Sembra
veramente un film russo (con sottotitoli in giapponese) dei primi
anni '60 o, se preferite, lo Tsai Ming-Liang di Stray Dogs, una
storia talmente pallosa (per altro senza l'assunto artistico) che
alla fine della proiezione tirare su le palle è un'impresa da ottava
fatica erculea. Che i problemi di Silvio si riverberassero per intero
nel Pd era cosa risaputa, ma che i democrat rischiassero addirittura
di implodere sull'agibilità politica di Berlusconi rasenta la farsa,
e una di quelle peggiori. Perché vedete, la prima domanda che ci
poniamo, a prescindere da tutto e da ogni possibile considerazione di
natura politico-strategica, è che cazzo di opposizione abbiamo avuto
per venti anni. Eh sì, perché se il Partito Democratico rischia di
spaccarsi sulla fine del principale nemico, vuol dire che al suo
interno una buona parte dei dirigenti, sotto sotto, ha sempre fatto
il doppio gioco. Insomma, 101 antiberlusconiani per finta. Girando le
feste del partito però, gli stessi dirigenti hanno capito l'aria che
tira e soprattutto si sono resi conto che qualora nel segreto
dell'urna i loro capi dovessero ancora una volta salvare Silvio, i
forconi sarebbero l'unica soluzione. E di finire infilzati da un
popolo incazzato nero loro, i dirigenti, non ne hanno affatto voglia.
I militanti, gli iscritti e i simpatizzanti del Pd stanno aspettando
il giorno del voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi, come il
momento del redde rationem, dell'atto finale, della catarsi e della
nemesi. I pidini vogliono vedere le carte del gioco dei personaggi
che hanno eletto, perché brucia ancora più di una ferita aperta
cosparsa di sale, quello che hanno combinato nella elezione di Prodi
alla presidenza della repubblica. È un assurdo in termini ma le cose
stanno proprio così. Milioni di votanti del Pd sono andati alle urne
convinti che il loro partito non avrebbe mai governato con Silvio, questo fatto non sta proprio nel dna del Partito Democratico
che non è nato per allearsi con i razzisti e i fascisti. Invece... e
allora resta una sola occasione, il voto dell'aula di Palazzo Madama. I dirigenti pidini lo hanno talmente capito che perfino un moderato
come Nicola Latorre ha iniziato a fare il fedayn mentre Miguel Gotor,
senatore ed ex spin doctor di Piergigi Bersani è andato oltre. “Il
clima nelle feste – ha detto il senatore – è brutto, davvero
brutto. Non possiamo permetterci passi falsi per cui, al momento del
voto su Berlusconi, dobbiamo mostrare l'indice sul pulsante a una
squadra di fotografi compiacenti e poi pubblicare le foto sul web”.
A questo punto il film cambia e si trasforma nei Tre giorni del
condor, la spy-story di Sydney Pollack. Dopo la promessa mai
mantenuta di Beppe Fioroni di mostrare ai giornalisti la foto fatta
al suo voto a favore di Romano Prodi, il popolo del Pd non crede più
a una sola parola dei dirigenti, così questa volta, ha pensato
Gotor, bisogna mostrare le prove, far vedere a tutti che il Pd,
almeno sulla cacciata di Berlusconi, è unito e compatto. E i
militanti, a maggior ragione, hanno capito l'aria che tira, da quando
il “gerente” Epifani ha avanzato dubbi sui 5S colpevoli, secondo
lui, di stare tramando di votare a favore di Silvio pur di far
ricadere la colpa sui senatori del suo partito. Ha messo, come si usa
dire, le mani avanti per proteggersi il culo. Se Silvio si dovesse
salvare la colpa sarebbe di Grillo che vuole spaccare il Pd. Tutti,
allora, meno il Pdl (che nei franchi tiratori ci sguazza come una
papera scema nel pantano di casa credendolo un laghetto), si
dichiarano a favore del voto palese quando il regolamento del Senato
non lo consente. Ma stiamo parlando di un fatto in itinere. Mercoledì
la Giunta voterà e da quel momento si apriranno le danze. Musica
maestro Verdini.
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