don Corsi il quale, chissà, magari in un manicomio criminale, incatenato al letto di contenzione, avrà più tempo per ripensare in modo corretto alla Mulieris dignitatem. Ma don Piero è ormai un prete recidivo. Intende a modo suo la missione della quale è stato investito da SS Madre Chiesa e non perde occasione per distinguersi con iniziative bizzarre. Lo scorso mese di ottobre, il parroco di San Terenzio aveva esposto sulla sua bacheca, al cui confronto quelle di Casa Pound gli fanno una pippa, le vignette anti-islamiche che avevano scatenato la furia integralista in tutto il mondo. Mentre, qualche mese prima, era stato visto correre come un pazzo nella sua canonica, brandendo un candelabro in mano, dietro un vagabondo che cercava l'elemosina. E pensate, oltre ai preti pubblicizzati in tv, quelli che aiutano le persone che altrimenti morirebbero di solitudine, una piccola parte dell'8 per mille delle vostre tasse, va pure a don Piero Corsi. Destinazione dei fondi: bacheche e candelabri, per un Kalashnikov occorrerebbe qualche euro in più.

martedì 25 dicembre 2012

La desolante povertà di un Natale di guerra.

Ieri pomeriggio, ultimo giro, ultima corsa. Non occorre una grande fantasia né una sottile capacità di analisi per rendersi conto che questo è stato un Natale diverso dagli altri. Lo scorso anno, tiravano già venti di guerra eppure, il 24 sera, molti negozi erano pieni, non file disumane, ma l'aria che si respirava era quella di un paese che aveva ancora un po' di fiducia in se stesso. Alla fine, i dati di Confcommercio ci dissero che c'era stata una flessione notevole ma che, comunque, seguiva di poco il trend negativo degli anni precedenti. Non conosciamo ancora le statistiche di quest'anno però, a naso, si potrebbe già parlare di crollo. Molta gente per le strade, anche tanti pacchi e pacchetti in mano. Gli italiani, si sa, sono dei ritardatari cronici e la spesa all'ultimo minuto rientra nelle nostre caratteristiche strutturali, però, ieri sera, c'era qualcosa di diverso nelle facce che abbiamo incontrato: una scarsa propensione al sorriso. Su quelle dei negozianti, era addirittura stampata in modo chiaro la tristezza, così come su quelle degli amici senegalesi che devono aver venduto due, al massimo tre, collanine e braccialetti made in Naples. La malinconia profonda di questa nazione è emersa in modo ancora più prepotente davanti alla tv, in quel buco nero nel quale ci siamo persi fin poco dopo l'una di notte, quando abbiamo deciso che il nostro Natale poteva finire lì. Non si tratta di essere atei o credenti, tristi di carattere o ridanciani, il fatto è che il Natale è l'unica festa al mondo che non lascia indifferenti nessuno, dai bambini ai serial killer, tutti aspettano, fino alla fine, un regalo, uno qualsiasi, purché ci sia. L'atmosfera che si respira a Natale non è la stessa della Pasqua né di quella del Ferragosto, il 2 novembre è diventato un rito, l'Ascensione molta gente non sa neppure cosa sia. Natale no, è una festa-fenomeno che una volta spingeva perfino le nazioni atee a sospendere i combattimenti, qualora si fossero trovate in guerra. Allora, che Natale è stato quello del 2012 degli italiani terrorizzati da un futuro che non esiste e da un presente pieno zeppo di incubi? Che Natale è stato quello di una nazione ripiegata su se stessa, che non riesce a ritrovare quella dignità che potrebbe spingerla a reagire, a non subire, a rialzare la testa dopo venti anni di asservimento a modelli nei quali tutti, indistintamente, si sono ritrovati, godendo come mandrilli, dopo aver sputtanato le loro intelligenze? Che diavolo di Natale è stato quello che ha spinto milioni di famiglie a investire le loro tassate tredicesime in beni alimentari e giocattoli idioti per i bambini? Perché ieri sera, i negozi di abbigliamento erano vuoti, quelli della telefonia altrettanto, in quelli hi-tech i proprietari giocavano con l'ultimo Gameboy mentre, in quelli che vendono oggetti che non servono a un beneamato cazzo, si aggiravano facce disperate alla ricerca di qualcosa che costasse meno di 5 euro, ma già abbondantemente esaurito. Fatto strano, abbiamo visto molta gente in una erboristeria, se l'Italia fosse l'Olanda sarebbe stato facile immaginare quale tipo di merce stesse acquistando, ma poi ci siamo detti che una tisana antistress da “delusione di Natale”, poteva sostituire almeno parzialmente una buona dose di fumo. Dalle nostre parti, un chilo di scampi, ieri sera, costava ancora 100 euro. Non sappiamo l'esito della vendita ma ci scommettiamo gli attributi che in una nazione che negli ultimi venti anni ha idolatrato la funzione catartica del cibo, qualche idiota ci sarà stato sicuramente. Un altro esercizio era stato preso d'assalto da un numero considerevole di avventori, quello che vende biancheria intima pret à porter. Perché vedete, dopo una lauta cena, almeno una volta l'anno, cosa c'è di più esaltante di una sana scopata? È quello che ci hanno insegnato descrivendo minuziosamente le cene galanti dei potenti e poi si sa, dopo un'abbondante mangiata e una sana bevuta, cosa c'è di meglio di un po' di sano esercizio fisico? L'impero romano iniziò la sua decadenza in questo modo. Dopo venti anni di berlusconismo, parlare ancora di decadenza ci sembrerebbe prenderci in giro. Silvio è tornato anche per questo, per farci continuare a godere una vita piena di sogni e di modelli da imitare, ovviamente il suo. E gli italiani ci cascheranno, az... se ci cascheranno!

