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giovedì 20 novembre 2014
mercoledì 12 novembre 2014
Assoluzioni a gogò. Dopo Ruby, Cucchi, la Commissione grandi rischi all'Aquila, tocca a Iovine e Bidognetti...
Ricordate #enricostaisereno? Oggi si potrebbe cambiare in #silviostaisereno, perché la convinzione che si voti a primavera del 2015 si fa ogni giorno più solida e documentata. Da cosa? Dal fatto che Matteo e i suoi ripetono continuamente, fino allo sfinimento, che si voterà nel 2018. Detto ciò, una celia come tante, dobbiamo dire di essere rimasti particolarmente colpiti da una frase detta ieri sera a Ballarò da Roberto Saviano. Alla domanda di Giannini: "Tornerai a vivere in America?", Saviano ha risposto: "Tu vivresti in un paese che assolve Iovine e Bidognetti?" I soggetti testé citati, sono due emeriti assassini certificati dalle sentenze di condanna al 41 bis. Gente che di sparare in faccia ai concorrenti e agli inquirenti non si è mai fatta scrupolo. Uno si è perfino pentito e oggi gode di tutti i privilegi di cui usufruiscono i collaboratori di giustizia. Processo strano, quello contro i boss che avevano minacciato pubblicamente di morte Roberto Saviano e Rosaria Capacchione. Strano perché è stato condannato solo Michele Santonastaso, l'avvocato che in aula aveva letto il biglietto d'amore profondo di Iovine e Bidognetti ai due giornalisti. In poche parole, a pagare è stato un lettore e non l'autore materiale della minaccia, come se tutti i lettori di Fabio Volo o Luciana Littizzetto dovessero essere etichettati di idiozia mentre gli autori resterebbero i fighi che sono. E allora è comprensibile che Saviano se ne vada a vivere in America. Anzi, di più, perché se come lui potessimo farlo, prenderemmo il primo aereo utile. New York in questo periodo è stupenda.
giovedì 6 novembre 2014
sabato 1 novembre 2014
venerdì 31 ottobre 2014
mercoledì 29 ottobre 2014
lunedì 27 ottobre 2014
martedì 14 ottobre 2014
mercoledì 8 ottobre 2014
“Colores”. Mostra personale dell'artista marchigiano Vittorio Amadio alla Camera di Commercio di Chieti – 7/20 ottobre 2014
A 15
anni dalla grande esposizione di “benvenuto al Terzo Millennio”,
realizzata in Spagna, a Barcellona, nel dicembre del 1999, Vittorio
Amadio intende ricordare e celebrare un momento che lo vide, unico
artista italiano, esporre le sue opere insieme con quelle di Josep
Maria Subirachs e di Pablo Picasso.
La
mostra di Barcellona (alla quale fece seguito una “personale” nei
locali del Camp Nou, il mitico stadio della squadra di calcio),
consacrò il pittore-scultore-incisore di Castel di Lama (Ascoli
Piceno) a livello mondiale e decine furono le mostre organizzate in
Europa e negli Stati Uniti. Per assurdo però, come accade agli
artisti mai soddisfatti di se stessi e del mondo intorno, Vittorio
Amadio decise di sospendere l'attività espositiva, di ridiscutere il
suo essere artista concedendosi un lungo periodo di studio e di
approfondimento che lo ha portato a riformulare il rapporto con le
tele, le carte, il legno, le pietre e ogni altro materiale utile a
dare sfogo alla sua incontenibile voglia d'arte. Vittorio Amadio ha
appena compiuto 80 anni, e all'alba della terza giovinezza ha voluto
fortemente fare la sintesi di dieci anni di studio su se stesso, sul
mondo e sull'arte realizzando la personale che la Camera di Commercio
di Chieti (ente patrocinatore della mostra) ospiterà nei locali
della Expo Room e della Bottega d'Arte da 7 al 20 ottobre p.v. Quello
dell'artista marchigiano vuole essere un viaggio all'interno del suo
modo di concepire l'arte fatto di gesti velocissimi, di impatti
violenti sulla tela, di nessun leziosismo gratuito, di una totale e
irrefrenabile libertà che non comprende paletti né etici né
estetici. Il catalogo della mostra (curato dal giornalista-scrittore
Massimo Consorti – autore tra l'altro della biografia di Carlo
Delle Piane), è la “guida” per seguire al meglio una mostra
divisa in gruppi di opere che vanno a comporre un universo pittorico
da vivere e guardare con lentezza.
La
presentazione della mostra, che ricordiamo è organizzata in
collaborazione con la Onlus “Camminando Insieme” di Chieti, si
terrà sabato 11 ottobre, alle ore 17.00, presso la Sala Cascella
della Camera di Commercio, mentre il “vernissage”, (inaugurazione
ufficiale della mostra alla Expo Room e alla Bottega d'Arte) sarà
alle ore 18.00. Nel corso del vernissage, è prevista l'esibizione
del giovanissimo violoncellista Emanuele Di Luzio (alunno
dell'Istituto Comprensivo n. 4, “R. Ortiz” di Chieti Scalo) e un
buffet offerto dall'organizzazione della mostra con degustazione del
vino delle Cantine Minnucci di Chieti.
Orari
e giorni di apertura
- martedì 7 ottobre, ore 17.30: apertura della mostra alla presenza dell'artista.
- sabato 11 ottobre, ore 17.00: Sala Cascella, presentazione della mostra
ore 18.00: Expo Room-Bottega d'Arte, vernissage
La
mostra sarà visitabile tutti i giorni
Mattina:
ore 10.30/12.30
Pomeriggio:
ore 16.30/20.00
Aperto
il bookshop nelle stesse ore della mostra
giovedì 2 ottobre 2014
Lehrer Merkel
Eccola
la nostra maestra della prima elementare. La signora Elia puniva, ma
con dolcezza. E poi era bella nel suo grembiulone nero che sapeva di
lavanda. Quando si sporcava un po' di gessetto, con un tocco lieve di
due dita spazzolava via la polvere. E tornava la nostra maestra di
sempre, quella della prima, innocentissima cotta infantile. Invece
ecco la “lehrer” tedesca, la maestra che nessuno vorrebbe mai
perché a distanza di anni procurerebbe incubi da notte di tregenda.
