Antonio
Mastrapasqua, presidente super indagato dell'Inps, è legato a filo
doppio con Gianni Letta. L'ex direttore del Tempo, se qualcuno avesse
perso la memoria, è stato per venti anni il manovratore occulto del
berlusconismo. L'occulto, il nascosto, il lavoro sotto traccia, gli
hanno consentito di rappresentare la faccia pulita dei forzaitalioti,
tanto che in un eccesso sospetto di altruismo, Silvio lo candidò
(invece di se stesso) al Quirinale. Ora, mettete un tecnico al
servizio di un politico che lo ritiene affidabile, quindi fedele, e vi troverete a vivere il sogno dell'Antonio che, cooptato in quota
Forza Italia nel consiglio di amministrazione dell'Inps, ne diventa
il presidente e, da qui, inizia la carriera di collezionista di
incarichi di Stato. Arriva a coprirne 25: nessuno come lui. Poi è
bravissimo in quelli che lo mettono nelle condizioni di essere un
controllato controllore di se stesso. Inarrivabile Antonio che come
diminuivano i gettoni di presenza, lasciava il posto ad altri in
possesso di fauci meno esigenti. Ieri sera a Ballarò, Crozza ha
detto che se “Mastrapasqua lasciasse i suoi incarichi, l'Italia
avrebbe risolto il problema della disoccupazione”. Era una battuta
ma mica tanto. Nel frattempo è venuto fuori che la di lui consorte
(dell'Antonio), di incarichi è arrivata a collezionarne addirittura
20, solo 5 in meno del record assoluto detenuto dal marito. La
signora Maria Giovanna Basile infatti, è presente nei collegi
sindacali della Rai, dell'Aci, dell'Acea, di aziende sanitarie
fiorentine e romane, dell'impiantistica immobiliare, della consulenza
aziendale e perfino di una merchant bank; per la serie “lo Zio me
le ha date, guai a chi me le tocca”. Quello della famiglia
Mastrapasqua, 45 incarichi pubblici e privati regolarmente
retribuiti, è l'esempio classico della famiglia dell'era
berlusconiana, un prototipo e un epigono di quanto Silvio abbia a
cuore il concetto di famiglia, la sua e quelle dei suoi fedelissimi.
E il problema della fedeltà, a una famiglia o a un'idea, si
ripropone quotidianamente anche all'interno del variegato ed
eterogeneo mondo dei 5S. È di ieri la battutaccia di Giorgio Sorial
che, durante la conferenza stampa del gruppo dei 5S alla Camera, ha
dato del “boia” a Giorgio Napolitano. Chi ci legge sa cosa
pensiamo del presidente della repubblica e non vale la pena
ricordarlo ancora. Quello che ci ha stupito, nel linguaggio del
furioso Sorial, è che il ragazzotto che terminata l'esperienza di
parlamentare tornerà a fare l'ultrà, abbia usato il termine “boia”,
come fanno i fascisti e, appunto, gli ultras calcistici delle
tifoserie di estrema destra. Non siamo ancora convinti che l'opera di
alfabetizzazione dei grillini si sia compiuta, quello che è
difficile tollerare, Napolitano o non Napolitano, è che la gergalità
tipica dei fasci e dei leghisti, si riproponga ancora e con una
ferocia sempre più pericolosa. Giorgio Sorial è di Brescia e deve
essere uno dei baluba transfughi dal bossismo. Un bell'aquisto Beppe,
notevole. Ma si sa, lo ius soli fa venire il mal di pancia ai potenziali elettori.
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