L'affaire
monnezza
Dipende
da dove lo si guarda, dalla prospettiva direbbe qualcuno. Per molti
la monnezza è un problema, per altri è un affare. La fregatura è
che spesso le cose coincidono e chi ci rimane turlupinato è sempre
il povero cittadino che non sa dove buttare i rifiuti organici e
inorganici che la sua casa produce. Negli anni, da quando i
monnezzari si chiamavano monnezzari e non operatori ecologici, c'era
un carretto che passava casa per casa raccogliendo sacchetti. In
città, le casalinghe erano diventate talmente brave che i rifiuti li
lanciavano direttamente dalle finestre, senza scendere in strada,
centrando esattamente il carretto. “Cara hai buttato la monnezza
stamattina?” chiedeva il marito apprensivo alla moglie. E la donna
non faceva altro che, perfino con le spalle voltate alla finestra, le
lanciava con una precisione millimetrica. Lo smaltimento non era un
problema. Si bruciava tutto e la diossina imperava sovrana causando
qualche danno.
Poi
sono arrivati i camion, i cassonetti spesso lontanissimi, i
centri-smaltimento differenziati, le discariche abusive e non, la
monnezza tossica che inquina domineddio comportandosi peggio di
Attila e la mafia e la camorra che hanno capito per tempo
(lungimiranti come sempre), che si facevano più soldi con i rifiuti
che con lo spaccio. L'odore maleodorante della monnezza, insomma, è
entrato prepotentemente negli uffici dei sindaci e degli assessori
ma, essendosi trasformato in denaro cash, per dare ragione al vecchio
adagio, non puzza.
A
Roma, per carità, ultimamente di affari sporchi non si parla e forse
per questo le strade (come i cassonetti), sono pieni di monnezza. I
topi sono una popolazione in crescita, le infezioni pure, le malattie
respiratorie idem ma, per il delegato alla nettezza urbana
capitolina, non c'è una vera e propria emergenza rifiuti, solo un
attacco scriteriato della solita stampa sfascista e disinformata.
E se
il governatore della Regione Lazio prova a dire che i mega-progetti
vanno benissimo ma che la quotidianità è un'altra cosa, si sente
rispondere “lavora ché non fai un cazzo tutto il giorno”.
Il
problema, diciamolo, non riguarda solo Roma ma tutta, o quasi tutta,
l'Italia. Le città sono per la maggior parte sporche e, anche se lo
sguardo si allarga sul David di Donatello, è probabile che affianco
trovi un sacchetto azzurrino per
carta-legno-ferro-alluminio-caccavelle e putipù.
La
monnezza è, e resterà sempre, la monnezza, una fonte inesauribile
di guadagno che entra nelle tasche di pochi a fronte dei molti che
devono conviverci. Anni fa, quando a Napoli arrivò la rivoluzione
bassoliniana, ci capitò di vedere i negozianti che armati di scopa e
di paletta, spazzavano davanti ai loro negozi. Il risultato fu che
essendo tutti in fila, sul marciapiede ci si poteva mangiare. L'idea
stessa di contribuire di persona alla pulizia della città, diventò
un progetto. A volte basterebbe tornare al vecchio, caro “senso
civico”.
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