Alla
fine, un esponente del magna-magna Lega è stato arrestato. Premessa.
Secondo noi Oscar Lancini, primo cittadino di Adro, fervente
adoratore di Odino e inventore dello zerbino con il Sole delle Alpi,
non ha preso neppure un cent bucato. È troppo scemo per essere anche
furbo e la furbizia, si sa, almeno un paio di sinapsi attive le
prevede. Non avendone a disposizione neppure una, Oscar Lancini non
ha esportato capitali in Tanzania, non ha investito in diamanti, non
ha comprato la Porsche né “Uncharted 2: Covo dei ladri”,
l'ultimo videogame della Playstation. Ha semplicemente favorito
aziende leghiste di amici bevitori accaniti dell'acqua della sorgente
del Dio Po, commettendo qualche reato: falso in
atto pubblico, turbata libertà del procedimento di scelta del
contraente e turbata libertà degli incanti. I favoriti e
aggiudicatari dell'asta mai effettuata, sono due imprenditori suoi
amici, Alessandro Cadei e Emanuele Casali i quali, grazie a piccoli
trucchi politico-amministrativi, non correvano il rischio di vedersi
soffiare da altri gli appalti più appetitosi. Il giochetto è
semplice, “si fanno passare per gratuite opere che non lo sono, ma
così artatamente aumentando il consenso popolare sulla persona del
sindaco che assume la 'paternità' delle stravaganti idee e facendo
lavorare, costantemente, i classici 'amici degli amici', cioè la
coppia Casadei-Casali, politicamente legati al Lancini". Kit
Carson non è stato l'unico a finire ai domiciliari. Infatti, a
tenergli compagnia, sono Carmelo Bagalà (che dal nome deve essere
originario del Brennero), segretario comunale; l'assessore ai Lavori
pubblici, Giovanna Frusca; il responsabile dell'Ufficio tecnico,
Leonardo Rossi, e gli imprenditori edili di cui sopra Alessandro
Cadei e Emanuele Casali. Dire che nell'Italia di oggi ad aggiudicarsi
gli appalti (e non solo) pubblici sono gli amici, gli amici degli
amici e i finanziatori delle campagne elettorali è l'ennesima
scoperta dell'acqua calda. E non deve stupire la dichiarazione
farneticante del segretario regionale della Longobardia, Matteo
Salvini (Tex) che, dopo aver accusato la magistratura di complotto
anti-leghista, ha avuto il tempo di rivelare all'Italia intera come
funziona la questione. Ha detto Tex: “Lancini, da buon leghista, ha
sempre lavorato per favorire la nostra gente e le nostre imprese
ovviamente nel rispetto della legge. A qualcuno questo non piace. A
me sì!” Ora, il fatto che tra leghisti non si indicano gare
d'appalto per assegnare lavori pubblici, ma si favoriscano le “nostre
imprese” è a dir poco scandaloso, una specie di confessione
involontaria che ci fa capire, ma lo sapevamo già, come diavolo
funziona il gioco sporco della politica italiana attuale. Tradotto in
volgare, così lo capisce anche Salvini: o hai in tasca la tessera
della Lega e ci finanzi o non lavori”, e questo è un reato. Lo diceva anche Benito
Mussolini, infatti chi non prendeva la tessera del fascio se ne
andava al confino e senza passare dal via. Altro che multe milionarie
della UE per le quote latte pagate da tutti i contribuenti, i
leghisti in un ventennio berlusconiano, si sono mangiati non solo le
bistecche d'orso e la pajata con Alemanno, ma un vero e proprio
domineddio. Oscar Lancini (Kit Carson), salì alla ribalta nazionale
per aver, nel 2010, vietato ai bambini con famiglie non in regola con
i pagamenti per la mensa scolastica e lo scuolabus, di mangiare e di
essere trasportati a scuola. Il caso fece scalpore perché un
concittadino, Silvano Lancini (omonimo ma non parente), si fece
carico delle spese per i piccoli, gesto che l'Innominabile premiò allora con un cavalierato. Ma la storia è continuata e continua ancora
perché, ci dicono da Adro, dieci bambini “morosi” sono stati
'adottati' dalla Croce Rossa, mentre altri se li sono presi in carico
il dirigente scolastico e una decina di insegnanti. C'è infine da
dire che i bambini e gli insegnanti, convivono in quello splendido
plesso scolastico intitolato a Gianfranco Miglio, teorico della
Padania e ideologo della Lega, che Oscar Lancini pensò di
personalizzare mettendo il marchio del Sole delle Alpi dappertutto,
tazze dei cessi e cestini dell'immondizia compresi. Ebbene, la Corte
dei Conti, ha ritenuto quell'arredo urbano un danno per l'erario (i
simboli furono rimossi a furor di popolo) e condannato Kit Carson al
pagamento in solido della cazzata messa in atto: 7.398 euro. Un po'
di tempo fa, quando scrivemmo di quello che stava accadendo ad Adro,
qualche burlone militante leghista, ci invitò a prendere un caffè
al bar della cittadina padana, con stecche da biliardo annesse e non
per giocare a carambola. Ora lo sapete dove mettervi la stecca da
biliardo...
Nessun commento:
Posta un commento