lunedì 24 dicembre 2012

Quella lettera a Babbo Natale che non scriveremo mai. Dopo una domenica con Mario e Silvio, anche Santa Klaus si è stranito.

Inutile nasconderlo, piacerebbe tantissimo anche a noi scrivere una lettera a Babbo Natale. La fregatura è che il vecchietto non esiste per cui, come sempre, perderemmo inutilmente tempo prezioso, rubato alla malinconia e alla vita. La nostra sarebbe una lettera scritta a lui, solo perché dovrebbe farsi latore di una serie di vaffanculo indirizzati indifferentemente a politici e non, uomini e non, donne e non. Eppure è Natale, e a Natale tutti dovrebbero essere buoni, anche se, non se ne afferra mai appieno il perché. Abbiamo trascorso la giornata di ieri passando dalla conferenza stampa di Mario Monti allo show televisivo di Silvio, così, senza batter ciglio, con una nausea che si faceva di minuto in minuto più opprimente. Ci sono sembrate due macchiette, una più english, l'altra più di festa de noantri ma sempre due macchiette. L'uno, sornione senza mai modificare di un tratto la sua fisiognomica glacialità, l'altro alle prese con l'imbarazzo mortificante di una lingua mai dominata appieno: l'italiano. Silvio è il politico del “drizzone” e del “pede...pedis...perdis...ssiquamente”, un ex affabulatore da sette parole e un aggettivo, che ci fa comunque meno pena di un cane abbandonato sull'autostrada. L'altro, il premier ancora a Palazzo Chigi per gli affari correnti, sembra uno di quei bambini che, molestati da piccoli, crescendo si trasformano in implacabili serial-killer. L'uno è sempre il guascone degli incubi notturni inventati per offendere più di un camallo alle prese con un container cinese, l'altro talmente polare che ci piace immaginarlo a letto con la moglie: “Scusa cara. Potrei, please, introdurre il mio organo riproduttivo maschile nel tuo organo riproduttivo femminile e iniziare un lento movimento basculante avanti-indietro a mo' di antistress rigenerante?” L'uno litiga con Massimo Giletti e, vivaddio, per litigare con un maggiordomo serve proprio un padrone rincoglionito, l'altro risponde sferzante a un giornalista del Fatto, dicendogli che la notizia (le case di Grilli, nda) l'ha data solo il suo giornale. Oltre loro, il vuoto. Dice Silvio: “Bersani è il boiardo del Pci, meglio del Pcus; Beppe Grillo  è la conferma che l'uomo deriva dalla scimmia; Casini è il peggiore dei traditori, Fini il ministro delle fogne ('Meglio le fogne dei bordelli', ha risposto su Twitter il presidente della Camera) e Rosy Bindi, non pervenuta”. Dice Mario Monti: “Se salgo in politica non lo so, dipende dagli altri, da chi sceglierà la mia agenda. A costoro potrei anche fare da guida”. Ma per carità, diciamo noi, basta boy-scout. Il Pd, da tutta questa sceneggiata, sta uscendo tramortito. Le reti televisive di Silvio hanno già ridotto la sfida a un affare personale fra Berlusconi e Monti. Bersani non lo cita più nessuno, di Grillo non ha mai parlato nessuno se non per dargli del dittatore, Renzi sta sullo sfondo della scena, Vendola è il conservatore a sua insaputa, Di Pietro è scomparso, Ingroia è indeciso, la sinistra “extraparlamentare” (il Tg4 la chiama ancora così), non si sa che fine abbia fatto. Ma è Natale, e a Natale è un obbligo essere buoni. Stasera tutti in chiesa, a messa. Fra ori e broccati, fumi di ceri e incensi ci scapperà anche il tempo di farsi quattro chiacchiere con il prete perché, come amava dire il Divo, “Dio non vota ma il prete sì”. Andrà in scena l'Italia pragmatica e pasticciona delle pre-elezioni, quella che si fa vedere per ricordare alle persone di buon cuore che loro esistono, un po' come Dio, o no?

