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mercoledì 30 luglio 2014

Chiude l'Unità, ma... brindano gli sciacalli e i malpancisti

Da brivido la battuta di Matteo Renzi: “Se l'Unità fosse stata del PD non avrebbe chiuso”. Anzi, Matteo ha detto sottilmente “nelle disponibilità” del PD, che è anche peggio. Dopo 90 anni chiude il giornale fondato da Antonio Gramsci. Non si sentono squilli di tromba né appelli accorati. Diciamo che l'Unità chiude in silenzio incapace di urlare, vizio che, purtroppo, ha perso da tempo. Chiude la testata storica di una sinistra che per sua colpa, sua grandissima colpa, non è riuscita a governare un paese che pure era nelle sue “disponibilità”. Vecchia, stanca, legata ai privilegi come berluscones qualsiasi, la cosiddetta sinistra rissaiola e radical deve solo piangere se stessa, perché non troverà un cane disposto a farlo al suo posto. Prima veltroniana, poi bersaniana, poi non si sa, l'Unità è stata l'Unità fino a Padellaro, troppo di sinistra per dirigere un giornale che si stava politicamente riposizionando. Da Concita a Sardo, l'identità si è andata via via annacquando, con l'aggravante che sono finiti anche gli sponsor. Quando chiude un giornale c'è solo da piangere. È una giornata tristissima per tutti quelli che credono ancora che informare sia un dovere, essere informati un diritto. Ed è proprio per il vezzo antico di informarci e di capire ciò che accade oltre quello che si vede, che siamo convinti che l'Unità non morirà. Le dichiarazioni degli uomini di Renzi portano a questa conclusione. Chiuderà sicuramente questa Unità non malleabile e bersaniana, ne arriverà un'altra disegnata sul e dal nuovo leader. Altri volti, altre storie, altri nomi, la stessa testata, la solita politica stracciona.

martedì 22 luglio 2014

Silvio ci riprova e il “fantastico” Antonio Razzi vorrebbe trasformare Palazzo Madama in Palazzo Madammela

Lo scriviamo dal giorno in cui Silvio rassegnò le dimissioni nelle mani dell'Innominabile lasciando via libera a Mario Monti: “Chi pensa che Berlusconi sia politicamente morto non ha capito una mazza”. Al Caimano basta lasciare un dito che ti si piglia la mano, l'avambraccio, il braccio e anche una fetta di c... Silvio, a cui i gatti fanno un baffo, ha ancora una ventina di vite a disposizione. Lui è l'”unto del Signore” e delle leggi che vengono modificate sempre e comunque pro domo sua. Come quella del 2012 (l'inchiesta sul caso Ruby procedeva come un treno), nella quale, trattando di prostituzione minorile, venne introdotto un piccolo comma che salvaguardava i clienti in grado di dimostrare che, al momento dell'atto impudico, non conoscevano l'età della bambolina gonfiabile, perché una volta le mignotte erano le nobili mignotte, oggi sono bamboline o schiave e non si capisce se sia meglio o peggio. Insomma, l'avvocato Coppi che conosce le leggi meglio dei legislatori, è riuscito a dimostrare che Silvio ignorava l'età di Ruby e ha convinto la Corte che l'imputato era davvero convinto che la signorina Karima El Mahroug fosse la nipote di Mubarak, proprio come fece il Parlamento italiano. Di fronte a tanta giurisprudenza ci inchiniamo ammirati, ma non senza vedere la “premeditazione” legislativa che condizionò fortemente l'attività del legislatore nel 2012. Così, ed è naturale che così sia, Silvio vuole ora tornare sulla scena politica da protagonista. L'unico scoglio resta la “Severino”, ma passerà anche quello, tanto costa l'appoggio alle riforme. Poi, per finire, c'è l'ultima dichiarazione di un politico che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, perché è esattamente l'esponente massimo della politica nel terzo millennio: Antonio Razzi. Intervistato come sempre dalla “Zanzara”, Razzi ha detto testualmente che se Palazzo Madama diventasse una casa chiusa “sicuramente darebbe migliaia di posti di lavoro in questo momento molto delicato”. Insomma, il senatore Razzi ha già pronto il cartello da mettere all'ingresso del Senato: “Benvenuti a Palazzo Madammela”.

