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giovedì 22 novembre 2012

E Ken Loach rifiuta il premio del Festival di Torino. “Sto con i licenziati del Museo del Cinema”.

Da lui te lo aspetti. Az... se te lo aspetti! Premiato dal Torino Film Festival, Ken Loach ha scritto agli organizzatori dicendo: “No, grazie, non fa per me”. E ha invitato i responsabili del Museo del Cinema a riassumere i lavoratori licenziati dopo aver esternalizzato i servizi e, quindi, pagando i dipendenti con salari bassissimi. Ken Loach (insieme a Mike Leigh) è stato il fustigatore della politica di macelleria sociale della Signora Tatcher alla quale, in più di una occasione, si rifiutò di stringere la mano. In quei tempi, mettersi contro la Lady di Ferro, ispiratrice del modello berlusconiano, significava mettersi contro il potere assoluto con il quale era governata l’Inghilterra. Ken Loach lo fece lo stesso e anzi, girò una serie di film, soprattutto Bread and Roses e Paul, Mick e gli altri che sputtanarono agli occhi del mondo la follia economica del Primo Ministro inglese, dimostrando, quasi scientificamente, il genocidio culturale di tre generazioni di giovani britannici. Su Ken Loach abbiamo scritto saggi, in uno lo abbiamo addirittura preso a modello di “immagini etiche”, e inserito i suoi film in molte delle rassegne e dei festival cinematografici che abbiamo ideato e realizzato. Land and Freedom e Carla’s Song, restano a tutt’oggi due capolavori, così come tutta la sua produzione non può essere certo accusata di “cinepanettonismo”. Per cui non ci sorprende affatto la decisione con la quale ha deciso di non accettare il premio che il TFF gli ha assegnato per questa edizione. E lo ha fatto a modo suo, con una lunga lettera indirizzata agli organizzatori, nella quale ha spiegato le ragioni del suo rifiuto. Emblematica la parte finale del messaggio: “Come potrei – scrive Ken Loach – non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico, sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni. Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio”. È un po’ quello che avviene in Italia, dove un regista, pur di inserire un premiuccio qualsiasi nel suo palmares, venderebbe mamma, babbo e pure un paio di nipoti. I figli no, quelli so’ piezz’ e’ core.

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