Un post su Facebook cambia la vita
Uno
dice: “...tanto è solo per i miei amici...”. Invece no, un post
su Facebook che si pensa riservato a pochi intimi, in un click può
trasformarsi in un'arma di distruzione della privacy.
Su FB
ce ne hanno dette di tutti i colori. Più teniamo alla nostra
riservatezza e più sembra che gli altri si divertano a metterci in
piazza. C'è il desiderio, anzi la voglia matta, di svelare tutto di
noi e della nostra vita reale che, proprio perché vera,
desidereremmo tanto restasse nostra. E più consideriamo i social un
sano divertissement, più ci ritroviamo proposti al pubblico
ludibrio, quella gogna mediatica che porta i più deboli al suicidio
e quelli a cui frega davvero poco, a una pubblicità insperata.
Incapaci
di avere una vita nostra, affidiamo ai social quello che vorremmo
essere, le nostre aspettative inconfessabili, le frustrazioni più
intime, nascoste e profonde. Magari ci scappa di scrivere una frase
interessante e i nostri amici, ai quali è destinata, iniziano a
condividerla, e i loro amici fanno altrettanto fino a renderla
patrimonio della rete. In fondo avevi scritto solo uno sfogo legato
al momento particolare, e invece quello sfogo diventa improvvisamente
un adagio scolpito sul marmo che l'Unesco tutela a dispetto tuo e dei
santi.
Fino a
quando queste cose riguardano gli adulti, i maggiorenni e vaccinati,
si pensa siano in grado di rispondere a parole o con silenzi
significativi agli attacchi e ai gossip. Ma quando riguardano i
minori l'argomento si fa delicatissimo e i genitori o i familiari
fino all'ennesimo grado di parentela, dovrebbero essere sottoposti
non al giudizio popolare ma a quello della magistratura.
Partendo
da queste considerazioni, il Garante per il trattamento dei dati su
Internet, ha ordinato a una donna di rimuovere la sua pagina Facebook
proprio per aver violato il diritto alla riservatezza della figlia. È
accaduto che, a separazione ultimata, la signora ha postato su FB
molti aspetti delicati della sua vita matrimoniale, coinvolgendo in
questo chiacchiericcio anche la figlia minorenne.
L'ex
marito l'ha denunciata non per le cose scritte su di lui ma proprio
per quelle che riguardavano la figlia e il garante gli ha dato
ragione. Alla base della condanna, troppo mite per tanta
cretinaggine, il Garante ha sancito proprio il valore di questo
concetto: “Un post non rimarrà mai un fatto privato e la legge
punisce chiunque consenta l'identificazione di un minore attraverso
qualsiasi mezzo”.
Ultimamente
la Polizia Postale è intervenuta per un altro fatto, quello che
molti giornali hanno riportato nelle notizie minori. Un gruppo di
ragazzini ha violentato una coetanea riprendendo in diretta il
fattaccio. Pur sapendo che quando stavano vedendo accadeva davvero in
quel momento, e non era un film porno, nessuno ha mosso un dito.
Troppo
grande la voglia di spiare la vita degli altri e demenziale il fatto
che qualcuno possa dire, “non sta accadendo a me”.
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