lunedì 21 luglio 2014

La storia di don Stefano, pusher consapevole

I preti, si sa, sono fatti della stessa materia degli uomini e delle donne, carne, sangue, ossa e qualche volta anche lacrime (di queste ultime, in verità, ultimamente non c'è traccia). E anche se dovrebbero avere qualche vincolo in più rispetto ai cosiddetti laici, i preti ci stanno dimostrando che sono uomini, ma uomini più degli uomini peccatori che vanno da loro a confessarsi per liberare l'anima dai peccati. Ora pensate, facciamo che sia un film di John Landis, al parrocchiano che ogni domenica prima della messa, andava a confessarsi da don Stefano Maria Cavalletti. A Stresa, è notorio, bestemmiano come in ogni altra parte d'Italia; qualche vaffanculo scappa e ci può scappare anche un parcheggio in divieto di sosta. Le corna invece sono un affare più complicato e quindi i cattolici, fedeli al loro credo “fallo purché non si sappia”, non sono così propensi a rivelare il peccato, “tanto – dicono – non lo sa nessuno”. Pensate al pensionato che andava ogni domenica a confessarsi da don Stefano Maria Cavalletti e gli diceva contrito: “Don Stefano, ho rubato una mozzarella al supermercato, non avevo un euro e non posso mangiare perché la Asl non mi paga la dentiera. Che faccio, ogni tanto rubo o muoio di fame?” E don Stefano che gli risponde: “Figliolo è peccato... non lo fare mai più... e per penitenza 35 rosari con i misteri dolorosi”. Tutto bene, penitenza secondo le regole e qualche smadonnamento del peccatore che senza denti dovrà sibilare 35 rosari. Se non che il reverendo, secondo le cronache, è un reverendo di mondo pur non avendo fatto il seminario a Cuneo, e lo beccano in un appartamento mentre spaccia e consuma droga, cocaina, mica uno spino da morti da fame, white suffle a gogò che, come in un film, tenta in tutti i modi di gettare nel water senza riuscirci mentre, in un momento di disperazione totale cerca di strappare il passaporto dove c'è la sua foto in abito clericale. Finora le cronache giudiziarie hanno parlato di preti mafiosi, camorristi, pedofili, truffatori, collusi con i ricattatori e i corrotti, a volte “ambasciatori” di reclusi con tanto di pizzini in tasca, ma un prete che spacciasse coca non era ancora mai stato beccato con le dita nella marmellata e una banconota da cinquanta euro arrotolata nel naso. E non ci si venga a raccontare la storia che i preti non sono tutti uguali, che ci sono gli eroi e i vigliacchi, perché gli eroi fanno solo il loro mestiere, gli altri sono solo uomini, purtroppo.

giovedì 17 luglio 2014

Paola Taverna-Beppe Grillo. Se questo non è amore, cos'è?


A volte gli sguardi contano più delle parole. Senza nessuna ironia anzi, con malcelata ammirazione, non possiamo fare a meno di osservare lo sguardo di adorazione che la grillina di ferro Paola Taverna ha nei confronti del leader del suo movimento. E ci prende una botta d'invidia perché a noi, in quel modo, non ci ha mai guardato nessuno. Neppure la mamma. Ah... matri!

