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mercoledì 27 agosto 2014

Italiani in tempi di crisi. Non è macumba, solo cialtroneria

Ultimamente abbiamo aggiornato poco il blog. Chi ci segue da tempo se n'è accorto e ce lo ha scritto, agli altri può fregare di meno, tanto, con l'informazione che abbiamo in Italia, una voce libera in più o in meno non fa nessuna differenza. Questo apparente distacco dalle cose della politica non è dovuto al fatto che non ci fossero notizie, anzi. Il problema è che più passavano i giorni più ci rendevamo conto che questa crisi, iniziata nel 2008 e deflagrata nel 2011, ha messo in evidenza tutte le vergogne di questo paese, che non sono poche e difficilmente riscontrabili in altri periodi storici. Ancora peggio che nell'era Berlusconi, la politica, questa politica, è diventata uno spottometro, con voti e gradimenti che si misurano ormai sulle dichiarazioni buone per un giorno invece che su progetti a lungo termine. Fra promesse reiterate e poco mantenute e povertà arrivata al 28 per cento, l'Italia sembra essere in mano ai venditori di elisir di lunga vita o a quei falsi medici che nel vecchio West vendevano acqua spacciandola per il rimedio da ogni male. Siamo pieni di cazzari, la nostra politica è in mano ai cazzari, prendiamone atto e cerchiamo di andare avanti tenendo in considerazione che non si vedono all'orizzonte né statisti né economisti né legislatori di peso ma venditori di illusioni, false speranze e sogni a poco prezzo. Di grandi rivoluzioni manco l'ombra, neppure da parte di chi le annuncia ogni giorno e poi se ne va in ferie come tutti i ricchi di questo mondo ripresentandosi puntualmente alla riprese delle attività agonistiche. Perché la politica, per molti, è una partita a scacchi nella quale la gente gioca il ruolo delle pedine da muovere a piacimento a difesa del re e della regina, le torri e i cavalli possono andare affanculo. Questa lunghissima crisi ha inoltre messo in evidenza lo spessore degli italiani diventati violenti, volgari, ignoranti, pressappochisti, analfabeti funzionali, qualunquisti, intolleranti, xenofobi, banali, mediocri e perfino un poco osceni; fatevi un tour sui social network e ve ne renderete conto. Soprattutto Facebook è diventato lo specchio di una nazione in cui spiccano profili di dubbia provenienza ma di grande autoreferenzialità. Sono diventati tutti poeti, scrittori, saggisti, saggi e basta, architetti, ingegneri, avvocati, dentisti e grand figl d putt, come direbbe il ragionier Ugo Fantozzi. Ci specchiamo nelle nostre piccole/grandi attività cercando di acquisire quel quarto d'ora di celebrità in grado di traghettarci per brevissimo tempo fuori da un anonimato diventato una ossessione. Arriviamo al punto che consapevoli di essere ripresi da uno smartphone vagante, abbiamo iniziato a scopare dappertutto, se potessimo perfino sulle guglie del Duomo di Milano. E la reazione di chi viene beccato, lontana da qualsiasi pudore (o vergogna a seconda delle situazioni), non è quella di chi dice “Porca puttana sono stato beccato”, ma “quello sono io, visto che fregno?” Insomma, per farla breve e concludere, siamo diventati tutti Calderoli al quale ultimamente sono accaduti fatti incresciosi (ma umani) e lui ha pensato bene di incolpare il padre della Kyenge per una presunta macumba ai suoi danni. La sfiga non esiste, caro senatore, e soprattutto si ricordi di buttare la buccia di banane nel cestino della spazzatura invece che per terra. Almeno non correrebbe il rischio di scivolare e di rompersi un braccio.

lunedì 25 agosto 2014

Calderoli e le banane: ma che... belle guaglione!

Sono 22 anni che lo paghiamo. Deputato dal 1992 al 2001 e senatore dal 2001 a oggi, Roberto Calderoli ha dimostrato con il passare del tempo di essere uno dei politici più dannosi che la storia repubblicana ricordi. Estensore della legge elettorale chiamata sobriamente “porcellum”, è diventato famoso per l'uso del lanciafiamme che gli prestò il collega ministro della difesa dell'epoca Ignazio La Russa, detto “Gnazio”. Lo scopo dello strumento bellico fu di bruciare, il 24 marzo 2010, in un sol colpo 375 mila leggi inutili perché il Calderoli ministro della semplificazione, invece di abrogarle le leggi le bruciò. Purtroppo però restarono tutte e si dice che nei faldoni andati in fumo, ci fossero solo i discorsi di Bossi in “patanese”. Ma il Calderoli, è anche il politico che invocò un Papa padano. Lui che si è sposato con il rito celtico, mal digerì perfino l'elezione di Papa Ratzinger, tedesco di Germania, che ebbe la malaugurata idea di chiamarsi Benedetto XVI invece di Krautus I, come pretendeva lo statista dei legaioli. E mica finisce qui. Il 15 febbraio 2006, intervistato dal TG1, Calderoli mostrò una maglietta con impressa l'immagine di Maometto che, in presenza di Budda e Jahvè, veniva rimproverato dal Dio cristiano. Apriti cielo, ripresa da tutte le televisioni del mondo la maglietta di Calderoli divenne il pretesto per l'attacco al Consolato italiano di Bengasi: robetta da nulla, la polizia sparò sulla folla uccidendo 11 persone. Poi è arrivata la Kyenge e il Calderoli si è scatenato in casa, facendo diventare la banana che stringe sempre in mano il simbolo del suo disaccordo sulla tolleranza e sulla integrazione razziale. Ora la adopera come compensatrice delle sudate estive. Il potassio, si sa, ripristina parte dei sali minerali persi dopo una abbondante sudorazione, ma ci sembra di aver letto da qualche parte che per il cervello occorre il magnesio, elemento chimico assente nella composizione organica del senatore-statista-riformatore, “cazzaro” per dirla alla Travaglio, unico e inarrivabile.

