Nel 2009, durante un avvinazzato
raduno di corna celtiche a Pontida, fra una spruzzata di insetticida
di Borghezio e un rutto di Bossi, il giovane Salvini già da allora felpato nordico, pensò di intonare una canzoncina le cui
parole erano queste (testuali): “Senti che puzza, scappano anche i
cani, stanno arrivando i napoletani. O colerosi, terremotati voi col
sapone non vi siete mai lavati”, il testo di questo capolavoro
letterario terminava ovviamente e calcisticamente con “Napoli merda”.
Cinque anni dopo, diventato
segretario della Lega Nord, Matteo Salvini va a Napoli dove vorrebbe
tanto tenere un comizio in vista delle prossime europee. “Vorrebbe”
è il termine esatto perché i napoletani, che in fatto di canzoni
non li frega nessuno, ricordavano perfettamente “colerosi
terremotati” oltre all'inno alla puzza di cui erano stati
protagonisti indiscussi nella vallata degli adoratori di Odino. Salvini ha preso atto della contestazione,
ha fatto quattro chiacchiere con i giornalisti presenti e salendo in
auto per darsi a una fuga ignominiosa, ha sibilato: “Tornerò”,
che ai più è parsa una minaccia. Questa comparsata fuori dal mondo,
gli consente però di fare la parte del martire, dell'eroe no perché
gli eroi sono un'altra cosa, e di andare in tv e nelle piazze
leghiste a dire quanto sono cattivi i napoletani il cui simbolo è
diventato Genny 'a carogna. Chi semina vento raccoglie tempesta, in
questo caso Salvini ha raccolto solo un vaffanculo e un più monastico "Salvini lavati".
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