martedì 15 luglio 2014

Indagato Maroni. Neanche stavolta ha letto la notizia sul Fatto

Non riusciamo a capacitarci di come la Lega sia riuscita ad arrivare al 6 per cento alle ultime europee. Oltre che personaggi indefinibili, con la sindrome del KKK e degli investimenti in diamanti in Tanzania, i leghisti fanno finta di combattere il sistema (non sono gli unici, in verità) mentre sotto sotto ne seguono le regole peggiori. Il democristianesimo è lungo da morire, sono passati venti anni dalla dissoluzione apparente della Balena Bianca, ma i balenotteri nati nel frattempo continuano a crescere e a moltiplicarsi. Il democristianesimo è un'aberrazione. È quel vezzo intollerabile di far passare qualsiasi fatto della vita come un favore. Il “devi conoscere altrimenti non sei nessuno”, lontano dal morire continua a essere concettualmente baldanzoso, roba da far gonfiare i petti come per una medaglia al valore. Il democristianesimo è paraculismo allo stato puro. Leggete Maroni: “Sono assolutamente sereno e, allo stesso tempo, molto sorpreso. Per quanto a mia conoscenza, è tutto assolutamente regolare, trasparente e legittimo. Si tratta di due contratti a termine per persone che svolgono, con mansioni diverse, attività quotidiana di supporto della Regione dalla sede di Roma. La loro attività è finalizzata alla ottimizzazione e alla efficienza della macchina organizzativa in vista dell'evento Expo. Sono, ribadisco, sereno e fiducioso che le cose verranno al più presto chiarite”. Tutto trasparente, no? Se non fosse che una delle due assunte è la signora Mara Carluccio, fedele collaboratrice dello stesso Maroni quando era ministro dell'Interno, e l'altra, Maria Grazia Paturzo, viene descritta genericamente come vicina al Presidente. L'indagine dei giudici di Busto Arsizio, ha stabilito invece che queste assunzioni sono state fatte per supplire a quelle mancate per l'ingresso nello staff di Roberto Maroni. Mancate perché sarebbero passate sotto la lente di ingrandimento della Corte dei Conti. Lo abbiamo detto all'indomani dell'assunzione per chiamata diretta della compagna di Matteo Salvini in Regione: la Lega punta decisamente a debellare la disoccupazione giovanile e quella femminile in particolare. 

sabato 12 luglio 2014

La Lega combatte la disoccupazione femminile. La compagna di Salvini assunta in Regione per chiamata diretta

Non si sa se per combattere la disoccupazione, o la disoccupazione femminile in particolare, sembra che i nostri politici siano diventati molto sensibili circa l'ingresso nel mondo del lavoro del gentil sesso. Dopo la storia di Silvio e le donne (siamo in attesa della sentenza d'appello sul processo Ruby, e il tribunale di Bari lo ha rinviato a giudizio – ieri – per sfruttamento della prostituzione), altre storie di questo genere emergono ogni giorno dalle cronache dei giornali. Dal Piemonte alla Lombardia, dall'Abruzzo alla Calabria, l'Italia sembra essere diventata un immenso ufficio di collocamento femminile. Mogli, compagne, fidanzate, amiche, amiche delle amiche, amanti, prostitute ricattatrici, vergini per caso e per credo religioso, geni in gonnella e ragazzotte che geni non lo sono e non lo saranno mai, vengono assunte dai loro protettori politici senza neppure passare attraverso lo straccio di un concorso pubblico. Troppa fatica far imparare a memoria alle raccomandate le risposte ai quiz, tanto vale assumerle per chiamata diretta, nessuno se ne accorge e le poverine non sudano sui libri ma in un bel lettone morbido. Nella trappola della compagna assunta per non si sa quali meriti, è caduto anche il duro e puro Matteo Salvini, quello che tuonò contro Belsito e i familiari spendaccioni del Senatur. La compagna di Matteo è stata insomma assunta in Regione Lombardia direttamente nello staff dell'assessore Maria Cristina Cantù, leghista anche lei, responsabile della famiglia, solidarietà sociale e volontariato. L'assunzione, denunciata dal Fatto Quotidiano, non ha causato quello scalpore che avrebbe meritato, visto che uno dei protagonisti è anche uno degli assertori più convinti della slogan “Roma ladrona”. Ma tant'è. Intervistato a proposito, Salvini ha detto: “È stata assunta perché è brava”. Amen. Non discutiamo, non avendo prove, la bravura della compagna di Matteo, ma quello che ci ha sconvolto, come sempre, è stato il governatore lumbard Roberto Bobo Maroni, il quale ha detto: “L'assunzione della compagna di Matteo Salvini? Non leggo il Fatto”. Ma ti venga un bene, Bobo. Vabbè che non leggi il Fatto, ma almeno le delibere delle assunzioni dirette nella regione che governi, le vuoi controllare o no?

