Translate

giovedì 10 novembre 2016

Quella sbaciucchiona di Hillary


La signora è finta anche quando bacia, soprattutto le star dello spettacolo dopo i concerti, quando puzzano un po' di sudore. Madonna che schifo il sudore! 
Hillary recita, probabilmente è andata a scuola da Susan Strasberg e s'incazza terribilmente quando Charlotte, la figlia di Chelsea, la chiama “nonnina”.
A lei gli operai danno l'orticaria, soprattutto quelli del Wisconsin che si portano appresso l'odore mefitico di un formaggio che non sa di Camembert, ma del sudore e del sangue di chi lo ha rubato al latte. È tosta, la signora, tanto che quando Abu Bakr al-Baghdadi, tristemente noto come il califfo dell'Isis, va a Washington per perorare la causa degli oppositori a Bashar al-Assad in Siria, lei decide di finanziarlo. È tostissima la signora, soprattutto quando se la prende con quello sparatore in faccia di giornalisti che si chiama Putin, mettendo in crisi la UE con la politica degli embarghi, la UE non gli USA. A lei, così sfacciatamente borghese e così sfacciatamente legata al mondo della finanza, degli operai non frega una mazza, come non le interessa il mondo dei defraudati da una crisi che la sua parte politica ha contribuito a creare.
Obama, che non è affatto scemo, visitò perfino nei fine settimana gli stati bianchi del middlewest, dove il partito Democratico vinceva da sempre (nel Wisconsin portò addirittura Bruce Springsteen), ma dove la situazione sociale e occupazionale era esplosiva, covava sotto la cenere ma c'era. Hillary non c'è andata neppure una volta, lasciandoli a Sanders che, infatti, vinse a man bassa. A lei tronfia, piena di sé, fasciata nei suoi tailleur da ventimila dollari, stringere le mani callose degli operai dà un fastidio fisico insopportabile e gli operai l'hanno sbeffeggiata e punita non votandola.
Che la working class sia profondamente cambiata in tutto il mondo ormai è chiaro, diremmo lapalissiano. Ma che quella stessa classe lavoratrice abbia bisogno di una guida più pragmatica e meno populista è altrettanto scontato. 
Ma cosa volete che gliene freghi a Grillo dei minatori del Sulcis? O a Brunetta dei braccianti agricoli? O a Salvini dei frontalieri? Prendete Matteo Renzi, un esempio a caso. Quando visita centri produttivi, che non sono altro che le fabbriche, dice che va a far visita ai proprietari mica ai lavoratori, e questa è una differenza che si vede e si sente, soprattutto ricordando Berlinguer fuori dai cancelli della Fiat. Questa sinistra è entrata sì nelle fabbriche, ma nelle sale dei consigli di amministrazione, non nelle catene di montaggio. Poi ci dicono che la colpa è della globalizzazione, ma quale? Il presunto mercato mondiale, aperto a molti ma non a tutti, ha prodotto generazioni di instabili, pagati a voucher o in nero, destinate a non vedere mai una pensione neppure da fame. E allora, via libera a coloro che parlano alle pance e non alle teste ma non pensiate che di voi gli interessi un cazzo.

mercoledì 9 novembre 2016

Due o tre cose sulla vittoria di Trump


Se non fosse che i parallelismi con l'Italia sono evidenti, l'elezione del (non) repubblicano Donald Trump potrebbe passare come un fatto democratico normale in un paese normale. Però le cose non stanno così perché un segnale deciso e apparentemente rivoluzionario c'è stato e occorre prenderne atto. Il tycoon Donald è riuscito nell'impresa di entrare a gamba tesa nella pancia degli americani bianchi post crisi del 2007 (2008 in Europa), quelli che si sono ritrovati con in mano uno stipendio che aveva perso gran parte del suo potere d'acquisto. La middle class si è trasformata in una working class qualsiasi mentre, dall'altra parte, i molti ricchi lo sono diventati ancora di più.
Se qualcuno pensa che l'America sia New York o Washington o Los Angeles, dell'America non ha capito nulla. Gli USA sono anche quelli del “middle”, dell'Iowa e del Kentucky, del Texas e dell'Alabhama, del Tennessee e della Florida. Sono le popolazioni di questi stati che hanno pagato la crisi, che si sono stancate delle promesse di una classe politica screditata. È la gente che si è vista pignorare le case da banche fallite e salvate poi con il loro denaro da uno Stato federale incapace, che alla fine ha detto basta. Trump (non-repubblicano) è diventato il paladino della working class mentre Hillary (non-democratica) lo è stata di quella intelligentia che sposta tutto meno che i voti.
Le scarpe di Prada e le borse di Gucci fanno colpo a New York ma non nelle campagne del Tennessee, dove la rabbia tenuta sotto la cenere fino a ieri, è esplosa in tutta la sua forza distruttiva. Per assurdo, i repubblicani hanno vinto ricoprendo il ruolo dei democratici e i democratici hanno perso recitando da repubblicani: la gente ha preferito l'originale alle brutte e sbiadite copie.
Lo stesso si sta verificando in Italia e, più in generale, in Europa. Questo governo ad esempio, questa amministrazione, è votata da chi vive ai Parioli e non dai sardi dell'Alcoa o dalle periferie suburbane, la sinistra non esiste più se non quella che vive di ricordi, relegata in una sorta di riserva indiana. I diritti degli ultimi sono scomparsi ed è scomparsa quella forma di welfare vera, che ha tenuto unita una popolazione devastata dalle televisioni. In America si sta verificando quello che da noi, (forse per la prima volta abbiamo anticipato gli USA in peggio), è accaduto dal 1994 in poi. Il populismo, che è la distorsione non solo semantica del concetto di “popolare”, la sta facendo da padrone anche in America e, se Trump non dovesse riaprire le miniere in Ohio, questa elezione avrà risvolti drammatici. Il mondo, dal 2007/2008 non è stato più lo stesso. I danni che le banche americane hanno provocato, saranno assorbiti (forse) nel 2030 e, anche in quel caso, tutto sarebbe diverso. Unica consolazione (KKK a parte), è che la gente, la maggioranza silenziosa, questa volta ha parlato. Temiamo però che non ci siano più quelli disposti ad ascoltare.