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mercoledì 9 novembre 2016

Due o tre cose sulla vittoria di Trump


Se non fosse che i parallelismi con l'Italia sono evidenti, l'elezione del (non) repubblicano Donald Trump potrebbe passare come un fatto democratico normale in un paese normale. Però le cose non stanno così perché un segnale deciso e apparentemente rivoluzionario c'è stato e occorre prenderne atto. Il tycoon Donald è riuscito nell'impresa di entrare a gamba tesa nella pancia degli americani bianchi post crisi del 2007 (2008 in Europa), quelli che si sono ritrovati con in mano uno stipendio che aveva perso gran parte del suo potere d'acquisto. La middle class si è trasformata in una working class qualsiasi mentre, dall'altra parte, i molti ricchi lo sono diventati ancora di più.
Se qualcuno pensa che l'America sia New York o Washington o Los Angeles, dell'America non ha capito nulla. Gli USA sono anche quelli del “middle”, dell'Iowa e del Kentucky, del Texas e dell'Alabhama, del Tennessee e della Florida. Sono le popolazioni di questi stati che hanno pagato la crisi, che si sono stancate delle promesse di una classe politica screditata. È la gente che si è vista pignorare le case da banche fallite e salvate poi con il loro denaro da uno Stato federale incapace, che alla fine ha detto basta. Trump (non-repubblicano) è diventato il paladino della working class mentre Hillary (non-democratica) lo è stata di quella intelligentia che sposta tutto meno che i voti.
Le scarpe di Prada e le borse di Gucci fanno colpo a New York ma non nelle campagne del Tennessee, dove la rabbia tenuta sotto la cenere fino a ieri, è esplosa in tutta la sua forza distruttiva. Per assurdo, i repubblicani hanno vinto ricoprendo il ruolo dei democratici e i democratici hanno perso recitando da repubblicani: la gente ha preferito l'originale alle brutte e sbiadite copie.
Lo stesso si sta verificando in Italia e, più in generale, in Europa. Questo governo ad esempio, questa amministrazione, è votata da chi vive ai Parioli e non dai sardi dell'Alcoa o dalle periferie suburbane, la sinistra non esiste più se non quella che vive di ricordi, relegata in una sorta di riserva indiana. I diritti degli ultimi sono scomparsi ed è scomparsa quella forma di welfare vera, che ha tenuto unita una popolazione devastata dalle televisioni. In America si sta verificando quello che da noi, (forse per la prima volta abbiamo anticipato gli USA in peggio), è accaduto dal 1994 in poi. Il populismo, che è la distorsione non solo semantica del concetto di “popolare”, la sta facendo da padrone anche in America e, se Trump non dovesse riaprire le miniere in Ohio, questa elezione avrà risvolti drammatici. Il mondo, dal 2007/2008 non è stato più lo stesso. I danni che le banche americane hanno provocato, saranno assorbiti (forse) nel 2030 e, anche in quel caso, tutto sarebbe diverso. Unica consolazione (KKK a parte), è che la gente, la maggioranza silenziosa, questa volta ha parlato. Temiamo però che non ci siano più quelli disposti ad ascoltare.


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