Questa
notte ci siamo messi per un momento nei panni di LettaLetta (ognuno
ha le sue perversioni). Il premier aveva appena provato a dire che
lui gradirebbe il ritorno alle preferenze, che è partito in quarta
Matteuccio vostro e gli ha posto l'ennesimo out out: “O questa
legge elettorale passa com'è o a rischio non è la legge elettorale
ma lo stesso esecutivo”. Pensiamoci un po', pocch'il monti di
abatantuoniana memoria, da quando è diventato primo ministro lo
hanno strattonato tutti, perfino gli uscieri della Camera e quelli
del Senato. Non passava un'ora che Silvio non tuonasse: “Via l'Imu o
cade il governo”. E con il diktat sull'Imu, Silvio nascondeva i suoi
guai giudiziari. Poi gli alleati del NCD che non gliene lasciano
passare una senza minacce di ogni ordine e grado. Non crediamo sia
mai esistito nella storia repubblicana, un presidente del consiglio
tanto ricattato come Enrichetto (sempre vostro perché nostro non lo
è mai stato). Ma lui, democristiano di lunghissima ed efficacissima
navigazione, non molla, non fa una smorfia, non tentenna, non sbanda,
non gli si impiaccica la lingua, non strabuzza gli occhi insomma,
come la sua giacca, non fa una piega anzi, attacca. E tanto per
capire che fa sul serio, mette sul piatto della bilancia del
trattatuni con Silvio la legge sul conflitto di interessi. Lo fa come
avrebbe fatto Andreotti, quasi con una battuta buttata là per caso,
con un filo di voce, l'occhio destro fisso nella telecamera e il
sinistro in quelli di Lilly Gruber in segno di sfida. “Ma sapete
che c'è – ha detto Enrichetto – credo che i tempi siano maturi
per fare una bella legge sul conflitto di interessi. Ne abbiamo
parlato per tanto tempo, mi sembra sia arrivato il momento di farla”.
Quando Verdini lo ha interrotto durante il bagnetto a Dudù,
riportandogli quello che LettaLetta aveva appena detto a Lilly,
Silvio ha fatto un salto e stretto i pugni, facendo rimettere una
paura della madonna al barboncino che ha temuto uno strangolamento e
abbaiato in cerca di mamma Francesca. Questa, per il momento, è la
mossa vincente di Enrichetto che dopo venti anni di galleggiamento
dalemian-veltronian-prodiano, si è ricordato che questo paese non ha
una legge sul conflitto d'interessi che si possa definire tale. Ma
mica lo ha detto per farla sul serio, da DC Doc (che non è un vino
ma la sublimazione del paraculismo), ha ricattato a sua volta sia
Silvio sia Matteo del quale, ormai, non ne può più. La mossa del
premier ha spiazzato Matteuccio il quale, ora, dovrà fare i conti
con la brace lettiana che cova sotto la cenere di un apparente
immobilismo politico. Intanto, a Milano, parte il Ruby Ter, quella
parte del processo ricco di mignotte e profittatrici, che vede Silvio
e i suoi legali Longo e Ghedini, accusati di corruzione di testimoni.
I forzaitalioti sono già intervenuti. Alla notizia data dal
Procuratore Capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, hanno gridato
all'ennesimo attacco giudiziario a orologeria. Ma ormai ci siamo
abituati. E tanto per rimanere nell'ambito dei forzaitalioti
indagati, è di queste ore la notizia che il governatore
dell'Abruzzo, il “celeste” Gianni Chiodi, è indagato per
corruzione e peculato insieme ad altri 23 fra consiglieri e
assessori. I nodi vengono sempre al pettine, anche sulla testa dei
calvi.
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