Si chiama Angela e qualcuno sarebbe tentato di supporre che in
qualsiasi momento due ali argentate potrebbero spuntarle e
arricchirle le spalle leggermente curve. Al contrario della maestra
Elia, lehrer Merkel non punisce con dolcezza ma con il
frustino del nostro maestro di quarta, pirla manco a dirlo e violento
come Chen. E poi è un'incontinente. Fa cazziate da coattona a Jospin
(che è sfigato di suo) e gli ricorda con piglio teutonico che
“bisogna fare i compiti”. La maestra Elia, se non facevamo i
compiti ci diceva “li correggerò domani”. Lehrer Merkel
non intende aspettare il 2017, per cui i compiti occorre farli subito
altrimenti... tottò sul culetto. Lei, che non profuma di lavanda ma
di Paulaner, prende il telefono e senza averne alcun ruolo, ricorda a
Putin che deve mantenere i patti, che è poi come fare i compiti. Non
soddisfatta, telefona a Obama per dirgli che non deve più
intercettare le sue telefonate altrimenti dichiarerà guerra
commerciale agli USA. Angela è una e trina. Sbuca dappertutto come
fosse una santa invasata affetta da bilocazione ossessiva. L'Europa è
casa sua e se qualcuno prova a ricordarle che non è così, arrivano
i giannizzeri del rigore a ricordarlo urbi et orbi. Questa Europa non
ci piace, ma dirlo o scriverlo, non serve a niente.
sabato 27 settembre 2014
Francesca e Silvio: la coppia più trasgressiva che c'è. E Tosi fa abbattere i lupi beccandosi una denuncia
La notizia è ghiotta. Mentre
l'Italia affonda inesorabilmente vittima della autoreferenzialità di
sognatori paraculi, zozzoni matricolati e condannati che si rifiutano
di sottostare alle leggi sulle quali hanno spergiurato, Francesca
Pascale ci fa sapere che lei e Silvio sono la coppia più
trasgressiva che c'è. E sticazz! Direbbe il mio amico Paperoga... Ma
si sa, il mondo è fatto a scale, c'è chi le scende (i giovani, le
donne, i disoccupati, i co.co.co, le partite Iva farlocche, i
cassintegrati, i clochard, le coppie che vogliono figli e devono
pagare, quelli che i figli ce l'hanno ma li ammazzano, i preti e i
vescovi pedofili con un harddisk da far impallidire Hugh Hefner) e
chi le sale (tutti gli altri). Siccome non ci sarà mai una giustizia
divina e quella terrena, come dire, latita, ci accontentiamo della
denuncia che il Corpo Forestale dello Stato ha inoltrato contro il
pistolero sindaco di Verona (presidente della Federcaccia veneta)
Flavio Tosi che ha “autorizzato l'abbattimento di una specie
protetta”. O' Sparatore, con una ordinanza emanata due giorni fa,
ha infatti dato il permesso ai suoi colleghi con la sindrome del pene
corto, di uccidere i dieci lupi (due esemplari adulti e otto
cuccioli) che si trovano dalle sue parti. La motivazione è che i
lupi sono pericolosi per gli uomini e le donne che popolano il suo
comune. È l'Italia che va, bellezza, e non tornerà mai il sereno.
venerdì 26 settembre 2014
mercoledì 24 settembre 2014
martedì 23 settembre 2014
giovedì 18 settembre 2014
mercoledì 10 settembre 2014
Non ci resta che qualche speranza. Sempre meglio che morire berlusconiani
Uno
dice a se stesso che un po' si è stancato. Che anni passati a
scrivere di politica contro qualcuno (tanti) e mai a favore (ne
vedete almeno uno in giro per il quale scrivere positività?), sono
serviti a nulla se non ad avere riscontri di quanto scritto, messi
nero su bianco o mostrati in tv senza ritegno. Abbiamo buttato fiumi
di parole (controllate su questo blog, non è la fisica dei quanti)
sugli scempi che il duo delle meraviglie Silvio-Guido, stava
compiendo all'Aquila. Per questi scritti abbiamo perfino litigato con
qualche amico di quelle parti che credeva nei poteri taumaturgici del
Berlusconi al 68 per cento di popolarità. Silvio-premier non aveva
fatto altro che regalare una dentiera e promettere le new town, ma
quel casco arancione in testa che lo faceva sembrare tanto operaio di
fonderia, aveva raggiunto il suo scopo. A cinque anni di distanza, le
new town, le case del futuro, quelle che avrebbero cambiato
l'edilizia residenziale in Italia, stanno crollando come le vecchie
costruzioni di legno con le quali giocavamo da bambini, il Lego no,
grazie agli incastri è duro da buttare giù. Le new town sono
costate allo Stato qualcosa come 2700 euro al metro quadrato, roba
che neppure ci fosse la Senna a portata di sguardo. Il berlusconismo
all'Aquila (e in Italia) sta crollando così, senza rancor, perché
nessuno, tanto meno il Silvio di questi tempi, pagherà mai pegno per
gli scempi. Poi tornano, come incubi seriali, i 101 zozzoni del PD e
non contenti di quello che hanno combinato in questi venti anni,
tornano a pretendere posti al sole, ruoli nella segreteria del
partito, presidenze di commissioni e di consigli di amministrazione,
poltrone nel CSM (Luciano Violante, quello della pacificazione
nazionale a suon di berlusconite) e ministeri esteri. Urla pure
“Fassina chi?”, dando la dimostrazione che il senso del ridicolo
non lo ha neppure sfiorato né lo sfiorerà mai. Urlano i giudici che
dopo due mesi di vacanza devono fare i conti con chi gli dice chiaro
e tondo che l'epoca dei privilegi è finita e che oltre 2 milioni di
processi civili pendenti hanno l'urgenza di essere smaltiti e non
dimenticati. L'incertezza dei procedimenti in sede civile e penale è
una delle ragioni per le quali in Italia non si investe. Togliere
trenta giorni di ferie a chi è strapagato crediamo non sia una
pretesa assurda ma un dovere civile. Poi, ancora. I rematori contro
per professione e quelli che invocano salvaguardie per mantenere
rendite di posizione anacronistiche per non dire antistoriche. Sono
quasi tutti professori, magari baroni, i peggiori, i pensatori
nullafacenti. Poi, infine, ci sono gli allarmisti nati, quelli che se
sentono uno starnuto per strada scrivono e urlano che è arrivata
l'aviaria. Ora se la sono presa con la tubercolosi che ha fatto il
paio con i microchip, le sirene, gli alieni, la luna mai violata, le
sirene, i troll e i puffi che si nascondono dovunque, soprattutto
nell'aula di Montecitorio. Nonostante calendari traballanti, scadenze
rinviate, qualche chiacchiera di troppo e una manciata di sogni
sparsi sulla verde prateria del cielo, c'è invece qualcuno che ci
sta provando. La speranza è che Renzi non arrivi mai a dire, come ha
fatto (giustamente) Fausto Bertinotti: “Cari compagni non ho capito
una mazza”. Glielo avevamo scritto in tutte le salse, finalmente lo
ha capito, potenza della senilità.
