In
questo momento, il voto segreto è l'incubo di Guglielmo Epifani e di
molti pidini. Il rischio che Silvio trovi in aula i fan che gli
permettano di restare a Palazzo Madama è altissimo. E non è solo
una questione di numeri ma di mal di pancia, di frustrazioni, di
patti segreti e segretissimi, di una consorteria innominabile (questa
sì) che tira i fili di questo paese di burattini da un ventennio
abbondante. Il ragionamento è semplice. Chi voleva il governo delle
grandi coalizioni ha fottuto Romano Prodi il quale, una volta eletto
Presidente della Repubblica a tutto avrebbe pensato meno che a un
governo con Silvio dentro, a costo di allearsi con Belzebù in
persona evidentemente ritenuto meno pericoloso. In 101 silurarono
nel segreto dell'urna il Professore, stavolta ne basterebbero meno
della metà per salvare Silvio. E Denis Verdini, il grande
manovratore degli affari più sporchi di Silvio, ne è convinto. Con
questo clima, mercoledì prossimo la Giunta per le elezioni si
riunirà per votare (o meno) la decadenza del pluripregiudicato
Silvio Berlusconi dalla carica di Senatore. Potrebbe anche votare a
favore ma poi, il passaggio successivo sarà quello dell'Aula e qui i
numeri conteranno davvero. E iniziano puntualmente i veleni. Di certo si sa che le manovre di Mario Mauro e di Pierfy Casini all'interno di
Scelta Civica sono già iniziate. Dalla loro potrebbero portare una
decina di senatori che comincerebbero a far scendere l'apparente
monolite di quelli che vogliono Silvio fuori dal Senato. Poi ci sono
i 5Stelle che, pur di dimostrare che viviamo in un Paese in cui
contano gli interessi di pochi e invocare il ritorno alle urne (si
dice), potrebbero dare una mano a Silvio, buttando così il bambino
insieme all'acqua sporca. Non tutti i 5Stelle, ovviamente, ma lo
zoccolo duro sì, quello dei fedelissimi di Beppe Grillo. D'altronde
sarebbe un film già visto: i Five Stars farebbero la parte che fu
della Lega e del Msi nell'affaire Craxi. Per finire, i 101 zozzoni
del Pd che né Bersani né Epifani né Rosy Bindi né Massimo D'Alema
né Vuolter Veltroni si sono mai sognati di smascherare e punire con
una sacrosanta espulsione dal partito. Matteo Renzi ci ha provato, ma è stata una finta. A questo punto la stabilità è un
alibi, una scusa, un deterrente, proprio come le bombe atomiche prima
di essere usate o i gas nervini che ammazzano bambini perché tanto
un po' di vittime innocenti fanno sempre scalpore. Con la scusa della
stabilità, un po' come avvenuto per il terrorismo, in questo paese
si sono compiute vere e proprie efferatezze giuridiche e
costituzionali, forzature mai viste, addirittura un cambio silenzioso
del ruolo del presidente della repubblica senza che nessuno abbia
mosso un dito. Non sorprenderebbe quindi più di tanto se Silvio
dovesse essere salvato dal voto dell'aula del Senato per quella che
si preannuncia come una solenne vittoria di Pirro: a ottobre scatta
l'interdizione dai pubblici uffici. E allora o un anno o tre,
affanculo, il Capataz se ne andrà.
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