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domenica 4 maggio 2014

Il lavoro è un problema e il decreto Poletti una schifezza. Competitività non è precarietà [anche se fa rima]

In questo cazzo di paese, dove i dieci più ricchi detengono la ricchezza di 5 milioni di famiglie, il lavoro è sempre stato un problema serissimo. Da sempre. A fronte di una decina di imprenditori illuminati, in Italia la maggioranza dei capitani d'industria è sempre stata formata da una masnada di farabutti che, fino a quando le vacche erano grasse, hanno fatto i bravi padri di famiglia, ma quando sono arrivate le magre o se ne sono andati all'estero o hanno chiuso i battenti lasciando allo Stato i debiti dopo avergli scippato i profitti non pagando le tasse. Diciamolo. Per gli esportatori di capitali in Svizzera, gli operai sono sempre stati non un valore ma un inciampo e i sindacati peggio dell'Agenzia delle entrate. Considerati praticamente schiavi avendo davanti l'esempio mirabile degli schiavi del lavoro veri (i cinesi, gli indiani, i vietnamiti, i senegalesi, gli eritrei, i somali, i pakistani, i filippini e mezzo altro mondo con lavoro a costo zero), gli imprenditori italiani hanno tentato di essere competitivi non globalizzando la qualità dei prodotti ma il costo del lavoro; la fregatura è che hanno trovato governanti che gli hanno dato retta e il risultato è sotto gli occhi di tutti: disoccupazione a livelli ingestibili, precarietà da terzo mondo, nessuna visione strategica, un futuro tutto da inventare. Renzi dice: “I sindacati non sono d'accordo perché gli abbiamo tolto potere”, senza considerare che il potere ai sindacati lo hanno già tolto Maurizio Sacconi e Sergio Marchionne e che mentre il secondo se n'è andato in Olanda, il primo detta ancora le sue condizioni da tagliateste operaie, possibilmente rosse, facendo il presidente della Commissione Lavoro della Camera, una vergogna. Questo decreto, il “Poletti”, precarizza definitivamente il lavoro. Far pagare una multa a quelle aziende che superano il tetto del 20 per cento dei precari è una barzelletta, non risolve nessun problema, non offre nessuna garanzia e puzza terribilmente di destra e dell'ennesimo favore a una classe imprenditoriale di quacquaracquà per giunta inetti e parecchio arruffoni. Come fa Renzi a non capirlo? C'è da considerare poi che in questo modo ha fatto rinascere Angelino Alfano, fino a ieri un comprimario e per nulla fastidioso. Che Matteo non fosse di sinistra lo si sapeva, che desiderasse far breccia nel cuore dell'elettorato berlusconiano pure, ma che avesse abdicato anche sul lavoro=dignità ci riesce difficile da capirlo. E non è l'unico aspetto sul quale il Sindaco ha iniziato a deluderci. L'impressione è che torneremo a riabbracciare i nostri ideali. Il 25 maggio ce ne andremo al mare.

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