L'equilibrio,
si sa, è “senso della misura, capacità di valutare
obiettivamente”. In Italia invece, spesso riassume il significato
originario, quello legato alla dinamica, insomma, andare in
bicicletta senza cadere o camminare su una corda tesa sulle Cascate
del Niagara per battere il record mondiale di equilibrismo. Paese di
giochi, circhi e circensi annessi, i nostri ciclisti della domenica
si dimostrano abilissimi nel restare in sella sempre, anche sui
percorsi più accidentati, anche nei tracciati più sconnessi
destinati al ciclocross. Campioni indiscussi, storicamente
certificati di un altro tipo di equilibrismo, quello politico, erano
i democratico-cristiani. Perfino durante un terremoto sussultorio di
un quarto d'ora, i balenotteri bianchi erano capaci di restare in
piedi comportandosi esattamente come se si trovassero a saltare su un
tappeto elastico. Inarrivabili, i vecchi DC. Rotti a tutte le
tempeste, riuscivano a tenere dritta la barra anche col mare forza 9. Una volta scesi a terra, erano freschi come una rosa e non avevano neppure i segni di un conato di vomito, figuriamoci la faccia stravolta. Poi
arriva Silvio e gli equilibri li rompe. Decide di spaccare in due
l'Italia perché sa perfettamente che con il dividi et impera si
governa anni, magari secoli. E nonostante il disegno di Silvio sia
chiarissimo fin dall'inizio, dall'altra parte, dallo schieramento di
chi dovrebbe imbracciare il forcone e farlo tornare ad Arcore, si
levano, già nel 1994, i primi queruli tentativi di pacificazione.
Soprattutto due soggetti di quella che sarà la peggiore opposizione
in epoca repubblicana, si ergono a paladini di una pacificazione che
Silvio trasformerà immediatamente prima in revisionismo, poi in
negazionismo. I due soggetti di cui sopra, si chiamano Luciano
Violante, che ciceroneggia alla Camera dei Deputati, e Giorgio
Napolitano (il Migliorista) che gli rende la pariglia al Senato. Il
primo fa piangere Mirko Tremaglia, assatanato repubblichino che
Silvio trasformerà in statista, il secondo spinge addirittura
Berlusconi in persona personalmente, a scendere dal suo scranno di
presidente del consiglio per andare a dargli la mano dopo un discorso
“alto e forte”, nel quale riconosce la vittoria del Capataz e ne
auspica la collaborazione. Passano gli anni, i mesi e se li conti
anche i minuti e, invece di ritrovarci con una opposizione che fa
onestamente il suo lavoro, inizia la grande epoca degli inciuci
(traduzione: accordi sottobanco vergognosi). Non si capisce più, a
un certo punto, chi è contro chi e chi è a favore di chi; una
specie di grande circo di periferia nel quale il clown è anche il
trapezista, il domatore e il lanciatore di coltelli. Cambiano le
cavallerizze ma quelle, ormai è assodato, si sostituiscono con
l'invecchiamento come le hostess dell'Alitalia. E dopo anni di
inciuci, di bicamerali abortite, di aum aum e di birra e salsicce che
cazzo pretendete, che qualcuno si faccia avanti e dica a Silvio: “ma
te ne vai!”. Anzi, giustificano in qualche modo gli attacchi furibondi contro le toghe rosse. Così, mogio mogio quatto quatto, arriva il giorno del
grande discorso istituzionale, del cerchiobottismo come quello del
peggior Corriere della Sera, del riconoscimento delle responsabilità
(tante) e dei meriti (nessuno) della magistratura. Inutile ciurlare
nel manico, il discorso dell'Innominabile alla Luiss è stato il più
sottile (e feroce) attacco alla magistratura che un capo dello stato
abbia mai fatto a un organo indipendente che, fra l'altro, presiede. Dopo aver richiamato genericamente i politici a essere
meno severi con i magistrati (sic!) ha affondato decisamente il
coltello nel corpo martoriato dei giudici che fanno solo il loro dovere e quindi indagano, per dire: “I magistrati devono avere
un'attitudine meno difensiva e più propositiva rispetto al discorso
sulle riforme di cui la giustizia ha indubbio bisogno da tempo e che
sono pienamente collocabili nel quadro dei principi della
costituzione repubblicana”. Ergo. 'Cari magistrati, siete troppo
politicizzati e poco silenziosi, parlate troppo, troppe interviste.
Facciamo una bella riforma della giustizia (fortemente voluta dai
forzaitalioti) e non se ne parli più'. In molti hanno applaudito il
discorso dell'Innominabile, primi in ordine di dichiarazioni alla
stampa, Daniela Santanchè e Renato Brunetta. Ma tutto ciò non vi
dice nulla?
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