venerdì 11 luglio 2014

Morire a 14 anni per incuria. Insopportabile

Se muore Salvatore Giordano, un ragazzino di quattordici anni, per il crollo del cornicione di un monumento storico, la prima considerazione che una persona normodotata fa è “questo paese sta cascando a pezzi”. Poi, anche per un minimo di rispetto per i genitori del ragazzino che prima di morire è riuscito a scansare due amici, si pensa “speriamo che i colpevoli paghino”. Infatti sono partiti 44 avvisi di garanzia ai soliti pesci senza pinne e boccheggianti per mancanza di ossigeno, le solite mezze seghe che pagheranno (poco, pochissimo, quasi nulla), per responsabilità che non sono assolutamente loro. Sono anni infatti che vediamo crollare i monumenti italiani senza che nessuno ci abbia messo una pezza. Sandro Bondi addirittura, lo fecero dimettere da ministro per i crolli di Pompei. Bondi di suo non c'entrava una mazza ma il suo padrone sì. E c'entrava parecchio anche quel genio dell'economia creativa che risponde al nome di Giulio Tremonti, che Raffaello, Giotto e Leonardo gli possano apparire in sonno per molestarlo fino alla fine dei suoi giorni! Gli statisti del governo Berlusconi, così indaffarati nel tenersi buoni i preti che votano, per anni hanno destinato i fondi dell'8 per mille di spettanza dello Stato al recupero delle chiese, degli oratori, delle basiliche e dei duomi sparsi in tutta Italia. Ma possibile che nessuno ha mai fatto caso che dopo un terremoto le chiese (quelle di proprietà del Vaticano naturalmente) venivano recuperate nel giro di pochi mesi mentre le altre, gli edifici civili, i monumenti dello stesso Stato andavano in rovina? In venti anni, i berluschini hanno fatto scempio, oltre che delle coscienze e delle intelligenze degli italiani, anche di un patrimonio unico al mondo, tagliando fondi non solo alla cultura e alla scuola pubblica ma anche ai musei, ai restauri e alla manutenzione ordinaria. E ci lamentiamo delle inondazioni e dell'ambiente lasciato al degrado più assoluto. Pagheranno 44 quacquaracquà ma i pochi, pochissimi colpevoli veri, non pagheranno mai. E continuiamo a parlare tosco-inglisc in Europa che fa tanto “in”... 

mercoledì 9 luglio 2014

L'Italia dei mille misteri. Ora spunta “Faccia da mostro”

I pentiti di mafia (ora anche quelli di camorra) chiacchierano. O quanto chiacchierano! Così, fra una confessione e l'altra, un sentito dire e l'altro, nei colloqui giornalieri con i “collaboratori di giustizia” spunta all'improvviso un personaggio che ricorre nei racconti di almeno quattro uomini e una donna. È un tipo strano, “bruttissimo” dicono in coro i pentiti, che di mestiere faceva il poliziotto ma che nel tempo libero si dilettava in omicidi, un killer insomma, e dei peggiori. Lo citano oggi, lo citano domani, i magistrati aprono un fascicolo a suo carico e vengono a scoprire che si chiama Giovanni Pantaleone Aiello, nato a Montauro (Catanzaro) nel 1946, arruolato in polizia nel 1964, congedato nel 1977 ma residente presso la caserma Lungaro di Palermo fino al 1981. Scrivono Bolzoni e Palazzolo su Repubblica: “Vi raccontiamo per la prima volta la storia di Giovanni Aiello, 67 anni, ufficialmente in servizio al ministero degli Interni fino al 1977 e oggi plurindagato dai magistrati di Caltanissetta e Palermo, Catania e Reggio Calabria. Vi riportiamo tutte le testimonianze che l'hanno imprigionato in una trama che parte dal tentativo di uccidere Giovanni Falcone all'Addaura fino all'esplosione di via Mariano D'Amelio, in mezzo ci sono segni che portano al delitto del commissario Cassarà e del suo amico Roberto Antiochia, all'esecuzione del poliziotto Nino Agostino e di sua moglie Ida, ai suoi rapporti con la mafia catanese e quella calabrese, con terroristi della destra eversiva come Pierluigi Concutelli. E con l' intelligence. Anche se, ufficialmente, "faccia da mostro" non è mai stato nei ranghi degli 007”. Aiello-Faccia da mostro, è l'ennesimo personaggio dai tratti indefiniti che popola la storia davvero complicata di un Paese in cui la differenza fra i buoni e i cattivi non è facilmente individuabile come nei film western né c'è il capoclasse che li segna sulla lavagna. Giovanni Pantaleone è un personaggio che attualmente fa il pescatore in un piccolo centro della Calabria. Ufficialmente dichiara al fisco un reddito di 22mila euro l'anno, ma gli hanno trovato titoli per un miliardo e 195 milioni delle vecchie lire, probabilmente frutto dei servizi resi ai mafiosi, ai terroristi e, udite udite, allo Stato. Aiello è insomma uno di quei tizi ai quali un colpo di revolver non ha mai fatto difetto, tanto che dicono che nella sua carriera parallela abbia freddato anche un bambino. Restiamo convinti che uno Stato senza verità non è uno Stato civile e che troppe sono ancora le stragi anonime. Civiltà e dignità. Ma quando mai!

