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venerdì 24 gennaio 2014

Letta scende in campo: “Ora la legge sul conflitto di interessi”. Coccoloni ad Arcore, Dudù trema

Questa notte ci siamo messi per un momento nei panni di LettaLetta (ognuno ha le sue perversioni). Il premier aveva appena provato a dire che lui gradirebbe il ritorno alle preferenze, che è partito in quarta Matteuccio vostro e gli ha posto l'ennesimo out out: “O questa legge elettorale passa com'è o a rischio non è la legge elettorale ma lo stesso esecutivo”. Pensiamoci un po', pocch'il monti di abatantuoniana memoria, da quando è diventato primo ministro lo hanno strattonato tutti, perfino gli uscieri della Camera e quelli del Senato. Non passava un'ora che Silvio non tuonasse: “Via l'Imu o cade il governo”. E con il diktat sull'Imu, Silvio nascondeva i suoi guai giudiziari. Poi gli alleati del NCD che non gliene lasciano passare una senza minacce di ogni ordine e grado. Non crediamo sia mai esistito nella storia repubblicana, un presidente del consiglio tanto ricattato come Enrichetto (sempre vostro perché nostro non lo è mai stato). Ma lui, democristiano di lunghissima ed efficacissima navigazione, non molla, non fa una smorfia, non tentenna, non sbanda, non gli si impiaccica la lingua, non strabuzza gli occhi insomma, come la sua giacca, non fa una piega anzi, attacca. E tanto per capire che fa sul serio, mette sul piatto della bilancia del trattatuni con Silvio la legge sul conflitto di interessi. Lo fa come avrebbe fatto Andreotti, quasi con una battuta buttata là per caso, con un filo di voce, l'occhio destro fisso nella telecamera e il sinistro in quelli di Lilly Gruber in segno di sfida. “Ma sapete che c'è – ha detto Enrichetto – credo che i tempi siano maturi per fare una bella legge sul conflitto di interessi. Ne abbiamo parlato per tanto tempo, mi sembra sia arrivato il momento di farla”. Quando Verdini lo ha interrotto durante il bagnetto a Dudù, riportandogli quello che LettaLetta aveva appena detto a Lilly, Silvio ha fatto un salto e stretto i pugni, facendo rimettere una paura della madonna al barboncino che ha temuto uno strangolamento e abbaiato in cerca di mamma Francesca. Questa, per il momento, è la mossa vincente di Enrichetto che dopo venti anni di galleggiamento dalemian-veltronian-prodiano, si è ricordato che questo paese non ha una legge sul conflitto d'interessi che si possa definire tale. Ma mica lo ha detto per farla sul serio, da DC Doc (che non è un vino ma la sublimazione del paraculismo), ha ricattato a sua volta sia Silvio sia Matteo del quale, ormai, non ne può più. La mossa del premier ha spiazzato Matteuccio il quale, ora, dovrà fare i conti con la brace lettiana che cova sotto la cenere di un apparente immobilismo politico. Intanto, a Milano, parte il Ruby Ter, quella parte del processo ricco di mignotte e profittatrici, che vede Silvio e i suoi legali Longo e Ghedini, accusati di corruzione di testimoni. I forzaitalioti sono già intervenuti. Alla notizia data dal Procuratore Capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, hanno gridato all'ennesimo attacco giudiziario a orologeria. Ma ormai ci siamo abituati. E tanto per rimanere nell'ambito dei forzaitalioti indagati, è di queste ore la notizia che il governatore dell'Abruzzo, il “celeste” Gianni Chiodi, è indagato per corruzione e peculato insieme ad altri 23 fra consiglieri e assessori. I nodi vengono sempre al pettine, anche sulla testa dei calvi.

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