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mercoledì 28 maggio 2014

E ora, prima di morire di rigore, un'Europa diversa

Non c'è stata nessuna emorragia di voti, solo un calo di consensi”. Chi lo disse, Andreotti? Forlani? Rumor? De Mita, esempio vivente di cambiamento-sindaco a 86 anni? Il Bettino Craxi? Remo Gaspari? Renato Altissimo? Mavalà, il gruppo parlamentare dei 5S. Visto? Sono andati a scuola, piano piano stanno imparando le regole della politica, iniziano ad adoperare lo stesso linguaggio di un'era che fu, si nascondono e filosofeggiano sui dati dell'astensione. In poche parole, hanno “analizzato” il risultato delle elezioni europee andando contro anche il GF-Rocco Casalino, responsabile della comunicazione, il quale aveva appena detto: “Le analisi lasciamole ai vecchi”. Detto, fatto. Ma non sono le considerazioni tutte interne all'Italia che ci interessano. Chi è andato a votare lo ha fatto per rinnovare il Parlamento europeo non quello italiano. E, nonostante le minacce di far ricadere l'esito delle elezioni anche a livello nazionale, questo appena svolto è il voto per la nuova Europa e basta. Hai voglia l'antisemita-razzista-xenofoba Dame Noire a invocare referendum pro e contro, non si invoca nulla perché nulla si può fare. Il dato europeo dice che con 31 europarlamentari il PD è il gruppo più numeroso, e non solo all'interno del PSE. Diciamo pure che se Hollande non avesse preso la legnata che ha preso, probabilmente il PSE avrebbe vinto queste elezioni e Martin Schultz sarebbe diventato il presidente della Commissione. Jean Claude Junker sta rivendicando la vittoria, ma Junker significa Angela Merkel e Angela Merkel significa politica del rigore, la principale colpevole dell'avanzata poderosa degli euroscettici. Dalle notizie che si hanno sembra che Matteo sia passato all'incasso, che la nomina di Junker non sembra così certa, che i leader europei hanno dato mandato a Van Rompuy di avviare le consultazioni fra tutti i gruppi politici presenti nel nuovo Parlamento. L'Italia, ovviamente, punta al piatto finale non accontentandosi di una mano. Salgono le quotazioni di Enrico Letta e perfino di Massimo D'Alema (si sapeva, oh se si sapeva), alla guida della diplomazia del Vecchio Continente. Quello che è certo, grazie proprio al risultato delle ultime elezioni, è che Angela Merkel, questa volta, a qualche compromesso dovrà scendere e “politica di sviluppo e Eurobond” sembrano molto più vicini di quanto lo siano stati fino a Barroso, il peggior presidente della Commissione europea degli ultimi 20 anni. A fine giugno i giochi si chiuderanno e forse, sempre da venti anni a questa parte, l'Italia non sarà più considerata una mentecatta. 

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