mercoledì 27 agosto 2014
Italiani in tempi di crisi. Non è macumba, solo cialtroneria
Ultimamente abbiamo aggiornato
poco il blog. Chi ci segue da tempo se n'è accorto e ce lo ha
scritto, agli altri può fregare di meno, tanto, con l'informazione
che abbiamo in Italia, una voce libera in più o in meno non fa
nessuna differenza. Questo apparente distacco dalle cose della
politica non è dovuto al fatto che non ci fossero notizie, anzi. Il
problema è che più passavano i giorni più ci rendevamo conto che
questa crisi, iniziata nel 2008 e deflagrata nel 2011, ha messo in
evidenza tutte le vergogne di questo paese, che non sono poche e
difficilmente riscontrabili in altri periodi storici. Ancora peggio
che nell'era Berlusconi, la politica, questa politica, è diventata
uno spottometro, con voti e gradimenti che si misurano ormai sulle
dichiarazioni buone per un giorno invece che su progetti a lungo
termine. Fra promesse reiterate e poco mantenute e povertà arrivata
al 28 per cento, l'Italia sembra essere in mano ai venditori di
elisir di lunga vita o a quei falsi medici che nel vecchio West
vendevano acqua spacciandola per il rimedio da ogni male. Siamo pieni
di cazzari, la nostra politica è in mano ai cazzari, prendiamone
atto e cerchiamo di andare avanti tenendo in considerazione che non
si vedono all'orizzonte né statisti né economisti né legislatori
di peso ma venditori di illusioni, false speranze e sogni a poco
prezzo. Di grandi rivoluzioni manco l'ombra, neppure da parte di chi
le annuncia ogni giorno e poi se ne va in ferie come tutti i ricchi
di questo mondo ripresentandosi puntualmente alla riprese delle
attività agonistiche. Perché la politica, per molti, è una partita
a scacchi nella quale la gente gioca il ruolo delle pedine da muovere
a piacimento a difesa del re e della regina, le torri e i cavalli
possono andare affanculo. Questa lunghissima crisi ha inoltre messo
in evidenza lo spessore degli italiani diventati violenti, volgari,
ignoranti, pressappochisti, analfabeti funzionali, qualunquisti,
intolleranti, xenofobi, banali, mediocri e perfino un poco osceni;
fatevi un tour sui social network e ve ne renderete conto.
Soprattutto Facebook è diventato lo specchio di una nazione in cui
spiccano profili di dubbia provenienza ma di grande
autoreferenzialità. Sono diventati tutti poeti, scrittori, saggisti,
saggi e basta, architetti, ingegneri, avvocati, dentisti e grand figl
d putt, come direbbe il ragionier Ugo Fantozzi. Ci specchiamo nelle
nostre piccole/grandi attività cercando di acquisire quel quarto
d'ora di celebrità in grado di traghettarci per brevissimo tempo
fuori da un anonimato diventato una ossessione. Arriviamo al punto
che consapevoli di essere ripresi da uno smartphone vagante, abbiamo
iniziato a scopare dappertutto, se potessimo perfino sulle guglie del
Duomo di Milano. E la reazione di chi viene beccato, lontana da
qualsiasi pudore (o vergogna a seconda delle situazioni), non è
quella di chi dice “Porca puttana sono stato beccato”, ma “quello
sono io, visto che fregno?” Insomma, per farla breve e concludere,
siamo diventati tutti Calderoli al quale ultimamente sono accaduti
fatti incresciosi (ma umani) e lui ha pensato bene di incolpare il
padre della Kyenge per una presunta macumba ai suoi danni. La sfiga
non esiste, caro senatore, e soprattutto si ricordi di buttare la
buccia di banane nel cestino della spazzatura invece che per terra.
Almeno non correrebbe il rischio di scivolare e di rompersi un
braccio.
lunedì 25 agosto 2014
Calderoli e le banane: ma che... belle guaglione!
Sono 22 anni che lo
paghiamo. Deputato dal 1992 al 2001 e senatore dal 2001 a oggi,
Roberto Calderoli ha dimostrato con il passare del tempo di essere
uno dei politici più dannosi che la storia repubblicana ricordi.
Estensore della legge elettorale chiamata sobriamente “porcellum”,
è diventato famoso per l'uso del lanciafiamme che gli prestò il
collega ministro della difesa dell'epoca Ignazio La Russa, detto
“Gnazio”. Lo scopo dello strumento bellico fu di bruciare, il 24
marzo 2010, in un sol colpo 375 mila leggi inutili perché il
Calderoli ministro della semplificazione, invece di abrogarle le
leggi le bruciò. Purtroppo però restarono tutte e si dice che nei
faldoni andati in fumo, ci fossero solo i discorsi di Bossi in
“patanese”. Ma il Calderoli, è anche il politico che invocò un
Papa padano. Lui che si è sposato con il rito celtico, mal digerì
perfino l'elezione di Papa Ratzinger, tedesco di Germania, che ebbe
la malaugurata idea di chiamarsi Benedetto XVI invece di Krautus I,
come pretendeva lo statista dei legaioli. E mica finisce qui. Il 15
febbraio 2006, intervistato dal TG1, Calderoli mostrò una maglietta
con impressa l'immagine di Maometto che, in presenza di Budda e
Jahvè, veniva rimproverato dal Dio cristiano. Apriti cielo, ripresa
da tutte le televisioni del mondo la maglietta di Calderoli divenne
il pretesto per l'attacco al Consolato italiano di Bengasi: robetta
da nulla, la polizia sparò sulla folla uccidendo 11 persone. Poi è arrivata la
Kyenge e il Calderoli si è scatenato in casa, facendo diventare la
banana che stringe sempre in mano il simbolo del suo disaccordo sulla
tolleranza e sulla integrazione razziale. Ora la adopera come
compensatrice delle sudate estive. Il potassio, si sa, ripristina
parte dei sali minerali persi dopo una abbondante sudorazione, ma ci
sembra di aver letto da qualche parte che per il cervello occorre il
magnesio, elemento chimico assente nella composizione organica del
senatore-statista-riformatore, “cazzaro” per dirla alla
Travaglio, unico e inarrivabile.
sabato 23 agosto 2014
Boston 23 agosto 1927. Sacco e Vanzetti
Dedicato a tutti quelli che amano la libertà oltre la vita, non seppelliscono bambini vivi, non sgozzano i giornalisti, non stuprano le donne...