domenica 23 dicembre 2012

La strada è segnata: Monti non si candida e il Pd “costretto” ad allearsi con il Centro. Tutto cambia, nulla cambia.

Il Professore deve aver avuto una visione notturna, forse un incubo, forse un'illuminazione. Dice: “Sento che qualcosa mi spinge a non candidarmi”. Magari quel “qualcosa” si chiama Quirinale e, si sa, il fascino dei Corazzieri è rimasto intatto nel tempo. Comunque vada, Mario Monti presidente della Repubblica, tranquillizzerebbe i “mercanti” internazionali, le banche, le agenzie di rating, il gruppo Bilderberg, i rockfelleriani d'Oltreoceano e, un po', anche George Soros, che teme come la peste bubbonica un'altra barzelletta su Mohamed Esposito. Poi, c'è da dire che Pierfy Casini andrebbe volentieri a far colazione al Quirinale, Montezemolo spingerebbe la Ferrari a vincere tutti i mondiali di Formula Uno e Andrea Riccardi a mettere finalmente una pezza fra ebrei e palestinesi. Volete mettere? Un'altro mondo! Sul versante più propriamente interno, i giochi sono ancora da fare. Antonio Ingroia si è preso una settimana di tempo per decidere se guidare la lista “Arancione” oppure restare a fare il magistrato. Nel frattempo, si è informato se nel Pd ci siano pregiudiziali contro di lui, attende una risposta, forse quella risposta che lo spingerà a chiedere l'aspettativa o rimanere in Guatemala. C'è la scheggia Grillo, che più che a una scheggia, somiglia a un siluro pronto a entrare un po' dappertutto. I sondaggi, nonostante le “incomprensioni” interne, danno il M5S tra il 18 e il 20 per cento, il che, tradotto in seggi, verrebbe a significare una presenza di quasi 100 deputati in un'aula che, da un'eternità, somiglia solo a se stessa e non più a un ramo del Parlamento, visto che assegna per legge, e a loro insaputa, cittadinanze diverse a residenti stranieri in Italia. L'impressione è che il Pd stia perdendo l'effetto “primarie”, che ci sia un ripiegamento su se stesso frutto dei compromessi fra dirigenti storici per restare in sella ancora qualche tempo. Fra deroghe e scelte ad personam del segretario, il Pd non ce la fa proprio a uscire da quella specie di sindrome da “centralismo democratico” che sembra aver colto tutti i vecchi democristiani presenti nel partito: Rosy Bindi, Franco Marini... Massimo D'Alema. Silvio oggi va da Giletti, a Domenica In, un altro appuntamento senza contraddittorio e costruito appositamente per fargli sparare cazzate senza pagare pegno. Meno male che mancano due giorni a Natale, e che gli italiani saranno impegnati a investire in regali i 18 euro e 35 centesimi rimasti delle loro tredicesime, altrimenti Silvio rischierebbe di fare un'altra volta il pieno, con tutto quello che comporta in termini di perpetuazione di lavaggi del cervello in fieri. Giorgio Napolitano ha invocato una campagna elettorale sobria, pur sapendo che non potrebbe mai esserlo. C'è il Capataz che, se non la buttasse in rissa, non caverebbe un ragno dal buco, specie ora che il Vaticano gli ha fatto sapere che distribuirà equamente (comunisti esclusi) il pacchetto di voti a disposizione. Ormai i Comunisti fanno paura solo in Italia. Oltretevere e Arcore sembrano condividere almeno questo timore. Il rosso, da quelle parti, si chiama porpora, e riguarda solo i cardinali.

sabato 22 dicembre 2012

Consultazioni lampo al Quirinale. Si vota il 24 febbraio. Sanremo è salvo, wow!

