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mercoledì 7 novembre 2012

L’America è Democratica e avanza. l’Italia è Democristiana e annaspa.

La battuta più bella è di Lucia Annunziata a Giuliano Ferrara: “Studia. Sei un perfetto cretino”. Un risolino di troppo sugli schermi di La7 e parte la chiosa. Due schieramenti opposti: Annunziata-Obama, Ferrara-Romney. Veltroni, mentalmente assente. Mentana, agnostico. È la sintesi perfetta dell’Italia davanti alla tivvù per le elezioni americane. Vince Barack Obama e un po’ il mondo respira. La paura di avere per i prossimi quattro anni un’America targata Romney chiusa in se stessa, è scomparsa alle 5.16 del mattino (ora italiana), quando il presidente uscente, e rientrante, ha abbracciato la moglie. Mitt ha chiamato Barack solo un’ora dopo che il risultato era ormai consolidato. Gli spogli dell’Ohio e della Florida hanno tenuto tutti con il fiato sospeso ma poi, alla fine, i 330 voti dei grandi elettori a favore di Obama e, soprattutto quelli dei ceti popolari, hanno chiuso la partita. Vince il Nobel per la Pace, l’uomo che ha sconfitto Osama-Bin, il presidente che ha dato l’assistenza sanitaria a 35 milioni di americani, che si sono sentiti meno abbandonati dalla nazione governata dalle lobbie delle assicurazioni, del tabacco e delle armi. Obama ha subito detto che continuerà a essere il presidente di tutti gli americani, ha invitato Romney a sedersi intorno allo stesso tavolo per parlare dei problemi, ha rivendicato orgogliosamente i passi fatti sul versante dei diritti civili. Lo stesso fair-play di Silvio quando venne eletto: Italia spaccata in due, il presidente del consiglio protettore dei quacquaracquà. Gli States hanno mille problemi. Non è vero che sono i “tutori” della democrazia mondiale, non è vero che le loro guerre sono state (e sono) combattute tutte in nome della libertà e dei diritti umani. Non è vero che sono pacifisti e solidali, aperti e accoglienti. Il grande sogno americano è esistito fino a ieri solo per i ricchi, mentre per gli altri, comprese la “up” e la “middle class”, spesso è stato un incubo. La crisi del 2008 si sente ancora negli Usa come in Europa e nel resto del mondo. I problemi di “controllo” delle aree strategiche non sono stati affatto risolti, così come non trovano ancora una via d’uscita i rapporti commerciali con la Cina e con gli altri Paesi emergenti dell’economia mondiale. La finanza continua a dettar legge senza regole e la speculazione planetaria è lontana dall’essere tenuta sotto controllo. Nonostante tutto, però, noi in Obama continuiamo a crederci. È vero, il Senato è democratico (ieri è stata eletta Tammy Baldwin, la prima senatrice gay dichiarata), ma la Camera è ancora in mano ai repubblicani. Difficile governare un paese in cui i poteri decisionali sono così marcatamente diversi e distanti, però Obama ha dalla sua il fatto che può affrontare un secondo mandato mettendosi a correre, e non temendo più per la sua rielezione. Fuori da ogni bizantinismo, il presidente può dimostrare ora, finalmente, di che pasta è fatto, e se durante il primo mandato qualche “distrazione” poteva essergli perdonata, nel secondo no, perché la sua carriera politica chiuderà comunque nel 2016. Fra quattro anni, ci scommettiamo attributi sparsi e anche un po’ di faccia, Obama farà il conferenziere, il consulente di qualche associazione no-profit, scriverà libri. Le figlie, già cresciute, probabilmente lo renderanno nonno e una panchina del Millennium Park sarà la sua meta preferita nelle ore di ozio. Non si sbatterà per un posto in un consiglio di amministrazione né lotterà come un forsennato per un seggio da senatore. Non temerà di essere arrestato né tirato in ballo in processi di mafia. Non gli si potrà dire di essersi arricchito né di aver compiuto il genocidio culturale nel suo paese. Probabilmente continuerà ad amare solo Michelle e, con lei, terminerà una vita senza fregole né giovanilismi esasperati. Non si tingerà i capelli, non indosserà la bandana, non tuonerà contro Clint Eastwood andando a vedere i suoi film e ritenendolo, nonostante tutto, un grande regista. Parteciperà, con le grucce, ai concerti dei Rolling Stones (anche loro sulle sedie a rotelle) e ai barbecue con Bruce Springsteen. Inaugurerà mostre al MoMa e scriverà fondi di politica internazionale per il Washington Post. Insomma, sarà un uomo normale che un giorno è stato presidente, per due mandati, della più grande potenza mondiale diventata nel frattempo ex. A proposito, i denti e l’igiene della bocca, saranno a cura del suo dentista, uomo, un po’ rinco, professionalmente all’altezza e senza mire politiche a spese del contribuente. Insomma, un altro mondo.

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