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti,
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti,
un inno contro le falsità ipocrite e razziste.
venerdì 22 agosto 2014
sabato 16 agosto 2014
mercoledì 13 agosto 2014
sabato 9 agosto 2014
martedì 5 agosto 2014
Saltano i prepensionamenti. I frenatori dell'Italia si' bella e perduta
Li hanno chiamati in tutti i
modi: burocrati, grand commis, boiardi, gabellieri ma il loro
compito, fondamentalmente, è quello di frenatori della vita della
Repubblica Italiana. Figli come siamo della burocrazia fascista,
questo paese si trova impigliato in una giungla di leggi, leggine,
ordinanze e regolamenti che farebbero impazzire chiunque. Chi ne esce
alla grande sono loro, i “ragionieri” dello Stato, quelli che
nella selva oscura della legislazione italiana, vanno avanti come
gatti grazie alla luminescenza degli occhi. Questa Pubblica
Amministrazione è irriformabile semplicemente perché è figlia di
se stessa. Non ha né padri né madri ma solo il vezzo, immoto nel
tempo, di ripetere ad libitum la frase stampata a caratteri cubitali
alle spalle delle loro scrivanie: “I politici passano noi no”. E
lo sanno tutti coloro che hanno provato a far rientrare i boiardi
nella normalità della governance. Perfino Berlusconi, che era
partito con l'intenzione di riformare l'amministrazione dello Stato
avendo a disposizione numeri parlamentari da fantascienza, alla fine
ha dovuto soccombere di fronte al muro di gomma di una burocrazia che
non lascia spazio a nessuno. Badate bene, è una diceria che per i
boiardi due più due fa quattro. A seconda di chi si trovano di
fronte potrebbe anche riportare tre, o due e tre quarti, o quattro
meno meno. La loro forza sta proprio nell'abilità mostruosa che
hanno di districarsi nelle migliaia di leggi che regolano la vita di
un italiano medio, perché per quelli superiori alla media è
possibile tutto, ad esempio non farsi notificare le cartelle di
pagamento dall'Agenzia delle Entrate. Pensate un po', ci sta
sbattendo ferocemente (roba da qualche decina di punti di sutura in
faccia), anche Matteo Renzi il quale, animato dalla voglia giovanile
di svecchiare la classe dirigente di questo paese, si è visto
costretto a ritirare provvedimenti che il suo stesso governo aveva
varato. Così quattromila insegnanti pensionandi resteranno al loro
posto di lavoro, e decine di medici e professori universitari
continueranno a baroneggiare. L'Italia è da rifondare. Lo diciamo da
tempo immemorabile. Ma poi, se anche un FiveStars va a fare il
sindaco ed è costretto ad accendere l'inceneritore che avrebbe
voluto distruggere, una domanda dovremmo porcela: come può la politica
riformare la pubblica amministrazione se non riesce a riformare se
stessa?
domenica 3 agosto 2014
Il patto segreto fra Matteo e Silvio contro Prodi. Questione di pelo sullo stomaco
Povero Professore, la sua non è stata una vita (politica) facile. Lo hanno trombato tutti, a destra e a sinistra, ma lui fermo lì, sui binari della stazione di Bologna, in attesa del treno per Roma. Forse è questa la ragione per la quale il Professore ci è sempre stato simpatico, ma simpatico veramente. A scorrere l'elenco dei suoi nemici ci accorgiamo che non c'è neppure un nostro amico anzi. Ci sono i politici peggiori di questo ventennio di autentiche oscenità, umane e legislative. Elencarli tutti sarebbe impossibile e non potremmo mai farlo nello spazio di un post. Però così, a volo d'uccello, e senza spendere sei milioni di euro per una zompatina, ne segnaliamo qualcuno alla vostra attenzione. Da sinistra: Bertinotti, Vendola, D'Alema, Veltroni. Dal centro: Cossiga, Marini, Dini, Mastella. Dalla chiesa: Ruini, Bertone e qualcuno sussurra anche il Capo. Da destra: tutti (Lega compresa) a partire da Berlusconi e giù, via via, fino a Gasparri. Non si sa per quale motivo il Professore, detto anche Mortadella, ha fatto e fa paura a tanti. Forse il mistero sta nell'unico faccia a faccia televisivo fra Prodi e Berlusconi, quando il candidato dell'Ulivo disse al suo avversario: "La differenza fra me e lei è che lei ha un fratello e tre televisioni, io ho tre fratelli e posseggo solo una radio". La novità di questi giorni è che nell'incontro di mercoledì prossimo fra Renzi e Berlusconi, l'ex Cavaliere porrà il veto assoluto sulla elezione di Prodi alla Presidenza della Repubblica e che Matteo, molto volentieri, lo accontenterà. Il che ci pone nella scomoda posizione di rivedere la composizione dei 101 zozzoni. Iniziare la carriera con due tradimenti non è bello. No, non è affatto bello. Che sfiga avere ancora un po' di pelo sullo stomaco.
venerdì 1 agosto 2014
giovedì 31 luglio 2014
mercoledì 30 luglio 2014
Chiude l'Unità, ma... brindano gli sciacalli e i malpancisti
Da brivido la battuta di Matteo
Renzi: “Se l'Unità fosse stata del PD non avrebbe chiuso”. Anzi,
Matteo ha detto sottilmente “nelle disponibilità” del PD, che è
anche peggio. Dopo 90 anni chiude il giornale fondato da Antonio
Gramsci. Non si sentono squilli di tromba né appelli accorati.
Diciamo che l'Unità chiude in silenzio incapace di urlare, vizio
che, purtroppo, ha perso da tempo. Chiude la testata storica di una
sinistra che per sua colpa, sua grandissima colpa, non è riuscita a
governare un paese che pure era nelle sue “disponibilità”.
Vecchia, stanca, legata ai privilegi come berluscones qualsiasi, la
cosiddetta sinistra rissaiola e radical deve solo piangere se stessa,
perché non troverà un cane disposto a farlo al suo posto. Prima
veltroniana, poi bersaniana, poi non si sa, l'Unità è stata l'Unità
fino a Padellaro, troppo di sinistra per dirigere un giornale che si
stava politicamente riposizionando. Da Concita a Sardo, l'identità
si è andata via via annacquando, con l'aggravante che sono finiti
anche gli sponsor. Quando chiude un giornale c'è solo da piangere. È
una giornata tristissima per tutti quelli che credono ancora che
informare sia un dovere, essere informati un diritto. Ed è proprio
per il vezzo antico di informarci e di capire ciò che accade oltre
quello che si vede, che siamo convinti che l'Unità non morirà. Le
dichiarazioni degli uomini di Renzi portano a questa conclusione.