Eccoli, ancora una volta tutti in fila, i leader dei nostri partiti politici. Come bravi scolari si presentano davanti alle telecamere dopo aver conferito con il Presidente della Repubblica e preso atto che l'avventura del super-governo Monti termina qui. Sora Elsa, che fino a ieri si tappava le orecchie per non sentire gli improperi dei leghisti infoiati, ha già fatto ritorno a casa. Ad attenderla, il cenone di Natale, e il rimpianto per i nerboruti della sua scorta che non avrà più. Vittorio Grilli cercherà di rendersi conto cosa vuol dire “a sua insaputa”; è proprio strano il mondo della politica, uno si ritrova una casa e non sa né come né chi né quando gliel'ha regalata. Gianfranco Polillo si regalerà invece una vacanza in Germania, paese in cui gli operai lavorano sul serio, mica come da noi che saltano il turno per l'Italia del calcio in tv. Corrado Passera aveva pensato a un ultimo scherzetto al Capataz: mettere all'asta le frequenze televisive, una promessa lunga un anno e mai mantenuta. Poi, però, ha pensato che Silvio potrebbe vincere ancora e allora... Resterà impresso a lungo, nella memoria degli italiani, il ministro per i Rapporti con il Parlamento: Piero Giarda. Non chiedeteci perché, a Dumbo verrebbe da ridere. Comunque eccoli qui, tutti in fila, uno dietro l'altro, gli attrezzi buffi e imbarazzanti della partitica italiana. C'è ancora Rutelli, ci sono Dario Franceschini (con barba) e Angela Finocchiaro, che ha lasciato il marito a casa. Ci sono Casini e Della Vedova, Cicchitto e Gasparri, Pistorio e Misiti, c'è Alessandra Gallone a nome e per conto di Gnazio La Russa e del Centrodestra Nazionale, c'è il Bellisario dell'Idv, Silvano Moffa di Popolo e Territorio (i berluscones a pagamento), passa Gianpaolo Dozzo della Lega e dice che le dimissioni di Monti sono state un bel regalo di Natale. Er mejo resta però 2232Cicchitto che, ormai senza più nessuna vergogna, dice: “Non è vero che abbiamo sfiduciato Monti, abbiamo fatto solo dei rilievi”. E, da perfetto portavoce, ha chiosato con la frase storica: “Se Monti aspira al Quirinale si faccia i cazzi suoi”, indossando subito dopo il cappuccio e il grembiulino e agitando in aria il compasso. Sono ancora tutti qui, gli attrezzi svergognati della partitica italiana, a prendere atto che l'ultimo regalo del governo del Professore è una minipatrimoniale sui conti correnti, di qualsiasi natura ed entità essi siano. Cari pensionati, avevate creduto che l'incubo fosse finito? Beati voi! Se avete un misero conto corrente, dove depositate la pensione, sappiate che al 31 dicembre, il fisco fotograferà la vostra situazione e, entro il 2013, vi invierà la notifica del prelievo che andrà da un 1 a un 1 e mezzo per 1000. Sono ancora tutti qui, gli attrezzi vergognosi della partitica italiana e non c'è verso di buttarli giù dalla torre, perché prima di cadere loro avranno fatto precipitare tutti gli altri. La sola buona notizia è che Sanremo non verrà rinviato. Almeno Fabio Fazio la smetterà di romperci le palle ogni domenica e altrettanti lunedì. 

Monti si è dimesso. La profezia dei Maya era tutta per l'Italia.

Nel pomeriggio i commenti.

venerdì 21 dicembre 2012

Monti-Marchionne. La Russa-Meloni-Crosetto. Le Acli-Montezemolo e Silvio-la Chiesa. Che cazzo di casino!