martedì 8 luglio 2014

Flop Pos. Nessuno ce l'ha, nessuno ha intenzione di metterlo. T'odio, pia macchinetta succhiasangue

E dire che ci eravamo spinti fino al punto di proporre una colletta nazionale per medici, dentisti e artigiani. La norma che introduce l'obbligatorietà del Pos per i pagamenti sopra i 30 euro è, di fatto, carta straccia. Nessuno l'ha applicata, nessuno ha intenzione di farlo nel prossimo futuro. La prima ragione è che la legge non prevede sanzioni in caso di mancato adempimento, fatto che ci spinge a pensare che l'obbligo non esiste, altrimenti gli inadempienti sarebbero automaticamente sanzionati. Non è propriamente come le more che Equitalia applica sul mancato pagamento del bollo dell'auto o dell'abbonamento tv, e se il cittadino s'incazza, ha tutte le ragioni. Poi c'è un altro aspetto legato all'introduzione del Pos che gli interessati contestano: i costi troppo alti delle commissioni bancarie (1000, 1500, 2000 euro l'anno a seconda della banca). Così, mentre da una parte lo Stato incentiva, quasi pretende, l'uso della moneta elettronica per la tracciabilità del denaro, dall'altro le banche non fanno nulla per venire incontro alle esigenze dei clienti. Ma voi avete presente quanto spendete per una carta di credito? E vi siete mai fatti quattro conti su quanto costa un prelievo al bancomat in una banca diversa dalla vostra? No? Ahi ahi ahi... 

lunedì 7 luglio 2014

I mafiosi e lo sciopero della messa. Don Corleone ha detto "stop"!

Stavolta si sono proprio incazzati. I mafiosi, boss, uomini, mezz'uomini, uominicchi e quacquaracquà hanno deciso di dar vita a una protesta senza precedenti, roba che gli operai sui tetti degli stabilimenti occupati sembrano dilettanti allo sbaraglio. Il plateale abbandono della processione di Oppido Mamertina da parte dei carabinieri, la scomunica di Papa Francesco, qualche segnale di ribellione ai mammasantissima ormai non più nascondibile, li ha messi nella sgradevole posizione, loro, figli del silenzio omertoso delle cosche, di dover uscire allo scoperto. E lo hanno fatto nel modo che ritenevano più spettacolare, disertando in massa la messa domenicale in carcere. Così, se qualcuno avesse avuto ancora dubbi sulla loro mafiosità, lo sciopero dell'ostia li ha resi praticamente reo confessi. Oltre che furbi di quattro cotte, i picciotti scioperanti rappresentano ancora l'ala dura e pura di quella che fu, è e resta l'impero mafioso, altro che quattro disperati senza più un soldo. E da vecchi mafiosi hanno dato la dimostrazione di cosa sia stata la mafia fino a qualche anno fa, il collettore di interessi vari che coinvolgevano tutte le strutture sociali: la politica, le forze armate, la chiesa, la magistratura e, infine, le confraternite religiose e i loro affiliati. Pensate se il santino di Santa Rosalia potesse parlare quante storie potrebbe raccontare di giuramenti fatti a Pater Noster e sangue, ostie consacrate e dito sul grilletto della lupara. Pensate se per un momento quello stesso santino avesse avuto la forza di ribellarsi. Ne avremmo viste delle belle. Altro che scomunica papale, una serie ininterrotta di calci nel culo.