Chiuderà sicuramente questa Unità non malleabile e bersaniana, ne
arriverà un'altra disegnata sul e dal nuovo leader. Altri volti,
altre storie, altri nomi, la stessa testata, la solita politica stracciona.
venerdì 25 luglio 2014
martedì 22 luglio 2014
Silvio ci riprova e il “fantastico” Antonio Razzi vorrebbe trasformare Palazzo Madama in Palazzo Madammela
Lo scriviamo dal giorno in cui
Silvio rassegnò le dimissioni nelle mani dell'Innominabile lasciando
via libera a Mario Monti: “Chi pensa che Berlusconi sia
politicamente morto non ha capito una mazza”. Al Caimano basta
lasciare un dito che ti si piglia la mano, l'avambraccio, il braccio
e anche una fetta di c... Silvio, a cui i gatti fanno un baffo, ha ancora una ventina di vite a disposizione. Lui è l'”unto del
Signore” e delle leggi che vengono modificate sempre e comunque pro
domo sua. Come quella del 2012 (l'inchiesta sul caso Ruby procedeva
come un treno), nella quale, trattando di prostituzione minorile,
venne introdotto un piccolo comma che salvaguardava i clienti in
grado di dimostrare che, al momento dell'atto impudico, non
conoscevano l'età della bambolina gonfiabile, perché una volta le
mignotte erano le nobili mignotte, oggi sono bamboline o schiave e
non si capisce se sia meglio o peggio. Insomma, l'avvocato Coppi che
conosce le leggi meglio dei legislatori, è riuscito a dimostrare che
Silvio ignorava l'età di Ruby e ha convinto la Corte che
l'imputato era davvero convinto che la signorina Karima El Mahroug
fosse la nipote di Mubarak, proprio come fece il Parlamento italiano.
Di fronte a tanta giurisprudenza ci inchiniamo ammirati, ma non senza
vedere la “premeditazione” legislativa che condizionò fortemente
l'attività del legislatore nel 2012. Così, ed è naturale che così
sia, Silvio vuole ora tornare sulla scena politica da protagonista.
L'unico scoglio resta la “Severino”, ma passerà anche quello,
tanto costa l'appoggio alle riforme. Poi, per finire, c'è l'ultima
dichiarazione di un politico che se non ci fosse bisognerebbe
inventarlo, perché è esattamente l'esponente massimo della politica
nel terzo millennio: Antonio Razzi. Intervistato come sempre dalla
“Zanzara”, Razzi ha detto testualmente che se Palazzo Madama
diventasse una casa chiusa “sicuramente darebbe migliaia di posti
di lavoro in questo momento molto delicato”. Insomma, il senatore
Razzi ha già pronto il cartello da mettere all'ingresso del Senato:
“Benvenuti a Palazzo Madammela”.
lunedì 21 luglio 2014
La storia di don Stefano, pusher consapevole
I preti, si sa, sono fatti della
stessa materia degli uomini e delle donne, carne, sangue, ossa e
qualche volta anche lacrime (di queste ultime, in verità,
ultimamente non c'è traccia). E anche se dovrebbero avere qualche
vincolo in più rispetto ai cosiddetti laici, i preti ci stanno
dimostrando che sono uomini, ma uomini più degli uomini peccatori
che vanno da loro a confessarsi per liberare l'anima dai peccati. Ora
pensate, facciamo che sia un film di John Landis, al parrocchiano che
ogni domenica prima della messa, andava a confessarsi da don Stefano
Maria Cavalletti. A Stresa, è notorio, bestemmiano come in ogni
altra parte d'Italia; qualche vaffanculo scappa e ci può scappare
anche un parcheggio in divieto di sosta. Le corna invece sono un
affare più complicato e quindi i cattolici, fedeli al loro credo
“fallo purché non si sappia”, non sono così propensi a rivelare
il peccato, “tanto – dicono – non lo sa nessuno”. Pensate al
pensionato che andava ogni domenica a confessarsi da don Stefano
Maria Cavalletti e gli diceva contrito: “Don Stefano, ho rubato una
mozzarella al supermercato, non avevo un euro e non posso mangiare
perché la Asl non mi paga la dentiera. Che faccio, ogni tanto rubo o
muoio di fame?” E don Stefano che gli risponde: “Figliolo è
peccato... non lo fare mai più... e per penitenza 35 rosari con i
misteri dolorosi”. Tutto bene, penitenza secondo le regole e
qualche smadonnamento del peccatore che senza denti dovrà sibilare
35 rosari. Se non che il reverendo, secondo le cronache, è un
reverendo di mondo pur non avendo fatto il seminario a Cuneo, e lo
beccano in un appartamento mentre spaccia e consuma droga, cocaina,
mica uno spino da morti da fame, white suffle a gogò che, come in un
film, tenta in tutti i modi di gettare nel water senza riuscirci
mentre, in un momento di disperazione totale cerca di strappare il
passaporto dove c'è la sua foto in abito clericale. Finora le
cronache giudiziarie hanno parlato di preti mafiosi, camorristi,
pedofili, truffatori, collusi con i ricattatori e i corrotti, a volte
“ambasciatori” di reclusi con tanto di pizzini in tasca, ma un
prete che spacciasse coca non era ancora mai stato beccato con le
dita nella marmellata e una banconota da cinquanta euro arrotolata
nel naso. E non ci si venga a raccontare la storia che i preti non
sono tutti uguali, che ci sono gli eroi e i vigliacchi, perché gli
eroi fanno solo il loro mestiere, gli altri sono solo uomini,
purtroppo.
venerdì 18 luglio 2014
giovedì 17 luglio 2014
Paola Taverna-Beppe Grillo. Se questo non è amore, cos'è?
