Il 25
aprile che non c'è, il 1 Maggio desaparecido
Non è
né vuole essere un “cornetto&cappuccino” nostalgico. Al
contrario dei brasiliani, la nostalgia l'abbiamo messa in tasca da un
po' e non c'è verso di riassaporarla. Un amico diceva “chi vive di
ricordi è già vecchio” quindi, i ricordi lasciamoli dove sono,
sottochiave nel baule. Usiamo il passato, che un bagaglio di
esperienze ce l'ha dato, per metterlo a confronto con il presente
perché del futuro, come diceva il Magnifico, “non v'è certezza”
per cui inutile parlarne.
Il 25 Aprile era una solennità che più solenne non si poteva. Tornavamo a
scuola anche se era festa, ma solo per indossare il grembiule nero
con fiocco azzurro, cantare in coro “Fratelli d'Italia, “La
leggenda del Piave” e “Bella ciao” (accettata perfino dai
democristiani di allora), assistere alla posa della corona d'alloro
al monumento ai caduti, sfilare un po' per il corso del paese e poi
tornare a casa. La maestra Rosina ci aveva insegnato anche “Vecchio
scarpone”, ma era un optional cantarla oppure no, dipendeva dal
tempo atmosferico.
Il 1 Maggio invece a scuola non si andava. Al posto delle scampagnate e dei
picnic si partecipava alle feste dei lavoratori dei partiti. Ebbi la
fortuna di prendere parte a entrambe, a quella dei social-comunisti e
quella dei cattolici. Nostro padre, socialista dalla nascita, a un
certo punto e per questioni di pane, dovette iscriversi alla DC.
Così, se fino all'anno prima avevamo sempre partecipato alla festa
dei lavoratori rossi, con accluso panino con la porchetta e bicchiere
di aranciata, improvvisamente ci vedemmo proiettati in un mondo che
non conoscevamo, quello dei bianchi democristiani con accluso però,
panino con la porchetta e bicchiere d'aranciata. Dove fosse la
differenza ci sfuggì perché il pane era lo stesso, la porchetta
pure, e l'aranciata della stessa fabbrichetta locale, la San
Pellegrino costava troppo.
I
tempi sono cambiati. Oggi, se l'amministrazione locale è di destra,
“Bella ciao” diventa uno scandalo e non la si può suonare né
cantare più. Le due ricorrenze sono state trasformate in business e
di panini con la porchetta e di bicchieri d'aranciata (gratis) non
c'è più manco l'odore né il sapore.
Il
valore delle due feste, quello che ci portavamo dentro perché ci
veniva spiegato a scuola, a scuola non si spiega più, in compenso si
organizza il pullman per il Concertone a Roma. Gli affari non si
fermano neppure per il 1 Maggio, e non è che contribuiscano a dare
una spinta al reddito anzi, sono il segnale inequivocabile che
qualcuno, venti anni fa, fece del tutto per cancellarlo dalla memoria
degli italiani.
Ieri,
1 Maggio, trovando il vuoto pneumatico assoluto in città, abbiamo
avuto la pensata di andarcene a una festa di quartiere a pochi passi
da noi. Abbiamo ritrovato gente che ballava il liscio “alla centri
sociali”, come ha fatto notare Nduccio, la gara incruenta delle
torte, e al posto del panino con la porchetta gratis, il gelato
rigorosamente macrobiotico. Un segno dei tempi ma anche la sensazione
che in quel quartiere, il 1 Maggio fosse ancora una festa degna di
essere celebrata.
Non
vuole essere né lo è, un articolo nostalgico anzi. Però, vedere da
una parte la gente bighellonare senza mèta e dall'altra la voglia di
stare insieme, un po' i cabasisi ce li ha fatti girare. Mai tanto
silenzio e così assordante che ci è sembrato quasi un reato di
omissione di memoria storica.
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