sabato 23 agosto 2014

Boston 23 agosto 1927. Sacco e Vanzetti


Dedicato a tutti quelli che amano la libertà oltre la vita, non seppelliscono bambini vivi, non sgozzano i giornalisti, non stuprano le donne...
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, 
un inno contro le falsità ipocrite e razziste.

martedì 5 agosto 2014

Saltano i prepensionamenti. I frenatori dell'Italia si' bella e perduta

Li hanno chiamati in tutti i modi: burocrati, grand commis, boiardi, gabellieri ma il loro compito, fondamentalmente, è quello di frenatori della vita della Repubblica Italiana. Figli come siamo della burocrazia fascista, questo paese si trova impigliato in una giungla di leggi, leggine, ordinanze e regolamenti che farebbero impazzire chiunque. Chi ne esce alla grande sono loro, i “ragionieri” dello Stato, quelli che nella selva oscura della legislazione italiana, vanno avanti come gatti grazie alla luminescenza degli occhi. Questa Pubblica Amministrazione è irriformabile semplicemente perché è figlia di se stessa. Non ha né padri né madri ma solo il vezzo, immoto nel tempo, di ripetere ad libitum la frase stampata a caratteri cubitali alle spalle delle loro scrivanie: “I politici passano noi no”. E lo sanno tutti coloro che hanno provato a far rientrare i boiardi nella normalità della governance. Perfino Berlusconi, che era partito con l'intenzione di riformare l'amministrazione dello Stato avendo a disposizione numeri parlamentari da fantascienza, alla fine ha dovuto soccombere di fronte al muro di gomma di una burocrazia che non lascia spazio a nessuno. Badate bene, è una diceria che per i boiardi due più due fa quattro. A seconda di chi si trovano di fronte potrebbe anche riportare tre, o due e tre quarti, o quattro meno meno. La loro forza sta proprio nell'abilità mostruosa che hanno di districarsi nelle migliaia di leggi che regolano la vita di un italiano medio, perché per quelli superiori alla media è possibile tutto, ad esempio non farsi notificare le cartelle di pagamento dall'Agenzia delle Entrate. Pensate un po', ci sta sbattendo ferocemente (roba da qualche decina di punti di sutura in faccia), anche Matteo Renzi il quale, animato dalla voglia giovanile di svecchiare la classe dirigente di questo paese, si è visto costretto a ritirare provvedimenti che il suo stesso governo aveva varato. Così quattromila insegnanti pensionandi resteranno al loro posto di lavoro, e decine di medici e professori universitari continueranno a baroneggiare. L'Italia è da rifondare. Lo diciamo da tempo immemorabile. Ma poi, se anche un FiveStars va a fare il sindaco ed è costretto ad accendere l'inceneritore che avrebbe voluto distruggere, una domanda dovremmo porcela: come può la politica riformare la pubblica amministrazione se non riesce a riformare se stessa? 

domenica 3 agosto 2014

Il patto segreto fra Matteo e Silvio contro Prodi. Questione di pelo sullo stomaco

Povero Professore, la sua non è stata una vita (politica) facile. Lo hanno trombato tutti, a destra e a sinistra, ma lui fermo lì, sui binari della stazione di Bologna, in attesa del treno per Roma. Forse è questa la ragione per la quale il Professore ci è sempre stato simpatico, ma simpatico veramente. A scorrere l'elenco dei suoi nemici ci accorgiamo che non c'è neppure un nostro amico anzi. Ci sono i politici peggiori di questo ventennio di autentiche oscenità, umane e legislative. Elencarli tutti sarebbe impossibile e non potremmo mai farlo nello spazio di un post. Però così, a volo d'uccello, e senza spendere sei milioni di euro per una zompatina, ne segnaliamo qualcuno alla vostra attenzione. Da sinistra: Bertinotti, Vendola, D'Alema, Veltroni. Dal centro: Cossiga, Marini, Dini, Mastella. Dalla chiesa: Ruini, Bertone e qualcuno sussurra anche il Capo. Da destra: tutti (Lega compresa) a partire da Berlusconi e giù, via via, fino a Gasparri. Non si sa per quale motivo il Professore, detto anche Mortadella, ha fatto e fa paura a tanti. Forse il mistero sta nell'unico faccia a faccia televisivo fra Prodi e Berlusconi, quando il candidato dell'Ulivo disse al suo avversario: "La differenza fra me e lei è che lei ha un fratello e tre televisioni, io ho tre fratelli e posseggo solo una radio". La novità di questi giorni è che nell'incontro di mercoledì prossimo fra Renzi e Berlusconi, l'ex Cavaliere porrà il veto assoluto sulla elezione di Prodi alla Presidenza della Repubblica e che Matteo, molto volentieri, lo accontenterà. Il che ci pone nella scomoda posizione di rivedere la composizione dei 101 zozzoni. Iniziare la carriera con due tradimenti non è bello. No, non è affatto bello. Che sfiga avere ancora un po' di pelo sullo stomaco.