Il professor Monti deve essere un superstizioso della madonna. Attaccato al pelo di tasso nella speranza che oggi il mondo non finisca, si è fatto fotografare a Melfi (dove è andato a benedire il lavoro della Fiat manco fosse il Papa), con Sergio Marchionne, proprio come Barack Obama ha fatto a Detroit. Il Professore deve aver pensato che il Sergio, quello che viene pagato dall'Italia e versa il suo obolo all'erario svizzero, porti “buono”. Ma la foto di Melfi, alla fine, si è rivelata un boomerang per l'alleanza moderata e centrista del Presidente del Consiglio, come quella di Vasto lo fu per la sinistra. Noi lo abbiamo sempre detto che farsi fotografare in alcuni momenti, e con alcuni soggetti, è pericolosissimo ma, evidentemente, Mario Monti ha voluto rendere chiaro il suo pensiero, che è poi quello di trattare i pensionati, i cassintegrati, i precari, i disoccupati, come Marchionne tratta i suoi operai e, principalmente, quelli della Fiom. Insomma, una bella immagine di due fra i migliori tagliatori di teste inermi e innocenti che la storia d'Italia abbia mai avuto la sfortuna di dover raccontare, altre che Erodi redivivi! Ma il mondo è cambiato e occorre prendere atto che la sinistra si è spostata volentieri a destra, mentre a destra milita qualcuno che nella sinistra starebbe certamente meglio di Fioroni e di Enrico Letta. Ed è talmente cambiato, il mondo, che perfino il presidente delle Acli, l'associazione che raggruppa i lavoratori cristiani che, prima di essere cristiani sono comunque lavoratori, ha deciso di candidarsi con il raggruppamento del Professore, insieme con Montezemolo e, appunto, Marchionne. Che cazzo c'entrino i due ferrar-fiat con le Acli non è dato di sapere ma, a Oliviero che si professa “estremista della solidarietà” ci piacerebbe chiedere se per lui la solidarietà è il panettone di Natale che Montezemolo regala agli operai della Ferrari, forse sì. Per il momento la sinistra, cioè il Pd, va avanti per la sua strada. A fine anno ci saranno le primarie per le politiche del 24 febbraio che, fra deroghe e prescelti del segretario, rischiano di trasformarsi in una presa per il culo colossale. Intanto, si appreso ufficialmente che la nuova formazione di Gnazio La Russa, alias “digiamolo”, si è arricchita di due special-guest: Giorgia Meloni e Maurizio Crosetto, quelli che Vauro, ieri sera da Santoro, ha definito ronianamente, “il gigante e la bambina”. Ma, come sempre, la perla del giorno è di Silvio. Dopo aver tirato per la giacchetta Mario Monti, il quale, scortesemente, non gli ha mai risposto, non perde occasione per attaccarlo pesantemente dovunque si trovi, radio o televisione, per lui fa lo stesso. Mancano solo le offese personali (se il Professore fosse gay ci sarebbe da ridere, ma purtroppo per Silvio non lo è) e il quadro sarebbe completo. Silvio ha, con Monti, il dente avvelenato perché, in un anno di governo tecnico, non si è mai degnato di fargli una telefonata, di inviargli una cartolina, un sms, un mms con il cuoricino e la scritta TVB. E tuttò ciò Silvio, che nel frattempo si è beccato un anno di condanna per aver reso pubblica la famosa intercettazione telefonica fra Fassino e Consorte, non lo ha sopportato, e ora si vendica svillaneggiando il Professore reo di aver sconquassato l'economia del Paese rendendolo di una tristezza insopportabile. E c'è da segnalare anche il ricatto bello e buono che Berlusconi ha messo in atto nei confronti di SS. La Chiesa Santissima. In poche parole, Silvio ha deciso di passare all'incasso di quello che, per anni, è stato un vero e proprio voto di scambio fra Oltretevere e la politica. Buttandola là come fosse una battuta, l'ex premier, rivolto alla Gerarchia ha detto ai microfoni di Radio24: “La Chiesa ricordi quello che ho fatto per lei”. Come lo chiamate questo appello a sostenerlo di nuovo? Invito? Ora. Ci piacerebbe tantissimo sapere cosa, nei particolari, Silvio ha fatto per la Chiesa. Oltre i finanziamenti alle scuole private, l'Ici esente, la ricostruzione e l'ammodernamento degli edifici ecclesiali resi possibili grazie all'8 per mille destinato allo Stato, lo storno, per la tutela dei beni Pontifici, di fondi destinati ai siti archeologici laici (a Pompei ne sanno qualcosa), il pagamento degli spostamenti del Papa fatti passare per “grandi eventi” e ricadenti sotto l'ala protettiva di Guido Bertolaso, cos'altro c'è? Cosa nasconde il ricatto di Silvio oltre alle cose che tutti ormai sappiamo? Mons. Fisichella ha già fatto sapere che per lui non ci sono problemi. Non altrettanto si può dire del cardinale Carrozziere né del Bagnasco presidente Cei che più volte, in questo periodo, hanno richiamato i politici alla serietà e alla compostezza. La Chiesa sa che Silvio è una scheggia impazzita e che qualche carta segreta potrebbe finire sulla prima pagina del Giornale o di Libero. È pronta ad affrontare tutto ciò? O preferirà affidarsi ancora una volta alla divina provvidenza?

giovedì 20 dicembre 2012

Nicole Minetti: “Smetti di toccarmi le tette”. E il giornalista svenne dalle risate. La teoria perversa dell'oblio.

