Lasciamo
stare i nazionalismi, perché pronunciata da noi, la parola
“nazionalismo” farebbe ridere anche Franco Battiato. Non ci
interessa che Telecom sia finita agli spagnoli che, ingiustamente e
fino a ieri notte, avevamo considerato i nostri parenti poveri e,
diciamolo, un po' fessi. Per non parlare di Alitalia, il vanto del
nostro trasporto aeronautico, riconosciuto anche a livello mondiale,
che finirà ai francesi. La nostra industria alimentare è già stata
venduta da un pezzo, iniziò tanto tempo fa con la vendita della
“Martini” alla cubana Bacardi ed è proseguita con Buitoni, Parmalat,
Barilla, Cinzano, Pernigotti, i Baci Perugina e molti vitigni del Brunello di
Montalcino. Rumors dicono che perfino Finmeccanica sia in vendita e
questo fatto ci colpisce un po' di più perché la “partecipata”,
per la sua qualità, fa gola a mezzo mondo. Bernard Arnault si è
accattato quasi tutta la moda italiana e nessuno si è messo a
piangere, però ci restano le sartorie artigiane, una gran bella
consolazione. Diciamo che quello che ci interessa in questo momento è
capire perché l'Italia, in questi anni di follia totale, non abbia
mai pensato di dotarsi di un piano industriale nazionale serio,
invece di offrire agli amici, e agli amici degli amici, i gioielli di
famiglia. Possiamo tranquillamente affermare che, la fretta di
privatizzare domineddio, ha comportato la dismissione di beni e
strutture che avrebbero avuto bisogno di tutt'altra attenzione. Siamo
stati travolti, come spesso è accaduto in questo paese, da uno
slogan, “meno Stato più mercato” che ci ha portato a buttare il
bambino con l'acqua sporca. La storia è vecchia, vecchissima, e
risale addirittura (nel caso Telecom) a Massimo D'Alema il quale
consentì la già allora sciagurata operazione (“ma il ministro del
tesoro era Ciampi”, dice oggi il Lider Maximo) della fusione di
Telecom con la decotta Olivetti di Carlo De Benedetti, il manager che
dissanguò le casse di monsignor Bettazzi grazie al vezzo di tagliare
teste soprattutto operaie (cosa che continua a fare da editore con
Repubblica). Poi è arrivato quell'altro genio delle gomme che si
chiama Tronchetti Provera, il cui unico, grande risultato fu quello
di togliere due scudetti alla Juventus e di regalarli all'Inter
(della quale era azionista), sfruttando alla grande le
intercettazioni telefoniche di Luciano Moggi. Tronchetti Provera,
oggi sotto processo, era presidente Telecom pure durante il periodo
aureo del “c'abbiamo una banca?” di fassiniana memoria. Se due
più due fa quattro... Meno Stato più mercato è stato lo slogan di
Silvio Berlusconi, l'incipit per il suo modo di intendere il
liberismo. Novello Tatcher però, ha iniziato da subito a fare passi
indietro quando si è accorto che il liberismo era sì il suo credo,
ma non fino al punto di rappresentare un pericolo per le sue imprese.
È partita allora, quindici anni fa, la politica del passo indietro,
la non definizione di un piano industriale che avrebbe messo limiti e
paletti a una impostazione dissennata e “creativa” dell'economia,
nonché alle regalie di autostrade, ferrovie, concessioni demaniali,
beni artistici e culturali agli amici e agli amici degli amici, sua
vera e profonda base elettorale insieme ai pensionati rincoglioniti
da Beautifull e dal bromuro di Villa Sorriso. Dopo il passaggio di
Telecom agli spagnoli, fatto che non ci inorridisce per niente, i
nostri politici hanno iniziato a piangere lacrime di coccodrillo,
cosa che non è accaduta quando in molti (Beppe Grillo compreso,
protagonista di un vero e proprio show durante l'assemblea di
Telecom), denunciarono i 40 miliardi di euro di deficit del gigante
delle telecomunicazioni. A questo punto cosa diavolo hanno creduto
che facessero Mediobanca, Unicredit e Generali (azionisti di Telco),
che continuassero a pagare milioni di euro all'anno per coprire gli
interessi passivi? Al primo che si è presentato, Telefonica, hanno
ceduto una gatta già pelata. Resta il problema della proprietà
della “rete” che nessuno vorrebbe passasse in mani “straniere”.
Qualcuno ha tirato fuori la “privacy” e la manipolazione di “dati
sensibili” da parte di estranei, come se la privacy, dopo Marrazzo,
Moggi, Consorte e lo stesso Berlusconi (ma quella di Silvio si può
considerare una nemesi storica), rappresenti più un valore assoluto,
dopo che gli smartphone consentono alla NSA di sapere anche quando
usufruiamo della toilette e, fra poco, anche perché ci siamo andati
(app cattura-odori in fase di avanzata messa a punto). È il destino
dell'Italia vittima delle invasioni di quasi tutte le popolazioni del
nord e del sud Europa e poi, diciamola tutta, un po' mignotte siamo e gli
spagnoli, che già ci avevano occupato, lo sanno benissimo: 362
milioni di euro e il gioco è fatto.
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