A volte gli sguardi contano più delle parole. Senza nessuna ironia anzi, con malcelata ammirazione, non possiamo fare a meno di osservare lo sguardo di adorazione che la grillina di ferro Paola Taverna ha nei confronti del leader del suo movimento. E ci prende una botta d'invidia perché a noi, in quel modo, non ci ha mai guardato nessuno. Neppure la mamma. Ah... matri!
martedì 15 luglio 2014
Indagato Maroni. Neanche stavolta ha letto la notizia sul Fatto
Non riusciamo a capacitarci di
come la Lega sia riuscita ad arrivare al 6 per cento alle ultime
europee. Oltre che personaggi indefinibili, con la sindrome del KKK e
degli investimenti in diamanti in Tanzania, i leghisti fanno finta di
combattere il sistema (non sono gli unici, in verità) mentre sotto
sotto ne seguono le regole peggiori. Il democristianesimo è lungo da
morire, sono passati venti anni dalla dissoluzione apparente della
Balena Bianca, ma i balenotteri nati nel frattempo continuano a
crescere e a moltiplicarsi. Il democristianesimo è un'aberrazione. È
quel vezzo intollerabile di far passare qualsiasi fatto della vita
come un favore. Il “devi conoscere altrimenti non sei nessuno”,
lontano dal morire continua a essere concettualmente baldanzoso, roba
da far gonfiare i petti come per una medaglia al valore. Il
democristianesimo è paraculismo allo stato puro. Leggete Maroni:
“Sono assolutamente sereno e, allo stesso
tempo, molto sorpreso. Per quanto a mia conoscenza, è tutto
assolutamente regolare, trasparente e legittimo. Si tratta di due
contratti a termine per persone che svolgono, con mansioni diverse,
attività quotidiana di supporto della Regione dalla sede di Roma. La
loro attività è finalizzata alla ottimizzazione e alla efficienza
della macchina organizzativa in vista dell'evento Expo. Sono,
ribadisco, sereno e fiducioso che le cose verranno al più presto
chiarite”. Tutto trasparente, no? Se non fosse che una delle due
assunte è la signora Mara Carluccio, fedele collaboratrice dello stesso
Maroni quando era ministro dell'Interno, e l'altra, Maria Grazia
Paturzo, viene descritta genericamente come vicina al Presidente. L'indagine dei
giudici di Busto Arsizio, ha stabilito invece che queste assunzioni
sono state fatte per supplire a quelle mancate per l'ingresso nello
staff di Roberto Maroni. Mancate perché sarebbero passate sotto la
lente di ingrandimento della Corte dei Conti. Lo abbiamo detto
all'indomani dell'assunzione per chiamata diretta della compagna di
Matteo Salvini in Regione: la Lega punta decisamente a debellare la
disoccupazione giovanile e quella femminile in particolare.
sabato 12 luglio 2014
La Lega combatte la disoccupazione femminile. La compagna di Salvini assunta in Regione per chiamata diretta
Non si sa se per combattere la
disoccupazione, o la disoccupazione femminile in particolare, sembra che i nostri politici siano diventati molto sensibili circa
l'ingresso nel mondo del lavoro del gentil sesso. Dopo la storia di
Silvio e le donne (siamo in attesa della sentenza d'appello sul
processo Ruby, e il tribunale di Bari lo ha rinviato a giudizio –
ieri – per sfruttamento della prostituzione), altre storie di
questo genere emergono ogni giorno dalle cronache dei giornali. Dal
Piemonte alla Lombardia, dall'Abruzzo alla Calabria, l'Italia sembra
essere diventata un immenso ufficio di collocamento femminile. Mogli,
compagne, fidanzate, amiche, amiche delle amiche, amanti, prostitute
ricattatrici, vergini per caso e per credo religioso, geni in
gonnella e ragazzotte che geni non lo sono e non lo saranno mai,
vengono assunte dai loro protettori politici senza neppure passare
attraverso lo straccio di un concorso pubblico. Troppa fatica far
imparare a memoria alle raccomandate le risposte ai quiz, tanto vale
assumerle per chiamata diretta, nessuno se ne accorge e le poverine
non sudano sui libri ma in un bel lettone morbido. Nella trappola
della compagna assunta per non si sa quali meriti, è caduto anche il
duro e puro Matteo Salvini, quello che tuonò contro Belsito e i
familiari spendaccioni del Senatur. La compagna di Matteo è stata
insomma assunta in Regione Lombardia direttamente nello staff
dell'assessore Maria Cristina Cantù, leghista anche lei,
responsabile della famiglia, solidarietà sociale e volontariato.
L'assunzione, denunciata dal Fatto Quotidiano, non ha causato quello
scalpore che avrebbe meritato, visto che uno dei protagonisti è
anche uno degli assertori più convinti della slogan “Roma
ladrona”. Ma tant'è. Intervistato a proposito, Salvini ha detto:
“È stata assunta perché è brava”. Amen. Non discutiamo, non
avendo prove, la bravura della compagna di Matteo, ma quello che ci
ha sconvolto, come sempre, è stato il governatore lumbard Roberto
Bobo Maroni, il quale ha detto: “L'assunzione della compagna di
Matteo Salvini? Non leggo il Fatto”. Ma ti venga un bene, Bobo.
Vabbè che non leggi il Fatto, ma almeno le delibere delle assunzioni dirette nella regione che governi, le vuoi controllare o no?
venerdì 11 luglio 2014
Morire a 14 anni per incuria. Insopportabile
Se muore Salvatore Giordano, un
ragazzino di quattordici anni, per il crollo del cornicione di un
monumento storico, la prima considerazione che una persona
normodotata fa è “questo paese sta cascando a pezzi”. Poi, anche
per un minimo di rispetto per i genitori del ragazzino che prima di
morire è riuscito a scansare due amici, si pensa “speriamo che i
colpevoli paghino”. Infatti sono partiti 44 avvisi di garanzia ai
soliti pesci senza pinne e boccheggianti per mancanza di ossigeno, le
solite mezze seghe che pagheranno (poco, pochissimo, quasi nulla),
per responsabilità che non sono assolutamente loro. Sono anni
infatti che vediamo crollare i monumenti italiani senza che nessuno
ci abbia messo una pezza. Sandro Bondi addirittura, lo fecero dimettere da
ministro per i crolli di Pompei. Bondi di suo non c'entrava una mazza
ma il suo padrone sì. E c'entrava parecchio anche quel genio
dell'economia creativa che risponde al nome di Giulio Tremonti, che
Raffaello, Giotto e Leonardo gli possano apparire in sonno per
molestarlo fino alla fine dei suoi giorni! Gli statisti del governo
Berlusconi, così indaffarati nel tenersi buoni i preti che votano,
per anni hanno destinato i fondi dell'8 per mille di spettanza dello
Stato al recupero delle chiese, degli oratori, delle basiliche e dei
duomi sparsi in tutta Italia. Ma possibile che nessuno ha mai fatto
caso che dopo un terremoto le chiese (quelle di proprietà del
Vaticano naturalmente) venivano recuperate nel giro di pochi mesi
mentre le altre, gli edifici civili, i monumenti dello stesso Stato
andavano in rovina? In venti anni, i berluschini hanno fatto scempio,
oltre che delle coscienze e delle intelligenze degli italiani, anche
di un patrimonio unico al mondo, tagliando fondi non solo alla
cultura e alla scuola pubblica ma anche ai musei, ai restauri e alla
manutenzione ordinaria. E ci lamentiamo delle inondazioni e
dell'ambiente lasciato al degrado più assoluto. Pagheranno 44
quacquaracquà ma i pochi, pochissimi colpevoli veri, non pagheranno
mai. E continuiamo a parlare tosco-inglisc in Europa che fa tanto
“in”...