È accaduto ieri. All'uscita dall'ultima seduta del consiglio regionale della Lombardia, quello che passerà alla storia come la combriccola degli Ovetti Kinder, un giornalista ha inavvertitamente sfiorato una tetta over size (dopo il gonfiamento artificiale) della consigliera Nicole Minetti. Evidentemente non conscia del suo recente passato di lap-danseuse, Nicole si è sentita offesa e violata da un gesto non voluto, e, secondo noi, neppure sperato. Il solo pensiero che quelle tette siano state preda, e motivo di sollazzo, del più luciferino dei presidenti del consiglio di questo paese, ci metterebbe addosso un'ansia da prestazione che manco a dirlo, però, così va il mondo. Il leit-motiv del passato regime silviesco è stato la “rimozione”, o quell'assunto esistenzial-psicologico più noto con il termine “oblio”. Non è un caso che il tema di Natale di UT, la rivista che dirigo e che presenteremo questo pomeriggio in una romantica sala da te, sia proprio l'oblio, quel processo mentale che, una volta attivato, consente di rimuovere tutto ciò che non riteniamo debba essere conservato. Una specie di filtro depuratore che spesso è essenziale mettere in moto, per non soccombere sotto le macerie delle nostre più intime delusioni. Dimenticare chi siamo e da dove veniamo, è stato l'imperativo categorico di un governo che ha tentato di farci dimenticare, nell'ordine: la Resistenza, l'antifascismo, la Costituzione nata da un regime e da una guerra terribile, le lotte operaie e contadine, la scuola di tutti e per tutti, la nostra Storia antica e le nostre radici culturali, la consapevolezza di essere cittadini in possesso di diritti (e di doveri), il nostro essere contribuenti e, infine, di essere anche individui in grado di intelligere, di pensare, di ragionare, di scegliere. La demolizione scientifica dell'essere “italiani”, parte quindi di una comunità che non finisce davanti al televisore, è stato il compito che la politica di Silvio ha assolto, ponendo in essere tutta una serie di atti che in qualsiasi altro paese del mondo avrebbero portato a una rivoluzione cruenta. Se da noi non è accaduto è perché trentanni di lavaggio del cervello, sistematico e calendarizzato, hanno dato frutti inequivocabili e succosi, traducibili in “Suv per tutti”, “tre telefonini a testa”, “troppe tasse, meglio evadere”, “comandare è meglio che fottere”, “fottere è meglio che guardare”, “un cinepanettone è meglio di Amarcord”, “la scoreggia è meglio di mille parole”, “un rutto è liberatorio”, “il vaffanculo, terapeutico”. C'è voluto poco, per milioni di italiani cresciuti a tette e culi e barzellette sconce, compiere il passo decisivo verso l'annullamento di se stessi ed entrare prepotentemente nel mondo delle favole e dei sogni di Silvio, perché la bravura dell'Imperatore, è stata quella di far credere a tutti che la vita fosse facile e a portata di mano. Non è un caso che perfino le previsioni del tempo sulle reti Mediaset, dessero sempre “sereno su tutta la penisola”, anche quando alle spalle del metereologo campeggiava una cartina con le nuvole nere e i fulmini disegnati. Siamo stati tutti travolti da un mondo che non esisteva, dopo essere stati completamente sradicati dalla nostra vita reale. Per anni, dire di fare l'operaio, ha comportato una sorta di devastante emarginazione sociale, perché tutti gli altri erano giovani rampanti in giacca a cravatta e pantaloni a tubino, il Silvio-look, insomma, mentre le tute blu rappresentavano un fenomeno antistorico. Inutile poi lamentarsi che sia scomparso il concetto di “classe operaia”, perché Silvio ha fatto in modo che non esistessero più né la classe né gli operai... e tutti in vacanza a Malindi. Lo stesso è accaduto con il movimento femminista, ridotto a gruppo di pressione tanto radical-chic da non essere più preso in considerazione, mentre le donne (ma solo quelle belle, giovani e disponibili), entravano a far parte di diritto degli arem mercimoniosi dei nuovi ricchi. L'oblio ha avvolto con le sue tenebre non solo la nostra Storia, ma anche i personaggi che la nostra Storia hanno reso grande. E tutto per inseguire un culto idolatra che ha portato gli italiani a diventare un popolo di voyeur nella sala della lap-dance di Berlusconi. Sarà difficilissimo far tornare la memoria alle vittime dei riti sacrificali dei Verdini, dei Dell'Utri, dei Bonaiuti, dei Letta, e altrettanto difficile sarà riprendere in mano la nostra dignità, perché solo di questo stiamo parlando, di dignità.

