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sabato 27 ottobre 2012

Silvio: “Italia paese incivile, barbaro e anti-democratico”. Cicchitto: “È un omicidio politico”.



Chissà cosa penserebbe Giacomo Matteotti della dichiarazione di Fabrizio Cicchitto sull’”omicidio politico” di Berluspony... Probabilmente che questo è un paese di boutadisti o, più semplicemente, che dell’effettiva portata di un omicidio, 2232 non se ne rende assolutamente conto. Ma tant’è. Il clamore suscitato dalla sentenza del tribunale di Milano contro Silvio è tanto e tale che, all’interno delle dichiarazioni postume, ci sta effettivamente di tutto.  Quella che però ci ha colpito di più, nel mare di parole senza senso con il quale è stata accolta, è sicuramente la sparata anti-italiana di Silvio che, in un colpo solo, si è reso conto del paese che è riuscito a costruire in vent’anni di potere pressoché assoluto. Perché, e gli diamo totalmente ragione, l’Italia è effettivamente un paese incivile, barbaro e anti-democratico. Ma non per le ragioni che accampa lui, i motivi veri sono legati al rapporto fra i cittadini e la politica, gli indifesi, le regole di convivenza civile e le tutele dei più deboli, l'abisso esistente fra i potenti e le categorie sociali svantaggiate. E poi, la persistente opera di demolizione di un tessuto politico e sociale nazionale che mai, come in questo momento, è privo di unità e di mutualità, di comprensione e di tolleranza. Qualche giorno fa abbiamo scritto su questo blog che l’Italia è un paese marcio dalle fondamenta. Noi italiani, non siamo mai stati un popolo che ha brillato per coerenza e compostezza, linearità di giudizio e consapevolezza di essere parte di un contesto più largo del nostro ambito familiare. Ma i danni che Silvio ha causato alla nostra intelligenza, alla capacità critica di approcciare i fatti della vita e della politica, la sperequazione devastante fra chi ha e chi non ha, l’ostentazione della ricchezza e il disgusto verso i cittadini onesti e pensanti che hanno contraddistinto i peggiori venti anni della storia della repubblica, sono talmente profondi che non si cancellano con una sentenza del tribunale di Milano, perché se così fosse ci sentiremmo un po’ più tranquilli. Subito dopo la sentenza, Silvio ha lanciato bordate come la Potemkin verso Odessa, solo che mentre la corazzata russa sapeva esattamente chi colpire, Silvio ha sparato all’impazzata, come Breivik a Utoya. Le ha tirate fuori proprio tutte, Silvio vostro, tutti i processi in fila, tutte le indagini alle quali è stato sottoposto, tutti i verdetti di assoluzione, tutti i soldi spesi per gli avvocati e perfino quel mezzo miliardo di euro che ha dovuto pagare a titolo di risarcimento a Carlo De Benedetti. Fatti e fattacci di venti anni di interregno, sono riemersi come un incubo infinito, come l’ululato di uno sciacallo che gioisce del terremoto, come Ruby che dice che alla cene eleganti si trombava e basta. E Silvio afferma che vuole espatriare, “prego, maestà”, gli diremmo, se fossimo in confidenza ma, siccome non lo siamo, potremmo sempre promuovere una sottoscrizione per pagargli un biglietto aereo di sola andata. Perché a chi, come ha scritto il tribunale di Milano, “è propenso a delinquere”, l’unica soluzione possibile per mantenere un po’ pulita questa nazione, è pagargli un biglietto aereo che gli permetta di andare a far danni da qualche altra parte. “Propensione a delinquere”, ma vi sembra davvero una fesseria?

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