mercoledì 9 luglio 2014
L'Italia dei mille misteri. Ora spunta “Faccia da mostro”
I pentiti di mafia (ora anche
quelli di camorra) chiacchierano. O quanto chiacchierano! Così, fra
una confessione e l'altra, un sentito dire e l'altro, nei colloqui
giornalieri con i “collaboratori di giustizia” spunta
all'improvviso un personaggio che ricorre nei racconti di almeno
quattro uomini e una donna. È un tipo strano, “bruttissimo”
dicono in coro i pentiti, che di mestiere faceva il poliziotto ma che
nel tempo libero si dilettava in omicidi, un killer insomma, e dei
peggiori. Lo citano oggi, lo citano domani, i magistrati aprono un
fascicolo a suo carico e vengono a scoprire che si chiama Giovanni
Pantaleone Aiello, nato a Montauro (Catanzaro) nel 1946, arruolato in
polizia nel 1964, congedato nel 1977 ma residente presso la caserma
Lungaro di Palermo fino al 1981. Scrivono Bolzoni e Palazzolo su
Repubblica: “Vi raccontiamo per la prima volta la storia di
Giovanni Aiello, 67 anni, ufficialmente in servizio al ministero
degli Interni fino al 1977 e oggi plurindagato dai magistrati di
Caltanissetta e Palermo, Catania e Reggio Calabria. Vi riportiamo
tutte le testimonianze che l'hanno imprigionato in una trama che
parte dal tentativo di uccidere Giovanni Falcone all'Addaura fino
all'esplosione di via Mariano D'Amelio, in mezzo ci sono segni che
portano al delitto del commissario Cassarà e del suo amico Roberto
Antiochia, all'esecuzione del poliziotto Nino Agostino e di sua
moglie Ida, ai suoi rapporti con la mafia catanese e quella
calabrese, con terroristi della destra eversiva come Pierluigi
Concutelli. E con l' intelligence. Anche se, ufficialmente, "faccia
da mostro" non è mai stato nei ranghi degli 007”.
Aiello-Faccia da mostro, è l'ennesimo personaggio dai tratti
indefiniti che popola la storia davvero complicata di un Paese in cui
la differenza fra i buoni e i cattivi non è facilmente individuabile
come nei film western né c'è il capoclasse che li segna sulla
lavagna. Giovanni Pantaleone è un personaggio che attualmente fa il
pescatore in un piccolo centro della Calabria. Ufficialmente dichiara
al fisco un reddito di 22mila euro l'anno, ma gli hanno trovato
titoli per un miliardo e 195 milioni delle vecchie lire,
probabilmente frutto dei servizi resi ai mafiosi, ai terroristi e,
udite udite, allo Stato. Aiello è insomma uno di quei tizi ai quali
un colpo di revolver non ha mai fatto difetto, tanto che dicono che
nella sua carriera parallela abbia freddato anche un bambino.
Restiamo convinti che uno Stato senza verità non è uno Stato civile e
che troppe sono ancora le stragi anonime. Civiltà e dignità. Ma
quando mai!
martedì 8 luglio 2014
Flop Pos. Nessuno ce l'ha, nessuno ha intenzione di metterlo. T'odio, pia macchinetta succhiasangue
E dire che ci eravamo spinti fino
al punto di proporre una colletta nazionale per medici, dentisti e
artigiani. La norma che introduce l'obbligatorietà del Pos
per i pagamenti sopra i 30 euro è, di fatto, carta straccia. Nessuno
l'ha applicata, nessuno ha intenzione di farlo nel prossimo futuro.
La prima ragione è che la legge non prevede sanzioni in caso di
mancato adempimento, fatto che ci spinge a pensare che l'obbligo non
esiste, altrimenti gli inadempienti sarebbero automaticamente
sanzionati. Non è propriamente come le more che Equitalia applica
sul mancato pagamento del bollo dell'auto o dell'abbonamento tv, e se
il cittadino s'incazza, ha tutte le ragioni. Poi c'è un altro
aspetto legato all'introduzione del Pos che gli interessati
contestano: i costi troppo alti delle commissioni bancarie (1000,
1500, 2000 euro l'anno a seconda della banca). Così, mentre da una
parte lo Stato incentiva, quasi pretende, l'uso della moneta
elettronica per la tracciabilità del denaro, dall'altro le banche non fanno nulla per venire incontro
alle esigenze dei clienti. Ma voi avete presente quanto spendete per
una carta di credito? E vi siete mai fatti quattro conti su quanto
costa un prelievo al bancomat in una banca diversa dalla vostra? No?
Ahi ahi ahi...
lunedì 7 luglio 2014
I mafiosi e lo sciopero della messa. Don Corleone ha detto "stop"!
Stavolta si sono proprio
incazzati. I mafiosi, boss, uomini, mezz'uomini, uominicchi e
quacquaracquà hanno deciso di dar vita a una protesta senza
precedenti, roba che gli operai sui tetti degli stabilimenti occupati
sembrano dilettanti allo sbaraglio. Il plateale abbandono della
processione di Oppido Mamertina da parte dei carabinieri, la
scomunica di Papa Francesco, qualche segnale di ribellione ai
mammasantissima ormai non più nascondibile, li ha messi nella sgradevole
posizione, loro, figli del silenzio omertoso delle cosche, di dover
uscire allo scoperto. E lo hanno fatto nel modo che ritenevano più
spettacolare, disertando in massa la messa domenicale in
carcere. Così, se qualcuno avesse avuto ancora dubbi sulla loro
mafiosità, lo sciopero dell'ostia li ha resi praticamente reo
confessi. Oltre che furbi di quattro cotte, i picciotti scioperanti
rappresentano ancora l'ala dura e pura di quella che fu, è e resta
l'impero mafioso, altro che quattro disperati senza più un soldo. E
da vecchi mafiosi hanno dato la dimostrazione di cosa sia stata la
mafia fino a qualche anno fa, il collettore di interessi vari che
coinvolgevano tutte le strutture sociali: la politica, le forze
armate, la chiesa, la magistratura e, infine, le confraternite
religiose e i loro affiliati. Pensate se il santino di Santa Rosalia
potesse parlare quante storie potrebbe raccontare di giuramenti fatti
a Pater Noster e sangue, ostie consacrate e dito sul grilletto della
lupara. Pensate se per un momento quello stesso santino avesse avuto
la forza di ribellarsi. Ne avremmo viste delle belle. Altro che
scomunica papale, una serie ininterrotta di calci nel culo.