mercoledì 19 dicembre 2012

Io deliro, tu deliri, Silvio delira. A pagare è sempre l'Italia.

L'ultima balla è stata colossale: “Sono stato io che ho detto al PPE di invitare Monti a Bruxelles, e sempre io sono stato quello che lo ha proposto come guida del centrodestra”. Le agenzie di stampa battono la notizia mentre la registrazione di Porta a porta è ancora in corso. E, sempre durante la registrazione, arriva la secca smentita di Wilfred Martens il quale, appena letta la dichiarazione di Silvio, ha immediatamente telefonato all'Ansa per precisare: “Nessuno mi ha chiesto di invitare Monti a Bruxelles. È stata una iniziativa mia, personale”. Uno intelligente direbbe: “Va beh, m'è andata male!” Invece Silvio rintuzza: “Evidentemente non vuol far vedere di essere stato influenzato da me”. E tutto il mondo, compresa la periferia di Marte, rise. Ovviamente, Bruno Vespa ha preso per buona la versione silviesca e, con il ghigno luciferino che lo contraddistingue in alcuni momenti, ha annuito chinando, come sempre, la testa. Ma il delirio di Silvio mica finisce qui. Si è accorto che non ha il tempo materiale per lavare il cervello al quaranta per cento degli elettori. Quindi occorre rinviare le elezioni. “Che fretta c'è? – ha detto Silvio – Bisogna predisporre le liste, correre per preparare le elezioni. Prendiamocela con calma no? Tanto l'Italia saprà aspettare ancora per un po' il mio ritorno”. Ma che ti venga un bene, Silvio! Prima sfiduci di fatto Monti, poi ti rendi conto che hai pochi giorni di tempo per plagiare gli italiani con le tue minchiate e chiedi il rinvio? Colto dalla sindrome di Totò, leggete cosa ha detto a Vespa:Se Monti annette i centristi e non noi, vuol dire che non federa il centrodestra. Deve essere il federatore della totalità del centrodestra”. Che cazzo significa lo sa solo lui, forse che dopo aver conquistato Trento conquisterà anche Trentuno. Il fatto è che il refrain è sempre lo stesso, che il suo modo di affrontare la politica non è cambiato in niente, e dire che ha avuto davanti a sé 20 anni di potere pressoché assoluto. Populismo a gogò e cazzi suoi, questa è la ricetta vincente di una non ideologia mascherata da liberismo. A Silvio però non manca il coraggio e spara minchiate paradossali spacciandole per verità. Una perla gigantesca: “Io non ho frenato la legge elettorale. Si è frenata perché Monti ha dato le dimissioni, poteva anche non darle perché noi non lo abbiamo sfiduciato”. Questa è la riprova che le dimissioni di Mario Monti, sono state per Silvio un fulmine a ciel sereno. Lui si era fatto tutti i conti. Avrebbe tenuto il Premier sulla graticola fino a marzo e, nel frattempo, messo in piedi la macchina da guerra elettorale, perché per Silvio le elezioni sono comunque una guerra. Il Professore, invece, gli ha fatto un dispettuccio, si dimetterà formalmente appena approvata la Legge di stabilità, lasciando Silvio con un pugno di mosche in mano. Ecco, allora, le necessità per il Capataz, di tirarla per le lunghe, e l'unico modo che ha è quello di rinviare l'approvazione della legge. Gira gira, comunque la si voglia mettere, Silvio deve sempre aggiustarsi gli affari suoi, rodare la Task Force Digitale, cibare con un po' di cacca le mosche che ha assoldato per rinfoltire il suo esercito di disperati, lasciar passare il tempo necessario per continuare la disinformatio televisiva. Gli ultimi dati, danno il Pdl in leggera rimonta. È bastata l'apparizione di Silvio in tv, per convincere i pensionati di Villa Sorriso a rivoltarlo, e qualche milione di evasori fiscali a cantare “Trullallero”.  

martedì 18 dicembre 2012

Parte la crociata di Silvio: occupazione totale della tv fino alla par condicio. E sul web anche dopo. Recuperati 3 punti percentuali in due giorni. I coglioni non diventeranno mai volpini.