domenica 6 luglio 2014

Se la madonna si inchina ai boss

La madonna ovviamente non c'entra niente. Lei è solo una statua, anche se per chi ci crede è molto di più. E forse è per quel “molto di più” che a Oppido Mamertina, i preti e i procuratori della processione che la riguarda, hanno pensato di farla inchinare davanti alla casa di Giuseppe Mazzagatti (un cognome, un programma), boss della n'drangheta ottantaduenne condannato all'ergastolo per omicidio e ora agli arresti domiciliari per motivi di salute. Questo fatto, che fa pendant con altri mille fatti analoghi avvenuti in Calabria, in Sicilia, in Puglia e in Campania ha avuto però un finale inaspettato. Il comandante della locale caserma dei carabinieri infatti, nel momento in cui la madonna è stata fatta inchinare al boss, ha chiamato i suoi uomini e se n'è tornato in caserma. Nessuno lo ha seguito ma la cosa non è passata inosservata tanto che il comportamento degli uomini della Benemerita è stato sottolineato e apprezzato da (quasi) tutti gli organi di informazione nazionali. E dire che appena una settimana fa, Papa Francesco, in visita in Calabria, aveva di fatto scomunicato tutti i mafiosi, e i cattolici sanno perfettamente cosa una scomunica comporti. Ma i preti di Oppido Mamertina, degli atti di quello che dovrebbe essere il loro capo supremo, se ne sono infischiati, segno inequivocabile che in alcune parti d'Italia non solo non c'è lo Stato ma neppure la Chiesa, presente ovunque e più capillarmente delle caserme dei carabinieri. Per questa storia una morale non c'è. C'è un paese ancora prigioniero di una tradizione dura da morire e di un senso di paura che solo chi non è votato al martirio sa gestire al meglio, inchinandosi.

martedì 1 luglio 2014

Con l'introduzione del POS si apre la colletta nazionale a favore dei medici e dei dentisti. I poveretti rischiano di morire di fame

La prima tentazione per il post di oggi, era stata quella di occuparci di Don Inzoli, noto alle cronache per la passione viscerale nei confronti delle auto di lusso, dei sigari costosi e delle altolocate frequentazioni politiche. Poi, però, siccome tutti sanno cosa pensiamo di Comunione & Liberazione, ci siamo detti che sarebbe stato come sparare sulla Croce Rossa: i maramaldi in clergyman che si sono arricchiti grazie alle opere e alle omissioni, sotto il papato di Francesco stanno tornando allo stato laicale e a far penitenza intraprendendo percorsi psicoterapeutici appropriati. Allora abbiamo deciso di indirizzare la nostra attenzione sui medici e sui dentisti, che non saranno preti ciellini ma che in quanto a opere e omissioni non sono secondi a nessuno. Stracciandosi i camici e lasciandosi andare a dichiarazioni quanto meno improvvide, i professionisti di cui sopra non ci stanno a dotarsi del POS. E lo hanno fatto sapere al sottosegretario Del Rio che in questo momento ha, forse, cose più importanti di cui occuparsi. Dicono insomma i medici e i dentisti: “Con l'introduzione dei POS si corre il rischio di un aumento considerevole delle tariffe e delle prestazioni”, che tradotto significa, “fino a ieri abbiamo tranquillamente evaso le tasse facendo aum aum e birra e salsicce con i pazienti, con quella macchinetta infernale non sarà più possibile e fanculo la villa al mare”. Fino a qualche giorno fa chiedere la fattura a un medico sembrava un delitto di lesa maestà, oggi, con l'introduzione dei pagamenti elettronici, c'è il rischio che la considerino un'onta da lavare con il sangue. E vai col trapano senza anestesia. Eppure se si parla con un medico o con un dentista, spuntano aureole da tutte le parti, proprio come quelle dei pazienti che si trovano a pagare una visita 200 euro (non conosciamo luminari che vadano oltre) o i 500 a dente di un professionista del “sorriso”, così adorano amabilmente farsi chiamare.