domenica 6 luglio 2014
Se la madonna si inchina ai boss
La madonna ovviamente non c'entra
niente. Lei è solo una statua, anche se per chi ci crede è molto di
più. E forse è per quel “molto di più” che a Oppido Mamertina,
i preti e i procuratori della processione che la riguarda, hanno
pensato di farla inchinare davanti alla casa di Giuseppe Mazzagatti
(un cognome, un programma), boss della n'drangheta ottantaduenne
condannato all'ergastolo per omicidio e ora agli arresti domiciliari
per motivi di salute. Questo fatto, che fa pendant con altri mille
fatti analoghi avvenuti in Calabria, in Sicilia, in Puglia e in
Campania ha avuto però un finale inaspettato. Il comandante della
locale caserma dei carabinieri infatti, nel momento in cui la madonna
è stata fatta inchinare al boss, ha chiamato i suoi uomini e se n'è
tornato in caserma. Nessuno lo ha seguito ma la cosa non è passata
inosservata tanto che il comportamento degli uomini della Benemerita
è stato sottolineato e apprezzato da (quasi) tutti gli organi di
informazione nazionali. E dire che appena una settimana fa, Papa
Francesco, in visita in Calabria, aveva di fatto scomunicato tutti i
mafiosi, e i cattolici sanno perfettamente cosa una scomunica
comporti. Ma i preti di Oppido Mamertina, degli atti di quello che
dovrebbe essere il loro capo supremo, se ne sono infischiati, segno
inequivocabile che in alcune parti d'Italia non solo non c'è lo Stato ma neppure la Chiesa, presente ovunque e più capillarmente
delle caserme dei carabinieri. Per questa storia una morale non c'è.
C'è un paese ancora prigioniero di una tradizione dura da morire e
di un senso di paura che solo chi non è votato al martirio sa
gestire al meglio, inchinandosi.
mercoledì 2 luglio 2014
martedì 1 luglio 2014
Con l'introduzione del POS si apre la colletta nazionale a favore dei medici e dei dentisti. I poveretti rischiano di morire di fame
lunedì 30 giugno 2014
Silvio e i gay: storia di una folgorazione. Manco San Paolo a Damasco
2005, Berlusconi dichiara: "In Italia sono santificati solo i comunisti e i gay".
2008, Berlusconi commenta: "Meglio occuparci di infrastrutture e trasporti che di omosessualità".
2009, dopo il terremoto dell'Aquila, Berlusconi dichiara: "Ragazzi, se tutto va bene mi sa che veramente ve le porto le veline, le minorenni, altrimenti ci prendono tutti per gay". E ancora: "Mi hanno detto di tutto, manca solo che mi dicano che sia gay".
domenica 29 giugno 2014
venerdì 27 giugno 2014
mercoledì 25 giugno 2014
martedì 24 giugno 2014
Caso Galan. La colpa è sempre del maggiordomo, pardon, della segretaria
Gira che ti rigira, se sei un
lord o un politico, la colpa dei tuoi misfatti è sempre degli altri.
Nel caso dei lord, l'assassino è il maggiordomo, in quello dei
politici il colpevole è sempre e comunque la segretaria. Giancarlo
Galan, che pure fra i forzaitalioti è uno dei pochi che rientra
nella categoria dei semi-guardabili, è accusato di essersi imboscato
una cifra intorno ai 50 milioni di euro che ha provveduto a smistare
immediatamente nel Sud-Est asiatico. Ovviamente è stato il
commercialista, però imbeccato dalla segretaria la quale,
nottetempo, portava in uno zainetto griffato il danè al
professionista. Al resto provvedevano la magia del computer, un
collegamento con fibra ottica a Internet e l'abilità diabolica del
consulente. “E' tutta una balla colossale - dice ora Galan ai
giornalisti – mi hanno fatto il canestrello e io ci sono caduto
come un pirla”. Nella memoria difensiva che l'ex governatore del
Veneto presenterà alla Commissione per le autorizzazioni a procedere
della Camera, Galan spiega in che modo è riuscito a ristrutturare la
sua casetta “mutui, nulla di più, 700 mila euro di soldi miei e
gli infissi sono gli stessi del momento in cui l'ho comprata”.
Spiace però, davvero tanto, il fatto che Galan si sia dovuto
difendere anche da attacchi che riguardano la sua intimità
familiare. Ha dovuto raccontare a tutti che la Signora Governatora
(“bellissima ma con un fisico non propriamente adatto”) non
faceva la cubista ma la volontaria, e quando si è scoperto di chi
era la moglie, è stata immediatamente licenziata. Ma il massimo
della tragicommedia in corsa, Galan l'ha raggiunto quando ha
raccontato la storia della sua segretaria, la signora Claudia
Minutillo, una narrazione da brividi letterari degna di essere
riportata integralmente. Dice Giancarlo: “"Volevo
assumere mia cugina, ma Minutillo era stata appena licenziata da
Paolo Scarpa Bonazza Buora, molto influente all'epoca in quanto
coordinatore regionale di Forza Italia, che la mise in mezzo ad una
strada e lei con grande abilità si ingraziò tutti andando a
lavorare al gruppo regionale. Essendo una gran lavoratrice si fece
assumere. L'ho mandata via più di otto anni fa per l'antipatia che
aveva con mia moglie. Sì, ma la verità è che era antipatica a
tutti, nessuno la sopportava. Ed era la segretaria più lussuosamente
e costosamente vestita dell'emisfero boreale... Quando ho saputo che
indossava un cappotto da 16 mila euro, allora qualche dubbio mi è
venuto...". Dubbio postumo ed evviva la foca, noto pinnipede
artico in via di estinzione.
lunedì 23 giugno 2014
domenica 22 giugno 2014
sabato 21 giugno 2014
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