Detto, fatto. Silvio ri-scende in campo con la sua armata preferita, quella delle frequenze televisive. Il piano, messo a punto con Fedele Confalonieri, Mauro Crippa (dg del gruppo Mediaset), Giovanni Toti (direttore del TG4 e di Studio Aperto) e Mario Giordano di Tgcom24, prevede l'occupazione militare di tutte le reti del gruppo, degli spazi Rai ancora fedeli e, udite udite, perfino una battaglia dell'Epifania nella fossa del leone Santoro ché, se lo dovesse domare, le parole di Alfano “Vinceremo come sempre”, non suonerebbero più come il tentativo di darsi la carica e niente altro. Ci sono tempi, dettati dalle regole elettorali, che impongono un'accelerazione vertiginosa delle presenze in video per cui, votando a metà febbraio, il tempo a disposizione per l'invasione sarebbe di pochi giorni, fino ai primi di gennaio. E in questa ventina di giorni, Silvio dovrà concentrare tutti i suoi sforzi, e quelli della sua squadra di spin-doctor, per tentare l'impossibile: rimontare sul Pd e diventare ancora una volta il primo partito d'Italia, quello del premio di maggioranza. I primi sondaggi dicono che i risultati si sono già visti, una rilevazione di ieri da il Pdl in recupero, dal 14 al 17,4 per cento. Siccome non tutte le donne e i pensionati che seguono Barbara D'Urso, Maurizio Belpietro e Paolo Del Debbio sono come la nostra amica di Abbiategrasso, non stentiamo affatto a credere che la campagna contro l'Imu (la terza rata è stata pagata proprio ieri fra bestemmie e improperi) e l'infelicità che regna nel nostro Paese, possano diventare il volano per l'ennesima vittoria del Cavaliere. Questa affermazione non appaia peregrina né pessimistica, il fatto è che ormai conosciamo gli italiani, e le loro sindromi al vassallaggio, all'inchino, alla servitù e alla coglioneria spinta all'eccesso, sono ancora molto forti, immuni, quasi, da ogni vaccino. Ma la grande novità sarà la presenza massiccia sul web. Per l'occasione, la ragnatela berlusconiana ha catturato duemila mosche, pardon, volontari che, duecento per regione, invaderanno i social network, Facebook, Twitter, Google+, i blog e i siti dei giornali on-line. Dovunque faranno opera di disturbo, in qualsiasi spazio in cui ci sarà un minimo di dibattito, aperto quindi ai commenti, la Task Force Digitale interverrà per proporre la parola del Capo, il verbo del Cristo redivivo. Nell'occasione, Silvio ha assoldato perfino Michael Slaby, l'uomo mediatico di Barack Obama, pronto ad insegnare alle mosche, pardon ai volontari, come si stravolgono i pensieri degli altri fino a imporre il proprio. L'intervento di un berluscones, ce lo aspettiamo anche noi. Anche il nostro blog, nel suo piccolo, probabilmente verrà “attenzionato” dai giovani rampanti del regno di Silvio, e allora sì che ci sarà da divertirsi. Può anche darsi che ce lo chiudano ma noi, come sempre, un po' Araba Fenice, risorgeremo dalle nostre ceneri per battere finalmente il cancro italiano, da non confondersi con il tango italiano, quello era Sergio Bruni. E dire che avevamo deciso di chiudere il nostro blog, definitivamente, il 31 dicembre. Dopo quasi quattro anni, e più di 350mila lettori, avevamo deliberato con noi stessi di appendere la nostra pagina al chiodo. A tenerlo in vita sarà proprio Silvio Berlusconi o, meglio, il suo ritorno in politica, fatto sul quale non abbiamo mai avuto dubbi, rifiutandoci di brindare quando si è dimesso. Per quello che potrà contare noi ci saremo, e aspetteremo con i nostri tremi che non pettano (grande, Bonvi!), con passo fermo e deciso e posa plastica, l'arrivo della Task Force Digitale che, solo a nominarla, ci fa scompisciare dalle risate. Siamo abituati ai Testimoni di Geova, il che è tutto dire.